Nonostante l’Italia risulti tra i Paesi vincitori del primo conflitto mondiale, nell’immediato dopoguerra si trova a dover affrontare gravi problemi di ordine economico, politico e sociale. La difficile situazione economica e la precaria realtà politica generano un forte malcontento e il diffondersi della necessità di un radicale cambiamento politico sociale. Ad aggravare il malcontento contribuisce l’insoddisfazione nei confronti dei trattati post bellici. Il patto di Londra prevedeva la concessione della Dalmazia e di Fiume all’Italia, riconoscimento che però di fatto non è stato concesso. Nel Paese è forte il sentimento di una vittoria mutilata, tendenza che favorisce il diffondersi di ideali nazionalistici che aizzano l’ostilità nei confronti di un governo incapace di interpretare il disagio collettivo. In questo clima di generale malcontento nascono nuovi movimenti politici. Nel 1919 don Luigi Sturzo dà vita al Partito Popolare. Il programma dello schieramento di area cattolica prevede una riforma elettorale, una agraria (volta ad assegnare le terre ai contadini) e una riforma amministrativa concepita per riconoscere maggiore autonomia alle realtà locali. Il Partito Popolare ottiene l’emanazione della riforma elettorale che consiste nel passaggio da un sistema uninominale a quello proporzionale. Tale riforma garantisce importanza ai partiti i quali si garantiscono maggioranze più stabili. Le elezioni del 1919 vedono l’affermarsi del Partito Popolare e del Partito Socialista. Il Partito Socialista tuttavia è diviso da contrasti interni. Durante il congresso di Livorno del gennaio 1921, in seguito alle crescenti discordie intestine, si assiste alla nascita del Partito Comunista Italiano, guidato da Antonio Gramsci. Nello stesso periodo un nuovo schieramento fa la propria comparsa nel panorama politico italiano: il Fascismo. Il 23 marzo 1919 Benito Mussolini (Predappio 1883 – Giulino di Mezzegra 1945) fonda a Milano i Fasci italiani di Combattimento. Tale movimento inneggia al nazionalismo, alla rivoluzione antiborghese e al suffragio universale. In questo clima di ricostruzione e fermento emergono i sindacati, rappresentanti dei reduci di guerra disoccupati. Nel giugno 1919 il governo Orlando viene sostituito da quello di Francesco Saverio Nitti che si dimostra incapace di sostenere il fermento e l’evolversi degli eventi. Il 12 settembre 1919 un gruppo di nazionalisti guidati da Gabriele D’Annunzio occupa la città di Fiume, e dichiara la nascita di un governo provvisorio. Nitti intavola una trattativa con i rivoltosi, e la reazione del governo viene giudicata come un segnale di debolezza. A novembre sono indette nuove elezioni che vedono la vittoria dei popolari e dei socialisti. Nitti non riceve il sostegno dei popolari e viene sostituito da Giovanni Giolitti. Il nuovo capo del governo dimostra maggiore apertura nei confronti delle forze liberali. Il 12 luglio 1920 conclude il Trattato di Tirana con cui si riconosce l’indipendenza dell’Albania. Nel novembre dello stesso sottoscrive il Trattato di Rapallo che riconosce Fiume come città libera e assegna Zara all’Italia. Nel settembre del 1920 a Torino ha inizio una serie di scioperi organizzati dalla FIOM (Federazione Italiana Operai Metallurgici), il malcontento si estende nel nord Italia anche negli altri settori industriali. Le motivazioni che stanno alla base della mobilitazione sono varie, sostanzialmente alcuni sostengono la collettivizzazione delle fabbriche, mentre altri propendono per il controllo sindacale della produzione. Questi scioperi generali rappresentano l’apice di un periodo denominato biennio rosso (1919-1920), caratterizzato da manifestazioni e intense agitazioni popolari. Giolitti conclude un accordo che prevede il controllo operaio sulle fabbriche. La soluzione tuttavia non produce esiti concreti, i contrasti continuano a crescere e le condizioni economiche dell’Italia non vedono miglioramenti. In questo clima di malcontento generale Benito Mussolini sostiene la necessità di sedare le rivendicazioni del movimento operaio. A Bologna nascono le prime squadre fasciste che in breve tempo si diffondono in tutta l’Italia settentrionale. L’organizzazione applica metodi di spedizione punitiva nei confronti dei socialisti. Nel maggio 1921 Giolitti convoca nuove elezioni. Alcuni elementi del movimento fascista si coalizzano con i democratici e i liberali. Trentacinque deputati, guidati da Mussolini, fanno il loro ingresso in Parlamento. Il Governo legalizza l’azione delle forze fasciste che si vedono legittimate ad incrementare le intimidazioni contro gli avversari. A luglio Giolitti dà le dimissioni e viene sostituito da Ivanoe Bonomi, di matrice socialista.