Con l’emanazione delle leggi fascistissime nel gennaio del 1925 Mussolini attua una serie di misure volte ad annientare l’opposizione. La libertà di stampa è abolita e gli esponenti politici avversari vengono “legalmente” esiliati o uccisi in seguito alla condanna di un Tribunale Speciale presieduto da esponenti fascisti. L’intervento dello Stato si accentua anche in ambito economico. Viene avviata una politica di protezionismo doganale al fine di giungere all’autosufficienza produttiva. Per sviluppare le risorse del Paese ampie zone sono sottoposte ad interventi di bonifica incrementando la produzione del grano. Nel 1927 l’elaborazione di una Carta del Lavoro, in nome dell’interesse nazionale, prevede la collaborazione tra le diverse parti sociali. Il libero sindacalismo viene eliminato e sostituito dalle nascenti corporazioni, elemento di contatto tra associazioni di datori di lavoro e sindacati. Con una nuova legge elettorale nel 1928 viene creata una lista unica composta dagli esponenti del partito fascista. Alle elezioni politiche del 24 marzo 1929 le votazioni si svolgono in forma plebiscitaria. Gli elettori possono votare SI o NO per approvare la lista dei deputati designati dal Gran Consiglio del Fascismo. La scheda con il SI è tricolore, quella col NO è bianca. L’evidenza del voto e le forti pressioni intimidatorie portano ai fascisti un trionfale successo. L’11 febbraio 1929 si concludono i Patti lateranensi con cui si dichiara l’indipendenza dello Stato del Vaticano, si riconosce un indennizzo per gli espropri del 1870 e si raggiunge un Concordato per regolare le questioni di valenza civile e religiosa. In questo modo Mussolini si garantisce l’appoggio del Vaticano. Le linee del governo in politica estera mirano al consolidamento dell’influenza italiana nell’area del Mediterraneo, al superamento della Società delle Nazioni, dei trattati del 1919 e all’avviamento di una politica coloniale in Africa.