Stalin rappresenta la figura dominante della Russia del primo dopoguerra e la sua politica repressiva si espande a tutti i Paesi del blocco comunista. L’intera Europa dell’Est vive sotto l’influenza sovietica. Gli Stati vengono denominati democrazie popolari, ma nella realtà risultano direttamente sottomessi ai dettami dell’URSS, caratterizzati da un’economia di stampo collettivista. Alla morte di Stalin, avvenuta il 5 marzo 1953, i maggiori funzionari del partito comunista assumono una guida collettiva del Paese. Ben presto emerge la figura di Nikita Kruscev. Egli attua una politica di distensione nei confronti degli Stati Uniti e di destalinizzazione dello Stato Sovietico. In ambito economico Kruscev sostiene un importante incremento industriale della Russia che in questi anni diventa una potenza molto forte. Il tenore di vita della popolazione migliora notevolmente grazie all’incremento dell’Introduzione di beni di consumo. Anche in ambito scientifico l’Unione Sovietica fa grandi passi avanti, nel 1957 i sovietici sono i primi a lanciare un satellite artificiale nello spazio, lo Sputnik, e il cosmonauta Yuri Gagarin è il primo uomo a compiere un volo orbitale intorno alla Terra portando a termine la missione con successo il 12 aprile 1961. Dal 1964 al 1982 la guida dell’Unione Sovietica è nelle mani di Leon`ıd Brèznev. Egli teorizza la dottrina della “sovranità limitata”, secondo cui i Paesi socialisti hanno il diritto di intervenire all’interno di altri Paesi del blocco qualora essi si distacchino dalla “retta via”. Sostenuto da tale presupposto nel 1968 Brèznev interviene nella rivolta della Cecoslovacchia, la Primavera di Praga. Nel 1979 si fa promotore dell’invasione dell’Afghanistan, le truppe sovietiche però, contrastate dai mujaheddin, subiscono gravi perdite e dieci anni dopo sono costrette a ritirarsi dal Paese.