I cicli geochimici

I principali elementi chimici necessari alla vita sono: carbonio, idrogeno, ossigeno, azoto, fosforo e zolfo. Tutti gli elementi chimici dei nutrienti circolano tra gli esseri viventi e l’ambiente. Il processo di scambio o “flusso” (movimenti avanti e indietro) dei materiali è continuo. Questi movimenti prendono traiettorie più o meno circolari, e hanno una componente biologica e una componente geochimica. Di conseguenza, questi movimenti sono noti come cicli biogeochimici.

Il ciclo del carbonio. Il carbonio è uno degli elementi più importanti che vengono riciclati in un ecosistema. L’anidride carbonica inorganica nell’atmosfera viene intrappolata o “fissata” come composti di carbonio organico durante la fotosintesi. Il gas di anidride carbonica necessario per la fotosintesi passa per diffusione dall’atmosfera negli autotrofi terrestri e l’anidride carbonica disciolta si diffonde dall’acqua negli organismi acquatici. Una parte di questo carbonio viene presto restituita all’atmosfera o all’acqua mentre le piante respirano. Le altre fasi del ciclo del carbonio seguono lo stesso percorso delle catene alimentari. Poiché gli erbivori mangiano piante e i carnivori mangiano erbivori, i composti del carbonio si spostano dalle piante agli animali. La respirazione di qualsiasi organismo in questa sequenza restituisce il carbonio all’ambiente sotto forma di anidride carbonica. Quando una pianta o un animale muore, i composti di carbonio nei loro corpi forniscono nutrimento a detritivori e saprotrofi e possono anche essere respirati, restituendo anidride carbonica nell’atmosfera ( Fig.64.01).

Il ciclo del carbonio illustra il fatto che i cicli biogeochimici hanno due “pool” di nutrienti. Il serbatoio è grande, non biologico e lento. Nel ciclo del carbonio, questi sono principalmente i carbonati rinchiusi nei depositi di gesso e calcare della Terra. Infine, il pool di scambio è molto più piccolo, più attivo e situato nei punti di scambio tra le parti viventi e non viventi del ciclo.

Il ciclo dell’azoto

Affinché l’azoto possa essere disponibile per l’assimilazione vegetale deve essere fissato. Esistono due modi affinché questo possa accadere: la fissazione fisica e la fissazione biologica. Nel primo caso, grazie all’effetto dell’energia e della temperatura dei fulmini, l’azoto è trasformato in nitrato. Nel secondo caso, un pool di batteri ed in piccola parte di licheni, operano alcuni processi enzimatici di azotofissazione. Gli elementi biologici che sono capaci di operare queste reazioni sono definiti azotofissatori. L’azoto molecolare è fissato in un processo di fissazione batterica dai batteri azotofissatori. La maggior parte di essi fa parte dei generi Rhyzobium (presenti nelle leguminose) e Azotobacte e Clostridium, presenti invece a livello del suolo. L’azoto molecolare è fissato ed ammonificato dai batteri in ammonio. L’ammonio è immediatamente disponibile per le piante. L’ammonio, a sua volta, può essere nitrificato in nitrato, anch’esso disponibile per le piante. La decomposizione della biomassa, e i processi di denitrificazione, portano alla liberazione di una notevole quantità di azoto molecolare che ritorna disponibile in atmosfera( Fig.64.02-03).

Il ciclo del fosforo

Il fosforo costituisce un nutriente essenziale per tutte le forme di vita, perché è un componente del DNA, RNA e dell’ATP. Sebbene contenuto in quantità molto esigue nella crosta terrestre, basta al fabbisogno di piante ed animali. Non ha una fase gassosa, ma passa dalle rocce ai viventi con un ciclo molto lungo.

Sedimentato nelle acque profonde del suolo, viene assorbito dalle radici delle piante e poi trasformato attraverso la catena trofica in fosfato organico attraverso la fotosintesi clorofilliana. Ritorna al suolo attraverso i resti organici, dove viene di nuovo scomposto dai batteri decomponenti e ritorna in ciclo. L’azione dell’uomo sta compromettendo questo delicato equilibrio, con il disboscamento e l’estrazione eccessiva di fosforo dal suolo per fabbricare fertilizzanti. L’alterazione del ciclo del fosforo può provocare rischi all’ambiente: o i terreni si impoveriscono troppo, o si arricchiscono esageratamente con rischi di eutrofizzazione( Fig.64.04).