Dettagli
- Definizione
- Epidemiologia
- Patogenesi e anatomia patologica
- Fisiopatologia
- Alterazione della meccanica ventilatoria
- Alterazione degli scambi gassosi e ipertensione polmonare
- Storia naturale, riacutizzazioni e fenotipi della BPCO
- Quadri clinici: sintomi e segni
- Conclusioni
04.01 – [04.01 – Broncopneumopatia cronica ostruttiva] Broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO)
Definizione
- La più recente revisione delle Linee Guida Gold del 2020 (Global Iniziative far Chronic Obstructive Lung Disease) definisce la BroncoPneumopatia Cronica Ostruttiva (BPCO) come “una comune malattia, prevenibile e trattabile, caratterizzata da persistenti sintomi respiratori e limitazione al flusso aereo, che è dovuta ad anomalie delle vie aeree e/o alveolari solitamente causate da una significativa esposizione a particelle nocive o gas. La limitazione cronica al flusso aereo caratteristica della BPCO è causata in parte dalle alterazioni a carico delle piccole vie aeree (bronchiolite ostruttiva) e in parte dalla distruzione parenchimale (enfisema); il contributo di ciascuna di queste due componenti varia da un individuo all’altro. Le riacutizzazioni e la presenza di comorbidità contribuiscono alla gravità complessiva del quadro clinico nei singoli pazienti”.
- Questa definizione sintetizza pertanto le principali caratteristiche cliniche, funzionali, fisiopatologiche e prognostiche dei pazienti con BPCO, non più considerata una patologia esclusivamente polmonare quanto una più complessa malattia multisistemica il cui decorso è fortemente influenzato da multiple comorbidità che contribuiscono ai sintomi, alle riacutizzazioni di malattia, alle ospedalizzazioni e alla mortalità con notevole impatto economico e sociale anche in considerazione della grande diffusione di questa patologia.
- L’approccio olistico alla BPCO non può tuttavia prescindere dall’affrontarla in prima istanza come una condizione patologica a carico dell’apparato respiratorio. Quest’ultimo può essere coinvolto a vari livelli della sua struttura, composta dal parenchima polmonare (patologia enfisematosa), dalle vie bronchiali (bronchite cronica) e bronchiolari (malattie delle piccole vie). A seconda della predominanza dell’una o dell’altra componente, del decorso della patologia, della frequenza di riacutizzazioni e del conseguente differente approccio terapeutico si configurano differenze strutturali e funzionali, espressioni cliniche della patologia che prendono il nome di fenotipi.
- In questo senso negli ultimi anni si sta rilevando di grande utilità per lo studio dei pazienti con BPCO l’utilizzo della TC del torace; essa facilita la comprensione dei meccanismi responsabili dell’ostruzione irreversibile del flusso aereo, integrando le informazioni acquisite con l’imaging a quelle relative ai dati clinici, funzionali e di laboratorio.
- I fattori di rischio esogeni conclamati della BPCO sono rappresentati in primo luogo dal fumo di sigaretta e dalla sua inalazione anche passiva oltre che dall’esposizione ambientale e lavorativa a sostanze inalanti nocive, generalmente prodotti chimici e vapori o prodotti di combustione industriali e domestici.
- Una storia di frequenti infezioni respiratorie, in particolare modo nell’infanzia, un’età superiore ai 40 anni e l’appartenenza a classi socioeconomiche più basse sono tutti considerati fattori di rischio aggiuntivi. Dal punto di vista genetico è nota, seppur rara, nella patogenesi dell’enfisema l’associazione con il deficit ereditario dell’alfa-1 antitripsina, un importante inibitorie delle protesi sieriche.
- Il sospetto clinico di BPCO va posto ogni qual volta un paziente con anamnesi suscettibile e storia di esposizione ai fattori su citati riferisca tosse cronica con o senza produzione di espettorato, dispnea a riposo o da sforzo lentamente progressiva e persistente e respiro sibilante. L’esordio tuttavia può essere anche asintomatico e oggettivatile precocemente solo mediante l’esame spirometrico, comunque indispensabile in ogni stadio di malattia per la conferma diagnostica.
- L’importanza sociale che questa patologia, troppo spesso misconosciuta e sottodiagnosticata, sta pian piano acquisendo si traduce nel peso economico crescente sia in ambito sanitario per gli oneri terapeutici e di ospedalizzazione sia in quello privato per la perdita di forza lavoro dovuta alla progressiva di sabilità dell’ammalato con ripercussioni sul bilancio familiare altresì gravato da spese assistenziali accessorie.
- Sarebbe auspicabile pertanto nell’immediato futuro un programma sempre più intenso di prevenzione e di identificazione precoce di malattia sfruttando le sinergie tra la medicina del territorio nella figura del MMG e lo specialista al fine di ridurre morbosità, costi e mortalità.
Epidemiologia
- La BPCO rappresenta un’epidemia globale, un problema di sanità pubblica di grande rilievo ed è una delle principali cause di morbilità e mortalità: più di 210 milioni di persone nel mondo soffrono di questa patologia. La Broncopneumopatia Cronica Ostruttiva è al momento la quarta causa di morte nel mondo, ma le proiezioni la pongono al terzo posto tra le cause di morte entro il 2020. Oltre 3 milioni di persone sono decedute nel mondo per la BPCO nel 2012, rappresentando complessivamente il 6% di tutti i decessi. La BPCO, patologia sia prevenibile che trattabile, rappresenta un importante problema della sanità pubblica. La BPCO è una delle maggiori cause di morbidità e mortalità cronica a livello mondiale. Globalmente, si prevede che il costo della BPCO aumenti nei prossimi decenni a causa della continua esposizione ai fattori di rischio e dell’invecchiamento della popolazione. Dati recenti indicano che, nei paesi industrializzati, la prevalenza di BPCO oscilli tra l’8% e il 10% negli adulti di età tra i 44 e i 65 anni e che superi ampiamente questo valore nelle età più avanzate. La malattia è tutt’ora rappresentata maggiormente nel sesso maschile, anche se negli ultimi anni sta rapidamente guadagnando terreno in quello femminile. A oggi, in Italia, sono 3 milioni i soggetti colpiti da BPCO, affezione che comunque rappresenta la quinta causa non chirurgica di ricovero ospedaliero: oltre 18000 persone muoiono ogni anno per ragioni a essa correlate. Nonostante questi dati, la BPCO rimane ancora una malattia sotto diagnosticata, scarsamente riconosciuta e, di conseguenza sotto trattata.
Patogenesi e anatomia patologica
- Una caratteristica costante evidenziata nella stessa definizione della BPCO è la presenza di un’aumentata risposta infiammatoria cronica a particelle nocive e gas (principalmente fumo di sigaretta) a carico delle vie aeree centrali e soprattutto periferiche con il coinvolgimento di numerosi tipi di cellule e mediatori infiammatori (neutrofili, macrofagi, eosinofili, linfociti B, aggregati linfoidi e linfociti T CD8). È stato dimostrato che con la progressione del a malattia si osserva un progressivo incremento della risposta infiammatoria che comunque è presente già nelle fasi iniziali di sviluppo della BPCO. Tale infiammazione si associa a danno e rimodellamento strutturale polmonare e contribuisce alla limitazione al flusso aereo espiratorio tipica della BPCO. Infatti, a carico delle vie aeree dei pazienti con BPCO è pressoché costante il riscontro di processi flogistici reattivi e di riparazione tissutale, in risposta agli stimoli nocivi. Tali processi, in cui sono coinvolti gli elementi cellulari e i mediatori della risposta infiammatoria innata e adattativa, hanno inizialmente un significato fisiologico, ossia rappresentano un tentativo di ripristinare l’integrità dell’epitelio respiratorio e la microvascolarizzazione delle vie aeree. Tuttavia, la loro persistenza determina fenomeni sfavorevoli di rimodellamento delle vie aeree, correlati alla deposizione di matrice connettivale. Il processo di rimodellamento può contribuire al carattere progressivo della limitazione al flusso aereo che si verifica nei pazienti BPCO. La distruzione del parenchima polmonare (enfisema), in cui intervengono mediatori proteasici di origine infiammatoria, determina la perdita degli attacchi alveolari alle piccole vie aeree e riduce la retrazione elastica polmonare; a loro volta, tali alterazioni compromettono la capacità delle vie aeree di mantenere la pervietà durante l’espirazione. Nei pazienti affetti da BPCO la distruzione del parenchima polmonare si manifesta più frequentemente con un enfisema centrolobulare; nelle forme lievi vengono interessati prevalentemente i campi polmonari superiori, mentre nelle forme avanzate vi è il diffuso interessamento di entrambi i polmoni. La distensione e le lesioni distruttive sono limitate principalmente ai bronchioli respiratori, con relativo risparmio della periferia dell’acino. Data l’ampia riserva funzionale del polmone è necessaria la compromissione di molti acini perché l’alterazione funzionale divenga evidente. Altra conseguenza dell’infiammazione e dello stress ossidativo è l’interessamento del letto capillare polmonare con l’insorgenza dell’ipertensione polmonare dovuta principalmente alla vasocostrizione ipossica delle piccole arterie polmonari. Le alterazioni dei vasi polmonari in corso di BPCO si caratterizzano per un graduale ispessimento della parete vasale (disfunzione endoteliale) che si osserva precocemente nella storia naturale della malattia. L’ispessimento dell’intima rappresenta la prima alterazione osservabile; successivamente si osserva un aumento delle cellule muscolari lisce e infiltrazione degli elementi flogistici. Le zone di distruzione parenchimale localizzate al centro dell’acino presentano un elevato rapporto ventilazione/perfusione a causa della perdita del letto capillare polmonare in presenza di una normale ventilazione. Ciò comporta in queste aree un deficit relativo di perfusione rispetto alla ventilazione, mentre nella porzione periferica dell’acino, costituita da alveoli piccoli e ammassati con capillari integri e normalmente perfusi, si realizza una riduzione del rapporto ventilazione/perfusione. Questo determina un deficit della ventilazione rispetto al flusso ematico, con conseguente incremento della differenza alveolo-arteriosa (PAO2-PaO2). Probabilmente i meccanismi che conducono alle alterazioni tipiche della BPCO sono rappresentati da diversi processi fisiopatologici che interagiscono su un background di determinanti genetici e stimoli ambientali (Immagine 01,02).
Immagine 01

Immagine 01. La risposta infiammatoria nell’enfisema.
Immagine 02

Immagine 02. Fisiopatologia dello stress ossidativo.
Fisiopatologia
- Le alterazioni anatomiche sono direttamente responsabili delle modificazioni funzionali; queste comprendono l’ipersecrezione mucosa, le alterazioni della clearance muco-ciliare, la limitazione al flusso aereo espiratorio, l’iperinsuflazione polmonare, le alterazioni dello scambio gassoso, l’ipertensione arteriosa polmonare e il cuore polmonare. L’ipersecrezione di muco e le alterazioni della clearance muco-ciliare determinano la tosse cronica e la produzione di catarro.
- L’iperproduzione di muco è dovuta a un aumentato numero di cellule caliciformi e all’incremento delle dimensioni delle ghiandole sottomucose in risposta all’irritazione cronica delle vie aeree da parte del fumo di sigaretta e altri agenti nocivi.
Alterazione della meccanica ventilatoria
- Due sono le più importanti caratteristiche fisio-patologiche della BPCO: la riduzione del calibro bronchiale conseguente al rimodellamento delle vie aeree, tipica della bronchite ostruttiva cronica, e la riduzione del ritorno elastico del polmone tipica dell’enfisema. Entrambe le condizioni possono portare a un aumento dei volumi polmonari. Alcuni meccanismi del profilo respiratorio (respiro superficiale corto), l’allungamento del tempo di svuotamento del polmone e l’eventuale associazione della limitazione espiratoria al flusso aereo vanno sotto il nome di meccanismi dinamici dell’iperdistensione polmonare. Se da un lato l’iperdistensione polmonare è un meccanismo benefico che tende ad aumentare le vie aeree maggiormente pervie e riducendo le resistenze al flusso nella BPCG, dall’altro essa ha importanti ripercussioni negative, soprattutto sui muscoli inspiratori (muscolo diaframma in primis!). Infatti il lavoro di quest’ultimi aumenta con l’aumentare del volume polmonare per contrastare l’elevata elasticità del tessuto parenchimale. L’aumentato carico lavorativo dei muscoli inspiratori e la ridotta capacità di generare forza in corso di iperdistensione polmonare possono essere all’origine della dispnea e della fatica muscolare, che a lungo andare contribuiscono all’insorgenza dell’Insufficienza Respiratoria grave, soprattutto quando l’ostruzione bronchiale delle vie aeree diventa severa. La patogenesi pertanto, della dispnea nel paziente BPCO, va ricondotta al posizionamento del livello di respiro corrente a volumi polmonari più alti (in conseguenza dell’iperinsuflazione), creando così una situazione svantaggiosa per la meccanica respiratoria. La maggiore compliance (aumentata distensibilità polmonare) e un’eccessiva resistenza al flusso, causando un allungamento della costante di tempo direttamente proporzionale a queste ultime due, impediscono una completa desuflazione sino al volume residuo (VR) se prima della susseguente inspirazione, il tempo espiratorio non è sufficientemente lungo o addirittura ridotto per un aumento della frequenza respiratoria. Quindi il mancato raggiungimento del volume di rilasciamento del sistema respiratorio caratteristico dell’iperinflazione dinamica presente nel soggetto BPCO, implica che la pressione alveolare di fine espirazione diventi sovra-atmosferica cioè positiva (PEEPi: pressione intrinseca positiva di fine espirazione o auto PEEP). Ciò causa un ostacolo al ritorno venoso intratoracico, con riduzione della gittata cardiaca e peggioramento degli scambi gassosi.
Alterazione degli scambi gassosi e ipertensione polmonare
- Nella fase avanzata della malattia, l’ostruzione bronchiale periferica, la distruzione parenchimale e le alterazioni del letto capillare polmonare alterano gli scambi polmonari, determinando così inizialmente ipossiemia e più tardivamente, ipercapnia. A tal riguardo va sottolineato che il sonno rappresenta “la porta d’entrata” dell’Insufficienza Respiratoria che si sviluppa nei pazienti BPCO, in quanto nella storia naturale di questa malattia le alterazioni degli scambi gassosi compaiono prima, durante il sonno, e successivamente nella veglia. Le desaturazioni sonno-REM correlate hanno maggiore rilevanza clinica, in quanto predittive di maggiore mortalità, sviluppo di ipertensione polmonare e comparsa di Insufficienza Respiratoria diurna. L’ipertensione polmonare, che compare nelle fasi avanzate della malattia, è la principale complicanza cardiovascolare della malattia. L’evoluzione dell’ipertensione polmonare può condurre all’ipertrofia ventricolare destra (cuore polmonare) ed eventualmente a un’insufficienza cardiaca destra (scompenso cardio-congestizio) associata evidentemente a una prognosi infausta per il paziente BPCO.
Storia naturale, riacutizzazioni e fenotipi della BPCO
- La natura evolutiva della BPCO è una caratteristica fondamentale della patologia, manifestandosi nell’accelerato declino nel tempo della funzionalità respiratoria. Infatti la caduta annua del VEMS è di circa 60-100 ml nel soggetto con BPCO sia fumatore che ex-fumatore, a fronte di un declino di 10-30 ml/anno del soggetto sano non fumatore sopra i 30 anni. Quando il VEMS scende al di sotto del 50% del valore normale il soggetto avverte la dispnea che generalmente peggiora sotto sforzo. Fino ad allora i sintomi possono limitarsi alla tosse accompagnata spesso da espettorazione cronica. I sintomi tendono a progredire nel tempo e si complicano con le riacutizzazioni bronchitiche, definite come “un evento acuto caratterizzato da peggioramento dei sintomi (tosse, dispnea, variazioni qualitative/quantitative dell’espettorato) tale da comportare una modificazione della terapia”. Tali eventi sono molto importanti nella storia della patologia poiché guidano il declino della funzione polmonare, peggiorano la qualità della vita, contribuiscono a ospedalizzazioni e mortalità e la loro regressione può richiedere un tempo variabile da giorni a settimane. Si ritiene, attualmente, che le cause di riacutizzazione siano diverse. Le più frequenti sono quelle infettive, batteriche e virali. Pertanto è necessaria una attenta valutazione anamnestica che valuti, in virtù di questo, oltre al peggioramento dei sintomi, l’eventuale comparsa di febbre con espettorato purulento di colore giallo/verde; senza dimenticare quelle condizioni patologiche che possono simulare e/o aggravare il quadro clinico come lo scompenso cardiaco congestizio, le aritmie cardiache, le polmoniti e l’embolia polmonare. Di fondamentale importanza è l’emogasanalisi arteriosa in quanto permette di valutare l’eventuale presenza di Insufficienza Respiratoria ipossiemica o ipossiemico/ipercapnica la cui insorgenza giustifica l’ospedalizzazione. La BPCO è caratterizzata da un complesso eterogeneo di presentazioni cliniche e di progressione di malattia. Poiché il VEMS da solo è incapace di esprimere questa eterogeneità, fin dagli anni 60′ del secolo scorso fu teorizzato che i pazienti con BPCO potessero essere distinti in due categorie principali:
- quelli a prevalente componente bronchitica, definiti “blue bloater” (rigonfi blu) per l’aspetto cianotico ed edematoso e caratterizzati da enfisema centro lobulare;
- quelli a prevalente componente enfisematosa definiti “pink pufler” (soffiatori rosa) per la presenza di dispnea, assenza di cianosi e caratterizzati da enfisema panlobulare.
- Poiché il processo patologico può interessare i vari compartimenti del polmone (vie aeree centrali, periferiche e parenchima) in diverso grado e i reperti clinici e anatomopatologici dell’enfisema e della bronchite cronica, spesso coesistono, in varia combinazione nello stesso paziente è nata l’esigenza di definire i fenotipi della patologia per spiegarne meglio la variabilità delle sue manifestazioni clinico-funzionali e radiologiche (Immagine 03) e della risposta al trattamento farmacologico, nonché delle comorbidità e della frequenza di riacutizzazione.
- In ultima analisi la fenotipizzazione rappresenta il tentativo di differenziare e sempre più personalizzare e rendere efficaci le condotte terapeutiche nei confronti della patologia.
Immagine 03

Immagine 03. Fenotipi radiologici. A) enfisema predominante; B) malattia delle vie aeree predominante. Nel fenotipo enfisema predomina la distruzione del parenchima polmonare. Nel fenotipo malattia delle vie aeree (bronchitico) predominano i fenomeni di ispessimento delle pareti bronchiali su base infiammatoria.
Quadri clinici: sintomi e segni
- I sintomi della BPCO sono caratteristici e si relazionano spesso allo stadio della malattia (Tabella 01).
- Tosse ed espettorazione. – La tosse cronica è di solito il primo sintomo che insorge in corso di BPCO. La tosse raramente rappresenta un fattore di disturbo importante per il paziente, che spesso la ritiene un’inevitabile conseguenza dell’esposizione al fumo e/o a fattori ambientali. All’inizio la tosse può essere occasionale, stizzosa, ma con il progredire della malattia diventa catarrale. Spesso associata alla tosse si riscontra presenza di espettorato. La regolare produzione di espettorato, per 3 o più mesi/anno per almeno 2 anni consecutivi, rappresenta una caratteristica della definizione di bronchite cronica. L’espettorato può essere denso e presentarsi dopo accessi di tosse. È spesso difficile quantificare la produzione di escreato, perché i pazienti ne trascurano sovente un corretto esame che prevede tra l’altro una attenta valutazione del colore, che può variare dal chiaro (mucoide) al giallo (mucopurulento), al verde (purulento). È stato, infatti, recentemente dimostrato che il diverso colore corrisponde a diversi livelli di infiammazione bronchiale e di carica batterica.
- Respiro sibilante e dispnea accessionale. – Il respiro sibilante, cioè la sensazione riferita dal soggetto di emettere sibili o rumori durante la normale respirazione, è considerato l’equivalente del reperto obiettivo toracico di rumori continui espiratori ad alta tonalità (wheezing) auscultabili sul torace, ed è ritenuto indicativo di broncospasmo e quindi sinonimo di asma. Ciò è vero solo parzialmente, in quanto anche i pazienti con bronchite cronica e ostruzione bronchiale stabile riferiscono frequentemente questo sintomo. Gli accessi di dispnea possono anche essere uno di quei segni di comparsa di una riacutizzazione della BPCO, evento frequente in alcuni pazienti, specialmente nelle fasi avanzate della malattia.
- Dispnea. – La dispnea da sforzo è il sintomo più importante della BPCO e costituisce la principale motivazione per la quale i pazienti fanno ricorso al medico. Comprende sensazioni qualitativamente differenti che presentano una intensità variabile. Va sottolineato come, a causa del lento sviluppo della malattia, il paziente spesso adegui le sue attività ai limiti imposti dalla malattia, con una iniziale riduzione degli esercizi più faticosi fino a una limitazione dell’esercizio fisico quotidiano (fare le scale, camminare svelto o correre): in pratica il soggetto, specie se anziano, si autolimita apprezzando poco la presenza della dispnea. Con il progredire della malattia, la dispnea peggiora determinando un vero e proprio deterioramento della qualità della vita presentandosi anche durante lo svolgimento delle normali attività quotidiane (vestirsi, lavarsi ecc.), determinando Insufficienza Respiratoria e costringendo il paziente all’ossigenoterapia. La dispnea è valutabile attraverso semplici scale di misura che fanno riferimento ad attività della vita quotidiana: le più usate sono la scala di BORG, scala di percezione dello sforzo, e la scala MRC per la valutazione della dispnea (Tabella 02, Tabella 03).
Tabella 01

Tabella 01. Principali sintomi della Bronco-Pneumopatia Cronica Ostruttiva.
Tabella 02

Tabella 02. Scala di Borg CR10 o scala di percezione dello sforzo.
Tabella 03

Tabella 03. Scala MRC per la valutazione della dispnea.
Segni della BPCO
- I reperti obiettivi della BPCO variano in base al tipo di malattia e specialmente in rapporto alla sua gravità. In una fase iniziale della malattia, il quadro obiettivo può essere del tutto negativo ovvero l’auscultazione del torace può permettere l’individuazione di segni iniziali di ostruzione bronchiale. In particolare, il prolungamento della fase espiratoria si associa a riduzione del rapporto VEMS/CV, ed è correlato al grado di ostruzione bronchiale. In soggetti BPCO, specialmente se riacutizzati, possono essere udibili i reperti dell’ipersecrezione bronchiale (rantoli grossolani) e di ostruzione bronchiale (ronchi e sibili). Nel soggetto enfisematoso si possono inoltre osservare i primi segni dell’insufflazione polmonare, più evidenti nelle forme conclamate: l’aumento di volume del torace specialmente a carico del diametro antera-posteriore (fino al cosiddetto “torace a botte”), la ipomobilità della gabbia toracica (specialmente del diaframma), la riduzione del murmure vescicolare. Nelle fasi più avanzate della malattia compaiono anche i segni della alterata meccanica polmonare e dell’Insufficienza Respiratoria e/o cardiaca. I primi sono particolarmente evidenti in fase di riacutizzazione della malattia, con presenza di tachipnea, uso dei muscoli accessori della respirazione (in particolare dello sternocleidomastoideo e degli scaleni), e presenza di movimenti paradossi del torace (come il segno di Hoover, cioè il rientramento inspiratorio della parte inferi ore del torace). I segni dell’Insufficienza Respiratoria (IR) e cardiaca sono la comparsa di cianosi centrale (ai prolabi, ai padiglioni auricolari e alle estremità), di edemi declivi, di turgore delle giugulari e di epatomegalia (fegato palpabile sotto l’arcata costale), di segni di interessamento neurologico (tremori, alterazioni del sensorio) in caso di ipercapnia. Inoltre, si associano frequentemente la riduzione del Body Mass Index e in particolare della massa magra muscolare.
Diagnosi
- La diagnosi di BPCO non può prescindere dalla valutazione di gravità determinata dalla limitazione del flusso aereo al fine di stimare la gravità globale della patologia e la sua evolutività.
Diagnosi clinica e spirometrica
- Una diagnosi clinica di BPCO dovrebbe essere sospettata in tutti i pazienti con oltre 40 anni che presentino dispnea da sforzo, tosse cronica con o senza produzione cronica di catarro ed esposizione ai fattori di rischio per la malattia. La spirometria, come specificato nelle linee guida, è indispensabile per porre la diagnosi di BPCO. La presenza di un rapporto VEMS/CVF <0,70, secondo le linee guida GOLD 2020, post-broncodilatatore consente nella maggior parte dei casi la conferma di ostruzione bronchiale persistente (Immagine 04). Poiché questo limite semplificativo determina una sottostima dell’ostruzione nei soggetti con età inferiore a 50 anni e una sovrastima nei soggetti con età superiore è preferibile utilizzare, come limite inferiore di normalità, il 95° percentile del valore predetto per età e sesso che nella pratica clinica corrisponde spesso all’88% del predetto nell’uomo e all’89% del predetto nella donna (secondo linea Guida ERS/ATS 2005). Inoltre è bene considerare che l’esame spirometrico globale con valutazione del volume residuo, da eseguirsi in ambito specialistico pneumologico, rappresenta lo strumento diagnostico meglio standardizzato per misurare l’ostruzione bronchiale e dare la certezza diagnostica.
Immagine 04

Immagine 04. Spirometria e test di broncodilatazione. Dopo 20′ dalla somministrazione di 200-400 mcg di beta 2 agonista o 80 mcg di anticolinergico si rivaluta il FEV1 con una manovra di espirazione forzata. Si possono verificare 3 possibilità:
1. il FEV1 aumenta di >12% e 200 ml rispetto al basale tornando a valori normali (>80% del predetto): deficit ventilatorio di tipo ostruttivo completamente reversibile (tipica dell’asma bronchiale).
2. il FEV1 è aumentato del 12% o di 200 ml rispetto al valore basale ma resta <80% del teorico e VEMS/CVF <70: deficit ventilatorio di tipo ostruttivo parzialmente reversibile (BPCO parzialmente reversibile oppure sindrome Overlap)
3.il FEV1 aumenta <12% o di 200 ml rispetto al valore basale: deficit ventilatorio non reversibile (BPCO).
Diagnosi differenziale
- La principale diagnosi differenziale è rappresentata dall’Asma Bronchiale che però è caratterizzata tipicamente da familiarità per asma, esordio precoce, sintomatologia intergiornaliera variabile, frequenti sintomi notturni o nelle prime ore del mattino, spesso allergia e/o atopia, limitazione al flusso aereo completamente reversibile. Resta da sottolineare che alcuni pazienti con asma cronico sviluppano nel corso degli anni una limitazione al flusso irreversibile. Altri ancora presentano una sindrome da sovrapposizione dei due quadri clinici configurando una sindrome mista (asthma ,COPD overlap syndrome) la cui definizione è apparsa per la prima volta nelle ultime linee guida per l’asma (GINA 2014).
- Nello scompenso cardiaco congestizio alcuni sintomi (dispnea da sforzo, tosse secca) possono mimare la BPCO, ma dopo un’attenta analisi le due condizioni si differenziano per la presenza di crepitii inspiratori specie nei campi polmonari inferiori all’auscultazione, edemi declivi, aumento dell’ombra cardiaca alla radiografia del torace con edema polmonare e sindrome restrittiva e non ostruttiva alla spirometria.
- Le bronchiectasie determinano espettorato cronico purulento e quadri spirometrici ostruttivi; i pazienti soffrono di infezioni polmonari batteriche ricorrenti e la radiografia nei casi più gravi o la TC del torace svelano la presenza delle dilatazioni bronchiali.
Valutazione multidimensionale: oltre il vems
- La classificazione spirometrica di gravità basata sul livello di ostruzione, abbandonata dalla linee guida GOLD nella revisione del 2011, utilizzava 4 stadi di gravità basati su specifici intervalli del VEMS. Tale impostazione è stata superata grazie all’evidenza emersa in letteratura della scarsa correlazione tra VEMS e qualità della vita legata allo stato di malattia. Il VEMS inoltre, nelle fasi iniziali della malattia, non è in grado di predire la progressione della patologia stessa. Pertanto un reale inquadramento della BPCO non può prescindere da:
- emogasanalisi arteriosa: consente di valutare la presenza di Insufficienza Respiratoria ipossiemica (PaO2 <60 mmHg) o ipossiemico-ipercapnica (con PaCO2 >45 mmHg);
- test del cammino: esame semplice, utile a valutare la tolleranza all’esercizio fisico. Il test misura la distanza percorsa in metri che un soggetto può percorrere camminando il più velocemente possibile su una superficie piana in sei minuti, comprese tutte le interruzioni che il soggetto ritiene necessarie e il grado di dispnea all’inizio e al termine della prova;
- esame emocromocitometrico: può evidenziare una policitemia secondaria all’ipossiemia cronica, oltre che una leucocitosi in corso di riacutizzazione;
- esami ematochimici: numerosi indici di flogosi sono stati proposti per stimare il grado di infiammazione sistemica del soggetto con BPCO. Nella pratica clinica è possibile controllare con semplicità indici, come VES, PCR e fibrinogeno, che possono superare i livelli normali anche in fase di stabilità dei sintomi ma solitamente aumentano in corso di riacutizzazione. Il dosaggio dell’alfa-1-antitripsina è utile nell’individuazione dei soggetti con deficit enzimatico e laddove possibile attuare la terapia sostitutiva;
- studio radiologico: è una valutazione ritenuta, dalle linee guida, complementare nella valutazione della gravità della BPCO, necessaria soltanto per la identificazione dell’enfisema e per la diagnosi differenziale. D’altra parte negli ultimi anni l’utilizzo della TC nello studio della BPCO offre la possibilità di valutare quantitativamente sia lo spessore delle vie aeree che la densità del parenchima per valutare l’estensione dell’enfisema ed è considerata la tecnica di riferimento per gli studi che ricercano una correlazione tra il fenotipo clinico con dati polmonari anatomopatologici oggettivi. Infine si dimostra necessaria nei pazienti candidabili alla terapia chirurgica;
- indice multidimensionale BODE: è un punteggio composito che somma l’indice di massa corporea (BMI), il grado di ostruzione bronchiale (VEMS), di dispnea (mMRC) e il test del cammino. È un indicatore di sopravvivenza migliore degli indici che lo compongono ed è più sensibile del VEMS nel predire il rischio di morte per qualunque causa nei pazienti con BPCO;
- questionari di valutazione dell’impatto sulla qualità della vita: il vero obiettivo della terapia della BPCO è migliorare la qualità della vita del paziente. I questionari che hanno dimostrato di offrire utili indicazioni sia sulla gravità che sul controllo della patologia sono la scala di gravità della dispnea del Medica Research Council nella versione mMRC (0-4) e il CAT – COPD Assessment Test (con scala di punteggio da O a 40) (Immagine 05).
Immagine 05

Immagine 05. Questionario COPD Assessment Test (CAT).
Misurazione del grado di gravità della BPCO secondo le linee guida gold 2020
- Al fine di stratificare la gravità del quadro clinico legato alla BPCO le linee guida GOLD dal 2017 prevedono due distinte classificazioni:
- Stadio SP.irometrico (Tabella 04), utile per descrivere in maniera rapida il decadimento della funzione respiratoria, prende in considerazione il VEMS e suddivide i pazienti in:
- Stadio I: VEMS >80% del teorico;
- Stadio II: VEMS <80% e >50% del teorico;
- Stadio III: VEMS <50% e >30% del teorico;
- Stadio IV: VEMS <30% del teorico.
- Classificazione in gruppi (Immagine 06), in base alla gravità della, sintomatologia riferita dal paziente mediante punteggio del CAT (valore limite 10) e dello score mMRC (valore limite 1), e in base al numero di riacutizzazioni di BPCO annue riferite dal paziente (riacutizzatore se > 1 riacutizzazione gestita a domicilio o se singola riacutizzazione con ospedalizzazione):
- Gruppo A: paucisintomatici non riacutizzatori;
- Gruppo B: sintomatici non riacutizzatori;
- Gruppo C: paucisintomatici riacutizzatori;
- Gruppo D: sintomatici riacutizzatori.
- Stadio SP.irometrico (Tabella 04), utile per descrivere in maniera rapida il decadimento della funzione respiratoria, prende in considerazione il VEMS e suddivide i pazienti in:
- La valutazione della gravità del quadro clinico e del deterioramento della funzionalità respiratoria va eseguita a ogni controllo, in maniera da cogliere per tempo eventuali peggioramenti acuti della sintomatologia e della funzione respiratoria (possibili riacutizzazioni) e anche per permettere un adeguamento della terapia all’eventuale modificarsi del quadro clinico, nell’ottica di personalizzare il trattamento in base al paziente.
Immagine 06

Immagine 06. Classificazione della BPCO in gruppi. Classificazione in Gruppi a seconda della sintomatologia (ordinate) e del numero annuo di riacutizzazioni bronchiali (ascisse). Adattata da Global initiative for chronic Obstructive Lung Disease, 2015 Report.
Comorbidità
- “… Le riacutizzazioni e la presenza di comorbidità contribuiscono alla gravità complessiva del quadro clinico nei singoli pazienti”.
- Termina così la definizione della BPCO nell’ultimo aggiornamento delle linee guida GOLD 2020.
- Rispetto al passato, pertanto, viene posta in rilievo l’importanza delle altre gravi patologie, a carattere cronico, che frequentemente accompagnano, specie nelle forme più severe e avanzate, la BPCO contribuendo a peggiorarne l’impatto sulla qualità della vita, sulla prognosi e sulla mortalità, sull’ospedalizzazione e sulle spese sanitarie rendendola a tutti gli effetti una patologia sistemica piuttosto che esclusivamente respiratoria.
- Il medico che si approccia al paziente BPCO non può pertanto prescindere dall’attenta valutazione integrata di tutte le manifestazioni extrapolmonari già esistenti al momento della diagnosi e di quelle che potrebbero svilupparsi in seguito al fine di definirne al meglio la gravità complessiva, di calibrare la terapia più opportuna tenendo in considerazione le politerapie e le interazioni farmacologiche e di fenotipizzare la patologia.
- Le comorbidità possono essere inquadrate su base clinica a seconda degli organi e degli apparati coinvolti o su base fisiopatologica in virtù di un substrato comune, l’infiammazione sistemica, che ne giustifica il collegamento con la BPCO e con le ripercussioni di alcune di esse a livello sistemico.
- Diverse patologie respiratorie frequentemente affiancano e complicano il decorso e la gestione della BPCO.
- L’asma bronchiale, sebbene sia la patologia che principalmente entra in diagnosi differenziale con la BPCO, può coesistere (sovente pre-esiste, raramente si sovrappone) con la BPCO, dando vita a un quadro clinico che è stato definito sindrome da sovrapposizione asma-BPCO (Asthma-COPD Overlap Syndrome, ACOS). Questa viene definita come caratterizzata da persistente limitazione al flusso espiratorio con numerose caratteristiche normalmente associate all’asma e numerose caratteristiche normalmente associate alla BPCO. ACOS è pertanto identificata dalle caratteristiche che condivide sia con asma che con BPCO.
- L’embolia polmonare è un frequente riscontro in questi pazienti ed è causata dal distacco di trombi sia a livello dell’arteria polmonare sia a livello delle vene periferiche, ragion per cui andrebbe sempre ricercata ecograficamente la presenza di TVP (trombosi venosa profonda) degli arti inferiori specie in quei soggetti che mostrano un improvviso aumento della dispnea, refrattario a terapia broncodilatatrice, e che hanno uno stile di vita sedentario, inabilità motorie e disturbi cardiocircolatori.
- Il carcinoma polmonare condivide con la BPCO svariati fattori di rischio tra i quali ovviamente il fumo di sigaretta e l’esposizione ambientale a inalanti nocivi per cui è indubbia la frequente possibile coesistenza di queste morbosità suffragata da studi clinici che hanno dimostrato anche la diretta correlazione tra il grado di ostruzione bronchiale valutata con la spirometria e la probabilità relativa di sviluppare la neoplasia polmonare.
- Le polmoniti nei BPCO sono spesso conseguenza del prolungato trattamento farmacologico della patologia mediante cortisonici topici e sistemici che se da un lato ne riducono le riacutizzazioni, dall’altra espongono i soggetti, specie i più anziani e compromessi, a un indebolimento delle difese immunitarie con conseguente maggior probabilità a contrarre polmoniti.
- Anche l’uso dei supporti ventilatori meccanici mediante intubazione endotracheale talvolta necessari per contrastare l’ipercapnia nelle fasi avanzate di malattia espone i soggetti alle cosiddette VAP (ventilator associated pneumoniae).
- Le bronchiectasie sono fonte comune di riacutizzazione flogistica nei BPCO e il loro riscontro è sempre più frequente da quando è aumentato l’impiego della TC torace HR nell’inquadramento diagnostico di questi pazienti.
- La sindrome delle apnee ostruttive del sonno nei pazienti BPCO si configura nel quadro di “overlap syndrome” all’interno del quale si ha un effetto cumulativo sui valori di ipossiemia e ipercapnia rispetto a quelli che avrebbero le due patologie singolarmente con un chiaro peggioramento del quadro clinico e degli indici di mortalità.
- L’ipertensione polmonare, l’ipertrofia ventricolare destra e il conseguente cuore polmonare cronico più che comorbidità si configurano come conseguenze cardio-respiratorie sistemiche della BPCO in fase evoluta.
- Il sistema cardiocircolatorio, tra i distretti extrapolmonari, è quello più frequentemente compromesso nei pazienti BPCO tanto che le malattie cardiovascolari rappresentano la causa principale di morte soprattutto nei pazienti di grado lieve e moderato.
- La cardiopatia ischemica e lo scompenso cardiaco che spesso ne consegue sono condizioni comunemente associate alla BPCO, accomunate a essa da una comune storia di tabagismo e frequentemente causa di ospedalizzazione e mortalità di questi pazienti.
- Anche l’ipertensione arteriosa, l’ictus ischemico e le aritmie, in particolar modo la fibrillazione atriale, sono comuni riscontri nei BPCO.
- La sindrome metabolica (obesità addominale, ipertensione arteriosa, ipertrigliceridemia, diabete) e l’osteoporosi, probabilmente per via delle terapie steroidee prolungate e della progressiva inabilità fisica cui questi soggetti vanno incontro, configurano una buona parte di questi soggetti; è altresì frequente d’altra parte una tipologia di pazienti BPCO che va incontro a marcata perdita di peso, cachessia e sarcopenia con decisive ripercussioni a carico della muscolatura scheletrica periferica e respiratoria con un più rapido declino della performance respiratoria e con una ridotta tolleranza allo sforzo.
- L’insufficienza renale è spesso concausa, con il deficit cardiaco, della ritenzione idro-salina alla base degli edemi nei pazienti BPCO.
- Infine la compromissione neuropsichica, cognitiva e talvolta comportamentale di questi pazienti sarebbero da addebitare all’ipossia cerebro-vascolare prolungata a cui sono esposti e agli effetti dell’ipercapnia a livello centrale, mentre l’ansia e la depressione dallo stress e dalla inabilità, causate dalla patologia in fase avanzata.
Riduzione dei fattori di rischio
- L’identificazione, la riduzione e il controllo dei fattori di rischio sono importanti traguardi per lo sviluppo di strategie preventive e di trattamento delle malattie.
- Fumo di tabacco. – L’intervento più efficace nel modificare la storia naturale della patologia è l’assoluta astensione dal fumo. Pertanto è importante realizzare e diffondere “Programmi di cessazione dall’abitudine tabagica per i fumatori” realizzando brevi consulenze ambulatoriali a opera di medici e altri professionisti sanitari oltre che sfruttando gli ausili farmacologici disponibili quali: terapia sostitutiva nicotinica (gomme da masticare, inalatori, spray nasali, cerotti transdermici, compresse sublinguali e pastiglie) ovvero terapia farmacologica con vareniclina, bupropione o nortriptilina che hanno dimostrato aumenti del tasso di astinenza superiori al placebo.
- Riduzione dell’impatto di inquinamento ambientale ed esposizione professionale. – Da molto tempo l’inalazione di sostanze contaminanti dell’ambiente esterno coma acido solforico, anidride solforosa e il particolato sospeso totale da combustione fossile (PM10) è riconosciuta come fattore di rischio per lo sviluppo della BPCO. È necessario dare rilievo alla prevenzione primaria, che si ottiene idealmente con l’eliminazione e la riduzione dell’esposizione a varie sostanze in ambito lavorativo. Anche la prevenzione secondaria, attraverso la sorveglianza epidemiologica e l’individuazione precoce dei casi, è di grande importanza. A questo si aggiungono gli inquinanti indoor, quali fumi di cucina o del riscaldamento, ovvero materiali di isolamento presenti negli edifici, collanti, detergenti chimici, tutte sostanze capaci di determinare l’insorgenza della patologia grazie all’effetto pro-infiammatorio cronico sulle vie aeree. La riduzione del rischio derivante dall’inquinamento ambientale negli ambienti interni ed esterni richiede sia l’allestimento di politiche pubbliche, sia l’attuazione di misure protettive specifiche per ciascun individuo.
- Vaccinazione anti-influenzale e antipneumococcica. – I vaccini sono il mezzo più sicuro ed efficace per ridurre il rischio di gravi infezioni delle vie aeree inferiori che possono riesacerbare la malattia di base e richiedere il ricovero ospedaliero. La vaccinazione anti-influenzale va eseguita di norma una volta all’anno mentre la vaccinazione antipneumococcica ogni cinque anni. Quest’ultima è indicata in tutti i pazienti anziani e ha dimostrato una riduzione dell’incidenza della CAP nei pazienti con età inferiore a 65 anni e VEMS <40% del predetto.
Trattamento della BPCO stabilizzata
TRATTAMENTO NON FARMACOLOGICO
- Qualsiasi strategia di trattamento che non parta dall’attenta valutazione dei sintomi, dalla misura del grado di ostruzione bronchiale e dalla valutazione del rischio di riacutizzazioni rischia di risultare inefficace nel trattamento della BPCO .
- La riabilitazione respiratoria è un breve percorso terapeutico basato sulla esecuzione di regolare esercizio fisico. Ha lo scopo di modificare l’impatto che la malattia respiratoria produce sulla qualità di vita del paziente, riducendone la gravità dei sintomi e migliorandone la capacità di aderire alle attività della vita quotidiana. È efficace nel ridurre le riacutizzazioni e di conseguenza le ospedalizzazioni e i costi sanitari e migliora la qualità della vita. La durata non dev’essere inferiore alle 6 settimane. La selezione dei pazienti candidabili è fondamentale per la riuscita del programma. Due le principali limitazioni: l’impossibilità alla deambulazione e il grado di dispnea 4 sulla scala mMRC.
TERAPIA FARMACOLOGICA
- La terapia farmacologica della BPCO ha l’obiettivo di prevenire e controllare la sintomatologia, diminuire la frequenza e la gravità delle riacutizzazioni, migliorare le condizioni generali e la tolleranza all’esercizio fisico. Ogni regime di trattamento deve essere personalizzato sul paziente, poiché il rapporto tra la gravità dei sintomi e la gravità della ostruzione bronchiale è influenzato da altri fattori come la frequenza e la gravità delle riacutizzazioni, la presenza di insufficienza respiratoria, le comorbidità (malattie cardiovascolari, Osteoporosi ecc.) e lo stato generale di salute.
- Poiché il valore del VEMS in percentuale sul teorico non è legato in maniera significativa al peso della sintomatologia nella vita quotidiana del paziente, le linee guida GOLD 2020 raccomandano una strategia di trattamento che consideri i sintomi del paziente valutati con CAT test o scala mMRC e la storia delle riacutizzazioni ovvero ospedalizzazioni nell’anno precedente, tenendo conto pertanto della stadiazione di gravità della patologia nei 4 sottogruppi A, B, C e D (Tabella 05, 06) nel primo inquadramento del paziente BPCO, mentre per i controlli raccomandano di adeguare il trattamento in caso di persistenza di sintomatologia importante o comparsa di nuove riesacerbazioni bronchiali (Immagine 07).
- Broncodilatatori. – Sono il perno del trattamento della BPCO. Essi sono costituiti da farmaci β2-agonisti selettivi a breve durata di azione (salbutamolo, terbutalina, fenoterolo e levalbuterolo: 4-6 ore), lunga durata d’azione (salmeterolo, formoterolo: 12 ore) o molto lunga durata d’azione (indacaterolo, vilanterolo: >24 ore), farmaci anticolinergici antimuscarinici a breve durata d’azione (ipratropio bromuro, oxitropio bromuro: 4-8 ore), a media durata d’azione (aclidinio bromuro: 12 ore) e a lunga durata d’azione (tiotropio bromuro, glicopirronio bromuro: >24 ore) e metilxantine (aminofillina, teofillina e doxofillina). La terapia inalatoria è da preferirsi in quanto offre grossi benefici in rapporto alla bassa incidenza di effetti collaterali (tremori, tachicardia). rassunzione dei principi attivi a breve durata d’azione è consigliabile in monoterapia e unicamente al bisogno, tenendo presente che i broncodilatatori a lunga e molto lunga durata d’azione, somministrati una o due volte al giorno, provocano un miglioramento della sintomatologia e della aderenza alla terapia superiore rispetto alla somministrazione cronica di broncodilatatori a breve durata di azione. Per i principi a lunga e molto lunga durata è possibile l’associazione di due, a differente meccanismo d’azione, con la possibilità di utilizzarli in combinazione con i corticosteroidi topici nei frequenti riacutizzatori e/o GOLD 3 e 4. Le metilxantine sono meno efficaci e meno ben tollerate rispetto ai broncodilatatori inalatori a lunga durata d’azione, tuttavia esistono evidenze di modesto effetto broncodilatatore con qualche beneficio sui sintomi rispetto al placebo.
- Corticosteroidi inalatori. – I corticosteroidi inalatori hanno dimostrato da un lato di ridurre il numero di riesacerbazioni di BPCO, ma è d’altra parte ben nota la tendenza di tale terapia a favorire lo sviluppo di polmoniti. La terapia con corticosteroidi inalatori, prima un cardine del trattamento della BPCO, dalla pubblicazione delle linee guida GOLD del 2017 è stata pertanto relegata a sole due classi di pazienti: pazienti in cui si sospetta una sindrome overlap asma-BPCO (ACOS) e pazienti frequenti riacutizzatori. In questa ultima classe di pazienti l’utilizzo del cortisonico inalatorio è corroborato da una conta dei granulociti eosinofili nel sangue periferico elevata, maggiore di 300 cellule/µl al primo inquadramento, oppure, in caso di paziente già in terapia inalatoria con broncodilatatori, con un valore maggiore di 100 cellule/µl.
- Inibitori della fosfodiesterasi-4 – Nei pazienti in GOLD 3 e GOLD 4 con una storia di riacutizzazioni e bronchite cronica, l’inibitore della fosfodiesterasi-4, roflumilast, è in grado di ridurre le riacutizzazioni, anche se associato con broncodilatatori a lunga durata d’azione.
- Corticosteroidi orali – Il loro impiego è considerato poco efficace in rapporto a effetti collaterali gravi (insorgenza di alterata tolleranza glucidica, fratture ossee da osteoporosi, gastropatia, ipertensione e immunodepressione) .
- Mucolitici e sedativi della tosse. – Alcuni pazienti con escreato particolarmente viscoso possono avere beneficio dai mucolitici (per esempio la carbocisteina), tuttavia i benefici sono limitati. L’uso di sedativi della tosse non è consigliato.
- Antibiotici. – L’uso continuo non è raccomandato poiché allo stato attuale non vi sono in letteratura evidenze necessarie, tali da giustificare il ricorso a questa classe di farmaci per il controllo delle riacutizzazioni.
- Agenti antiossidanti e immunoregolatori. – Alcune evidenze segnalano la loro efficacia nella riduzione delle riacutizzazioni, ma tale indicazione non è ancora raccomandata in quanto meritevole di ulteriori studi.
- Ossigenoterapia. – La somministrazione di ossigeno a lungo termine (>15 ore al giorno) a pazienti con Insufficienza Respiratoria cronica (PaO2 stabilmente <55 mmHg ovvero compresa tra 60 mmHg e 55 mmHg se concomita almeno un fattore di rischio tra policitemia, aritmie, ipertensione polmonare, cuore polmonare cronico e cardiopatia ischemica) ha dimostrato aumento della sopravvivenza, miglioramento della qualità di vita, riduzione dell’incidenza di poliglobulia e ipertensione polmonare, miglioramento della qualità del sonno, riduzione dell’incidenza di aritmie e riduzione dei ricoveri ospedalieri.
Immagine 07

Immagine 07. Terapia.
Tabella 05

Tabella 05. Trattamento farmacologico iniziale del paziente BPCO secondo le linee guida GOLD 2020.
Tabella 06

Tabella 06. Trattamento farmacologico al follow-up.
TERAPIA VENTILATORIA
- Nel sottogruppo di pazienti con significativa ipercapnia cronica (PCO2 >55 mmHg) non responsiva a terapia broncodilatatrice, il supporto ventilatorio non invasivo, laddove coesista un’adeguata assistenza domiciliare, può risultare utile nel miglioramento della sopravvivenza.
TERAPIA CHIRURGICA
- La bullectomia consiste nell’asportazione delle bolle giganti polmonari con la resezione delle stesse mediante rivestimento di materiale protettivo con il rinforzo della sutura sul parenchima polmonare (es. il pericardio bovino). Anch’essa può migliorare i sintomi in pazienti selezionati con enfisema bolloso. Altra tecnica proposta, la riduzione chirurgica del volume polmonare, è controindicata in pazienti ad alto rischio (VEMS <20% del teorico e/o DLCO <20% del teorico); tuttavia in pazienti selezionati, con predominanza di enfisema nei lobi superiori e intolleranza allo sforzo, può migliorare la sopravvivenza. Ultime alternative possibili sono le tecniche di riduzione volumetrica di enfisema per via broncoscopica con ausilio di valvole endobronchiali. Gli studi eseguiti hanno dimostrato da un lato un discreto miglioramento della qualità della vita, della funzione polmonare e dei sintomi a fronte però di possibili effetti collaterali gravi come Pneumotorace e polmoniti, risultati reversibili data la possibilità di rimozione delle valvole impiantate. I migliori risultati sono stati ottenuti nei pazienti con elevata eterogeneità dell’enfisema e integrità delle scissure. Il trapianto polmonare è utile per migliorare la qualità della vita nella BPCO molto severa in una popolazione ben selezionata, ma non sembra modificarne la sopravvivenza.
Immagine 08

Immagine 08. Trattamento endoscopico bronchiale.
Trattamento endoscopico
- Sebbene il trattamento chirurgico raggiunga dei risultati notevoli, l’eterogeneità della BPCO e la fragilità dei pazienti ha incoraggiato la ricerca di procedure nuove per cercare di estendere i trattamenti invasivi al maggior numero di pazienti, espandendo i criteri di elegibilità. Esistono numerose tecniche, tutte eseguite mediante approccio enaoscopico bronchiale:
- Posizionamento di valvole endobronchiali unidirezionali (Immagine 08 A,B): ne esistono di due tipi, valvole Zephyr e valvole intrabronchiali. Entrambe vengono posizionate nel bronco che rifornisce la bolla enfisematosa, permettendo il passaggio di aria solo in espirazione, determinando una lenta progressione verso l’atelettasia dell’area di parenchima iperinsufflata, a patto che questa non sia rifornita da circoli aerei collaterali. Hanno numerosi effetti collaterali come polmoniti, riacutizzazioni, emottisi e soprattutto pneumotorace.
- Posizionamento di coil (Immagine 08 C): sono molle di nitinolo, a memoria di forma, posizionate, nel numero di 10-14 per ogni trattamento, sotto guida radioscopica, nei bronchi intermedi di polmoni che presentano grave iperinsufflazione alle prove di funzionalità respiratoria ed enfisema moderato centrolobulare o panlobulare all’esame TC ad alta risoluzione. Effetti collaterali di tale procedura sono polmoniti, riacutizzazioni bronchiali ed emoftoe.
- Utilizzo di collanti biologici o termoablazione a vapore per indurre atelettasia delle aree iperinsufflate e successivo rimodellamento. Effetti collaterali, specie dei collanti biologici, sono rappresentati dalla sindrome simil-influenzale nelle 24 ore successive al trattamento e da riacutizzazioni di BPCO.
- Tali metodiche non sono eseguite in molti centri, in quanto richiedono una notevole esperienza di endoscopia bronchiale e dimestichezza con le metodiche invasive, oltre alla possibilità di eseguire un follow-up serrato del paziente. Nonostante i possibili, e non infrequenti effetti collaterali, tutte queste metodiche risultano molto efficaci nel migliorare la funzionalità respiratoria e nel dare sollievo alla sintomatologia dei pazienti più gravi affetti da BPCO enfisematosa.
Trattamento delle riacutizzazioni
- Gli eventi più importanti che influiscono sulla storia clinica della malattia sono rappresentati dagli episodi di riacutizzazione, cioè dal peggioramento improvviso della sintomatologia e della funzione respiratoria, che richiedono l’intervento medico o l’ospedalizzazione. Il trattamento è in relazione con la gravità del quadro clinico che dev’essere attentamente valutata eseguendo l’emogasanalisi arteriosa per svelare la presenza di insufficienza respiratoria, la radiografia del torace per escludere diagnosi alternative e l’ECG per escludere eventuali patologie cardiache sottostanti. I farmaci comunemente usati e variamente associati per controllare le riacutizzazioni sono i broncodilatatori, i corticosteroidi e gli antibiotici. I broncodilatatori più utilizzati sono quelli a breve durata d’azione (salbutamolo e ipratropio bromuro) somministrati separatamente o mescolati mediante nebulizzatore per un numero di volte al dì variabile a seconda della gravità della riacutizzazione. Se non controindicati, i corticosteroidi orali devono essere somministrati a tutti i pazienti con una riacutizzazione di BPCO. Diversi studi hanno dimostrato il miglioramento della funzione polmonare e l’accorciamento della durata della degenza ospedaliera. Per riacutizzazioni semplici, le attuali linee guida raccomandano 40 mg di prednisolone per 5 giorni, senza alcun ulteriore vantaggio per terapie prolungate oltre tale periodo. Utile l’ausilio degli antibiotici nei pazienti con aumento della quantità e della purulenza dell’escreato e che richiedono ventilazione meccanica. Nelle riacutizzazioni che determinino insufficienza respiratoria, l’ossigenoterapia è il trattamento cardine, con un obiettivo di saturazione di 88-92% in quanto livelli maggiori potrebbero determinare la perdita del drive ipossico con insorgenza di ipercapnia e acidosi respiratoria. Nelle riacutizzazioni ipercapnico-acidosiche di BPCO la ventilazione meccanica non invasiva (NIMV) ha rivoluzionato il trattamento. Le principali indicazioni al suo impiego sono la presenza di dispnea grave con utilizzo dei muscoli accessori accompagnato da movimento del diaframma paradosso e l’acidosi respiratoria (pH <7,35 e/o PaC02 >45 mmHg) La NIMV offre un modulo a due livelli pressori di supporto respiratorio: una pressione positiva inspiratoria (IPAP) e una pressione positiva espiratoria (EPAP). L’IPAP, che di solito è impostata fino a 15-20 cm H2O, funge da ausilio ai muscoli respiratori riducendo il lavoro respiratorio, migliorando la ventilazione alveolare e l’ossigenazione e aumentando l’eliminazione di CO2.
- L’EPAP invece, di solito a 4-6 cm H2O, contrasta la PEEP intrinseca riducendo il lavoro respiratorio, l’iperinflazione polmonare dinamica e la maldistribuzione polmonare dei gas. Fisiologicamente si ottiene una riduzione della frequenza respiratoria, un aumento del volume corrente e della funzione alveolare, un miglioramento dell’ossigenazione e una riduzione della PaCO2.
Conclusioni
- Si può pertanto concludere trattando della BroncoPneumopatia Cronica Ostruttiva (BPCO), che non si possono ignorare i traguardi raggiunti, concretizzati nel complesso delle raccomandazioni GOLD, globalmente riconosciute e in continuo aggiornamento, che hanno permesso di standardizzare metodi di diagnosi, stadiazione e trattamento della malattia.
- Non si può prescindere neppure dall’impatto della BPCO che, come una delle principali cause di morbilità e mortalità a livello mondiale, è caratterizzata da ricadute sociali, economiche e personali notevoli e da un’epidemiologia che la vede in costante aumento.
- Ciò significa, ricercando una stabilità tra progressi e questioni aperte, raccogliere altre sfide fino a prevedere di influenzare la storia naturale della BPCO, auspicando un maggiore sviluppo di interventi capaci di migliorare la cura dei nostri pazienti e il monitoraggio costante nel tempo di questa malattia tenendo conto di quelle che sono le caratteristiche della stessa e cioè eterogeneità, complessità e multidimensionalità.