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1 di 5 Domande

Donna di 61 anni con storia di ipertensione arteriosa e fibrillazione atriale in studio nel reparto di endocrinologia per gozzo multinodulare con noduli multipli in entrambi i lobi tra 2,5 e 3 cm, nessun elemento di malignità nei test di imaging. Nell'ultima visita, ha riferito disfagia per i solidi da 6 mesi. Alle analisi di laboratorio presenta un TSH di 0,001 uU/mL (0,47-4,68) e T4 libero 1,62 ng/mL (0,78-2,19). All’ecografia si descrive un grande gozzo multinodulare con componente intratoracica e noduli multipli, uno dei quali presenta un aumento di dimensione da 3 a 4,4 cm rispetto al controllo precedente di un anno prima. Viene richiesto l’agoaspirato del nodulo e il risultato della citologia risulta compatibile con un gozzo colloide (citologia benigna). Qual è il comportamento più corretto da seguire?














La risposta corretta è la D
La paziente del caso clinico presenta un gozzo multinodulare con valori di TSH e T4 libero compatibili con un ipertiroidismo subclinico, anche se in realtà la paziente riferisce disfagia e l’ecografia evidenzia una componente intratoracica ed un aumento di volume significativo di uno dei noduli, per cui considerando anche i precedenti di FA, il trattamento più opportuno è la tiroidectomia totale.
Al contrario, il trattamento con iodio radioattivo (I-131) non è indicato in caso di grandi gozzi retrosternali, a prescindere dai precedenti di ipertensione arteriosa e FA della paziente (risposta B errata). All’opposto, il trattamento con antitiroidei sintetici sarebbe stata l’opzione terapeutica adeguata nel caso in cui la paziente fosse stata più giovane e non avesse riferito disfagia, segno dell’azione compressiva del gozzo sulle strutture circostanti (risposta C errata). Inoltre, la radioterapia esterna o transcutanea della tiroide è consigliata solo per i carcinomi midollari e anaplastici, che sono poco o per niente sensibili al trattamento con lo iodio radioattivo (risposta E errata). Infine, il controllo annuale con ecografia tiroidea e analisi della funzionalità tiroidea sarebbe bastato nel caso in cui la paziente non avesse riferito disfagia e uno dei noduli non fosse andato incontro ad un aumento significativo delle dimensioni (risposta A errata).

2 di 5 Domande

Il diabete mellito di tipo 1:














La risposta corretta è la B
Il diabete mellito di tipo 1 è una patologia endocrina autoimmune che può associarsi ad altre malattie endocrine autoimmuni come il morbo di Graves, la tiroidite di Hashimoto e il morbo di Addison. Al contrario, il diabete mellito di tipo 1 si manifesta prevalentemente nel periodo dell’infanzia e nell’adolescenza, per questo fino a poco tempo fa veniva denominato diabete infantile (risposta E errata). All’opposto, non si associa ad obesità come fa invece il diabete mellito di tipo 2 (risposta A errata). Inoltre, il tipo 1 è meno frequente del tipo 2, i cui fattori predisponenti sono:
- obesità (BMI maggiore o uguale a 30 kg/m2);
- inattività fisica;
- ipertensione;
- colesterolo HDL ≤ 35 mg/dl;
- trigliceridi ≥ 250 mg/dl.
Infine, il trattamento del diabete di tipo 1 prevede la somministrazione di insulina per tutta la vita, mentre per il diabete di tipo 2 inizialmente possono risultare efficaci norme igienico-alimentari, che prevedano un cambiamento dello stile di vita, e antidiabetici orali (risposta D errata).

3 di 5 Domande

Il coma iperglicemico iperosmolare non chetoacidosico:














La risposta corretta è la A
Il coma iperglicemico iperosmolare non chetoacidosico, colpisce soprattutto gli anziani affetti da diabete mellito di tipo 2 con grave stato di disidratazione, alterazione dello stato mentale e coma, ed è caratterizzato da una osmolarità plasmatica > 320 mOsm/Kg e da livelli di glucosio plasmatico superiori a 1000 mg/dl.
Al contrario, non è prevista la somministrazione di bicarbonato nel trattamento, il quale comprende fluidoterapia per reidratare, potassio (risposta E errata) e insulina, ma nel caso di diabete mellito di tipo 2, dopo la guarigione si riprende con la terapia precedentemente utilizzata che può anche non prevedere insulina (risposte B e C errate).  All’opposto, il diabete giovanile può manifestarsi all’esordio con una grave chetoacidosi diabetica, che può evolvere con sviluppo di edema cerebrale fino al decesso (risposta D errata).

4 di 5 Domande

Un uomo di 60 anni, che ha sofferto di infarto miocardico 1 anno, fa giunge in studio per valutare il suo trattamento. Sta assumendo gemfibrozil 900 mg, lisinopril 20 mg, aspirina 100 mg e carvedilolo 25 mg. Alle analisi presenta LDL-C 162 mg/dL, HDL-C 46 mg/dL, trigliceridi 132 mg/dL, colesterolo totale 220 mg/dL. Quale indirizzo terapeutico sembra più ragionevole?














La risposta corretta è la C
Il paziente del caso clinico presenta un alto rischio cardiovascolare, considerato l’IMA pregresso, perciò è necessario agire sui fattori di rischio modificabili come il livello ematico di LDL-C cambiando gemfibrozil in atorvastatina, per ottenere una riduzione ≥ 50% di LDL-C e un livello di LDL-C < 55 mg/dL.
Al contrario, sarebbe errato insistere soltanto sui cambiamenti nello stile di vita ma mantenere lo stesso trattamento (risposta A errata). All’opposto, la terapia cronica con beta-bloccanti potrebbe alterare il profilo lipidico ma non alle dosi assunte dal paziente (risposta D errata). Inoltre, il paziente non necessita di terapia con acido nicotinico per aumentare l’HDL o di una terapia per abbassare la trigliceridemia, in quanto l’obiettivo < 150 mg/dl, associato ad un minor rischio di sviluppare eventi cardiovascolari, risulta già raggiunto (risposte B ed E errate).



5 di 5 Domande

In un paziente con diagnosi di acromegalia dovuta ad un tumore pituitario, operato e con malattia residua, in trattamento cronico con analoghi della somatostatina, è necessario controllare sistematicamente l’insorgenza di altri tumori poiché possono associarsi in quasi un terzo dei pazienti affetti da questa malattia. Di quale delle seguenti patologie è essenziale escludere l’insorgenza periodicamente?














La risposta corretta è la D
La formazione di polipi (con eventuale evoluzione in carcinoma del colon) si associa a più di un terzo dei pazienti affetti da acromegalia, patologia dovuta alla produzione in eccesso di GH da parte di un tumore pituitario che determina conseguenze soprattutto a livello cardiovascolare con cardiopatia ischemica, aritmie e scompenso diastolico se non viene intrapreso un efficace trattamento.
Al contrario, non è stato riscontrato un aumentato rischio di sviluppare meningiomi, carcinoma midollare della tiroide, carcinoma polmonare a piccole cellule ed epatocarcinoma (risposte A, B, C ed E errate).

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