Dettagli
- Classificazione e Fisiopatologia
- Quadro clinico
- Diagnostica per immagini
- Complicanze
- Terapia
Frattura del femore prossimale
- Le fratture del femore prossimale interessano la porzione di osso compresa fra la testa e la regione sottotrocanterica (fino a 2cm al di sotto del piccolo trocantere); un sottogruppo particolare è costituito dalle fratture parcellari della testa e da quelle isolate dei trocanteri. Le fratture del femore prossimale sono estremamente comuni e riguardano in modo caratteristico due tipi di individui:
- con maggior frequenza, l’anziano per traumi a bassa energia;
- più raramente, l’adulto per traumi ad alta energia (dovuti a incidenti stradali o sul lavoro o dello sport) e in questo caso si associano spesso ad altre fratture.
- Il soggetto anziano, soprattutto se di sesso femminile, è predisposto a questo tipo di lesioni a causa dell’osteoporosi, che indebolisce il tessuto osseo riducendone la massa, in particolare a livello del collo femorale e della regione trocanterica.
- Nella maggior parte dei casi l’evento traumatico è una caduta accidentale, a cui questi pazienti sono maggiormente predisposti per la minore reattività neuromuscolare e/o per altre patologie che possono renderne più precario l’equilibrio.
Classificazione e Fisiopatologia
- Si distinguono fratture mediali e fratture laterali rispetto all’inserzione della capsula articolare, che si trova alla base del collo (Figura01).
- Fratture mediali. Si dividono in fratture sottocapitate (appena sotto la testa femorale) e fratture meso-cervicali (a metà del collo femorale).
- Le fratture mediali possono essere classificate anche sulla base della scomposizione secondo Garden in (Figura02):
- fratture scomposte ingranate in valgo (tipo I);
- fratture composte (tipo II);
- fratture scomposte ingranate in varo (tipo III);
- fratture scomposte (tipo IV).
- I primi due tipi sono da considerarsi come fratture stabili o stabilizzabili direttamente con mezzi di osteosintesi (viti); i tipi III e IV sono considerate fratture instabili e stabilizzabili solo dopo riduzione.
- Fratture laterali. Si dividono in:
- fratture basicervicali (alla base del collo);
- fratture pertrocanteriche (tra un trocantere e l’altro con linea di frattura variabile);
- fratture sottotrocanteriche (al di sotto del piccolo trocantere).
- Le fratture laterali, sulla base del numero dei frammenti e dell’obliquità della rima di frattura, sono distinte in fratture stabili e instabili (comminute) (Figura03).
La testa del femore nell’adulto è vascolarizzata da rami terminali intracapsulari delle arterie circonflesse anteriori e posteriori del femore, da vasi intraossei all’interno del collo femorale e dall’arteria del legamento rotondo, che nell’anziano tende a obliterarsi. Una frattura mediale interrompe i vasi intraossei e può interrompere, o comunque comprimere per la pressione dell’ematoma, i vasi intracapsulari. Da ciò deriva un elevato rischio di necrosi asettica della testa femorale nelle fratture mediali, soprattutto se scomposte. Inoltre, queste fratture, in particolare le mesocervicali, avvengono in una zona di tessuto osseo corticale con ridotte potenzialità riparative, con conseguente rischio aggiuntivo di ritardo di consolidazione e pseudoartrosi.
Figura 01
Figura 01: Le fratture del femore prossimale: sottocapitata (a), mesocervicale (b), basicervicale (c), pertrocanterica (d), sottotrocanterica (e). La linea tratteggiata indica la zona d’inserzione della capsula articolare, in base alla quale si distinguono fratture mediali e laterali.
Figura 02
Figura 02: Classificazione di Garden delle fratture mediali del femore prossimale: tipo I, ingranata in valgo (a); tipo II, composta (b); tipo III, parzialmente scomposta, ingranata in varo (c); tipo IV, scomposta (d).
Figura 03
Figura 03: fratture pertrocanteriche: stabile (a); instabile: pluriframmentaria con interruzione del muro mediale (→) (b)
Quadro clinico
- Il paziente riferisce una caduta accidentale più o meno violenta, lamenta dolore in regione inguinale irradiato alla coscia con impotenza funzionale e impossibilità alla deambulazione.
- L’arto si presenta atteggiato in rotazione esterna (il margine laterale del piede appare appoggiato al piano del letto), addotto e accorciato (Figura04). La mobilizzazione dell’anca suscita vivo dolore. In casi non rari (fratture ingranate o stabili) la sintomatologia può essere minima o assente, e l’esame fisico poco significativo; la frattura può manifestarsi in un secondo tempo, quando si scompone, con cedimento improvviso dell’arto.
Figura 04
Figura 04: Atteggiamento in rotazione esterna e adduzione dell’arto inferiore destro in paziente con frattura scomposta del femore prossimale; si noti anche l’accorciamento rispetto all’arto controlaterale.
Diagnostica per immagini
- La radiografia standard dell’anca in due proiezioni è di regola sufficiente per riconoscere e classificare la frattura, indirizzando la terapia. In alcuni casi di fratture composte la radiografia può essere non significativa o dubbia; in questa eventualità, sulla base del quadro clinico, può essere indicata l’esecuzione di una TC. Questo esame riduce al minimo la possibilità che una frattura possa essere misconosciuta, per manifestarsi solo in un secondo tempo con la scomposizione.
Complicanze
- Complicanze postoperatorie possono essere l’anemizzazione, la trombosi venosa profonda con embolia polmonare e l’infezione chirurgica; i vizi di consolidazione, la pseudoartrosi o la necrosi asettica della testa femorale possono verificarsi in caso di osteosintesi, mentre a seguito di sostituzione protesica si possono osservare la lussazione o la mobilizzazione dell’impianto.
- In epoca prechirurgica la mortalità del soggetto molto anziano affetto da frattura del collo di femore, a un anno dall’evento, era intorno al 60% a causa del trauma e delle complicanze legate al prolungato allettamento. L’approccio chirurgico, permesso anche dal miglioramento delle tecniche anestesiologiche, ha circa dimezzato questa percentuale; eseguendo l’intervento in tempi brevi (entro 48 ore dal trauma) la mortalità subisce un’ulteriore lieve riduzione. In alcuni casi possono però essere necessari pochi giorni di ricovero per un inquadramento clinico più preciso e la correzione di condizioni patologiche concomitanti.
- La frattura del collo del femore rimane comunque una delle principali cause di progressivo decadimento nell’anziano.
Terapia
- L’obiettivo del trattamento è diverso a seconda che si tratti di pazienti anziani (evenienza di gran lunga più comune) o adulti. Nel primo caso la terapia è volta a ottenere la verticalizzazione e la ripresa della deambula zione nel minore tempo possibile, al fine di prevenire le complicanze correlate all’immobilità. Nei pazienti più giovani si cerca invece di restituire una forma il più possibile anatomica al femore prossimale, per recuperare una funzione ottimale, anche a costo di una prolungata astensione dal carico.
- L’allettamento di un paziente anziano è, infatti, causa di insorgenza di varie complicanze (sindrome da allettamento): piaghe da decubito, infezioni urinarie, polmoniti ipostatiche, malattia tromboembolica, disidratazione. Le fratture mediali richiedono un approccio terapeutico diverso rispetto alle laterali.
- Le fratture mediali composte o stabili (Garden I o II), indipendentemente dall’età del paziente, vengono preferibilmente trattate mediante osteosintesi con viti multiple o con vite-placca a scivolamento con vite supplementare antirotatoria (Figura05). Il rischio di una pseudoartrosi o di una necrosi asettica della testa del femore, tipiche complicanze delle fratture mediali, è contenuto, seppure la sofferenza ischemica sia possibile.
Il carico può essere concesso in tempi brevi nei pazienti anziani, mentre nei più giovani è preferibile ritardarlo di qualche settimana. - Il semplice riposo a letto, seguito da una precoce ripresa del carico compatibilmente con il dolore, è una scelta terapeutica adottabile nei pazienti con rischio operatorio elevato o in caso di diagnosi tardiva, ma è necessario considerare il rischio di una possibile scomposizione secondaria.
- Nelle fratture mediali scomposte (Garden III o IV) l’approccio terapeutico varia a seconda dell’età e delle condizioni generali del paziente.
Nel paziente giovane (al di sotto dei 60 anni) si preferisce tentare la riduzione della frattura (con manovre esterne di trazione e rotazione, ma anche a cielo aperto se necessario) e l’osteosintesi con viti multiple, al fine di salvare l’articolazione naturale. Il paziente va informato dell’elevata probabilità di complicanze (necrosi asettica e pseudoartrosi), che potranno richiedere un intervento di sostituzione protesica. - Nel paziente anziano (sopra i 75 anni o con limitate richieste funzionali o elevato rischio operatorio) l’intervento di scelta è l’impianto di un’endoprotesi o protesi parziale d’anca, con cui si sostituisce solo la testa del femore fratturata e non l’acetabolo, la cui cartilagine è in buone condizioni (Figura06). Rispetto alla protesi totale d’anca, l’intervento di endoprotesi è più semplice, più veloce e meno traumatizzante per il soggetto anziano; inoltre richiede minori precauzioni nella mobilizzazione nel periodo postoperatorio.
- Nel paziente di età intermedia (6075 anni o con elevate richieste funzionali e buone condizioni generali), l’intervento indicato è la protesizzazione totale dell’anca che, sebbene più complesso, offre migliori risultati a distanza poiché previene il rischio di usura dell’acetabolo naturale. Le fratture laterali sono extracapsulari e localizzate in una zona di osso spongioso con elevate capacità riparative: la necrosi asettica e la mancata consolidazione sono quindi molto rare. Per questi motivi vengono trattate con la riduzione e l’osteosintesi, oggi eseguita con chiodi cefalo-midollari nella massima parte dei casi. Le viti-placche a scivolamento, principale mezzo di sintesi del passato, trovano ancora indicazione nelle fratture stabili (basicervicali o pertrocanteriche a due frammenti) (Figura07).
- Scopo del trattamento è quello di permettere l’immediata verticalizzazione del paziente.
Figura 05
Figura 05: Frattura sottocapitata del femore destro (classificazione di Garden I), trattata mediante osteosintesi con tre viti libere (a); a distanza di 18 mesi si osserva la necrosi della testa femorale, che appare deformata, con collasso della struttura trabecolare e sclerosi (b); la paziente, di 63 anni, è stata infine trattata con l’impianto di un’artroprotesi d’anca (c).
Figura 06
Figura 06: Frattura sottocapitata del femore sinistro (a), trattata con impianto di un’endoprotesi (o protesi parziale) d’anca. in questo tipo di impianto viene sostituita soltanto la testa femorale, mentre l’acetabolo non viene protesizzato (b).
Figura 07
Figura 07: Esempi di osteosintesi per il trattamento di fratture pertrocanteriche: vite-placca a scivolamento, utilizzata in una frattura stabile (a); chiodo cefalo-midollare, utilizzato in una frattura (b).