Dettagli
- INTRODUZIONE
- CLASSIFICAZIONE
- EZIOPATOGENESI
07.14 – [07.05 – Linfomi cutanei] Linfomi cutanei
INTRODUZIONE
- La cute può essere sede di lesioni linfoproliferative a carattere benigno o maligno.
- Nel secondo caso le lesioni sono definite linfomi cutanei, delle neoplasie linfocitarie a vario grado di malignità che insorgono secondariamente a processi linfoproliferativi (Hodgkin o non Hodgkin) di origine linfonodale oppure come lesioni cutanee primitive.
- I linfomi primitivi cutanei sono i più comuni linfomi extralinfonodali, dopo quelli del tratto gastro-intestinale (MALT, Mucose-Associated Lymphoid Tissue, tessuto linfoide associato alle mucose).
- Il linfoma di Hodgkin è caratterizzato da diverse varianti: forma classica, sclerosi nodulare, cellularità mista e predominanza linfocitaria. La sua localizzazione cutanea è un evento eccezionale, mentre frequenti sono le localizzazioni cutanee dei linfomi non Hodgkin.
- I linfomi non Hodgkin cutanei primitivi rappresentano un gruppo eterogeneo di malattie che originano dai precursori o dai linfociti B e T, da cellule NK o da precursori delle cellule dendritiche plasmocitoidi, mentre molto rare sono le localizzazioni primitive dei linfomi linfoblastici. I linfomi non Hodgkin cutanei primitivi non si associano, al momento della diagnosi, a localizzazioni extracutanee accertate con esami ematochimici, radiografia del torace, ecografia di fegato e milza e biopsia osteo-midollare. L’incidenza di questi ultimi è stimata attorno a 0,5 -1 caso ogni 100.000 persone l’anno.
CLASSIFICAZIONE
- I linfomi cutanei, rappresentati da fenotipi linfocitari T o B, hanno caratteristiche cliniche e istopatologiche polimorfe e un’evoluzione diversificata. L’identificazione delle varie forme di linfomi, basata esclusivamente sugli aspetti istologici, crea difficoltà classificative, soprattutto in relazione all’evoluzione clinica e alla prognosi. Inoltre, lo stesso istotipo può associarsi a caratteristiche genotipiche differenti in linfomi linfonodali e cutanei primitivi. È fondamentale, infatti, eseguire l’esame immunofenotipico (su sezioni in paraffina o congelate) e valutare il riarrangiamento genico in PCR (Polymerase Chain Reaction) con sonde specifiche per i recettori del TCR (recettore T cellulare), T-linfomi o per il recettore immunoglobulinico (linfomi B). Questa metodica permette di stabilire la presenza dell’infìltrato di una popolazione monoclonale di linfociti B o T. La più riconosciuta classificazione dei linfomi cutanei primitivi fu proposta nel1997 dall’European Organization for Research and Treatment of Cancer (EORTC) – Lymphoma Group – ,e si basava sulla morfologia clinica, sul quadro istologico e sull’immunofenotipo delle lesioni. La prognosi ovviamente era correlata al grado di malignità, per cui vennero riconosciute forme a bassa, media e alta aggressività. Un modesto numero di linfomi era ascritto al gruppo provvisorio, poiché costituito da linfomi con ancora incerta caratterizzazione clinico-evolutiva. L’identificazione, avvenuta negli anni seguenti, di nuove entità linfoproliferative cutanee con particolari caratteristiche fenotipiche e clinico-evolutive ha portato recentemente alla classificazione WHO-EORTC 2005 e WHO 2008 dei linfomi cutanei. Esse garantiscono un più chiaro approccio diagnostico e terapeutico, anche se alcune entità hanno ancora una classificazione aleatoria.
EZIOPATOGENESI
- I meccanismi patogenetici dei linfomi della cute sono ancora sconosciuti. Sono stati invocati stimoli cronici alla proliferazione poli clonale, indotti da alcuni antigeni, con successiva attivazione di un clone neoplastico. È stato sospettato anche un ruolo scatenante da parte di virus e della Borrelia burgdo/eri (linfomi B). Tra i virus sarebbero in causa EBV, HHP-7 e -8, HTLV-1, mentre l’associazione di B. burgdo/eri avverrebbe nel15-20% dei casi. Inoltre, sono state identificate citochine tissutali (IL-2, IL-7, IL-10, IL-13, IL-15, TGF-[3) e oncogeni (p-53, tal-l , Lyt-10) coinvolti nell’induzione dei linfomi cutanei T.