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Lussazione acromioclavicolare

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  • Le lesioni traumatiche dell’articolazione acromio-claveare sono frequenti; interessano in modo prevalente i giovani adulti (seconda-quarta decade di vita) con una predilezione per il sesso maschile. 
  • Il meccanismo di lesione è diretto: per caduta sulla spalla atteggiata in adduzione, l’impatto produce una sollecitazione che tende a dislocare l’acromion verso il basso. 

Classificazione 


  • La classificazione delle lesioni acromio-claveari si basa sul grado di dislocazione dei capi articolari e sul danno legamentoso (Figura 01).
    • Tipo I: i rapporti articolari sono normali, con semplice distrazione dei legamenti acromio-claveari. 
    • Tipo II: sublussazione acromio-claveare, con rottura dei legamenti acromio-claveari e integrità (o rottura parziale) di quelli coraco-claveari. 
    • Tipo III: lussazione franca, con interruzione completa sia dei legamenti articolari sia di quelli extra- articolari. 

Figura 01

Figura 01: classificazione delle lesioni acromio-claveari: la violenza del trauma condiziona l’entità dello spostamento dei capi articolari e del danno legamentoso. Lesione di tipo i: distrazione dei legamenti acromio-claveari (a). Lesione di tipo ii: sublussazione con rottura dei legamenti acromio-claveari e integrità, totale o parziale, dei legamenti coraco-claveari (b). Lesione di tipo iii: lussazione con rottura di tutte le strutture legamentose stabilizzanti (c). 

Legamenti dell’articolazione acromio-claveare 


  • L’articolazione acromio-claveare è un’artrodia, la cui stabilità dipende dall’integrità di due gruppi di legamenti: 
    • legamenti articolari o acromio-claveari (superiore e inferiore): rinforzano la capsula e stabilizzano i capi articolari sul piano orizzontale; 
    • legamenti extrarticolari o coraco-claveari (trapezoide e conoide): originano dalla coracoide e si inseriscono sulla superficie inferiore del quarto laterale della clavicola, stabilizzando l’articolazione sul piano frontale. 

Quadro clinico 


  • Il quadro clinico delle lussazioni è di facile identificazione, per la deformità del profilo anatomico causato dalla prominenza sottocutanea dell’estremità laterale della clavicola. La pressione su quest’ultima (segno del tasto di pianoforte) e la spinta dal gomito verso l’alto possono ridurre la lussazione, che tuttavia tende a ripresentarsi non appena si lascia l’arto libero. 
  • Le lesioni di tipo I e II sono meno evidenti e possono essere sospettate per la presenza di dolore in sede acromio-claveare, esacerbato dalla palpazione. 

Diagnostica Per immagini 


  • L’esame radiografico permette di differenziare queste lesioni dalle fratture dell’estremità laterale della clavicola. L’esecuzione di una proiezione ascellare è necessaria per valutare l’entità dello spostamento della clavicola sul piano orizzontale. 
  • L’integrità dei legamenti coraco-claveari, nei casi dubbi, può essere valutata con una radiografia antero-posteriore comparativa sotto stress: applicando dei pesi (5-10 kg) ai polsi del paziente, si valuta lo spostamento tra coracoide e clavicola a livello del lato leso e di quello controlaterale, registrandone la differenza. 

Terapia 


  • La terapia delle lesioni acromio-claveari è per lo più conservativa, con tutela dell’arto in tasca reggibraccio fino alla risoluzione del dolore (2-3 settimane). Le lussazioni più gravi, soprattutto in soggetti con elevate richieste funzionali, richiedono il trattamento chirurgico (Figura 02). 
  • Indipendentemente dalla terapia praticata, la formazione di ossificazioni eterotopiche nello spazio coraco-claveare è frequente, ma non comporta alcuna conseguenza clinico-funzionale.

Figura 02

Figura 02: trattamento chirurgico di lussazione acromio-claveare. Quadro radiografico della lesione (a). radiografia postoperatoria: la riduzione e la stabilizzazione dell’articolazione acromio-claveare sono ottenute con l’impianto di una vite coraco- claveare (b).