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Lussazioni del mesopiede
- Sollecitazioni in inversione (varismo del retropiede e supinazione del mesopiede) o in eversione (valgismo del retropiede e pronazione del mesopiede) possono determinare una distorsione della tibio-tarsica così come la frattura di uno o di entrambi i malleoli.
- La lesione completa di un legamento può comportare una inadeguata cicatrizzazione per cui nel 10-20% dei casi si determina una instabilità dell’articolazione, che è così esposta a distorsioni successive con il rischio di un aggravamento del quadro anatomo-clinico.
- La distorsione della tibio-tarsica si verifica con una frequenza di circa 1/10.000 soggetti al giorno, soprattutto tra gli sportivi. La prevalenza è del 30% nel Calcio e raggiunge il 50% nella pallacanestro, nella pallavolo e nella danza.
- L’incidenza in relazione al sesso varia con l’età: tra gli adolescenti e i giovani è maggiore nei maschi, tra gli adulti nelle femmine. Il compartimento capsulo- legamentoso laterale è più frequentemente coinvolto (85%), essendo il trauma in inversione prevalente. Nel movimento forzato di inversione o di eversione l’astragalo ruota sollecitando in trazione rispettivamente il compartimento esterno o quello interno. L’incidenza delle lesioni esterne è maggiore in caso di varismo dell’arto inferiore. Nell’instabilità cronica, due meccanismi concorrono al reiterarsi del fenomeno: al deficit meccanico (incompetenza dei legamenti) si aggiunge infatti un deficit neurosensoriale conseguente alla perdita delle afferenze propriocettive.
- L’articolazione tibio-tarsica è intrinsecamente instabile a causa della propria morfologia e delle notevoli sollecita- zioni trasversali dovute al potente braccio di leva costituito dall’arto inferiore.
- Le strutture che la stabilizzano si distinguono in tre compartimenti (figura 01). Quello centrale è costituito dalla membrana interossea e dai legamenti tibio-peroneali anteriore e posteriore che prevengono l’allontanamento reciproco dei due malleoli stabilizzando l’astragalo. il compartimento interno e quello esterno sono stabilizzati rispettivamente dal legamento deltoideo e dal legamento di Rouvière nel contesto dei quali si trovano numerose terminazioni nervose propriocettive.
- Nel più frequente trauma in inversione, l’astragalo si allontana dal malleolo peroneale e impatta sul malleolo tibiale (figura 02a); nel trauma in eversione si allontana dal malleolo tibiale e impatta sul malleolo peroneale (figura 03a). indipendentemente dalla direzione del trauma, dove l’astragalo si allontana dal malleolo si può produrre una lesione dei legamenti o una frattura malleolare da trazione (figure 02b e 03b), nel punto in cui si appoggia al malleolo si può produrre una frattura malleolare per impatto diretto associata a lesione legamentosa (figure 02c e03c) od ossea (figure 02d e 03d) del compartimento opposto.
Figura 01

Figura 01: Le strutture distabilizzazione della tibio-tarsica sono la membrana interossea (mi) e vari legamenti: centralmente il tibio-peroneale anteriore (TPA) e il tibio-peroneale posteriore (TPP); medialmente il legamento deltoideo, costituito dal tibio-astragalico anteriore (TAA), il tibio-navicolare (TN), il tibio-calcaneare (Tc) e il tibio-astragalico posteriore (TAP); lateralmente il legamento di rouvière, di cui fanno parte il peroneo-astragalico anteriore (PAA), il peroneo-calcaneare (Pc) e il peroneo-astra-galico posteriore (PAP).
Figura 02

Figura 02: Nei traumi in inversione il compartimento esterno viene sollecitato in trazione con conseguente lesione isolata del legamento di rouvière (a) oppure frattura isolata da trazione del malleolo peroneale (b). contemporaneamente il compartimento interno viene sollecitato in compressione; il suo eventuale cedimento determina la frattura del malleolo tibiale associata alla lesione legamentosa esterna (c) o alla frattura del malleolo esterno (d).
Figura 03

Figura 03: Nei traumi in eversione il compartimento interno viene sollecitato in trazione con conseguente lesione isolata del legamento deltoideo (a) oppure frattura isolata da trazione del malleolo tibiale (b). contemporaneamente il compartimento esterno viene sollecitato in compressione; il suo eventuale cedimento determina la frattura del malleolo peroneale associata alla lesione legamentosa interna (c) o alla frattura del malleolo interno (d).
Quadri anatomo-clinici
- In relazione alla direzione e all’entità della forza lesiva, uno o più legamenti di un compartimento possono essere lesionati in parte o in toto. Di norma la lesione si verifica nel contesto del legamento; meno frequente è l’avulsione associata a distacco osseo parcellare dall’apice del malleolo.
- Nei traumi in inversione la lesione del legamento peroneo-astragalico anteriore (PAA) è isolata nel 65% dei casi ed è associata alla lesione del legamento peroneocalcaneare (PC) nel 20% dei casi; nel 15% dei casi il legamento di Rouvière è lesionato in toto.
Nella fase acuta, l’anamnesi, la sintomatologia soggettiva (dolore molto intenso e limitazione funzionale marcata, fino all’impossibilità al carico) e l’esame obiettivo (tumefazione, a volte imponente, ed ecchimosi) indirizzano la diagnosi ma non consentono di differenziare la distorsione dalla frattura malleolare. Esclusa quest’ultima con l’esame Rx, si palpano i singoli lega- menti alla ricerca dei punti dolorosi e si eseguono i test del cassetto anteriore e dell’inversione-eversione (specifici per l’instabilità). Il primo consiste nel sollecitare il retropiede in senso postero-anteriore: la lesione completa del PAA determina una traslazione anteriore maggiore rispetto al lato sano, che è tanto più accentuata quanto più esteso è il danno del compartimento laterale. Il secondo consiste nell’imprimere al retro- piede sollecitazioni in inversione ed eversione: rispetto al lato sano si evidenziano dolore e mobilità abnorme in inversione in caso di lesioni laterali, in eversione per lesioni mediali. - Le lesioni del compartimento esterno possono essere classificate in tre gradi:
- nel primo si ha la lesione parziale del PAA con segno del cassetto negativo;
- nel secondo, alla lesione completa del PAA si associa quella parziale del PC con cassetto positivo;
- nel terzo la lesione completa dei tre legamenti (PAA, PC e peroneo-astragalico posteriore) si manifesta con un segno del cassetto marcatamente positivo.
- Nell’instabilità cronica la diagnosi si consegue già sulla base dell’anamnesi, caratterizzata da episodi distorsivi recidivanti. Il paziente riferisce dolore, difficoltà a deambulare su terreni irregolari e “cedimenti”. All’esame obiettivo si evidenziano tumefazione, dolorabilità alla palpazione dei legamenti lesi, limitazione funzionale. I test per l’instabilità sono positivi.
Diagnostica Per immagini
- La diagnosi di distorsione, così come quella di instabilità cronica, è clinica. Nei casi acuti si eseguirà un esame Rx in due proiezioni per escludere fratture, nei casi cronici per valutarne gli esiti, ovvero per evidenziare lesioni osteocondrali secondarie.
La RMN permette, sia in acuto sia in cronico, di documentare le lesioni legamentose e le eventuali lesioni osteocondrali dell’astragalo. - L’instabilità può essere documentata in acuto e in cronico mediante Rx dinamiche. In proiezione laterale si effettua il test del cassetto anteriore, giudicato positivo qualora si evidenzi una traslazione dell’astragalo >7 mm. Nella proiezione antero-posteriore si eseguono due radiogrammi, uno sollecitando l’articolazione in inversione e l’altro in eversione: l’inclinazione dell’astragalo è assente nelle lesioni di primo grado, è modesta in quelle di secondo grado ed è marcata in quelle di terzo grado. La comparazione con la caviglia controlaterale è utile per escludere e/o identificare condizioni di lassità capsulo-legamentosa su base costituzionale.
Terapia
- In caso di lesione acuta di primo grado il riposo, la crioterapia, la terapia medica (FANS ed antiedemigeni), l’uso di un tutore bivalve (che consente la flesso- estensione limitando l’inversione-eversione) e una precoce riabilitazione propriocettiva, consentono il recupero in 3-4 settimane. Per le lesioni di secondo grado si attua lo stesso trattamento vietando il carico per 1 settimana e dilazionando i tempi di recupero. Nelle lesioni di terzo grado l’articolazione viene immobilizzata per 3-4 setti- mane, applicando inizialmente una valva gessata o un bendaggio all’ossido di zinco. Dopo 4-6 giorni di scarico completo, FANS, antiedemigeni e crioterapia, se la tumefazione è regredita, si può procedere all’immobilizzazione definitiva mediante un apparecchio gessato chiuso con cui iniziare il carico dopo 2-3 giorni. Alla rimozione del gesso andrà effettuato un prolungato trattamento fisioterapico per il recupero dell’articolarità e della propriocezione. Il ritorno alla pratica sportiva può essere anticipato proteggendo la cicatrice in fase di maturazione mediante un tutore bivalve. Nelle distorsioni trattate con l’immobilizzazione e/o l’astensione dal carico, va adottata una profilassi antitromboembolica con eparina a basso peso molecolare.
- Nella fase cronica, il trattamento conservativo può dare buoni risultati nella prevenzione delle recidive, a patto che il paziente utilizzi calzature idonee (tacco basso e largo, forti alti e rigidi) per le attività quotidiane e un tutore bivalve o un bendaggio a cerotto (taping) per la pratica di sPORT a basso rischio, evitando le attività sportive ad alto rischio.
Il trattamento chirurgico viene riservato a lesioni acute gravi e ai casi di instabilità di alto grado in soggetti giovani con richieste funzionali elevate, solitamente sportivi di alto livello. In fase acuta si realizza la sutura diretta o la reinserzione all’osso dei legamenti lesi, mentre per l’instabilità cronica sono stati descritti interventi ricostruttivi che prevedono trasposizioni tendinee, innesti tendinei liberi o l’impiego di legamenti di banca o artificiali.