Dettagli
- Epidemiologia
- Eziopatogenesi
- Anatomia patologica
- Quadro clinico
- Classificazione
Malattia di Dupuytren
- La malattia o morbo di Dupuytren, descritta nel 1832, è un processo proliferativo a carico dell’aponevrosi palmare media e delle sue espansioni digitali (Box 01). Si caratterizza clinicamente per le retrazioni nodulari del palmo e la flessione progressiva delle dita dovuta alla retrazione delle espansioni digitali dell’aponevrosi.
Box 1
Box 1: L’aponevrosi palmare media
Figura 01
Figura 01: Anatomia del piano superficiale palmare della mano: nervi digitali palmari del ramo superficiale del nervo ulnare (A); bandellette pretendinee dell’aponevrosi palmare (B); arterie e nervi digitali palmari (C); legamento trasverso intermetacarpale superficiale (d).
Epidemiologia
- La patologia è diffusa nella razza bianca caucasica e nella celtica; colpisce l’1-2% della popolazione. È più comune nell’uomo che nella donna con un rapporto che varia da 2:1 a 10:1. L’esordio nell’uomo avviene in una fascia di età più precoce: 48 ± 15 anni rispetto a 58 ± 12 anni. Il 10% dei pazienti ha una familiarità positiva. Molte e comuni associazioni con fattori di rischio e patologie vengono segnalate in letteratura: malattie croniche polmonari, alcolismo, epilessia, diabete, iperlipidemia, ischemia miocardica.
Eziopatogenesi
- Storicamente è stata accreditata un’ipotesi eziologica legata ai traumi, in particolare a microtraumi ripetuti, evenienza possibile nel lavoro manuale pesante. Tale ipotesi, avanzata da Skoog nel 1948 e da Robert nel 1981, è oggi condivisa solo come concausa nell’evoluzione della malattia. Nel 1991 mcfarlane dimostrò che anche un singolo trauma acuto, quale una frattura della mano o del polso, una ferita, un’ustione, potesse avere un ruolo, ma solo in persone geneticamente predisposte.
- Una causa metabolica è annoverata da diversi autori che fanno riferimento all’associazione, frequente in questi pazienti, con patologie dismetaboliche quali il diabete e l’iperlipidemia.
- L’ipotesi di una patogenesi neuro-vascolare, che trovò ampio credito dagli anni Sessanta del Novecento ma che fu proposta da Abbe nel 1889, prevede che gli stimoli dolorosi siano amplificati sul palmo della mano dei soggetti affetti da questa malattia, in quanto dotati di corpuscoli di Pacini di dimensioni maggiori. Tali recettori sarebbero in grado di indurre alterazioni del tono vasomotore, con conseguente aumento della vascolarizzazione; quest’ultima provocherebbe un’iperplasia delle cellule miofibroblastiche, con aumento della produzione di collagene e matrice intercellulare, e formazione dei noduli.
- Attualmente è riconosciuta fra le cause una trasmissione genetica autosomica dominante, con penetranza variabile, che aumenta in proporzione con l’età. Tubiana e Hueston nel 1966 hanno ipotizzato due meccanismi per spiegare la fisiopatologia della retrazione dell’aponevrosi: il primo prevede che il tessuto aponevrotico vada incontro ad alterazioni intrinseche che conducono alla formazione di noduli ipercellulari e di corde ipertrofiche; il secondo meccanismo, o estrinseco, prevede che l’aponevrosi si retragga per la formazione di bande fibrose superficiali a contatto con il derma, che si formano per reazione alle tensioni cui viene sottoposta l’aponevrosi.
Anatomia patologica
- Una descrizione anatomo-patologica ampiamente accreditata è quella di Nezelof del 1990, che descrive una classificazione delle lesioni in tre fasi, basata sulle modificazioni riscontrate nelle popolazioni cellulari dei noduli e sulla durata di malattia.
- Fase proliferativa: dura circa 4 anni ed è caratterizzata dalla produzione di miofibroblasti e di fibroblasti in eccesso che producono fibre collagene.
- Fase involutiva: dura circa 6 anni. Le cellule sono più piccole e si dispongono sulle linee di tensione che si esercitano sui noduli, i quali si trasformano in corde fibrose; il rapporto cellule-collagene si sposta verso un aumento del collagene.
- Fase residua: dura circa 7 anni. Il nodulo tende a diminuire di dimensioni per il progressivo impoverimento cellulare e il contemporaneo aumento delle fibre collagene, mentre compare il processo della retrazione.
Quadro clinico
- Solitamente la patologia fa il suo esordio con la comparsa di uno o più noduli al palmo della mano, caratterizzati da ombelicature perinodulari della cute; tali lesioni non sono quasi mai dolorose.
L’esordio avviene più spesso in corrispondenza del IV raggio (43% dei casi) e del V raggio (34%), mentre è rara la localizzazione al pollice. La cute può essere assottigliata e distrofica a causa della progressiva infiltrazione da parte della lesione. - Con il progredire della patologia, quando le espansioni digitali vengono coinvolte, l’espressione clinica della lesione anatomo-patologica è rappresentata dalla progressiva flessione delle articolazioni digitali MF e IF, con conseguente retrazione fissa in flessione.
Classificazione
- La malattia è stata descritta e classificata da diversi autori. La classificazione universalmente accettata e allo stesso tempo di semplice uso è quella di Tubiana (1966), basata sulla diffusione delle lesioni al palmo e sulla gravità delle lesioni delle dita (Figura 02). Essa prevede cinque stadi.
- Stadio 0: noduli, ombelicature, corde palmari.
- Stadio 1: flessione della catena digitale con contrattura in flessione delle MF e delle IFP per valori compresi fra 0° e 45° complessivi delle due articolazioni.
- Stadio 2: flessione della catena digitale fra 45° e 90°.
- Stadio 3: flessione della catena digitale fra 90° e 135°.
- Stadio 4: flessione della catena digitale oltre 135°.
- La definizione numerica dello stadio è associata a una lettera che indica la topografia delle corde: la lettera P indica una lesione palmare, la lettera D esprime un interessamento digitale, infine la lettera H indica l’iperestensione dell’articolazione IFD.
In alcuni casi si riscontrano noduli dorsali dell’articolazione IFP, definiti “cuscinetti fibrosi dorsali”, dovuti a ispessimento del tessuto connettivo peritendineo. L’escursione in flessione della catena digitale è conservata mentre risulta impossibile l’estensione anche passiva. - Nella diagnosi differenziale vanno considerate le patologie con presentazione clinica similare, quali: la camptodattilia, i postumi delle ferite cutanee, le lesioni tendinee, le ustioni, le rigidità articolari delle dita in flessione.
- La malattia di Dupuytren può essere associata ad altre lesioni caratterizzate da fibrosi: il morbo di La Peyronye, che coinvolge i corpi cavernosi del pene, e il morbo di Ledderhose, ovvero la fibromatosi della fascia plantare del piede.
Figura 02
Figura 02: Classificazione di tubiana della malattia di dupuytren (si veda la spiegazione nel testo): stadio 2 P (a); stadio 2 D (b); stadio 4 P D(c); stadio 4 P D (H) (d).