I raggi X sono radiazioni elettromagnetiche formate da piccoli pacchetti di energia chiamati fotoni: i fotoni sono la risultante del passaggio di elettroni da un orbitale elettronico più esterno, e quindi a maggiore energia, ad uno più interno, e quindi a minore energia; questo salto di orbitale si accompagna alla emissione di una quota di energia sotto forma di radiazione.
I raggi X, nell’attraversare il segmento del corpo da esaminare, interagiscono con i tessuti biologici venendo deviati ,in parte o del tutto, e attenuati in funzione:
della densità;
dello spessore;
del peso atomico delle strutture attraversate;
della caratterizzazione energetica dello spettro del fascio di raggi X utilizzato.
L’informazione portata dalla radiazione emergente dal soggetto rappresenta l’immagine radiante, la quale può essere concretizzata solo mediante un opportuno recettore di immagini che registra il fascio risultante.
Meccanismi di formazione delle immagini
I meccanismi fondamentali di interazione dei raggi X con i tessuti biologici sono:
effetto fotoelettrico, in cui il fotone incidente cede all’elettrone urtato tutta la sua energia, così che il fotone scompare e l’elettrone viene fuori dall’atomo con una certa energia cinetica;
effetto Compton, in cui il fotone incidente cede all’elettrone urtato una parte della sua energia, perciò in questo caso il fotone continua il suo cammino deviato e con minore energia e l’elettrone viene fuori dall’atomo con una certa energia cinetica;
effetto diffusione coerente, detta anche diffusione classica, in cui il fotone incidente viene deviato nella direzione da un elettrone atomico, senza perdita di energia. Questo fenomeno non porta alcuna informazione utile ai fini diagnostici ma contribuisce alla formazione del sottofondo grigio della pellicola, cioè alla velatura.
I raggi X sono prodotti dal tubo radiogeno, costituito da un’ampolla di vetro dove vi è il vuoto spinto, da un catodo ed un anodo. Il catodo è l’elemento negativo, rappresentato da un involucro metallico, denominato testa del catodo, realizzato in nichel o in ferro nichelato, contenente uno o due filamenti di tungsteno. Quando il filamento viene riscaldato, all’aumentare di temperatura aumenta l’energia cinetica dei suoi elettroni. Per la formazione dei raggi X viene applicata una differenza di potenziale fra catodo ed anodo con carica positiva all’anodo. Nella loro propagazione i raggi X obbediscono alla legge della dispersione quadratica, ovvero l’entità del flusso fotonico diminuisce in misura proporzionale all’inverso del quadrato delle distanze percorse. Per quanto riguarda la qualità dell’immagine, sono di fondamentale importanza, per il raggiungimento di un buon livello qualità, i rapporti di reciproca distanza tra i tre elementi del sistema, e cioè tra il fascio di raggi X, l’oggetto da esaminare e la pellicola radiografica (di cui parleremo in seguito). I fascio di raggi X, così ottenuto, ha forma divergente, conica, e ciò comporta un ingrandimento dell’oggetto esposto. E’ possibile cercare di ridurre al minimo questo ingrandimento proiettivo avvicinando il più possibile l’oggetto in esame alla pellicola radiografica. Un altro accorgimento al fine di ridurre l’ingrandimento geometrico dell’immagine radiografica è quello di aumentare la distanza fuoco-pellicola sfruttando solo le componenti centrali del fascio: queste infatti, oltre una certa distanza (convenzionalmente 2 metri), si possono considerare parallele fra loro e perpendicolari al piano dell’oggetto.
Immagine 01
Immagine 01. Le radiazioni che emergono dal tubo, opportunamente filtrate, attraversano la materia e raggiungono la pellicola. La sorgente delle radiazioni è considerata puntiforme e le radiazioni allontanandosi da questa divergono allargandosi
Sistema radiologico convenzionale
Per un sistema radiologico sono necessari:
il tubo radiogeno, che produce raggi X;
generatore ad alto voltaggio, che fornisce l’energia richiesta al tubo;
collimatore, che posizionato all’uscita del tubo limita il campo dei raggi X;
timer elettronico, che viene usato per controllare la durata dell’esposizione;
controllo automatico dell’esposizione, che blocca il circuito in base alla quantità di radiazioni ricevute dal recettore dell’immagine.
Immagine 02
Immagine 02. Apparecchio radiografico con tubo radiogeno, lettino porta-pazienti e tavolo di comando.
Un recettore di immagine è un dispositivo che rileva e registra la quantità di radiazioni del fascio emergente dal soggetto, l’immagine radiante, cioè la risultante dei vari assorbimenti e quindi delle attenuazioni che il fascio di raggi X emesso dal tubo ha subito nell’attraversare i tessuti diversi per composizione e densità. Si ha quindi un fascio emergente dal distretto corporeo del paziente esaminato che sarà registrato come una distribuzione di intensità in forma bidimensionale. I recettori di immagine usati sono sostanzialmente:
schermi fluoroscopici;
pellicole radiografiche accoppiate a schermi di rinforzo ai fosfori;
sistemi computerizzati;
dispositivi digitali diretti di lettura.
Gli schermi di rinforzo al fosforo furono introdotti fin dagli albori per ridurre i tempi di esposizione, rendendoli compatibili con il movimento degli organi da riprendere nonché con le dosi di radiazione. Questi vengono posizionati all’interno della cassetta radiografica che ha la funzione di assicurare la tenuta alla luce ed un contatto uniforme fra le superfici contrapposte degli schermi anteriore e posteriore e i due strati emulsionati della pellicola. L’immagine radiante si traduce in immagine radiografica, quando diviene visibile in negativo sulla pellicola radiografica. I sistemi computerizzati con cassette ai fosfori furono introdotti agli inizi degli anni ’80 per ottenere radiografie in formato digitale da poter elaborare ed immagazzinare in un computer. Questa tecnologia fu nominata radiografia computerizzata e usa delle cassette simili a quelle contenenti pellicole con schermi di rinforzo in fosforo. Questo sistema differisce da quello tradizionale, poiché, mentre nel primo si aveva l’emissione da parte degli schermi di rinforzo di fluorescenza immediatamente dopo l’assorbimento dei raggi X con pellicola radiografica che fungeva da recettore, qui abbiamo la sola registrazione di un carica elettrica che è funzione del diverso grado di assorbimento e di attenuazione subito dai raggi X. Questo segnale registrato viene letto successivamente da un dispositivo che determina stimolazione tramite riscaldamenti localizzati degli schermi di fosforo. I segnali di luce visibile vengono convertiti in corrente elettrica e quindi digitalizzati ed immagazzinati sotto forma di immagini digitali in un computer. li. L’immagine così ottenuta potrà essere visualizzata su un monitor o stampata su una pellicola. Il vantaggio di questa modalità consiste nella facilità di ripresa dei radiogrammi, nella eventuale manipolazione successiva, nella semplicità di trasmissione ed archiviazione e nel poter ottenere immagini digitali da qualsiasi apparecchiatura radiografica. Il software maggiormente utilizzato per la ricostruzione di immagini in digitale per esami radiografici tradizionali di TC e di RM è il DICOM. Questo, inoltre, rappresenta lo standard internazionale per la trasmissione di immagini medicali.
I dispositivi digitali con lettura diretta differiscono dalle precedenti per il fatto che non utilizzano cassette. In questo caso l’immagine è acquisita e digitalizzata direttamente: scompare così il rischio di danneggiamento delle cassette da parte dell’operatore ed i detettori hanno una migliore risoluzione spaziale e minore rumore di fondo. Il limite di questa modalità consiste nel poter ottenere immagini digitali solo dalla apparecchiatura che disponga della lettura diretta.
Per garantire un’alta qualità diagnostica dei radiogrammi sono inoltre necessarie:
minimizzazione delle radiazioni diffuse;
tecnica radiografica appropriata;
programma per il controllo della qualità;
Il messaggio informativo è affidato esclusivamente alla radiazione primaria. Per radiazioni diffuse si intendono invece quelle che, oltre ai raggi X che hanno attraversato la sezione corporea in esame ed hanno determinato l’immagine radiografica, sono state assorbite e diffuse dai tessuti ma hanno anche subito delle deflessioni tali da compromettere la qualità dell’immagine radiografica. Questi fotoni disturbano la visione nitida dei dati che interessano perché riducono il contrasto e determinano un “annebbiamento” dell’immagine, cioè un’aggiunta di segnale che non contiene nessuna informazione utile. Per minimizzare questo inconveniente, vengono usate le griglie antidiffusione, che si propongono di arrestare la maggior parte dei fotoni X diffusi, grazie alla interposizione fra volume corporeo e recettore di una serie di sottili lamelle costituite da materiale X-assorbente, di solito il piombo, interspaziate da sottili spessori di materiale X-trasparente: solo ai fotoni X primari sarà consentito il transito negli interspazi X-trasparenti, mentre i fotoni X diffusi, detti secondari, sono destinati ad impattare con il materiale assorbente, che costituisce le lamelle X-opache. Oggi sono disponibili sistemi automatici per il controllo dell’esposizione che permettono di conseguire una buona esposizione dell’immagine con un accettabile controllo del contrasto.
Caratteristiche dell’immagine radiografica
La qualità di un’immagine e la sua definizione può cambiare in dipendenza dalle informazioni che desideriamo ricevere dalle immagini, ma tre caratteristiche di base sono sempre applicabili:
contrasto;
rumore;
risoluzione spaziale.
Il contrasto è la differenza di segnale esistente tra due regioni di un’immagine. Nella scala dei grigi, dove le differenze di segnale sono rappresentate da una variazione di sfumatura di grigio, l’elevato contrasto sta a significare che due zone di differente composizione nell’immagine appaiono molto scure e molto chiare. In un’immagine a basso contrasto, c’è poca differenza di variazione dei toni di grigio.
Il rumore, invece, descrive ogni componente dell’immagine che non trasmette una informazione utile. La risoluzione spaziale è la capacità dell’immagine di riprodurre fedelmente i dettagli più piccoli. Un’immagine che permette al radiologo di vedere molti più dettagli rispetto ad un’altra presenta una elevata risoluzione spaziale.
La risoluzione spaziale si può definire massima nel caso della radiografia tradizionale mentre diminuisce in quella digitale. Quest’ultima è composta infatti da una matrice, cioè l’immagine è formata da tanti piccoli quadratini, i pixel, ognuno rappresentato da un valore, e successivamente da un tono di grigio all’interno del quale non è più possibile identificare la differenza di densità tra 2 punti contigui presenti all’interno del pixel. Quindi quanti più pixel formeranno la matrice, tanto maggiore sarà la risoluzione spaziale. Al contrario, la radiologia digitale possiede una elevata risoluzione di contrasto, ossia la capacità di registrare infinite differenze di assorbimento fotonico. Tuttavia, poiché l’occhio umano è in grado di apprezzare solo una ventina di differenti tonalità di grigio, è necessario dunque selezionare nella nostra immagine la porzione di interesse ed evidenziare tutte le differenze di contrasto in essa presente tramite una ridistribuzione ottimale dei livelli di grigio disponibili nella scala in uso.
Nella radiologia convenzionale, come detto, il fascio di raggi X generato, viene fatto passare attraverso il paziente fino a una pellicola o a un rivelatore di radiazioni, producendo un’immagine. I differenti tessuti molli attenuano i fotoni X in modo differente, in base alla densità dei tessuti; più denso è il tessuto, più chiara (radiopaca o ipodiafana) è l’immagine, mentre l’aria sarà nera (radiotrasparente o iperdiafana). La gamma di densità, da più a meno elevata, è rappresentata da metalli (molto bianchi o radiopachi), corticale ossea (meno bianca), muscoli e liquidi (grigi), grasso (grigio più scuro), aria e gas (neri o radiotrasparenti).
Immagine 03
Immagine 03. I differenti tessuti molli attenuano i fotoni X in modo differente, in base alla densità dei tessuti: i tessuti molli faranno passare maggiormente i fotoni rispetto all’osso che è più denso.
Immagine 04
Immagine 04. La trasmissione dei Raggi X dipende dalla densità e dallo spessore delle strutture attraversate: il tessuto osseo è caratterizzato da densità elevata, all’estremo opposto vi è l’aria e pertanto i polmoni saranno iperdiafani. Le strutture che attenuano maggiormente il fascio di raggi X (definite radiopache) appaiono chiare, mentre le strutture che si lasciano attraversare più facilmente dai raggi X (definite radio-trasparenti) appaiono proporzionalmente più scure.
Ruolo del Tecnico Sanitario di Radiologia Medica (TSRM).
Il TSRM esegue gli esami radiografici rispettando procedure che assicurino la interpretabilità e la ripetibilità in condizioni simili. Infatti per ogni singolo organo o apparato esistono proiezioni codificate da utilizzare di volta in volta in rapporto alle esigenze diagnostiche. Inoltre, poiché la pellicola radiografica altro non è che la rappresentazione sommatoria su un unico piano di tutti i piani corporei attraversati dal fascio incidente, in radiodiagnostica tradizionale è fondamentale il ricorso ad almeno due proiezioni secondo piani tra loro ortogonali scelti fra i tre di riferimento di un sistema corporeo, essi sono: coronale, sagittale e assiale. L’orientamento dei radiogrammi è, convenzionalmente, di tipo speculare: essi cioè si osservano come se si avesse di fronte l’individuo per cui la destra del soggetto in esame risulterà a sinistra dell’osservatore e viceversa. L’interpretazione di un radiogramma con relativa refertazione secondo la legislazione italiana è compito esclusivo e responsabilità del medico chirurgo specializzato in radiodiagnostica.