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1 di 10 Domande

Quale delle seguenti patologie è più frequentemente associata alla terapia cronica con i farmaci inibitori di pompa protonica?














La risposta corretta è la D
La patologia più frequentemente associata alla terapia cronica con i farmaci inibitori di pompa protonica è la colite microscopica. Questa associazione ha base nella manifestazione della colite microscopica come una possibile conseguenza a lungo termine dell'uso di IPP (inibitori della pompa protonica), che è ampiamente impiegata per il trattamento di disturbi dell'esofago e dello stomaco, inclusi il reflusso gastroesofageo e l'ulcera peptica. La colite microscopica si distingue in due sottotipi principali: la colite collagena e la colite linfocitica. Le caratteristiche distintive di questa patologia non sono evidenti attraverso una normale endoscopia; viene diagnosticata esaminando i campioni di tessuto colico al microscopio, per questo il nome "microscopica". I sintomi principali includono diarrea cronica acquosa, dolore addominale, perdita di peso e una sensazione generale di malessere, che possono avere un impatto significativo sulla qualità della vita del paziente. La relazione tra l'uso di inibitori della pompa protonica e la colite microscopica non è completamente compresa, ma è stato ipotizzato che gli IPP possano alterare la microflora intestinale o causare una reazione immunitaria che contribuisce allo sviluppo della malattia. Anche se la colite microscopica è considerata meno grave rispetto ad altre forme di malattia infiammatoria intestinale come la colite ulcerosa o il morbo di Crohn, la sua gestione richiede una diagnosi accurata e può comportare la modifica o la sospensione della terapia con IPP. Questa patologia è caratterizzata dalla presenza di infiammazione e/o deposito di collagene nel rivestimento interno del colon. La diagnosi specifica dipende dal tipo di anomalie rilevate nel tessuto: nella colite collagena, è presente un deposito di collagene che ispessisce la strato sottoepiteliale del colon, mentre nella colite linfocitica si nota un aumento dei linfociti. Il trattamento può variare, ma spesso include l'alterazione del regime di farmaci attualmente in uso dal paziente, compreso l'eventuale abbandono degli inibitori della pompa protonica, oltre alla possibile introduzione di farmaci anti-infiammatori. È importante per i medici e i pazienti essere consapevoli di questa associazione potenziale, soprattutto in casi di diarrea cronica inspiegabile in pazienti che assumono IPP per periodi prolungati. La comprensione e il riconoscimento tempestivo di questa patologia possono guidare verso strategie di gestione più efficaci e una migliore qualità di vita per coloro che ne sono affetti.

2 di 10 Domande

Un paziente affetto da artrite gottosa in fase acuta lamenta, dopo 2 giorni dall'inizio della terapia, importante diarrea: quale tra i seguenti farmaci si associa più frequentemente a questo effetto collaterale?














La risposta corretta è la A
Il farmaco associato più frequentemente a un importante effetto collaterale di diarrea in un paziente affetto da artrite gottosa in fase acuta, dopo 2 giorni dall'inizio della terapia, è la Colchicina. La scelta di questo farmaco come risposta corretta si basa sul suo noto profilo di effetti collaterali gastrointestinali. La Colchicina è un antinfiammatorio utilizzato principalmente nel trattamento degli attacchi acuti di gotta e in alcune malattie infiammatorie. Sebbene sia efficace nel ridurre l'infiammazione e il dolore associati agli attacchi gottosi, il suo uso è comunemente associato a vari effetti collaterali, particolarmente quelli a carico del tratto gastrointestinale. Il meccanismo d'azione della Colchicina implica l'inibizione della migrazione dei leucociti nel sito infiammatorio, che contribuisce alla riduzione dell'infiammazione. Tuttavia, questo meccanismo può influenzare anche altre funzioni cellulari, portando agli effetti collaterali osservati. L'importante diarrea riscontrata nel paziente può essere attribuita all'effetto della Colchicina sulle cellule dell'intestino. La colchicina interferisce con la normale funzionalità delle cellule epiteliali dell'intestino, causando un aumento della motilità e un'alterazione dell'assorbimento di acqua e elettroliti. Questo porta a una diarrea che può variare da lieve a severa, influenzando significativamente la qualità di vita del paziente. Sul piano clinico, la colchicina può provocare una varietà di disturbi gastrointestinali, che vanno da nausea, vomito e diarrea a dolori addominali. La diarrea è uno degli effetti collaterali più comuni e può verificarsi sia con dosaggi terapeutici sia come segnale di tossicità a dosaggi più elevati. Il rischio di effetti gastrointestinali avversi enfatizza l'importanza di monitorare i pazienti per tali sintomi e di adeguare il dosaggio o considerare alternative terapeutiche se necessario. La gestione della terapia con Colchicina richiede un attento bilanciamento tra l'efficacia nella riduzione dei sintomi gottosi e la prevenzione o il trattamento degli effetti collaterali. La selezione dei pazienti, il monitoraggio attento e l'educazione del paziente riguardo agli effetti collaterali possibili sono cruciali per ottimizzare l'utilizzo di questo farmaco nella gestione della gotta acuta.

3 di 10 Domande

Una paziente affetta da glaucoma ad angolo stretto lamenta emicrania. Quale tra i seguenti farmaci per l'emicrania è controindicato nel suo caso?














La risposta corretta è la D
La paziente affetta da glaucoma ad angolo stretto che lamenta emicrania non dovrebbe assumere Amitriptilina come trattamento per l'emicrania. Questo perché l'Amitriptilina, un antidepressivo triciclico, è controindicato nel caso di glaucoma ad angolo stretto. Il glaucoma ad angolo stretto, noto anche come glaucoma ad angolo chiuso, è una condizione oftalmologica in cui l'angolo tra l'iride e la cornea, attraverso cui il liquido intraoculare (umor acqueo) defluisce, è ridotto o chiuso. Questo porta ad un aumento improvviso della pressione intraoculare che può danneggiare il nervo ottico, causando una perdita della vista che può evolvere rapidamente se non trattata. La patologia può presentarsi con sintomi acuti come dolore oculare intenso, visione offuscata, cefalea, nausea e vomito, spesso scatenati da un aumento improvviso della pressione intraoculare. L'Amitriptilina è un farmaco che può esercitare effetti anticolinergici, ossia può inibire l'azione dell'acetilcolina, un neurotrasmettitore implicato in numerose funzioni fisiologiche, tra cui il movimento dell'occhio e il drenaggio dell'umor acqueo. In presenza di glaucoma ad angolo stretto, gli effetti anticolinergici dell'Amitriptilina potrebbero aggravare la situazione, portando ad un ulteriore incremento della pressione intraoculare mediante la dilatazione pupillare e l'ulteriore restringimento dell'angolo iridocorneale. Questo può accelerare il danno al nervo ottico e incrementare il rischio di perdita visiva. Il corretto trattamento del glaucoma ad angolo stretto richiede una gestione attenta per ridurre la pressione intraoculare, incluso l'uso di farmaci che non interferiscano negativamente con il flusso dell'umor acqueo o che non abbiano effetti anticolinergici significativi. Gli approcci terapeutici includono farmaci che promuovono il deflusso dell'umor acqueo o riducono la sua produzione, oltre a interventi laser o chirurgici, se necessario, per migliorare il deflusso dell'umor acqueo e prevenire ulteriori danni al nervo ottico. Nel contesto del trattamento dell'emicrania in pazienti con glaucoma ad angolo stretto, è fondamentale selezionare farmaci che non aumentino il rischio di esacerbare la patologia oculare. Evitando l'utilizzo di farmaci con proprietà anticolinergiche come l'Amitriptilina, è possibile gestire efficacemente l'emicrania senza compromettere ulteriormente la salute oculare del paziente.

4 di 10 Domande

Che cosa fa ipotizzare un'eziologia biliare della pancreatite acuta?














La risposta corretta è la D
La presenza di un incremento precoce e significativo di alanina aminotransferasi (ALT), gamma-glutamil transpeptidasi (GGT) e fosfatasi alcalina fa ipotizzare un'eziologia biliare della pancreatite acuta. Questi marker enzimatici, infatti, sono indicativi di un coinvolgimento del sistema biliare, il quale può provocare pancreatite attraverso l'ostruzione meccanica dei dotti biliari o per altre complicazioni correlate. La pancreatite acuta biliare è causata principalmente da calcoli biliari che migrano verso il dotto biliare comune, causandone l'ostruzione. Questa ostruzione impedisce il normale flusso della bile dall'epatocole èdico verso l'intestino tenue, determinando un aumento della pressione all'interno dei dotti biliari. Tale situazione può portare alla riflusso della bile e del contenuto duodenale nel dotto pancreatico, innescando l'attivazione intra-pancreatica degli enzimi digestivi che, a loro volta, danneggiano il tessuto pancreatico, portando alla pancreatite. La pancreatite acuta è infatti un processo infiammatorio del pancreas che può estendersi ai tessuti circostanti e ad altri organi. Quando causata da problemi biliari, presenta caratteristiche distinte quali l'aumento degli enzimi epatici a causa dell'ostruzione. In particolare, l'aumento dell'ALT è significativamente associato alla patologia biliare, in quanto l'ALT è un enzima presente principalmente nel fegato, la cui elevazione può indicare danno epatocellulare di varia origine, ma in questo contesto sottolinea un problema relativo al flusso biliare. GGT e fosfatasi alcalina sono altri enzimi che, insieme all'ALT, aumentano tipicamente in patologie che coinvolgono l'albero biliare, inclusa la pancreatite acuta biliare. Questi enzimi svolgono ruoli critici nel metabolismo epatico e biliare: la GGT gioca un ruolo nel trasporto di aminoacidi e peptidi attraverso le membrane cellulari e la fosfatasi alcalina ha funzioni collegate al metabolismo osseo e alla bile. Il loro incremento indica pertanto che il sistema biliare è coinvolto nel processo patologico che ha causato la pancreatite acuta. Quindi, monitorando i livelli sanguigni di ALT, GGT e fosfatasi alcalina in casi di pancreatite acuta, è possibile identificare un possibile coinvolgimento biliare sottostante, consentendo di orientare le indagini diagnostiche successive, come l'ecografia addominale, per verificare la presenza di calcoli biliari e valutare l'eventuale necessità di interventi terapeutici mirati.

5 di 10 Domande

Il cancro colon - rettale si sviluppa più frequentemente:














La risposta corretta è la C
Il cancro del colon-retto si sviluppa più frequentemente nella poliposi adenomatosa familiare. La poliposi adenomatosa familiare (FAP) è una patologia ereditaria che porta allo sviluppo di centinaia fino a migliaia di polipi adenomatosi nel colon e nel retto durante l'adolescenza e l'età adulta giovane. Questi polipi iniziano a comparire generalmente durante l'età della pubertà, e se non trattati, tendono quasi invariabilmente a trasformarsi in canceri colon-rettali entro i 40 anni di età. La FAP è dunque una malattia genetica caratterizzata da una mutazione in un gene chiamato APC situato sul cromosoma 5. Questa mutazione causa una crescita eccessiva del tessuto intestinale, portando allo sviluppo di numerosi polipi. Data la quantità e la natura di tali polipi, la FAP rappresenta uno dei più importanti fattori di rischio per lo sviluppo del cancro del colon-retto. I polipi iniziano a formarsi in genere durante l’adolescenza, con un significativo aumento in numero e dimensioni nel tempo. La quasi certezza che questi polipi degenerino in carcinomi invasivi rende la sorveglianza costante e l’intervento chirurgico (spesso sotto forma di colectomia totale) le principali strategie di gestione per gli individui affetti. Al di là del colon e del retto, gli individui affetti da FAP possono sviluppare polipi in altri siti del tratto gastrointestinale, nonché altre manifestazioni extraintestinali, come osteomi, cisti epidermoidi, e desmoidi. Anche il rischio di sviluppare altri tipi di cancro, in siti diversi dal colon, è aumentato. La diagnosi si basa solitamente sul riscontro endoscopico di centinaia di polipi adenomatosi nel colon insieme alla storia familiare, con conferma possibile attraverso test genetici per identificare la mutazione del gene APC. Una volta diagnosticata, è importante che i pazienti affetti da FAP vengano monitorati attentamente, con esami regolari, per rilevare precocemente e gestire adeguatamente sia la progressione dei polipi esistenti sia l'eventuale sviluppo di nuove lesioni cancerogene. In conclusione, l'elevato numero di polipi adenomatosi che caratterizza la poliposi adenomatosa familiare, e il loro alto rischio di malignità, rendono questa condizione la causa maggiore dello sviluppo del cancro colon-rettale rispetto ad altre condizioni associate al rischio di polipi e cancro colon-rettale. La gestione proattiva attraverso la sorveglianza e l'intervento precoce è cruciale per prevenire la progressione a cancro.

6 di 10 Domande

Quale delle seguenti affermazioni è corretta in caso di diarrea infettiva?














La risposta corretta è la D
In caso di diarrea infettiva, è spesso una manifestazione grave con compromissione delle condizioni generali a causa di disidratazione e ipovolemia. Questo avviene perché la diarrea può determinare una notevole perdita di liquidi e sali minerali (elettroliti) dal corpo, portando a condizioni di salute potenzialmente pericolose, come la disidratazione e l'ipovolemia. La diarrea infettiva può essere causata da una varietà di agenti patogeni tra cui batteri, virus e parassiti, che invadono il tratto gastrointestinale. Questi agenti possono entrare nel corpo attraverso l'ingestione di acqua o cibo contaminati, oppure attraverso il contatto diretto con individui infetti o superfici contaminate. Una volta nell'organismo, questi patogeni possono alterare il normale assorbimento di liquidi ed elettroliti nell'intestino, o causare danni diretti alle cellule dell'intestino, portando così a un aumento della secrezione di acqua e sali nell'intestino e, di conseguenza, a episodi di diarrea. La disidratazione e l'ipovolemia sono le principali complicazioni della diarrea e si manifestano quando il corpo perde più liquidi di quanti ne riesca ad assumere. I segni di disidratazione includono sete eccessiva, urina di colore scuro e ridotta produzione di urina, affaticamento e vertigini. L'ipovolemia, ovvero una riduzione del volume del sangue circolante, può portare a tachicardia (accelerazione del battito cardiaco) e ipotensione (bassa pressione sanguigna), condizioni che richiedono un trattamento immediato per prevenire danni agli organi o, nei casi più gravi, la morte. Il trattamento della diarrea infettiva mira alla rihidratazione, sia attraverso l'assunzione orale di soluzioni reidratanti che ricostituiscono i liquidi e i sali persi, sia mediante la somministrazione endovenosa di fluidi in casi più gravi. Nel contesto dell'infettività, l'identificazione dell'agente causale attraverso esami di laboratorio può guidare l'eventuale trattamento specifico con antibiotici o antiparassitari, anche se molti casi di diarrea di origine virale tendono a risolversi spontaneamente senza necessità di trattamenti specifici. La prevenzione gioca un ruolo chiave nell'evitare le infezioni che portano alla diarrea, e include misure semplici ma efficaci come il lavaggio delle mani, l'uso di acqua sicura per bere e preparare gli alimenti, e il consumo di cibi cucinati e conservati in modo adeguato. Nel contesto globale, interventi mirati a migliorare l'accesso all'acqua potabile e a sistemi di igiene e sanificazione efficaci rimangono essenziali per ridurre l'incidenza della diarrea infettiva.

7 di 10 Domande

Quale dei seguenti sintomi o segni può far sospettare un'embolia polmonare?














La risposta corretta è la B
L'embolia polmonare può essere sospettata in un paziente che presenta dispnea ad insorgenza acuta, particolarmente se tale individuo soffre o ha sofferto di trombosi venosa profonda. La dispnea acuta rappresenta una difficoltà nella respirazione che si manifesta improvvisamente, ed è un sintomo classico dell'embolia polmonare. La patologia di embolia polmonare occorre quando uno o più trombi (coaguli di sangue) viaggiano attraverso il flusso sanguigno fino ad ostruire una o più arterie polmonari, riducendo o bloccando il flusso di sangue nei polmoni. La trombosi venosa profonda, frequentemente localizzata nelle gambe, è una comune origine dei trombi che possono staccarsi e diventare emboli. La sospensione del flusso sanguigno ai tessuti polmonari causata dall'embolia polmonare può condurre a lesioni polmonari e diminuire l'ossigenazione del sangue, risultando in dispnea. I sintomi dell'embolia polmonare possono variare notevolmente in base alla dimensione e alla localizzazione dell'embolo, ma la dispnea ad insorgenza acuta è uno dei segni clinici più comuni. Altri sintomi possono includere dolore toracico di tipo pleuritico, tosse - talvolta con espettorato ematico -, tachicardia, e in casi gravi, shock o ipotensione. Il legame tra embolia polmonare e trombosi venosa profonda è ben documentato. La condizione, conosciuta congiuntamente come tromboembolia venosa, sottolinea l'importanza della valutazione dei sintomi di trombosi venosa profonda nei pazienti con dispnea acuta. Infatti, la presenza di segni o sintomi di trombosi venosa profonda aumenta la probabilità di embolia polmonare. Il trattamento dell'embolia polmonare è urgente e può variare da anticoagulanti per prevenire ulteriori formazioni di coaguli, a trattamenti più invasivi come la trombolisi o l'emplacemento di un filtro nella vena cava inferiore in alcuni casi. La diagnosi tempestiva e il trattamento dell'embolia polmonare sono cruciali per evitare complicazioni gravi, includendo la morte. Di conseguenza, la conoscenza e il riconoscimento dei sintomi e segni associati a questa condizione sono essenziali per i professionisti della salute al fine di garantire un intervento immediato.

8 di 10 Domande

Nello pneumotorace acuto sono rilevabili questi segni/sintomi eccetto uno. Quale?














La risposta corretta è la D
Il segno o sintomo che non si rileva nello pneumotorace acuto è l'incremento del fremito vocale tattile. Nello pneumotorace, l'accumulo di aria nello spazio pleurico porta a una serie di manifestazioni cliniche, tra cui dolore toracico acuto e improvviso, dispnea, riduzione del murmure vescicolare e iperfonesi dell'emitorace interessato, ma non all'incremento del fremito vocale tattile. Lo pneumotorace si verifica quando l'aria entra nello spazio pleurico, l'area tra la parete toracica e i polmoni, causando un parziale o totale collasso del polmone. Questo può avvenire senza una causa apparente (pneumotorace spontaneo) o a seguito di un trauma, procedura medica o patologia polmonare sottostante. Il sintomo principale di uno pneumotorace è un dolore toracico improvviso e tagliente che può essere accompagnato da mancanza di respiro. La pressione dell'aria accumulata spinge contro il polmone, impedendogli di espandersi completamente quando si inspira. Questo può reducrsi in dispnea, un sintomo comune dello pneumotorace. La diagnosi si basa tipicamente sui sintomi del paziente e viene confermata attraverso radiografie del torace o, in alcuni casi, con l'utilizzo di una tomografia computerizzata (TC). Dalla radiografia, possono essere osservate evidenze dirette di separazione dell'aria dai margini polmonari e, in base alla quantità di aria presente, si può determinare l'estensione dello pneumotorace. Il ridotto murmure vescicolare è un segno di diminuzioni del flusso aereo nei polmoni, che può avvenire a causa della riduzione del volume polmonare in condizioni di pneumotorace, dove il polmone interessato non si espande adeguatamente. L'iperfonesi, ovvero un suono più alto e chiaro quando si percuote l'emitorace, si verifica poiché la cavità toracica contiene aria in eccesso che conduce meglio il suono. Al contrario, l'incremento del fremito vocale tattile, che è l'intensificazione delle vibrazioni palpabili generate dalla voce attraverso il torace, non è un segno di pneumotorace. Infatti, in condizioni di pneumotorace, ci si aspetterebbe una diminuzione del fremito vocale tattile a causa dell'accumulo di aria che agisce come un isolante, riducendo così la trasmissione delle vibrazioni attraverso il torace. Riassumendo, lo pneumotorace acuto porta a diversi segni clinici chiave a causa della presenza di aria nello spazio pleurico che interrompe il normale funzionamento polmonare, ma l'incremento del fremito vocale tattile non è tra questi, indicando invece una diminuzione del suddetto a causa del processo patologico in atto.

9 di 10 Domande

Di quale malattia esantematica l'Herpes Zoster rappresenta la reinfezione endogena?














La risposta corretta è la C
La malattia esantematica di cui l'Herpes Zoster rappresenta la reinfezione endogena è la Varicella. Questo avviene perché entrambe le condizioni sono causate dallo stesso virus: il virus varicella-zoster (VZV). Dopo che una persona ha avuto la varicella, tipicamente durante l'infanzia, il virus rimane in forma latente nelle cellule nervose. Anni o decenni dopo, il virus può riattivarsi e causare l'herpes zoster, comunemente noto come fuoco di Sant'Antonio. L'herpes zoster (fuoco di Sant'Antonio) è una condizione che si presenta quando il virus della varicella-zoster, che è rimasto dormiente in alcune cellule nervose, si riattiva. A differenza della varicella, che di solito si diffonde su tutto il corpo, l'herpes zoster tende a limitarsi a un'area, spesso presentandosi come un'eruzione cutanea dolorosa su un lato del corpo o del viso. Questa eruzione cutanea si manifesta inizialmente con arrossamento e successivamente sviluppa vescicole che si trasformano in croste. Il processo attraverso cui l'herpes zoster si verifica inizia con la riattivazione del virus, che può essere scatenata da fattori come stress, indebolimento del sistema immunitario legato all'età, alcune malattie o trattamenti medici che sopprimono il sistema immunitario. Una volta riattivato, il virus si muove lungo le fibre nervose fino alla pelle, causando infiammazione e l'eruzione cutanea caratteristica. I sintomi dell'herpes zoster includono dolore, bruciore, prurito o formicolio nella zona interessata prima dell'apparizione dell'eruzione cutanea. In seguito, possono comparire mal di testa, febbre, brividi e malessere generale. L'eruzione cutanea progredisce da macchie rosse a vescicole piene di liquido, che poi formano delle croste e guariscono entro 2-4 settimane. In alcuni casi, il dolore può persistere per mesi o anni dopo la guarigione dell'eruzione, una condizione nota come nevralgia post-erpetica. La comprensione dell'herpes zoster e della sua connessione con la varicella è fondamentale per la prevenzione, attraverso la vaccinazione, e il trattamento efficace di questi disturbi, con l'obiettivo di minimizzare il disagio e prevenire complicazioni a lungo termine. La gestione dell'herpes zoster può includere farmaci antivirali, analgesici e, per alcuni pazienti, corticosteroidi per ridurre l'infiammazione.

10 di 10 Domande

Qual è il trattamento di prima scelta nella Sindrome Orticaria Angioedema acuta?














La risposta corretta è la E
Il trattamento di prima scelta nella Sindrome Orticaria Angioedema acuta sono i corticosteroidi. Questa affermazione riflette il riconoscimento che, nei casi acuti di questa condizione, i corticosteroidi possono offrire un sollievo efficace dagli episodi di infiammazione e gonfiore che caratterizzano la sindrome. L'Orticaria e l'Angioedema sono due manifestazioni cliniche strettamente correlate che possono presentarsi sia in modo isolato che congiuntamente. L'Orticaria si manifesta con chiazze pruriginose e sollevate sulla pelle, note come pomfi, che possono apparire e scomparire rapidamente in varie parti del corpo. L'Angioedema, invece, comporta un gonfiore più profondo, spesso intorno agli occhi, alle labbra, alle mani, ai piedi o alla gola, e può causare difficoltà respiratorie se il gonfiore interessa le vie respiratorie. Il meccanismo alla base di queste reazioni implica una liberazione eccessiva di istamina e altre sostanze infiammatorie da parte dei mastociti e dei basofili. Questo processo può essere scatenato da una varietà di fattori, incluse allergie alimentari, infezioni, stress fisico o emotivo, e alcuni farmaci, ma in molti casi la causa rimane sconosciuta. I corticosteroidi agiscono sopprimendo il sistema immunitario e riducendo l'infiammazione. Questo può rapidamente ridurre il gonfiore, il rossore e il prurito associati all'orticaria e all'angioedema. Sebbene gli antistaminici siano comunemente utilizzati per trattare l'orticaria, nei casi in cui si sviluppa un angioedema acuto o l'orticaria non risponde a tali trattamenti, i corticosteroidi possono offrire un sollievo più efficace e veloce. È importante notare che, sebbene efficaci, i corticosteroidi possono portare a effetti collaterali, specialmente se usati per periodi prolungati. Pertanto, il loro impiego deve essere attentamente considerato e monitorato da un medico. Il trattamento con corticosteroidi per l'orticaria e l'angioedema acuto tende ad essere di breve durata per minimizzare il rischio di complicazioni. In sintesi, i corticosteroidi sono raccomandati come trattamento di prima scelta per l'orticaria angioedema acuta a causa della loro capacità di sopprimere rapidamente l'infiammazione e il gonfiore significativi. Questo approccio terapeutico mira a migliorare la qualità della vita del paziente riducendo la gravità e la durata degli episodi.

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