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Random MMG 015 – Test Ammissione

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1 di 10 Domande

Gli anticorpi anti-ENA (Antigeni Nucleo Estraibili) che normalmente vengono dosati sono:














La risposta corretta è la E
Gli anticorpi anti-ENA, ovvero gli Antigeni Nucleo Estraibili, che normalmente vengono dosati comprendono anti-SSA, anti-SSB, anti-Sm, anti-RNP, anti-Scl-70, e anti-Jo-1. Questo gruppo di anticorpi è cruciale per l'identificazione e la diagnosi di varie malattie autoimmuni, particolarmente quelle che affliggono il tessuto connettivo e il sistema muscoloscheletrico. Per comprendere il ruolo e l'importanza di questi anticorpi, è essenziale esplorare le specifiche patologie associate. Ad esempio, gli anticorpi anti-SSA (o Ro) e anti-SSB (o La) sono comunemente associati alla Sindrome di Sjögren, una malattia autoimmunitaria che causa principalmente secchezza di occhi e bocca, ma può anche condurre a una varietà di altri problemi sistemici. L'anticorpo anti-Sm è un indicatore specifico per il Lupus eritematoso sistemico (LES), una malattia autoimmune multisistemica che può causare lesioni cutanee, artrite, coinvolgimento renale, e altre manifestazioni. Analogamente, l'anticorpo anti-RNP è spesso associato alla sclerodermia sistemica mista, che presenta una sovrapposizione dei sintomi fra più malattie del tessuto connettivo, inclusi arrossamento e gonfiore delle mani, dolori muscolari e articolari. Gli anticorpi anti-Scl-70 sono specificamente legati alla sclerodermia, malattia caratterizzata da indurimento e ispessimento della pelle dovuto a produzione eccessiva di collagene, e possono indicare una prognosi più severa a causa dell'alta incidenza di coinvolgimento polmonare. Infine, gli anticorpi anti-Jo-1 sono un importante marker per la miosite autoimmune, in particolare per la polimiosite e la dermatomiosite, che sono caratterizzate da debolezza muscolare e infiammazione. La diagnosi di queste malattie autoimmuni è complessa e richiede una combinazione di test sierologici, sintomi clinici, e talvolta biopsie. Il dosaggio degli anticorpi anti-ENA fornisce informazioni preziose che possono aiutare nella differenziazione delle diverse patologie autoimmuni, nella determinazione della prognosi e nel guidare le scelte terapeutiche. Le caratteristiche peculiari di ognuno di questi anticorpi, il loro pattern di associazione con specifiche malattie, e il ruolo che giocano nel sistema immunitario, dimostrano l'importanza di questi marker nel contesto delle malattie del tessuto connettivo. Lo studio dettagliato e la comprensione delle varie patologie autoimmuni aiutano a rivelare l'importanza critica dei test degli anticorpi anti-ENA nel panorama più ampio della diagnostica medica.

2 di 10 Domande

Quale di queste sedi articolari viene tipicamente risparmiata nei pazienti con artrite reumatoide?














La risposta corretta è la D
Il tratto lombare della colonna vertebrale viene tipicamente risparmiato nei pazienti con artrite reumatoide. Questo dettaglio è di fondamentale importanza per comprendere la natura sistemica, ma selettivamente distruttiva dell'artrite reumatoide (AR). L'artrite reumatoide è una patologia infiammatoria cronica, sistematica, che principalmente colpisce le articolazioni sinoviali. Manifestandosi tipicamente con la rigidità mattutina e il gonfiore delle articolazioni, questa patologia ha una predilezione per le piccole articolazioni di mani e piedi, pur potendo interessare anche altre articolazioni con un pattern simmetrico. Ciò che la caratterizza, oltre alla simmetria nell'interessamento articolare, è la tendenza a risparmiare alcune specifiche regioni, come ad esempio il tratto lombare della colonna vertebrale. La ragione per cui l'artrite reumatoide generalmente non colpisce il tratto lombare si colloca nel quadro delle sue manifestazioni cliniche e della sua patogenesi. Nell’AR, il sistema immunitario produce anticorpi contro i propri tessuti, in particolare contro la membrana sinoviale delle articolazioni, portando ad un'infiammazione che può culminare nella distruzione del tessuto articolare. Tuttavia, la colonna vertebrale lombare sfugge spesso a questo processo, forse a causa delle differenze nella composizione e nella funzione delle articolazioni che sono meno esposte alla reazione autoimmunitaria che caratterizza l'AR. Laddove l'AR attacca le articolazioni sinoviali causando infiammazione, erosione dell'osso e deformità articolare, il tratto lombare mostra una resistenza a queste aggressioni. Non totalmente chiaro rimane il motivo per cui l'AR risparmi il tratto lombare, ma questa peculiarità è rilevante per la diagnosi differenziale con altre patologie che invece possono interessare la colonna vertebrale, come la spondiloartrite. Questo aspetto evidenzia l'importanza di un'accurata valutazione dei sintomi e della distribuzione delle articolazioni colpite nella diagnosi di AR. Riconoscere le sedi tipicamente interessate e quelle generalmente risparmiate aiuta a guidare il clinico verso una diagnosi accurata, contribuendo, in ultima istanza, alla gestione ottimale del paziente. In conclusione, l'artrite reumatoide è una patologia complessa, con un preciso pattern di affezione articolare che tende a risparmiare il tratto lombare della colonna vertebrale. Questa caratteristica sottolinea l'importanza di un approccio diagnosi attentamente ponderato nella pratica clinica, per distinguere l'AR da altre condizioni reumatiche che possono presentarsi con sintomi simili.

3 di 10 Domande

Quale dei seguenti farmaci non è indicato per la terapia dell'osteoporosi?














La risposta corretta è la E
Il metilprednisolone non è indicato per la terapia dell'osteoporosi. Anzi, fa parte di una classe di farmaci noti come corticosteroidi, che possono effettivamente aumentare il rischio di sviluppare o aggravare l'osteoporosi quando vengono utilizzati per periodi prolungati o a dosi elevate. L'osteoporosi è una patologia che si caratterizza per la riduzione della massa ossea e il deterioramento della microarchitettura del tessuto osseo, portando a un aumento della fragilità ossea e, di conseguenza, a un maggiore rischio di fratture. Il tessuto osseo viene costantemente riassorbito e riformato attraverso un processo noto come rimodellamento osseo. Nei soggetti affetti da osteoporosi, il tasso di riassorbimento osseo supera quello della formazione, risultando in una perdita netta di tessuto osseo. I corticosteroidi come il metilprednisolone influenzano questo equilibrio alterando il normale processo di rimodellamento osseo. Essi possono ridurre l'assorbimento di calcio nell'intestino, aumentare la sua escrezione renale e ridurre la produzione di ormoni che sono cruciali per la salute ossea, come l'estrogeno. Questi effetti comportano una diminuzione della densità minerale ossea e possono compromettere la qualità dell'osso, aumentando il rischio di fratture. A lungo termine, l'uso di corticosteroidi può portare a una condizione nota come osteoporosi da steroidi. Diversamente, gli altri farmaci elencati nelle opzioni (Risedronato, Teriparatide, Romosozumab, Denosumab) sono approvati per il trattamento dell'osteoporosi perché agiscono in vari modi per prevenire la perdita di massa ossea o incrementare la densità ossea. Ad esempio, il Risedronato è un bisfosfonato che rallenta il riassorbimento osseo, il Teriparatide è una forma sintetica del paratormone che stimola la formazione di nuovo tessuto osseo, il Romosozumab è un anticorpo monoclonale che blocca una proteina coinvolta nel processo di riassorbimento osseo, e il Denosumab è un altro anticorpo monoclonale che inibisce una via di segnalazione importante per il riassorbimento osseo. In conclusione, la corretta gestione dell'osteoporosi richiede trattamenti che possano effettivamente aumentare la densità ossea o ridurre il tasso di perdita ossea, piuttosto che farmaci che possano avere l'effetto opposto, come il metilprednisolone.

4 di 10 Domande

Un paziente di 73 anni lamenta comparsa da 3-4 giorni di dolore e rigidità alle spalle con impotenza funzionale. Agli esami si evidenziano valori di VES di 73 mm prima ora, PCR 38 mg/L (v.n. <5 mg/L). Quale delle seguenti è la diagnosi più probabile, considerata la presentazione clinica?














La risposta corretta è la E
La diagnosi più probabile per un paziente di 73 anni che lamenta comparsa da 3-4 giorni di dolore e rigidità alle spalle con impotenza funzionale, accompagnati da valori elevati di velocità di eritrosedimentazione (VES) a 73 mm nella prima ora e proteina C-reattiva (PCR) a 38 mg/L, è la Polimialgia Reumatica. La Polimialgia Reumatica è caratterizzata da dolore muscolare e rigidità nelle spalle, nel collo, nella regione pelvica e nelle braccia. Questa condizione si manifesta tipicamente nei soggetti anziani, colpendo prevalentemente coloro che hanno più di 50 anni. Gli indicatori di flogosi, come valori elevati di VES e PCR, sono frequentemente associati a questa patologia, riflettendo l'entità del processo infiammatorio in atto. Gli individui affetti da Polimialgia Reumatica spesso sperimentano difficoltà nella quotidianità a causa della limitazione nei movimenti e della dolorabilità, che spicca particolarmente al mattino dopo il risveglio o dopo periodi di inattività. È importante sottolineare che, sebbene si possano presentare gonfiori localizzati, la Polimialgia Reumatica è primariamente una sindrome di natura infiammatoria che interessa principalmente i muscoli, piuttosto che le articolazioni o fare strutture ossee. Il trattamento tipico comprende corticosteroidi, che in genere portano a un rapido sollievo dei sintomi. Tuttavia, la terapia deve essere monitorata e adattata individualmente, considerando potenziali effetti collaterali. Il decorso della patologia è variabile, ma la terapia steroidea può essere necessaria per durate prolungate, in molti casi fino a due anni o oltre, per gestire efficacemente i sintomi e impedire recidive. La diagnosi precoce e il trattamento tempestivo sono fondamentali per migliorare la qualità di vita del paziente, minimizzando così il rischio di complicanze a lungo termine associate alla malattia e alla terapia steroidea prolungata. Per questi motivi, di fronte a un quadro clinico caratterizzato da sintomi muscolo-scheletrici dolorosi e stiffness, soprattutto in un paziente anziano con elevati indici di infiammazione, è cruciale considerare la Polimialgia Reumatica come diagnosi privilegiata.

5 di 10 Domande

Il nodulo di Aschoff è caratteristico di quale delle seguenti malattie?














La risposta corretta è la E
Il nodulo di Aschoff è caratteristico del Reumatismo Articolare Acuto. Questa affermazione è precisa poiché il Reumatismo Articolare Acuto è una malattia infiammatoria che si verifica come una complicazione tardiva dell'infezione faringea da streptococco del gruppo A. Spesso, i noduli di Aschoff, che sono lesioni granulomatose, si formano nel tessuto connettivo, in particolare nel cuore, e sono considerati una caratteristica patognomonica di questa condizione. Il Reumatismo Articolare Acuto si manifesta tipicamente qualche settimana dopo un'infezione da streptococco del gruppo A non trattata, colpendo prevalentemente i bambini e gli adolescenti. Influenza multipli organi, ma le sue complicazioni cardiache sono tra le più preoccupanti, potendo portare a cardite reumatica, che a sua volta può evolvere in danni valvolari cardiaci permanenti. Oltre alla presenza di noduli di Aschoff, la malattia è caratterizzata da, ma non limitata a, febbre, artrite (tipicamente migratoria e coinvolgente grandi articolazioni), eritema marginato e corèa di Sydenham (movimenti involontari e irregolari). I noduli di Aschoff stessi sono aggregati di cellule infiammatorie, tra cui macrofagi, cellule T e occasionalmente plasmacellule, che formano nel contesto di una risposta immunitaria al batterio streptococco. Questi noduli sono importanti indicatori della gravità e dell'estensione del coinvolgimento cardiaco nel Reumatismo Articolare Acuto e possono evolvere in fibrosi, influenzando la funzionalità cardiaca a lungo termine. La patogenesi della malattia sembra legata alla risposta immunitaria crociata, in cui gli anticorpi prodotti contro l'antigene streptococcico reagiscono con tessuti del corpo dell'ospite, inclusi il cuore, le articolazioni e il sistema nervoso. Questo meccanismo autoimmunitario spiega perché il trattamento tempestivo dell'infezione streptococcica con antibiotici può prevenire lo sviluppo del Reumatismo Articolare Acuto e perché la somministrazione profilattica di antibiotici nei pazienti con passato di Reumatismo Articolare Acuto è fondamentale per prevenire recidive. La diagnosi si basa sull'identificazione dei criteri di Jones, che includono la presenza di cardite, poliartrite migratoria, corea di Sydenham, eritema marginato e noduli sottocutanei, insieme alla conferma di una precedente infezione da streptococco. Il trattamento mira a controllare l'infiammazione, a trattare l'infezione streptococcica, se ancora presente, e a prevenire danni cardiaci futuri. In sintesi, il nodulo di Aschoff è un segno distintivo del Reumatismo Articolare Acuto, indicativo del processo infiammatorio e immunitario attivo, particolarmente a livello cardiaco, che caratterizza questa complicanza post-streptococcica. La sua presenza non solo aiuta nella diagnosi di questa condizione ma sottolinea anche la necessità di un intervento medico tempestivo per prevenire esiti avversi a lungo termine.

6 di 10 Domande

La xerostomia è una manifestazione caratteristica di quale delle seguenti malattie?














La risposta corretta è la E
La xerostomia è una manifestazione caratteristica della Sindrome di Sjogren. Questo disturbo si evidenzia per la sua capacità di colpire principalmente le ghiandole esocrine, risultando in una produzione ridotta di lacrime e saliva. La Sindrome di Sjogren è quindi spesso associata a sintomi quali secchezza degli occhi e della bocca, noti rispettivamente come cheratocongiuntivite sicca e xerostomia. Per comprendere appieno perché la Sindrome di Sjogren si associa alla xerostomia, è essenziale esplorare più in profondità la natura di questa patologia. La Sindrome di Sjogren è un disturbo autoimmune sistematico, il che significa che il sistema immunitario del corpo attacca erroneamente i suoi stessi tessuti sani, in questo caso, le ghiandole esocrine responsabili della produzione di saliva e lacrime. In conseguenza di questi attacchi, la funzionalità delle ghiandole viene compromessa, portando a una diminuzione significativa della loro produzione. Oltre alla xerostomia e alla secchezza oculare, le persone affette da Sindrome di Sjogren possono sperimentare una serie di altri sintomi e complicazioni. Questi includono affaticamento, dolori muscolari e articolari e, in alcuni casi, il coinvolgimento di organi interni come i reni, il fegato e i polmoni. La patologia può presentarsi da sola (forma primaria) o accanto ad altre malattie autoimmuni (forma secondaria), come l'artrite reumatoide o il lupus eritematoso sistemico. La Sindrome di Sjogren affligge in maggioranza le donne, con un picco di incidenza nella mezza età, anche se può presentarsi a qualsiasi età. La diagnosi si basa su una combinazione di esami clinici, tra cui test della funzionalità delle ghiandole salivari, biopsie delle ghiandole, e test sanguigni per identificare specifici anticorpi che sono comunemente presenti in persone con questo disturbo. Nonostante non esista una cura definitiva per la Sindrome di Sjogren, il trattamento si concentra sul sollievo dei sintomi e sulla prevenzione delle complicanze. Questo può includere l'utilizzo di sostituti lacrimali e saliva artificiali, farmaci che stimolano la produzione di lacrime e saliva, e un'adeguata igiene orale e oculare per prevenire infezioni secondarie dovute alla secchezza. In sintesi, la xerostomia è un sintomo distintivo della Sindrome di Sjogren a causa del danno autoimmunitario alle ghiandole esocrine responsabili della produzione di saliva. Comprendere la natura autoimmune della Sindrome di Sjogren e il suo impatto sulle ghiandole salivari fornisce una spiegazione chiara del perché la xerostomia rappresenti un sintomo così prominente in questa patologia.

7 di 10 Domande

Quale tra questi trattamenti è stato introdotto più di recente per la terapia dell'Amite Reumatoide?














La risposta corretta è la C
Il trattamento introdotto più di recente per la terapia dell'Artrite Reumatoide è rappresentato dagli Inibitori delle Janus Chinasi. Questa classe di farmaci ha rappresentato un'innovazione significativa nella gestione della patologia, offrendo una nuova opzione terapeutica per i pazienti affetti. L'Artrite Reumatoide (AR) è una malattia autoimmune sistemica che colpisce prevalentemente le articolazioni, caratterizzata da infiammazione cronica che porta a dolore, gonfiore e, con il tempo, può causare l'erosione delle articolazioni e la deformità. La comprensione della patogenesi dell'AR ha portato alla scoperta dei ruoli chiave giocati dalle vie di segnalazione intracellulare mediate dalle Janus Chinasi (JAK) nell'attivazione dei processi infiammatori. Le Janus Chinasi sono enzimi che, quando attivati, possono indurre la produzione di citochine pro-infiammatorie, svolgendo quindi un ruolo cruciale nell'immunità e nell'infiammazione. Gli inibitori delle Janus Chinasi agiscono interrompendo questo percorso di segnalazione, riducendo così l'infiammazione e i sintomi associati all'AR. A differenza delle tradizionali terapie modificate la malattia (DMARD) o degli agenti biologici che agiscono su specifiche molecole del sistema immunitario, gli inibitori delle JAK mirano a un punto di convergenza di molteplici vie di segnalazione, potenzialmente offrendo benefici a un più ampio spettro di pazienti. L'introduzione di questa classe di farmaci ha fornito una preziosa alternativa per i pazienti che non rispondono adeguatamente ai trattamenti esistenti, come i DMARD convenzionali o i biologici. Gli inibitori delle Janus Chinasi hanno dimostrato efficacia nel ridurre i segni e i sintomi dell'AR, migliorando la qualità della vita dei pazienti e rallentando il progredire del danno articolare. La loro efficacia e il profilo di sicurezza rendono gli inibitori delle JAK un'opzione importante nel panorama terapeutico dell'AR, soprattutto per quei pazienti che necessitano di alternative ai trattamenti più tradizionali. In sintesi, l'Artrite Reumatoide è una patologia complessa il cui trattamento è in continua evoluzione con lo sviluppo di nuovi farmaci mirati. Gli inibitori delle Janus Chinasi rappresentano uno dei progressi più recenti in questo campo, offrendo una nuova speranza e opzioni di trattamento per i pazienti affetti da questa debilitante malattia.

8 di 10 Domande

La suscettibilità biologica ai raggi X dipende anche da fattori individuali. Gli individui più a rischio di danno da radiazioni sono:














La risposta corretta è la B
La suscettibilità biologica ai raggi X effettivamente dipende anche da fattori individuali. Gli individui più a rischio di danno da radiazioni sono le donne in età fertile e bambini di entrambi i sessi. Questo è dovuto a vari fattori legati principalmente alla biologia e alla fisiologia di questi gruppi di individui. I bambini, ad esempio, hanno un rischio maggiore di danni da radiazioni per diverse ragioni. In primo luogo, essendo in fase di rapido sviluppo, le cellule dei bambini sono più suscettibili ai danni indotti dalle radiazioni. Inoltre, avendo potenzialmente una maggiore aspettativa di vita rispetto agli adulti, i bambini hanno più tempo per sviluppare effetti a lungo termine, come tumori indotti da radiazioni. Di conseguenza, la loro esposizione ai raggi X e ad altre forme di radiazione ionizzante richiede particolare attenzione per minimizzare i rischi. Le donne in età fertile sono considerate ad alto rischio per diverse ragioni. Primo, l'esposizione alle radiazioni può influenzare la salute riproduttiva, potenzialmente danneggiando gli ovociti o interferendo con la gravidanza. Secondo, come per i bambini, il tessuto ghiandolare mammario nelle donne è sensibile alle radiazioni, il che può aumentare il rischio di effetti nocivi, come il cancro al seno, soprattutto se l'esposizione avviene in età fertile. La comprensione dettagliata di come le radiazioni influenzano diversi gruppi di individui è cruciale per sviluppare protocolli di sicurezza efficaci. Sia nella pratica clinica che nella ricerca, è fondamentale adottare misure di protezione che tengano conto della suscettibilità individuale, al fine di ridurre al minimo i potenziali danni. Questo include l'utilizzo di dosi di radiazione ottimizzate, la limitazione dell'esposizione quando possibile e il monitoraggio attento degli individui considerati a maggior rischio, come appunto le donne in età fertile e i bambini. Il motivo dietro la maggiore vulnerabilità di questi gruppi si basa sul fatto che le radiazioni possono causare danni al DNA e altri effetti a livello cellulare che sono particolarmente problematici in individui con cellule che si dividono rapidamente, come nei bambini, o in tessuti altamente sensibili, come quelli riproduttivi nelle donne. Questi effetti possono non solo aumentare il rischio di malattie nel breve termine ma possono anche avere implicazioni per la salute a lungo termine, ponendo le basi per lo sviluppo di condizioni croniche o di tumori molti anni dopo l'esposizione iniziale. Pertanto, un'attenta considerazione dei fattori di rischio individuali, insieme all'applicazione di misure di protezione adeguate, è cruciale per minimizzare gli effetti nocivi delle radiazioni.

9 di 10 Domande

Si sospetta claudicatio intermittens da arteriopatia obliterante periferica in caso di:














La risposta corretta è la C
La sospetta claudicatio intermittens da arteriopatia obliterante periferica si manifesta attraverso dolori crampiformi durante la deambulazione con polsi distali ipovalidi o non palpabili. Questa condizione indica una ridotta perfusione sanguigna agli arti inferiori causata dall'occlusione o dal restringimento delle arterie periferiche, tipicamente dovuti all'aterosclerosi. L'arteriopatia obliterante periferica è una patologia caratterizzata da una riduzione del flusso sanguigno agli arti, più comunemente agli arti inferiori, a causa dell'occlusione arteriosa. Questa condizione conduce a sintomi quali il dolore, soprattutto durante attività che incrementano la richiesta di ossigeno da parte dei muscoli come la camminata, che in termini medici si definisce claudicatio intermittens. I pazienti descrivono tipicamente i sintomi come crampi, affaticamento o dolore nei muscoli degli arti coinvolti, che si allevia con il riposo. La claudicatio è spesso descritta nell'ambito delle fasi iniziali della malattia, e la sua severità cresce progressivamente con l'avanzare dell'occlusione arteriosa. La presenza di polsi distali ipovalidi o non palpabili segnala un'importante diminuzione della perfusione arteriosa nell'arto, indicando un significativo restringimento o occlusione delle arterie periferiche. Ciò conferma la correlazione tra la sintomatologia riferita e l'ipotesi di diagnosi di arteriopatia obliterante periferica. L'aterosclerosi, che è la causa principale dell'arteriopatia obliterante periferica, comporta l'accumulo di placche lipidiche (ateromi) sulla parete interna delle arterie, che può portare alla progressiva restrizione del lume arterioso e, di conseguenza, a una ridotta perfusione sanguigna dell'arto colpito. Questo processo può essere influenzato da fattori di rischio quali il fumo di tabacco, l'ipertensione, l'iperlipidemia, il diabete mellito e una storia familiare di malattie cardiovascolari. Pertanto, il dolore crampiforme che insorge durante la deambulazione, accompagnato da polsi distali deboli o non palpabili, è indicativo di una ridotta irrorazione sanguigna agli arti inferiori, tipica dell'arteriopatia obliterante periferica. La diagnosi precoce e il trattamento sono cruciali per migliorare la qualità di vita del paziente e per prevenire complicazioni serie, come l'ischemia critica degli arti che può portare alla necessità di amputazione.

10 di 10 Domande

Qual è il solo anticoagulante orale approvato a basse dosi in associazione con aspirina per la prevenzione dei MACE (Major Adverse Cardiovascular Events) in soggetti coronaropatici e/o arteriopatici?














La risposta corretta è la A
Il Rivaroxaban è l'unico anticoagulante orale approvato a basse dosi in associazione con aspirina per la prevenzione dei Major Adverse Cardiovascular Events (MACE) in soggetti coronaropatici e/o arteriopatici. Questa approvazione si basa sulla sua capacità di ridurre efficacemente il rischio di eventi cardiovascolari maggiori in questa specifica popolazione di pazienti. Il Rivaroxaban appartiene alla classe dei farmaci noti come inibitori diretti del fattore Xa, che giocano un ruolo cruciale nella cascata della coagulazione sanguigna. Attraverso l'inibizione di questo fattore, il Rivaroxaban riduce il rischio di formazione di coaguli sanguigni, che possono portare a gravi eventi cardiovascolari come l'ictus e l'infarto. La sua peculiarità risiede nella capacità di offrire una protezione antitrombotica efficace, riducendo contemporaneamente il rischio di sanguinamenti gravi, un bilanciamento cruciale nella gestione a lungo termine dei pazienti con malattie cardiovascolari. Secondo le evidenze cliniche, il Rivaroxaban a basse dosi in combinazione con l'aspirina mostra un miglioramento significativo nella prevenzione dei MACE rispetto all'uso dell'aspirina da sola, in soggetti con aterosclerosi stabilita. Questo beneficio si estende oltre i pazienti con fibrillazione atriale, un uso tradizionale degli anticoagulanti orali, includendo quelli con malattia coronarica o periferica stabilita. La malattia coronarica e l'arteriopatia periferica sono manifestazioni dell'aterosclerosi, una patologia caratterizzata dall'accumulo di placche lipidiche sulle pareti dei vasi sanguigni, che può portare a una ridotta flusso sanguigno e, in ultima analisi, a eventi ischemici. La prevenzione di tali eventi, incluso l'infarto miocardico e l'ictus, è fondamentale nella gestione dei pazienti con queste condizioni. In conclusione, l'uso di Rivaroxaban in associazione con aspirina rappresenta un approccio terapeutico innovativo per la riduzione del rischio di eventi cardiovascolari maggiori in pazienti affetti da malattia coronarica o arteriopatia periferica, basato sull'efficacia dimostrata in studi clinici di prevenire la formazione di coaguli sanguigni senza aumentare esponenzialmente il rischio di sanguinamenti.

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