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Random MMG 021 – Test Ammissione

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1 di 10 Domande

Qual è la causa metabolica della Porfiria epatica acuta














La risposta corretta è la B
La causa metabolica della Porfiria epatica acuta è l'alterazione del metabolismo dell'eme. Questa patologia è derivata da una disfunzione nella via metabolica che conduce alla produzione dell'eme, un componente cruciale dell'emoglobina, che a sua volta è essenziale per il trasporto dell'ossigeno nel sangue. Le porfirie sono un gruppo di malattie rare causate da un'alterazione nel processo di sintesi dell'eme. L'eme è sintetizzato attraverso una serie di reazioni enzimatiche, ciascuna catalizzata da un enzima specifico. Nelle porfirie epatiche acute, il deficit di uno di questi enzimi porta a un accumulo delle sostanze precursori dell’eme, chiamate porfirine o loro precursori, nel fegato. Tale accumulo è tossico e causa vari sintomi sistemici. Le manifestazioni cliniche delle porfirie epatiche acute possono variare ma includono comunemente sintomi neurologici e addominali acuti, quali dolore addominale intenso, neuropatia periferica, disturbi mentali e, in casi severi, può portare ad arresto respiratorio dovuto alla paralisi dei muscoli respiratori. La gravità e la specificità dei sintomi possono variare notevolmente tra i pazienti a seconda del tipo specifico di porfiria e del livello dell'enzima coinvolto. La diagnosi delle porfirie epatiche acute si basa sulla misurazione dei livelli di porfirine e dei loro precursori nel sangue, nelle urine e nelle feci, assieme alla valutazione clinica dei sintomi. È fondamentale una corretta diagnosi per gestire correttamente la patologia, che può includere trattamenti per ridurre i sintomi, come l’evitamento dei fattori scatenanti (alcuni farmaci, alcol, ed eccessivo digiuno), e in alcuni casi, il trattamento con emina per ridurre la sintesi delle porfirine. Questa patologia sottolinea l'importanza del corretto funzionamento delle vie enzimatiche nella prevenzione dell'accumulo di sostanze tossiche e nella promozione di una salute sistemica. L'approccio al trattamento e alla gestione dei pazienti con porfirie epatiche acute richiede un'attenzione multidisciplinare, dato il potenziale impatto della malattia su vari sistemi corporei e la possibilità di gravi complicanze se non gestita correttamente.

2 di 10 Domande

Quale delle seguenti patologie NON causa tipicamente interstiziopatia polmonare?














La risposta corretta è la C
La polmonite da Streptococcus pneumoniae **non** causa tipicamente interstiziopatia polmonare. Questa affermazione è corretta perché la polmonite da Streptococcus pneumoniae, comunemente conosciuta come polmonite pneumococcica, influisce principalmente sugli alveoli dei polmoni piuttosto che sul tessuto interstiziale. La polmonite causata da questo batterio è una forma di pneumopatia acquisita in comunità (CAP) ed è caratterizzata dall'insorgenza di febbre, tosse produttiva, dispnea e dolore toracico. L'infezione provoca solitamente l'accumulo di fluido purulento o di essudato negli alveoli, conducente a una consolidazione evidenziabile tramite radiografia toracica. Le malattie interstiziali polmonari, invece, coinvolgono il tessuto interstiziale che circonda e supporta gli alveoli e le piccole vie aeree. Esse sono caratterizzate dalla presenza di processi infiammatori o fibrotici che possono portare a un'alterazione della struttura polmonare con conseguente riduzione dei volumi polmonari e della capacità di scambio gassoso. Diversamente dalle pneumopatie alveolari come la polmonite pneumococcica, le malattie interstiziali presentano tipicamente sintomi come tosse secca e dispnea da sforzo che insorgono in modo progressivo. La polmonite pneumococcica si manifesta in modo significativamente diverso rispetto alle patologie interstiziali, dato che quest’ultime coinvolgono meccanismi patogenetici centrati sulla progressiva fibrosi o infiltrazione infiammatoria del tessuto interstiziale. Pur essendo la polmonite una condizione seria che richiede trattamento tempestivo, essa non è comunemente associata con l'alterazione del tessuto interstiziale che caratterizza le malattie come la fibrosi polmonare idiopatica, la linfangioleiomiomatosi o la polmonite da ipersensibilità, in cui invece il danno o la malattia del tessuto interstiziale sono i tratti distintivi. In conclusione, sebbene la polmonite da Streptococcus pneumoniae sia una causa comune di morbilità e mortalità a livello globale, il suo impatto si manifesta primariamente sugli alveoli polmonari anziché sull'interstizio. Questo distingue nettamente la polmonite pneumococcica dalle malattie che colpiscono l'interstizio polmonare, dove i meccanismi di danno e infiammazione riguardano in modo predominante tale tessuto, alterando la sua struttura e funzione.

3 di 10 Domande

Quale tra i seguenti criteri consente di porre diagnosi di diabete mellito?














La risposta corretta è la D
Per porre diagnosi di diabete mellito, è necessario che la glicemia a digiuno da prelievo venoso risulti superiore o uguale a 126 mg/dl in due occasioni separate. Questo criterio è decisivo per la diagnosi della malattia, in quanto riflette un'elevata concentrazione di glucosio nel sangue, che è indicativa di diabete. Il diabete mellito è caratterizzato da un disordine metabolico di lungo termine, dove c'è un elevato livello di zucchero nel sangue, sia a causa dell'inadeguata produzione di insulina da parte del pancreas, sia a causa dell'inefficacia delle cellule del corpo nell'utilizzare l'insulina prodotta. L'insulina è un ormone cruciale che aiuta a trasportare il glucosio dalle corrente sanguigna alle cellule, dove viene utilizzato per produrre energia. Nel diabete mellito, questo processo è disturbato, portando ad accumuli eccessivi di glucosio nel sangue, conosciuti come iperglicemia. Se non gestito correttamente, questo stato può portare a complicazioni a lungo termine, come danni ai nervi, insufficienza renale, malattie cardiovascolari, e problemi agli occhi. Il criterio della glicemia a digiuno viene utilizzato poiché fornisce uno spaccato chiaro di come il corpo gestisce il glucosio quando l'individuo non ha consumato cibo per almeno 8 ore, escludendo così le fluttuazioni glicemiche che possono essere causate dall'assunzione di cibo. La soglia di 126 mg/dl è stata stabilita in base a ampi studi epidemiologici che correlano valori superiori a questa soglia con un aumento significativo del rischio di sviluppare complicazioni tipicamente associate al diabete. È importante, quindi, che la diagnosi di diabete mellito si basi su misurazioni ripetute e affidabili, al fine di garantire l'accuratezza della diagnosi e consentire una gestione tempestiva e appropriata della malattia. L'identificazione precoce e il trattamento del diabete possono notevolmente ridurre il rischio di sviluppare complicazioni gravi, migliorando la qualità di vita delle persone affette.

4 di 10 Domande

Che cosa è una polmonite comunitaria?














La risposta corretta è la E
Una polmonite comunitaria è una polmonite che si contrae fuori da ospedali e strutture residenziali. Questa definizione è importante perché distingue questo tipo di polmonite da quelle nosocomiali, ovvero le infezioni acquisite in ambiente ospedaliero o in altre strutture sanitarie. La polmonite comunitaria si riferisce a qualsiasi forma di polmonite acquisita da individui che non sono stati recentemente ricoverati in ospedali o altre strutture di assistenza sanitaria. Questa condizione è una delle principali cause di malattia e mortalità in tutto il mondo, interessando persone di tutte le età ma presentando un rischio maggiore per bambini piccoli, anziani e individui con altri problemi di salute sottostanti. La polmonite è un'infezione che provoca l'infiammazione dei sacchetti d'aria in uno o entrambi i polmoni, che possono riempirsi di pus o altri liquidi, causando tosse con catarro o pus, febbre, brividi e difficoltà respiratorie. Una varietà di organismi, inclusi batteri, virus e funghi, può causare la polmonite. La polmonite comunitaria è comunemente provocata da batteri come Streptococcus pneumoniae, ma anche virus e microrganismi atipici possono essere responsabili. Il trattamento della polmonite comunitaria dipende da una serie di fattori, tra cui l'agente patogeno specifico coinvolto e la gravità dei sintomi del paziente. In molti casi, la terapia antibiotica è efficace contro le forme batteriche della malattia. Per le infezioni virali, il trattamento si concentra sull'alleviamento dei sintomi mentre il corpo combatte l'infezione. La prevenzione gioca un ruolo cruciale e include vaccinazioni, lavaggio delle mani e evitare il contatto con persone malate, soprattutto per individui a rischio più elevato. La polmonite comunitaria può variare da forme lievi a gravemente debilitanti. Anche se molte persone con polmonite comunitaria possono recuperare completamente senza trattamento, per individui a rischio elevato, come anziani, bambini molto piccoli, o persone con malattie croniche o sistemi immunitari compromessi, può essere una condizione pericolosa per la vita. La diagnosi tempestiva e l'appropriato trattamento sono, quindi, essenziali per un esito favorevole. In breve, la polmonite comunitaria rappresenta un serio problema di salute pubblica con significative implicazioni per la cura e la prevenzione delle malattie respiratorie. La comprensione della sua natura e delle misure preventive può aiutare a ridurre il rischio di sviluppare la malattia e facilitare la gestione e il trattamento in coloro che sono colpiti.

5 di 10 Domande

Il linfonodo di Virchow-Troisier si manifesta:














La risposta corretta è la A
Il linfonodo di Virchow-Troisier si manifesta a livello sovraclaveare sinistro. Questa particolare manifestazione avviene quando le cellule tumorali, provenienti da un cancro situato in un'altra area del corpo, si diffondono fino al linfonodo situato nella regione sovraclaveare sinistra, indicando solitamente una metastasi da un carcinoma addominale, in particolare dallo stomaco, ma potenzialmente anche da altri organi della regione addominale come il pancreas, l'ovario o il colon. Questa informazione si basa sui principi generali di come i tumori si diffondono o metastatizzano all'interno del corpo. I linfonodi fungono da filtri del fluido linfatico, catturando sostanze estranee, inclusi i tumori, che viaggiano attraverso questi canali linfatici. Il linfonodo di Virchow-Troisier, la cui manifestazione sottolinea l'avanzamento della malattia, assume un ruolo critico nella valutazione del percorso di progressione del cancro. Quella che sembra una semplice ingrossatura può dunque rappresentare il segnale di una condizione seriamente avanzata. La metastasi al linfonodo di Virchow-Troisier viene identificata durante gli esami clinici come un tumore palpabile nella regione sovraclaveare sinistra. La scoperta di una tale massa suggerisce che il cancro ha raggiunto uno stadio avanzato, poiché indica che le cellule tumorali hanno viaggiato da un sito primario, attraverso il sistema linfatico o circolatorio, fino a posizionarsi in una posizione relativamente distante. Il processo di metastasi include il distacco delle cellule tumorali dal tumore originale, il loro ingresso nel sistema linfatico o sanguigno, la sopravvivenza durante il transito, l'arresto in un nuovo sito e la crescita in quel nuovo ambiente. Il linfonodo di Virchow-Troisier agisce come un campanello d'allarme, indicando la presenza di una malattia sottostante non ancora identificata. Questo può spingere a ulteriori indagini per localizzare e caratterizzare il tumore primario. Poiché un cancro allo stomaco può svolgere un ruolo chiave in questa diffusione, la manifestazione di una malattia metastatica in questo linfonodo potrebbe implicare l'esigenza di indagini diagnostiche approfondite dell'addome per identificare e trattare il tumore primario. Riconoscere l'importanza del linfonodo di Virchow-Troisier e la sua connessione con la diffusione metastatica di carcinomi addominali fornisce preziose indicazioni prognostiche e guida il processo decisionale clinico verso un percorso diagnostico e terapeutico mirato. Indica la necessità di valutare complessivamente il paziente per una diagnosi accurata della fonte primaria del tumore, puntando a individuare il più precocemente possibile il sito di origine, al fine di determinare il trattamento più appropriato.

6 di 10 Domande

Quale tra i seguenti farmaci antipertensivi è indicato in gravidanza?














La risposta corretta è la D
L'alfa-metildopa è l'opzione indicata tra i farmaci antipertensivi per il trattamento in gravidanza. Questa scelta si basa sul suo profilo di sicurezza e sull'efficacia dimostrata negli anni in tale contesto. La gestione dell'ipertensione durante la gravidanza è una componente cruciale della cura prenatale per prevenire complicazioni sia alla madre sia al feto. Tra le opzioni farmacologiche disponibili, l'alfa-metildopa ha dimostrato di essere una scelta affidabile. Il medicinale agisce come un agonista alfa-adrenergico centrale, il che significa che modula l'attività del sistema nervoso riducendo la resistenza vascolare periferica e, di conseguenza, la pressione arteriosa. Il motivo per cui l'alfa-metildopa è considerato appropriato per l'uso in gravidanza è la sua lunga storia di uso clinico e il vasto corpo di evidenze che attesta la sua sicurezza e efficacia in questo specifico gruppo di pazienti. A differenza di altri antipertensivi che possono avere effetti teratogeni o altre conseguenze negative sul feto, l'alfa-metildopa è stato investigato approfonditamente e si è dimostrato privo di tali effetti nelle donne incinte. La patologia sottostante che necessita di trattamento con antipertensivi in gravidanza, come l'ipertensione gestazionale o la preeclampsia, richiede una gestione attenta per ridurre il rischio di complicanze quali il parto pretermine, lo sviluppo di ipertensione cronica post-partum e, nel peggiore dei casi, la sindrome HELLP (un'insorgenza rapida di emolisi, enzimi epatici elevati e bassa conta piastrinica) o eclampsia. L'alfa-metildopa contribuisce a gestire l'ipertensione materna, promuovendo al contempo un esito di gravidanza positivo, senza aumentare il rischio di effetti collaterali negativi per il bambino in utero. Inoltre, il trattamento dell'ipertensione in gravidanza con alfa-metildopa si focalizza sulla prevenzione dell'aggravarsi dell'ipertensione in forme più severe che potrebbero compromettere seriamente la salute sia della madre sia del feto. Attraverso la sua azione mirata e il suo profilo di sicurezza ben stabilito, l'alfa-metildopa rappresenta una componente fondamentale nella farmacoterapia antipertensiva durante la gravidanza, offrendo un equilibrio tra efficacia e sicurezza che è di vitale importanza in questo contesto clinico delicato.

7 di 10 Domande

Tutti i seguenti esami sono compresi nella campagna di screening di popolazione per l'individuazione precoce dei tumori nella popolazione italiana, tranne:














La risposta corretta è la C
Il PSA per il carcinoma della prostata nell'uomo non è compreso nella campagna di screening di popolazione per l'individuazione precoce dei tumori nella popolazione italiana. La decisione di includere o meno un test come il PSA (Antigene Prostatico Specifico) negli screening organizzati a livello nazionale dipende dalla valutazione di benefici, rischi ed efficacia del test stesso. Il carcinoma della prostata è un tumore che si sviluppa nel tessuto prostatico. In molti casi, la progressione del tumore è lenta, e può non dare luogo a sintomi significativi o richiedere trattamenti immediati. Tuttavia, in alcune situazioni, può crescere rapidamente e diffondersi ad altre parti del corpo, diventando una seria minaccia per la vita del paziente. Lo screening per il carcinoma della prostata ha l'obiettivo di identificare il cancro in una fase precoce, in individui senza sintomatologia, per migliorare le opzioni di trattamento e i tassi di sopravvivenza. Il test del PSA nel sangue è uno degli esami utilizzati a questo scopo, in quanto livelli elevati di PSA possono indicare la presenza di tumore alla prostata, anche se aumenti possono essere causati anche da altre condizioni prostatiche non cancerose, come l'iperplasia prostatica benigna o prostatiti. La complessità dell'interpretazione dei risultati del test del PSA e l'impatto emotivo e fisico dei possibili interventi diagnostici successivi, come le biopsie prostatiche, insieme ai possibili trattamenti che possono includere chirurgia, radioterapia e terapia ormonale, con i loro effetti collaterali e la loro influenza sulla qualità della vita, sono tutti fattori che vanno considerati nella decisione di includere questo test negli screening di massa. Il carcinoma della prostata rappresenta un importante problema di salute pubblica, visto che è uno dei tumori più comuni negli uomini. Il trattamento precoce in soggetti con tumori clinicamente significativi può migliorare la prognosi, ma allo stesso tempo, la sovra-diagnosi e la sovra-terapia rappresentano importanti questioni, dato che possono portare ad interventi nei confronti di tumori che non avrebbero mai causato problemi durante la vita dell'individuo. In sintesi, la gestione del rischio associato al carcinoma della prostata e la decisione di includere il test del PSA negli screening di popolazione implicano una valutazione attenta dei benefici e dei rischi associati. La ricerca continua a investigare il modo più efficace per utilizzare i test disponibili e sviluppare nuove strategie di screening che possano ridurre la mortalità associata a questo tumore, minimizzando al contempo le conseguenze negative legate a sovra-diagnosi e sovra-terapia.

8 di 10 Domande

Donna di 55 anni lamenta da 2 mesi disfagia principalmente per i cibi liquidi. Nel sospetto di acalasia, qual è, tra i seguenti, l'esame che permette di fare diagnosi?














La risposta corretta è la A
Il sospetto di acalasia in una donna di 55 anni che lamenta da 2 mesi disfagia principalmente per i cibi liquidi può essere confermato attraverso l'esecuzione di una manometria esofagea. La manometria esofagea è l'esame corretto per fare diagnosi di acalasia poiché permette di misurare la pressione all'interno dell'esofago oltre che la funzionalità del muscolo sfintere esofageo inferiore, rivelandosi quindi essenziale nell'identificazione di anomalie funzionali dell'esofago che caratterizzano l'acalasia. L'acalasia è una patologia neurodegenerativa dell'esofago, che comporta una perdita di neuroni nello sfintere esofageo inferiore e nel corpo dell'esofago. Questa patologia si manifesta con difficoltà nella deglutizione (disfagia) sia di cibi solidi che liquidi, poiché l'esofago perde la sua capacità di spingere il cibo verso lo stomaco. La mancanza di rilassamento dello sfintere esofageo inferiore durante la deglutizione è una caratteristica distintiva dell'acalasia. Inoltre, i pazienti possono sperimentare dolore toracico, perdita di peso, rigurgito di cibo non digerito o, in alcuni casi, aspirazione, particolarmente durante la notte. Nel dettaglio, l'acalasia si presenta con un'incapacità dell'esofago di rilassarsi in modo appropriato durante la deglutizione, insieme a una ridotta o assente peristalsi esofagea. La manometria esofagea rileva queste anomalie misurando le pressioni esofagee lungo varie sezioni dell'esofago, sia a riposo che durante le deglutizioni. In particolare, misura la pressione dello sfintere esofageo inferiore e valuta se questa diminuisce correttamente durante la deglutizione, oltre a valutare la forza e la coordinazione delle contrazioni esofagee. Pertanto, la manometria esofagea non solo conferma la diagnosi di acalasia attraverso la misurazione specifica dell'attività muscolare esofagea, ma fornisce anche informazioni preziose per distinguere tra i vari sottotipi di acalasia, ognuno dei quali può richiedere un approccio terapeutico leggermente diverso. La capacità di fornire una diagnosi accurata e specifica rende la manometria esofagea lo strumento diagnostico d'eccellenza per l'acalasia, guidando successivamente le opzioni di trattamento che possono variare da interventi farmacologici a procedure invasive come la dilatazione pneumatica o la miotomia esofagea per alleviare i sintomi e migliorare la qualità di vita del paziente.

9 di 10 Domande

Le cause più comuni di demenza sono:














La risposta corretta è la A
Le cause più comuni di demenza sono la malattia di Alzheimer, la demenza vascolare e la demenza a corpi di Lewy. Queste condizioni rappresentano le principali fonti di demenza, incidendo sulla funzionalità cognitiva degli individui affetti. La malattia di Alzheimer è degna di nota per essere la causa più prevalente di demenza. Caratterizzata da un progressivo deterioramento cognitivo, questa condizione neurodegenerativa colpisce principalmente la memoria, ma anche altre funzioni cognitive come il linguaggio, il giudizio e la comprensione spaziale. Il processo patologico implica l’accumulo nel cervello di placche amiloidi e grovigli neurofibrillari, che portano alla morte delle cellule neurali. La demenza vascolare, la seconda causa più comune, deriva da condizioni che ostruiscono o riducono il flusso di sangue al cervello, causando danni al tessuto cerebrale. Questo trasporto di sangue insufficiente può essere il risultato di ictus, infarti silenziosi o malattie dei piccoli vasi sanguigni, tutti fattori che impediscono l'adeguato apporto di ossigeno e nutrienti alle cellule cerebrali. La demenza a corpi di Lewy è riconosciuta per le sue caratteristiche neuropatologiche distintive: i corpi di Lewy, aggregati patologici di proteina alfa-sinucleina, si trovano nel tessuto cerebrale. Questa forma di demenza si manifesta con una combinazione di sintomi che include fluttuazioni nel funzionamento cognitivo, allucinazioni visive e sintomi motori simili a quelli della malattia di Parkinson. Le fluttuazioni nel livello di attenzione e di allerta, in particolare, distinguono la demenza a corpi di Lewy da altre forme di demenza. Queste tre condizioni, sebbene distinte tra loro per caratteristiche e percorsi patologici, condividono l'effetto comune di alterare gravemente la vita degli individui che ne sono affetti. L'impatto va oltre l'individuo colpito, influenzando anche le famiglie e i sistemi di assistenza. Riconoscere e comprendere le cause più comuni di demenza è fondamentale per sviluppare strategie efficaci di prevenzione, diagnosi e trattamento, nonché per offrire supporto adeguato ai pazienti e ai loro caregiver.

10 di 10 Domande

La vaccinazione anti influenzale è:














La risposta corretta è la E
La vaccinazione anti-influenzale è raccomandata alle donne che all'inizio della stagione epidemica si trovino in stato di gravidanza. Questa raccomandazione si basa sulla considerazione che la gravidanza comporti modificazioni fisiologiche che possono aumentare il rischio di complicanze gravi dovute all'influenza. Le donne incinte sono quindi più vulnerabili agli effetti dell'influenza e possono beneficiare in modo significativo dalla vaccinazione. Durante la gravidanza, si verificano diversi cambiamenti nel sistema immunitario, nella funzione cardiaca e polmonare che possono rendere la donna incinta più suscettibile a gravi complicazioni respiratorie, inclusa l'influenza. Inoltre, l'influenza può portare a rischi aumentati non solo per la madre, inclusi rischi di ospedalizzazione e morte, ma anche per il nascituro, come parto prematuro e basso peso alla nascita. Di fronte a questi rischi, la vaccinazione rappresenta uno strumento di prevenzione efficace. La necessità di proteggere la salute della madre e del feto è un principio fondamentale, tenendo conto che l'influenza può essere particolarmente pericolosa durante la gravidanza. La vaccinazione anti-influenzale si è dimostrata sicura in ogni trimestre della gravidanza, offrendo una protezione sia alla madre sia al bambino nei primi mesi di vita, periodo durante il quale il neonato è particolarmente vulnerabile alle infezioni ma ancora troppo giovane per ricevere direttamente il vaccino. In conclusione, la vaccinazione anti-influenzale è un intervento preventivo raccomandato per proteggere le donne gravide e i loro bambini dalle gravi conseguenze dell'influenza. I benefici della vaccinazione in termini di prevenzione delle complicazioni legate all'influenza superano di gran lunga i potenziali rischi, rendendo questa pratica un pilastro fondamentale nella cura e nella protezione delle gestanti e della prole durante la stagione influenzale. La sicurezza e l'efficacia della vaccinazione anti-influenzale in gravidanza sono supportate da numerosi studi e linee guida cliniche, rendendola una scelta prudente per la salute materna e neonatale.

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