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1 di 10 Domande

Il meccanismo di azione renale dei farmaci definiti SGLT2-inibitori si realizza:














La risposta corretta è la E
Il meccanismo di azione renale dei farmaci definiti SGLT2-inibitori si realizza inibendo il co-trasportatore sodio-glucosio nel tubulo contorto prossimale. Questa classe di farmaci, nota come inibitori del co-trasportatore 2 sodio-glucosio (SGLT2), agisce sul processo renale per controllare i livelli di glucosio nel sangue, soprattutto in pazienti affetti da diabete mellito di tipo 2. Per comprendere pienamente il perché la risposta è corretta, è importante esaminare il funzionamento normale dei reni e come questi farmaci intervengano per modificare tale funzionamento. I reni hanno il compito di filtrare il sangue per rimuovere scorie metaboliche, elettroliti in eccesso, e altre sostanze, tra cui glucosio, dal corpo. Uno dei meccanismi chiave attraverso il quale i reni riassorbono glucosio dal filtrato glomerulare e lo rilasciano indietro nel sangue coinvolge il co-trasportatore 2 sodio-glucosio (SGLT2), localizzato nel tubulo contorto prossimale. Il co-trasportatore SGLT2 è responsabile per circa il 90% del riassorbimento del glucosio nei reni. Funziona utilizzando il gradiente elettrochimico del sodio per trasportare glucosio dal filtrato glomerulare indietro nel sangue. Gli inibitori SGLT2, quindi, agendo su questa specifica proteina, riducono il riassorbimento del glucosio e aumentano la sua eliminazione attraverso le urine. Di conseguenza, i livelli di glucosio nel sangue diminuiscono, il che è particolarmente utile nel trattamento del diabete mellito di tipo 2. La natura unica di questo meccanismo di azione rappresenta un cambiamento paradigmatico nel controllo della glicemia. Al di là della loro capacità di ridurre il glucosio nel sangue, gli inibitori SGLT2 presentano vantaggi addizionali, tra cui la riduzione del rischio cardiovascolare e la perdita di peso, che sono considerati effetti benefici indipendenti dal loro effetto ipoglicemizzante. Questi effetti si verificano perché l'azione degli inibitori SGLT2 non si limita al controllo glicemico, ma include anche effetti sul metabolismo e sull'equilibrio osmotico che possono contribuire al miglioramento della salute cardiovascolare e alla perdita di peso. In conclusione, l'azione degli inibitori SGLT2 di inibire il co-trasportatore sodio-glucosio nel tubulo contorto prossimale rappresenta un intervento efficace e innovativo per la gestione del diabete mellito di tipo 2, contribuendo non solo al controllo glicemico ma anche offrendo potenziali benefici cardiovascolari e per la perdita di peso.

2 di 10 Domande

Quale affermazione sulla polmonite associata ai ventilatori (VAP) è esatta?














La risposta corretta è la C
La polmonite associata ai ventilatori (VAP) è una condizione in cui i patogeni multi-resistenti sono associati a una mortalità maggiore rispetto ai patogeni non multi-resistenti. Questa affermazione è esatta perché riguarda l'impatto dei patogeni multi-resistenti sull'esito della malattia nei pazienti affetti da VAP. La polmonite associata ai ventilatori rappresenta un tipo di infezione polmonare che si verifica in pazienti che sono stati intubati e ricevono ventilazione meccanica. Questa condizione emerge tipicamente dopo 48 ore o più dall'intubazione. Il meccanismo attraverso il quale si sviluppa la VAP include l'aspirazione di secrezioni orofaringee, che sono colonizzate da patogeni, nelle vie respiratorie inferiori. La presenza di un tubo endotracheale impedisce la normale funzione dei meccanismi di difesa dell'ospite, facilitando così l'acquisizione di infezioni nosocomiali. I patogeni responsabili della VAP possono variare in base alle pratiche hospitaliere, alla durata della ventilazione meccanica e all'esposizione ad antibiotici. Tuttavia, i batteri multi-resistenti come Acinetobacter spp., Pseudomonas aeruginosa, e MRSA (Staphylococcus aureus resistente alla meticillina) sono comunemente associati a casi di VAP. Questi organismi, a causa della loro resistenza a molteplici classi di antibiotici, presentano una sfida significativa nel trattamento, portando a esiti clinici peggiori, tra cui un aumento della mortalità. Il riconoscimento precoce e il trattamento adeguato dei pazienti affetti da VAP sono cruciali per migliorare gli esiti. I regimi di trattamento spesso necessitano di essere basati sull'epidemiologia locale e sulla sensibilità dei patogeni, nonché sull'uso di antibiotici mirati dopo la conferma del patogeno e della sua sensibilità. La gestione della VAP include anche strategie preventive, come l'igiene delle mani, l'uso di protocolli di decontaminazione orale, la minimizzazione del tempo di ventilazione meccanica e il posizionamento appropriato del letto per prevenire l'aspirazione. In sintesi, la VAP rappresenta una complicanza grave nei pazienti ventilati meccanicamente, con patogeni multi-resistenti che significano una minaccia notevole, associata ad un incremento della mortalità. Le misure preventive, insieme a un approccio terapeutico informato e mirato, sono fondamentali nella gestione di questa condizione per ridurre gli esiti avversi associati.

3 di 10 Domande

Nei soggetti immunodepressi ed immunosoppressi i vaccini anti influenzali ed anti pneumococcici:














La risposta corretta è la D
Nei soggetti immunodepressi ed immunosoppressi i vaccini anti influenzali ed anti pneumococcici possono e devono essere somministrati. Questa affermazione è fondamentale per la protezione di individui con il sistema immunitario compromesso, dove l'esposizione a agenti patogeni come i virus influenzali e il pneumococco può portare a malattie gravi o addirittura potenzialmente letali. La somministrazione dei vaccini in queste popolazioni è cruciale per diverse ragioni. Per cominciare, le persone immunocompromesse, sia a causa di condizioni patologiche (HIV/AIDS, cancro, trasplanti, ecc.) sia per terapie immunosoppressive (farmaci antirigetto, terapie biologiche, steroidi ad alte dosi, ecc.), sono a rischio maggiore di sviluppare le forme gravi delle infezioni contro cui questi vaccini offrono protezione. Il vaccino anti-influenzale ha lo scopo di ridurre l'incidenza, la gravità e le complicazioni associate all'influenza, che può essere particolarmente pericolosa per queste persone. Allo stesso modo, il vaccino anti-pneumococcico è mirato a proteggere contro le infezioni da pneumococco, che possono causare polmonite, meningite ed empiemi, malattie particolarmente gravi in individui con difese immunitarie ridotte. La raccomandazione di somministrare questi vaccini ai soggetti immunocompromessi si basa sulla considerazione che i benefici offerti dalla vaccinazione superano significativamente i rischi. Anche se le risposte vaccinali in questi pazienti possono essere inferiore rispetto alla popolazione generale a causa delle loro condizioni di immunosoppressione, la protezione conferita è comunque di vitale importanza e può contribuire a prevenire le infezioni o a ridurne l'entità. Le guide e le raccomandazioni sanitarie sottolineano l'importanza della vaccinazione per prevenire malattie infettive in soggetti con immunità compromessa, delle quali l'influenza e le infezioni da pneumococco sono fra le più critiche a causa della loro prevalenza e gravità. La somministrazione del vaccino deve essere attentamente pianificata e monitorata dai professionisti sanitari, che valuteranno il momento più opportuno e le eventuali precauzioni specifiche per ciascun paziente, garantendo così la massima efficacia e sicurezza della vaccinazione. In conclusione, in contesti di immunodepressione o immunosoppressione, i vaccini anti-influenzali e anti-pneumococcici rivestono un ruolo essenziale nella prevenzione di malattie potenzialmente gravi. La loro somministrazione segue una valutazione clinica dettagliata volto a offrire la migliore protezione possibile agli individui a rischio, tenendo conto della loro situazione immunitaria peculiare.

4 di 10 Domande

Quale delle seguenti procedure NON è raccomandata nella valutazione del nodulo tiroideo?














La risposta corretta è la A
Il dosaggio della Tireoglobulina non è raccomandato nella valutazione iniziale del nodulo tiroideo. Questa procedura è importante in altri contesti, specialmente nel monitoraggio dei pazienti dopo la rimozione totale della tiroide per via di un cancro. Il motivo per cui il dosaggio della tireoglobulina non si utilizza nella valutazione iniziale dei noduli tiroidei risiede nella sua inadeguatezza a distinguere tra noduli benigni e maligni e nella sua scarsa specificità in questo contesto. Esplorando la patologia dei noduli tiroidei, si intuisce che questi possono variare da condizioni del tutto innocue e asintomatiche a gravi quadri di cancerogenesi. I noduli tiroidei sono masse o protuberanze nella tiroide che possono essere scoperti durante un esame fisico o attraverso tecniche di imaging come l'ecografia. La prevalenza dei noduli tiroidei aumenta con l'età, e molti di essi sono benigni. La sfida principale per i professionisti della salute è distinguere i noduli benigni da quelli maligni, e per fare ciò, sono necessari strumenti diagnostici precisi. In questo contesto, viene spesso impiegata l'ecografia per valutare le caratteristiche dei noduli tiroidei. Tale tecnica fornisce indicazioni preziose sulla necessità di procedere con ulteriori indagini, come la biopsia. Il dosaggio del TSH, altresì, è considerato un test essenziale per comprendere il funzionamento della tiroide nel suo complesso, poiché livelli anormali possono indicare una disfunzione tiroidea che richiede ulteriori approfondimenti. La scintigrafia tiroidea, se il TSH è ridotto, serve a identificare se il nodulo è funzionante (caldo) o non funzionante (freddo), con quest'ultimo che può avere un maggior rischio di malignità. Un'accurata anamnesi ed esame obiettivo sono fondamentali per raccogliere informazioni sulla storia clinica del paziente e su eventuali sintomi che possano suggerire una patologia tiroidea. I noduli tiroidei, nel dettaglio, possono essere causati da una serie di condizioni, inclusi disordini benigni come i gozzi multinodulari o lesioni cistiche, fino a quadri più seri come i tumori maligni della tiroide. Alcuni noduli possono produrre ormoni tiroidei in eccesso, portando a sintomi di ipertiroidismo. La gestione di questi noduli dipende dalla loro natura e dal potenziale rischio di malignità, che è valutato attraverso una combinazione di esami di laboratorio, tecniche di imaging e, quando indicato, biopsia. In conclusione, mentre l'ecografia, il dosaggio del TSH, la scintigrafia tiroidea in presenza di TSH ridotto, e un'accurata anamnesi con esame obiettivo sono passaggi chiave nella valutazione dei noduli tiroidei, il dosaggio della Tireoglobulina non è raccomandato in via preliminare, poiché non fornisce informazioni decisive per la valutazione iniziale di tali noduli. Questa distinzione riflette la complessità della diagnosi e gestione dei noduli tiroidei e sottolinea la necessità di approcci specifici per garantire interventi adeguati e tempestivi.

5 di 10 Domande

Quale di queste NON costituisce indicazione all'esecuzione di esofagogastroduodenoscopia?














La risposta corretta è la A
La stenosi ileale NON costituisce un'indicazione all'esecuzione di un'esofagogastroduodenoscopia. L'esofagogastroduodenoscopia (EGD) è un procedimento invasivo che permette di visualizzare il rivestimento interno dell'esofago, dello stomaco e del duodeno superiore usando un endoscopio flessibile. Questa procedura è comunemente impiegata per indagare sintomi come sanguinamento gastrointestinale superiore, per rimuovere corpi estranei dall'esofago, posizionare gastrostomie e trattare palliativamente neoplasie stenosanti del duodeno. La stenosi ileale, tuttavia, si verifica nell'intestino tenue, specificamente nell'ileo, che è al di là dell'ambito di visualizzazione di un esame EGD. La stenosi ileale si riferisce al restringimento dell'intestino che può portare a ostruzione intestinale. Le cause di questa condizione variano e includono malattie infiammatorie intestinali come il morbo di Crohn, tumori, aderenze post-chirurgiche e altre patologie. Dalla prospettiva patologica, le stenosi intestinali si manifestano quando il calibro dell'intestino si riduce a causa di un processo infiammatorio cronico, di una lesione o di un tumore. Nella malattia di Crohn, per esempio, l'infiammazione può coinvolgere qualsiasi tratto del tratto gastrointestinale, da quello orale all'anale, ma predilige l'ileo. Il coinvolgimento cronico porta alla formazione di tessuto fibrotico che può ridurre il lume intestinale, causando sintomi come dolore addominale, crampi e blocco intestinale. Inoltre, le complicanze possono includere ostruzione intestinale, una condizione in cui il passaggio del contenuto intestinale è impedito, portando a sintomi come gonfiore, dolore, nausea e vomito. Il trattamento delle stenosi ileali può variare da approcci conservativi, come la terapia farmacologica per ridurre l'infiammazione, a interventi chirurgici per rimuovere la parte ostruita dell'intestino. In sintesi, la stenosi ileale si verifica nell'intestino tenue e può portare a sintomi e complicazioni significativi relativi alla funzione intestinale. Questa condizione è fuori dalla portata di un esame EGD che è focalizzato sul tratto superiore del tratto gastrointestinale e pertanto non rappresenta un'indicazione per tale procedura. La corretta gestione della stenosi ileale dipende dalla diagnosi accurata della causa sottostante e può richiedere un trattamento medico o chirurgico.

6 di 10 Domande

Quale fra queste alterazioni di laboratorio deve essere considerata come un "red flag" per l'Emoglobinuria Parossistica Notturna (PNH)?














La risposta corretta è la E
L'alterazione di laboratorio che deve essere considerata come un "red flag" per l'Emoglobinuria Parossistica Notturna (PNH) è l'LDH superiore a 800 mU/ml. Questo parametro di laboratorio, quando elevato, può essere un indicatore significativo della presenza di questa patologia. L'Emoglobinuria Parossistica Notturna (PNH) è una malattia ematologica rara, acquisita, che colpisce le cellule del sangue. È caratterizzata dalla distruzione immunitaria delle cellule del sangue, nota come emolisi, che avviene principalmente durante il sonno. A causa di questa emolisi, i pazienti con PNH spesso sperimentano un'urina di colore scuro al risveglio, da cui il nome "notturna" nella denominazione della malattia. L'elevazione dell'LDH (lattato deidrogenasi) è considerata un marcato indicativo di emolisi. La Lattato Deidrogenasi è un enzima largamente distribuito nei tessuti del corpo, ed è rilasciato nel sangue a seguito della distruzione delle cellule. Nel contesto della PNH, le cellule del sangue vengono distrutte in maniera anomala portando a un rilascio maggiore di LDH nel flusso sanguigno. Perciò, la presenza di livelli superiori a 800 mU/ml di questo enzima è un forte segnale della possibile presenza di emolisi e, per estensione, di PNH. La patologia dell'emoglobinuria parossistica notturna è complessa. Innanzitutto, la PNH è causata da una mutazione somatica nel gene PIGA che si trova sul cromosoma X. Questa mutazione porta alla produzione di cellule del sangue (globuli rossi, bianchi e piastrine) con una ridotta espressione di alcune proteine di superficie che normalmente proteggono le cellule dall'attacco del sistema complementare, un componente del sistema immunitario. Senza questa protezione, le cellule del sangue sono suscettibili a essere distrutte dal sistema complementare. Quest'ultimo processo spiega la tendenza alla emolisi osservata nei pazienti affetti da PNH. Inoltre, anche se il sintomo più caratteristico è l'urina scura al mattino a causa della presenza di emoglobina liberata nel sangue e poi filtrata dai reni, la patologia può portare a una serie di complicazioni gravi. Queste includono, tra gli altri, episodi di trombosi venosa profonda, insufficienza renale e amiloidosi. In conclusione, la presenza di LDH superiore a 800 mU/ml in un contesto clinico compatibile può essere un indicatore cruciale per indirizzare verso una diagnosi di emoglobinuria parossistica notturna, una condizione che richiede un'attenta valutazione e gestione per prevenire complicazioni gravi e migliorare la qualità della vita dei pazienti.

7 di 10 Domande

Quale tra questi farmaci ipoglicemizzanti ha dimostrato di migliorare la prognosi nei pazienti affetti da scompenso cardiaco cronico a frazione d'eiezione ridotta?














La risposta corretta è la E
L'empagliflozin ha dimostrato di migliorare la prognosi nei pazienti affetti da scompenso cardiaco cronico a frazione d'eiezione ridotta. Questo farmaco appartiene alla classe dei SGLT2 inhibitor (inibitori del co-trasportatore sodio-glucosio di tipo 2), che rappresenta un approccio innovativo al trattamento del diabete mellito di tipo 2. Abitualmente, il loro meccanismo d'azione si basa sull'inibizione del re-assorbimento del glucosio nel rene, promuovendo l'escrezione di glucosio attraverso le urine e conseguentemente riducendo i livelli di glucosio nel sangue. La sua efficacia non si limita però al controllo glicemico. Recenti studi hanno evidenziato come l'empagliflozin possa offrire benefici anche in termini cardiovascolari, particolarmente nei pazienti con scompenso cardiaco cronico e frazione d'eiezione ridotta. Questo farmaco non solo migliora il controllo glicemico, ma agisce favorevolmente su alcuni dei meccanismi sottostanti l'insufficienza cardiaca, influenzando positivamente la prognosi di questi pazienti. Infatti, la patologia di base nell'insufficienza cardiaca a frazione d'eiezione ridotta è caratterizzata da una diminuzione della capacità del ventricolo di espellersi efficacemente durante la sistole, il che significa che una porzione inferiore del sangue viene pompata fuori dal cuore ad ogni battito. Questo può derivare da vari fattori patologici, tra cui l'ipertrofia ventricolare, la disfunzione del miocardio dopo un infarto o alterazioni strutturali del cuore. L'insufficienza cardiaca stessa induce nel corpo una serie di risposte compensatorie, tra cui l'attivazione neuroormonale, che sebbene inizialmente utili, col tempo possono aggravare la condizione cardiaca. L'empagliflozin interviene in questo contesto con un effetto benefico, che va oltre il solo abbassamento della glicemia: influenzando il metabolismo glucidico e lipidico, riducendo il sovraccarico di volume, migliorando la pressione arteriosa e posseggendo, altresì, effetti diretti sul miocardio e vasi sanguigni. Questi effetti sistemici si traducono in una riduzione del rischio di ospedalizzazione per scompenso cardiaco e una potenziale riduzione della mortalità cardiovascolare nei pazienti con scompenso cardiaco cronico a frazione d'eiezione ridotta, rafforzando il concetto che un buon controllo metabolico nel diabete non si limita a prevenire complicanze microvascolari, ma anche a offrire un significativo beneficio cardiovascolare.

8 di 10 Domande

Quale delle seguenti condizioni patologiche dell'apparato respiratorio NON si associa tipicamente ad atelettasia ostruttiva?














La risposta corretta è la A
L'empiema pleurico non si associa tipicamente ad atelettasia ostruttiva. Questa precisazione è importante poiché l'atelettasia ostruttiva avviene quando un'ostruzione impedisce all'aria di raggiungere e mantenere aperti gli alveoli, portando al loro collasso. Tale condizione può essere causata da varie situazioni come l'inalazione di un corpo estraneo, tappi di muco e alcuni tipi di carcinoma polmonare, che possono ostruire le vie aeree. Al contrario, l'empiema pleurico è l'accumulo di pus nello spazio pleurico tra la pleura viscerale e quella parietale che ricoprono rispettivamente il polmone e la parete toracica. Questo accumulo è tipicamente il risultato di infezioni, come complicazione di una polmonite batterica o traumatica. La patologia dell'empiema pleurico inizia solitamente come un'infezione nel polmone o nelle vie aeree, che poi si estende allo spazio pleurico, portando all'accumulo di pus. Tale situazione altera l'ambiente pleurico e può ostacolare il movimento fisico del polmone, ma il meccanismo di disturbo non implica tipicamente un'obstruzione delle vie aeree, diversamente dall'atelettasia ostruttiva. L'infiammazione può portare a una compromissione respiratoria a seconda della quantità di liquido accumulato e dell'elasticità del tessuto polmonare coinvolto. Nel contesto dell'empiema, il corpo cerca di isolare e combattere l'infezione generando liquido infiammatorio, che può accumularsi e formare pus. Questo processo rappresenta un meccanismo di difesa che, tuttavia, nel lungo termine può condurre a complicazioni come la fibrosi, l'inspessimento della pleura, e altri problemi respiratori. Tale condizione richiede un trattamento specifico che può includere l'uso di antibiotici per combattere l'infezione e procedure per drenare l'accumulo di pus, ma i meccanismi patogenetici e le ripercussioni di queste condizioni sono distinti da quelli dell'atelettasia ostruttiva, ove l'attenzione è focalizzata sulla rimozione dell'ostruzione nelle vie aeree per permettere ai polmoni di espandersi normalmente.

9 di 10 Domande

Quale di questi principi attivi NON trova indicazione nel trattamento del delirium in un setting di cure palliative?














La risposta corretta è la E
L'allopurinolo NON trova indicazione nel trattamento del delirium in un setting di cure palliative. Questo fatto si giustifica poiché, al contrario degli altri principi attivi elencati come Aloperidolo, Clorpromazina, Risperidone e Midazolam, che possono essere utilizzati per gestire i sintomi del delirium, l'allopurinolo è impiegato per fini completamente diversi. Il delirium, caratterizzato da un improvviso cambiamento dello stato di coscienza con ridotta capacità di attenzione e comprensione, nonché disorientamento, rappresenta un'importante sfida clinica, specie in ambito di cure palliative. Può essere accompagnato da allucinazioni, deliri e variazioni di umore e attività. La gestione di questo complesso quadro clinico richiede un approccio olistico che può includere l'uso di farmaci antipsicotici come l'Aloperidolo, la Clorpromazina e il Risperidone per controllare i sintomi psicotici, o sedativi come il Midazolam per ridurre l'ansia e favorire il sonno. Al contrario, l'allopurinolo è un farmaco utilizzato prevalentemente per trattare condizioni come la gotta e l'iperuricemia, agendo riducendo i livelli di acido urico nel corpo. Pertanto, il suo meccanismo di azione e le indicazioni cliniche non corrispondono alle esigenze terapeutiche del delirium, il quale richiede un intervento farmacologico mirato a stabilizzare l'alterazione della coscienza e a controllare i sintomi psicologici e comportamentali associati. La gestione del delirium richiede una comprensione approfondita delle sue cause sottostanti e della fisiopatologia, per consentire una scelta farmacologica adeguata ed efficiente. Le opzioni farmacologiche devono essere valutate attentamente in base alla loro efficacia, ai potenziali effetti collaterali e alle interazioni con altri farmaci in uso, al fine di garantire la migliore qualità di vita possibile per i pazienti in cure palliative. L'uso di antipsicotici o sedativi per gestire il delirium segue questa logica clinica, basandosi sulla necessità di affrontare i sintomi direttamente correlati alla condizione, a differenza dell'allopurinolo, che non trova indicazione in tale contesto per la sua specifica azione e obiettivi terapeutici.

10 di 10 Domande

La CRT (Terapia di Resincronizzazione Cardiaca):














La risposta corretta è la A
La Terapia di Resincronizzazione Cardiaca (CRT) è raccomandata per ridurre la morbilità nei pazienti con scompenso cardiaco a frazione di eiezione moderatamente ridotta (HFmrEF), inclusi quelli con fibrillazione atriale, che presentano una indicazione alla stimolazione ventricolare e blocco AV di alto grado indipendentemente dalla classe NYHA e dalla durata del QRS. Questa raccomandazione è basata sulla capacità della CRT di migliorare la sincronizzazione del battito cardiaco nei pazienti in cui esiste un disallineamento nella contrazione delle varie parti del cuore, problema comune nello scompenso cardiaco che porta a una riduzione dell'efficienza del lavoro cardiaco e di conseguenza a una diminuzione della frazione di eiezione. La scompenso cardiaco a frazione di eiezione ridotta si caratterizza per una diminuzione della capacità del cuore di pompare sangue adeguatamente a causa di un danno o di una disfunzione del miocardio, che porta a una frazione di eiezione moderatamente o gravemente ridotta. I pazienti con questa condizione possono sperimentare sintomi quali affaticamento, difficoltà respiratorie e ritenzione di liquidi, che risultano in una riduzione della qualità della vita e in un aumento del rischio di ospedalizzazione e morte. La CRT è utile in questo contesto poiché utilizza un dispositivo impiantabile che coordina la contrazione dei ventricoli, migliorando così la funzione cardiaca globale e la capacità di esercizio. Questo trattamento si rivela particolarmente efficace nei pazienti che, nonostante la terapia medica ottimale, continuano a presentare sintomi di scompenso cardiaco e un evidente ritardo nella conduzione elettrica del cuore (blocco AV di alto grado) che contribuisce all'asincronia contrattile ventricolare. Inoltre, nei pazienti con fibrillazione atriale e HFmrEF, la CRT aiuta a superare l'irregolarità e l'inefficacia della contrazione atriale, migliorando ulteriormente la funzione di pompa del ventricolo sinistro attraverso una più efficace sincronizzazione della contrazione ventricolare. Questo trattamento non solo mira a migliorare i sintomi clinici, ma anche a ridurre il rischio di ulteriori eventi cardiovascolari avversi, migliorando in tal modo la prognosi a lungo termine dei pazienti affetti da questa specifica forma di insufficienza cardiaca. La CRT rappresenta quindi un importante passo avanti nella gestione dell'HFmrEF, fornendo un'opzione terapeutica capace di affrontare direttamente una delle principali cause di morbilità in questi pazienti.

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