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1 di 10 Domande

Scenario HE34Y: Un paziente noto per TVP recidivanti lamenta improvvisa difficoltà respiratoria. Quale indagine è dirimente per la diagnosi di embolia polmonare?














La risposta corretta è la A.
Il gold standard per la diagnosi di embolia polmonare è rappresentato dall’ angioTC con mdc che consente di evidenziare direttamente gli emboli nell’albero polmonare e i segni di sovraccarico del ventricolo destro.
I vasi in cui sono presenti gli emboli sono evidenziati come delle aree di minor enhancement rispetto ai vasi circostanti dello stesso calibro; si potrebbe evidenziare un’occlusione completa del vaso con dilatazione e assenza di flusso a valle, un’occlusione parziale o angoli di raccordo tra emboli e parete vasale. L’unica limitazione all’utilizzo di questa metodica è l’impossibilità di utilizzare il mdc a causa di insufficienza renale o allergia al mdc stesso.
 
AnchorLa risposta B non è corretta.
La RMN viene utilizzata per i pazienti che non possono usufruire dell’angioTC per allergia al mdc o IR, prevalentemente ha un’applicazione di ricerca quasi esclusivamente in ambito accademico. Si tratta di un esame che per la sua durata non è agevole da usare in acuto e, altresì, non consente un’adeguata visualizzazione dei vasi polmonari.
La risposta C non è corretta.
L’RX torace nella maggior parte dei pazienti mostra delle anomalie aspecifiche, tra cui l’elevazione dell’emidiaframma, perdita di volume o atelettasie, e alterazioni specifiche tra cui gobba di Hampton alla periferia del polmone, segno di Westermark (ipertrasparenza dovuta all’occlusione da parte dell’embolo) e asimmetria delle arterie polmonari; nonostante ciò ormai non viene più utilizzata in prima battuta vista la superiorità diagnostica dell’ angioTC.
La risposta D non è corretta.
L’ecocardiografia trova il suo utilizzo nella stratificazione del rischio e nella valutazione della prognosi del paziente tramite l’osservazione dei segni della disfunzione ventricolare destra, ma non permette di avere alcuna certezza circa la causa di quella disfunzione ventricolare e, quindi, sulla diagnosi di embolia polmonare.
La risposta E non è corretta.
Il dosaggio del D-dimero è un test ad elevata sensibilità ma a bassa specificità, potendosi elevare anche in altre condizioni diverse dall’embolia polmonare come infezioni, traumi, interventi chirurgici o gravidanza; per tale ragione se il paziente è emodinamicamente stabile con un basso sospetto di trombosi venosa profonda viene eseguito subito poiché se negativo consente di escludere la diagnosi di embolia polmonare.

2 di 10 Domande

Scenario FC40Z: Una donna di 32 anni si presenta con tosse e dispnea da due settimane. L'RX del torace rivela linfoadenopatie ilari e plurimi noduli bilaterali confluenti. Esegue approfondimenti di imaging, broncolavaggio e biopsia. All'esame citologico si dimostrano CD4/CD8>2 e all'esame istologico la presenza di granulomi epitelioidi senza necrosi caseosa. Si decide di dosare l'ACE nel siero, che risulta elevato. Qual è l'ipotesi diagnostica?














La risposta corretta è la B.
La sarcoidosi è un disordine granulomatoso sistemico con eziologia sconosciuta caratterizzata dalla presenza di granulomi non caseosi negli organi coinvolti. In genere colpisce i giovani adulti e inizialmente presenta una o più delle seguenti anomalie tra adenopatia ilare bilaterale, opacità reticolari polmonari e lesioni cutanee, articolari o oculari.
In circa la metà dei casi la malattia viene individuata incidentalmente durante esami radiografici eseguiti per altri motivi. La sarcoidosi coinvolge più frequentemente il polmone, ma fino al 30% dei pazienti presenta manifestazioni extratoraciche. Classicamente la sarcoidosi polmonare determina malattia polmonare interstiziale diffusa ma può anche portare ad altri quadri meno comuni che includono pneumotorace, ispessimento pleurico, chilotorace e ipertensione polmonare. Nella sua forma più classica, comunque, i sintomi respiratori comunemente presenti includono tosse, dispnea, dolore al petto, affaticamento, malessere, febbre e perdita di peso. L'infiammazione sistemica può contribuire alla debolezza muscolare e all'intolleranza all'esercizio fisico e nei pazienti con sospetto di sarcoidosi andrebbero indagati anche la presenza di nuove lesioni cutanee, in particolare intorno a tatuaggi o cicatrici, cambiamenti visivi, secchezza degli occhi o della bocca, gonfiore della parotide, palpitazioni, sincope, dolore o gonfiore alle articolazioni o debolezza muscolare.
Una valutazione iniziale completa dovrebbe essere eseguita in tutti i pazienti con sospetto sarcoidosi in modo da ottenere ulteriori dati a supporto della diagnosi, eliminando al contempo diagnosi alternative, stratificare la gravità della compromissione polmonare e identificare il coinvolgimento di organi extrapolmonari che potrebbero essere sottoposti a biopsia o richiedere una terapia immediata.
A seguito di un’attenta anamnesi ed esame obiettivo si procede con l’esecuzione dei più comuni test di laboratorio che di solito comprendono un esame emocromocitometrico completo, test di funzionalità epatica, azoto ureico nel sangue, creatinina, glucosio, elettroliti, calcio sierico ed analisi delle urine. Diverse sono le anomalie che potrebbero risultare da questi primi esami nei pazienti con sarcoidosi, tra cui leucopenia, lieve aumento di VES e PCR, ipercalciuria, moderata elevazione della concentrazione di fosfatasi alcalina sierica e ipergammaglobulinemia. Sono stati esaminati anche diversi marcatori sierologici le cui modificazioni potessero ben correlarsi con la malattia e tra questi è risultato come il livello di ACE sierico sia elevato nel 75% dei pazienti con sarcoidosi.
Tutti i pazienti sottoposti a valutazione per la possibile sarcoidosi devono avere una radiografia del torace: l'adenopatia ilare bilaterale è classica nella sarcoidosi.
La diagnosi di certezza, tuttavia, si ottiene solo con la conferma istopatologica dei noduli polmonari, cioè granulomi non caseificanti, e con l’esame istologico che mostra un rapporto tra linfociti CD4 e CD8 maggiore di 2. 

3 di 10 Domande

Scenario VV17Q: Un ragazzo si reca in Pronto Soccorso per dolore toracico sinistro e discreta dispnea a insorgenza improvvisa. A un RX del torace si dimostra la presenza di un pneumotorace completo sinistro. Qual è il provvedimento da adottare in prima istanza?














La risposta corretta è la A.
Per pneumotorace si intende una condizione patologica che si caratterizza per la presenza di gas all'interno del cavo pleurico, sussistendo, quindi, un anomalo accumulo di aria all'interno dello spazio che separa il polmone dalla parete toracica.
Quando parliamo di pneumotorace spontaneo primario intendiamo uno pneumotorace che si verifica senza un evento precipitante in una persona che non ha una malattia polmonare nota anche se, in realtà, la maggior parte delle persone con questa patologia presenta una malattia polmonare misconosciuta sottostante.
Si ritiene, tuttavia, che la causa principale di pneumotorace spontaneo primario sia la rottura improvvisa di ‘’blebs subpleuriche’’, associate soprattutto all’abitudine tabagica, osservazioni confermate dal fatto che lo pneumotorace spontaneo ha una maggiore incidenza in soggetti di giovane età, 20- 30 anni, di sesso maschile e fumatori.
Dal punto di vista sintomatologico, solitamente si presenta con sintomi tipici quali dispnea improvvisa e dolore toracico di tipo pleurico, improvviso e trafittivo, in assenza di emottisi o espettorato purulento.
Per la diagnosi di penumotorace si considerano l’anamnesi del paziente, i fattori di rischio, l’esame obiettivo caratteristico per silenzio respiratorio nell’emitorace interessato, e soprattutto radiografia del torace che permette di osservare la presenza d’aria nel cavo pleurico e il conseguente collasso polmonare.
La TAC torace, invece, può essere utilizzata come seconda scelta, nel caso in cui l’RX non sia chiaro, se ponga il sospetto di patologie cardiache, o per individuare patologie sottostanti e misconosciute che potrebbero causare lo pneumotorace. Tuttavia, non dobbiamo dimenticare anche l'ecografia, usata in urgenza con il protocollo eco FAST, che può risultare più sensibile rispetto alla radiografia del torace nell'identificazione e nella descrizione della dimensione dello pneumotorace.
La gestione iniziale è atta a rimuovere l'aria dallo spazio pleurico e successivamente bisogna porre attenzione nella prevenzione delle recidive; in particolare le opzioni di trattamento iniziale comprendono osservazione, ossigeno supplementare, aspirazione dell’aria intrapleurica attraverso l’inserimento di un tubo toracico o mediante toracoscopia.
La scelta della procedura dipende dalle caratteristiche del paziente e dalle circostanze cliniche:
I pazienti clinicamente stabili, con un primo episodio di pneumotorace e se questo è di piccole dimensioni (≤2 a 3 cm tra il polmone e la parete toracica su una radiografia del torace) possono essere sottoposti a sola osservazione clinica e trattati con ossigeno supplementare; se i pazienti che sono clinicamente stabili hanno uno pneumotorace di grandi dimensioni (> 3 cm di spazio tra il polmone e la cavità pleurica sulla radiografia del torace), o se sono sintomatici con dolore toracico o dispnea, vanno trattati mediante l’aspirazione dell’aria tramite un apposito drenaggio toracico.
I pazienti clinicamente stabili con pneumotorace ricorrente o con un emotorace concomitante devono essere sottoposti a toracoscopia dopo l'inserimento del tubo toracico che verrà utilizzato anche nel caso di pazienti clinicamente instabili.

4 di 10 Domande

Nel trattamento dell'asma bronchiale riacutizzata vengono utilizzate tutte le seguenti terapie TRANNE una; quale?














La risposta corretta è la A.
L'asma bronchiale è una malattia infiammatoria cronica delle vie aeree caratterizzata da un’ostruzione bronchiale reversibile, completamente o in parte, spontaneamente o dopo la somministrazione di farmaci ad attività broncodilatatoria ed antinfiammatoria.
Presenta sicuramente una genesi multifattoriale in cui riconosciamo dei fattori in grado di favorire e scatenare un attacco di asma, e dei fattori predisponenti, alla base dei fenomeni fisiopatologici dell’asma, tra cui fattori genetici come l’atopia, e fattori ambientali come inquinamento atmosferico, fumo di sigaretta attivo e passivo, esposizione ad allergeni o a sostanze presenti nei luoghi di lavoro (es/legno, metalli, prodotti chimici). 
La predisposizione individuale insieme ai fattori ambientali concorrono nella fisiopatogenesi dell’asma che si caratterizza per iperreattività bronchiale, cioè l’ostruzione delle vie aeree che si scatena in alcuni soggetti a seguito di stimoli di varia natura che nei soggetti normali non causano alcuna risposta, e infiammazione cronica: in questi pazienti infatti la mucosa è particolarmente edematosa e le vie aeree sono tappezzate da tappi di muco; l’infiammazione è mediata dall’interazione continua tra cellule infiammatorie e mediatori dell’infiammazione.
Dal punto di vista clinico, l’asma bronchiale si caratterizza per dispnea, sensazione di costrizione toracica e tosse stizzosa, cui si aggiungono, nella fase accessionale, fischi e sibili, rilevabili all’obiettività toracica.
La diagnosi definitiva di asma richiede un’accurata anamnesi, una clinica coerente con il disturbo stesso e la dimostrazione di un’ostruzione del flusso aereo espiratorio. Gli strumenti utilizzati nella diagnosi di asma includono quindi anamnesi, esame obiettivo, test di funzionalità polmonare ma, innanzitutto, sarà necessario eseguire una Rx torace ed un’emogasanalisi arteriosa. L’RX torace solitamente è normale nei pazienti con asma e, in acuto, viene effettuata più che altro per escludere diagnosi alternative che possono simulare l'asma; l’emogasanalisi, invece, consente di determinare il grado dell’ostruzione bronchiale sulla base dei valori di pH, pO2 e pCO2
La terapia di un attacco di asma acuto prevede l’utilizzo di ossigeno, per la correzione dell’ipossiemia, broncodilatatori β2 agonisti per la risoluzione del broncospasmo, corticosteroidi ev per ottimizzare l’azione dei β2, contribuendo a migliorare la funzionalità respiratoria, e magnesio solfato, soprattutto nelle forme gravi, anch’esso utile per il miglioramento la funzionalità respiratoria.
Tra i β2 agonisti di prima scelta è il salbutamolo somministrato per via inalatoria, ev usato nelle forme non responsive alla via inalatoria, associato ad anticolinergici come l’ipatropio bromuro, nelle forme gravi, e a corticosteroidi per via inalatoria come il beclometasone dipropionato. Inoltre, nei pazienti con asma severo non responsivo alla dose massima possibile di b2 e steroidi sistemici, si potrebbe utilizzare la Teofillina.

5 di 10 Domande

Quale, tra le seguenti sindromi paraneoplastiche, NON è tipica di un microcitoma polmonare?














La risposta corretta è la D.
Il cancro del polmone è ritenuto la causa più comune di morte per neoplasia negli uomini, anche se, negli ultimi anni, è cresciuto il tasso di mortalità anche nelle donne, a causa della diffusione dell’abitudine tabagica.
Per una corretta stadiazione, trattamento e prognosi, la maggior parte dei tumori polmonari vengono distinti in carcinoma polmonare a piccole cellule (microcitoma, SCLC), carcinoma polmonare non a piccole cellule (NSCLC), tumori a grandi cellule e altri tipi minori di tumori polmonari.
Dal punto di vista sintomatologico si tratta di una patologia che può restare asintomatica nelle fasi iniziali e venire scoperta accidentalmente nel corso di esami effettuati per altre ragioni; anche quando sono presenti dei sintomi, tuttavia, si tratta di disturbi aspecifici come tosse continua, raucedine, dispnea, astenia, anoressia o recidivanti infezioni polmonari. Negli stadi più avanzati, invece, i sintomi possono essere a carico degli organi in cui il tumore si è diffuso: per contiguità possono essere coinvolti il polmone controlaterale, la pleura, la parete toracica e il diaframma; per via linfatica il tumore po' diffondere ai linfonodi di drenaggio di quest’organo e attraverso il flusso sanguigno può invadere organi diversi come ad esempio fegato, cervello, surreni, ossa, reni, pancreas, dando origine a sintomi più specifici come dolore alle ossa, ittero, mal di testa, vertigini e noduli visibili a livello cutaneo.
Nel paziente affetto da tumore del polmone possono anche manifestarsi una serie di sindromi paraneoplastiche; le più frequenti sono legate alla produzione ectopica di sostanze ad attività endocrina da parte delle cellule neoplastiche e sono responsabili di sindromi metaboliche. I carcinomi a piccole cellule possono secernere ectopicamente ACTH, causando la sindrome di Cushing. Raramente si osservano le manifestazioni dell’ipercorticosurrenalismo, mentre le alterazioni più comuni sono ipokaliemia, ridotta tolleranza al glucosio, ipertensione arteriosa, edemi e atrofia della muscolatura degli arti.
Il microcitoma si associa anche a secrezione ectopica di ADH, determinando ridotta osmolarità plasmatica, iponatriemia e manifestazioni neurologiche (come astenia, letargia, sopore).
Molto più rare sono le sindromi paraneoplastiche da secrezione di ormone paratiroideo (sindrome ipercalcemica), eritropoietina e prolattina (ginecomastia, galattorrea).
Possono manifestarsi anche disordini ematologici e cutanei (acanthosis nigricans).
In un paziente con sospetto carcinoma polmonare bisognerebbe innanzitutto confermare che si tratti di una lesione maligna e successivamente tipizzare e stadiare il carcinoma, in modo da poter impostare una adeguata terapia oncologica.
Il trattamento del carcinoma polmonare si avvale di diversi strumenti tra cui la chirurgia, la radioterapia e la chemioterapia utilizzati secondo specifici protocolli che variano in base allo stadio e al tipo di tumore da trattare.

6 di 10 Domande

Si definisce bronchitico cronico un paziente che:














La risposta corretta è la C.
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Con il termine di broncopneumopatia cronica ostruttiva si intende un quadro patologico in cui il flusso aereo viene compromesso e comprende la bronchite cronica ostruttiva e l’enfisema. E’ spesso correlata all’esposizione professionale e al fumo di sigaretta; può insorgere in soggetti con carenza di α1-antitripsina. Lo sviluppo della BPCO avviene nel corso del tempo e, quando conclamata, i soggetti affetti presentano respiro sibilante, prolungamento della fase espiratoria ed attenuazione del murmure vescicolare. L’ostruzione bronchiale ha in genere un andamento progressivo ed è accompagnata da un’abnorme risposta infiammatoria broncopolmonare a inquinanti ambientali in particolare il fumo. La BPCO deriva da un'ostruzione del flusso d'aria polmonare, che porta ad un intrappolamento dell’aria nei polmoni con conseguente aumento del volume residuo (VR), della capacità funzionale residua (FRC) e della capacità polmonare totale (TLC). L’ostruzione bronchiale viene definita in base al rapporto VEMS/CVF inferiore a 0,7 (detto anche coefficiente di Tiffeneau, rapporto che valuta il grado di ostruzione bronchiale nelle malattie respiratorie come la BPCO e l'asma, dove il VEMS è il volume espiratorio massimo al primo secondo e corrisponde al FEV1, mentre la CVF è la capacità vitale forzata). Questo sta a significare che, di tutta l’aria mobilizzabile in una manovra espiratoria completa, meno del 70% viene mobilizzata nel primo secondo. Caratteristica, peculiare nella BPCO è che questa ostruzione, a differenza di quella presente nei pazienti con asma bronchiale, non è completamente reversibile dopo somministrazione di un broncodilatatore. L'esame obiettivo è positivo per dispnea, tachipnea, distress respiratorio ed uso dei muscoli respiratori accessori per la respirazione. La BPCO è una patologia che si manifesta con uno spettro, un continuum tra due estremi che coesistono con una presenza variabile. L’enfisema ostruttivo (il paziente ha un torace a botte) in questo caso prevale l’ostruzione bronchiale e la distruzione del parenchima. Il paziente enfisematoso, classico enfisema A, (pink puffer “sbuffatore rosa”, fenotipo panlobulare), si presenta con un habitus cachettico e masse muscolari ridotte, problemi nutrizionali e quindi problematiche anche ai muscoli respiratori, soprattutto il diaframma; nella sua storia naturale è costretto a compensare per evitare un’insufficienza respiratoria conclamata principalmente iperventilando per evitare un’ ipossia grave. Dal punto di vista clinico pertanto si presenta più magro, più anziano, esordisce con dispnea ingravescente, tosse scarsa e prevale la componente ostruttiva; ha una scarsa ipercapnia, poliglobulia e lieve ipossia. Al contrario, il bronchitico cronico (blue bloater, enfisema B, acinare prossimale o centrolobulare), siccome ha ancora gran parte degli alveoli e quindi gran parte dei capillari, può compensare dal punto di vista ematico con il trasporto dei gas. Non è detto che debba per forza iperventilare, perché oltre al compenso respiratorio possono intervenire compensi di tipo emodinamico(poliglobulia, aumento di gittata cardiaca) quindi anche se l’emogasanalisi è compromessa con bassa pO2 e alta CO2 il trasporto sistemico dei gas è salvaguardato. Dal punto di vista clinico il paziente si presenta più pletorico, più giovane, ha una lunga storia di tosse produttiva senza dispnea (presenta una tosse produttiva per almeno 3 mesi/anno per 2 anni consecutivi), con severa ipossia e ipercapnia, con conseguente poliglobulia.
Le risposte A, B, D ed E non sono corrette.
​​​​​​​Tutte le opzioni indicate sono errate e non definiscono un paziente bronchitico cronico.

7 di 10 Domande

Quale delle seguenti alterazioni genetiche incrementa notevolmente il rischio di sviluppare BPCO (tipicamente con lo sviluppo di enfisema panacinare)?














La risposta corretta è la A.
La broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO) è una condizione respiratoria comune caratterizzata da una limitazione del flusso aereo. Colpisce più del 5% della popolazione ed è associato ad alta morbilità e mortalità.
Si caratterizza per la presenza di sintomi respiratori persistenti e limitazione del flusso aereo dovuta ad alterazioni delle vie aeree o alveolari. La limitazione cronica del flusso aereo che caratterizza la BPCO è causata da piccole malattie delle vie aeree (ad es. bronchiolite ostruttiva) e distruzione parenchimale (enfisema), i cui contributi relativi variano da persona a persona. L'infiammazione cronica provoca cambiamenti strutturali, restringimento delle piccole vie aeree, disfunzione mucociliare e distruzione del parenchima polmonare.
La bronchite cronica è definita tale quando è presente una tosse produttiva cronica per tre mesi in due anni successivi in ​​un paziente in cui sono state escluse altre cause di tosse cronica.
L' enfisema, invece, è una condizione patologica che descrive alcuni cambiamenti strutturali a volte associati alla BPCO che includono l'allargamento anormale e permanente degli spazi aerei distali ai bronchioli terminali, accompagnato dalla distruzione delle pareti dello spazio aereo, senza fibrosi ovvia.
L'enfisema colpisce le strutture distali del bronchiolo terminale, costituite da bronchiolo respiratorio, dotti alveolari, sacche alveolari e alveoli, noti collettivamente come acino. Queste strutture in combinazione con i loro capillari associati e l'interstizio formano il parenchima polmonare. La parte dell'acino che è influenzata dalla dilatazione o distruzione permanente determina il sottotipo di enfisema.
L' enfisema acinoso prossimale (noto anche come centroloobulare) si riferisce alla dilatazione anormale o alla distruzione del bronchiolo respiratorio, la porzione centrale dell'acino. È comunemente associato al fumo di sigaretta, ma può essere visto anche nella pneumoconiosi dei lavoratori del carbone.
L'enfisema panacinare si riferisce all'allargamento o alla distruzione di tutte le parti dell'acino; il sottotipo diffuso è più comunemente associato al deficit di antitripsina alfa-1, sebbene possa essere visto in combinazione con l'enfisema prossimale nei fumatori.
Nell’ enfisema distale acinoso (noto anche come parasettale), sono prevalentemente interessati i dotti alveolari. Può verificarsi da solo o in associazione con l'enfisema prossimale acinare e panacinare.
La risposta B non è corretta.
La mutazione della fibrillina-1 è alla base della sindrome di Marfan; si tratta di una patologia a trasmissione autosomica dominante in cui l’alterazione della fibrillina, che costituisce il supporto per la struttura delle miofibrille, determina lo sviluppo anomalo del tessuto connettivo. I soggetti si presenteranno tipicamente particolarmente longilinei, magri con alterazioni delle valvole cardiache, del cristallino, della parete toracica e della schiena.
La risposta C non è corretta.
Il deficit di glucosio 6-fosfato deidrogenasi determina lo sviluppo del cosiddetto favismo, una forma di anemia emolitica in cui la crisi emolitica si sviluppa in risposta a diverse cause che causano stress ossidativo nelle cellule tra cui infezioni, farmaci od esposizione a svariate sostanze chimiche o alimentari come ad esempio le fave.
La risposta D non è corretta.
La mutazione del canale del cloro CFTR è associata alla fibrosi cistica, patologia autosomica recessiva in cui vi è un’alterata secrezione di ioni cloro da parte delle cellule epiteliali con conseguente maggior riassorbimento di acqua e sodio, che rendono il muco più denso e viscoso che ha difficoltà a scorrere.
Questo provoca numerosi sintomi tra cui i più comuni sono pancreatiti, polmoniti ricorrenti, cirrosi epatica, infertilità maschile, steatorrea ed ostruzione intestinale.

8 di 10 Domande

Scenario RA5D: Si presenta un paziente di 65 anni, maschio, forte fumatore, iperteso, con tosse produttiva e dispnea ingravescente. Quale delle seguenti indagini NON e' indicato eseguire in urgenza nel paziente con dispnea acuta?














La risposta corretta è la A.
Le prove di funzionalità respiratoria sono dei test che permettono di valutare l'adeguatezza della ventilazione e degli scambi gassosi. Per la valutazione dell’adeguatezza della ventilazione avremo le misure dei volumi polmonari e dei flussi respiratori oppure i test di funzionalità dei muscoli respiratori. Il test più frequentemente utilizzato per la misura dei volumi statici e dinamici è la spirometria che, con l'applicazione del principio di Venturi, misura la quantità di aria inspirata ed espirata. I volumi polmonari vengono espressi in litri, a pressione ambientale satura di vapore acqueo a 37°C. Distinguiamo i volumi polmonari statici (Vt o volume corrente; VRI o volume di riserva inspiratoria; VRE o volume di riserva espiratoria; VR o volume residuo) e dinamici (VEMS o volume espiratorio massimo al secondo o FEV1; CVF o capacità vitale forzata; MVV o massima ventilazione volontaria). Le capacità polmonari includono invece: CV o capacità vitale, CI o capacità inspiratoria, CFR o capacità funzionale residua e CPT o capacità polmonare totale. Sulla base dei risultati ottenuti dall’esame spirometrico è possibile classificare il funzionamento dell’apparato respiratorio come normale oppure rilevare eventuali anomalie, che caratterizzano le patologie polmonari in patologie di tipo ostruttivo (asma bronchiale, BPCO) o restrittivo (patologie della gabbia toracica, patologie neuromuscolari, fibrosi polmonare, lesioni occupanti spazio o compressioni ab estrinseco). Questo esame non permette di formulare una diagnosi esatta in condizioni di urgenza ma viene considerato come esame integrativo da impiegare nel corso di un percorso diagnostico clinico e strumentale più ampio.
La risposta B non è corretta.
La radiografia del torace è un esame rapido e di facile esecuzione che può essere impiegato in urgenza nella valutazione di quadri clinici con coinvolgimento respiratorio.
La risposta C non è corretta.
L’emogasanalisi, in particolare quella arteriosa (prelievo estemporaneo arterioso effettuato da arteria radiale), consente di valutare in maniera estremamente rapida e poco invasiva i valori di pH ematico, delle pressioni parziali di ossigeno e anidride carbonica e dei principali ioni, fornendo importanti informazioni sull’assetto respiratorio e renale.
La risposta D non è corretta.
L’elettrocardiogramma è un esame non invasivo e di facile esecuzione che deve essere eseguito in tutti pazienti che presentano segni e sintomi di coinvolgimento respiratorio e/o cardiologico.
La risposta E non è corretta.
Le prove di funzionalità respiratoria, sia statiche che dinamiche, per il tempo richiesto per la loro esecuzione, non vengono eseguite in condizioni di urgenza.

9 di 10 Domande

Scenario 5: Si presenta un paziente di 65 anni, maschio, forte fumatore, iperteso, con tosse produttiva e dispnea ingravescente. In un paziente con dispnea e ipossia, quale delle seguenti condizioni NON e' tipicamente associata a un meccanismo di alterazione ventilazione/perfusione di tipo "shunt"?














La risposta corretta è la C.
I polmoni sono gli organi deputati all’ossigenazione del sangue. L’efficacia di questo meccanismo dipende dalla ventilazione alveolare, cioè dalla quantità di aria che raggiunge gli alveoli in un minuto (pari a circa 4l/min), e dalla perfusione polmonare, cioè il flusso ematico che arriva al circolo polmonare in un minuto e che corrisponde alla portata cardiaca (circa 5 l/min). Il rapporto tra questi due elementi, ventilazione e perfusione, è il principale determinante dell’ossigenazione del sangue. Il valore medio di V/Q è circa 0,8. Si parla di valore medio poichè la ventilazione e la perfusione non sono uniformi in tutto il polmone ma sono condizionate da fattori anatomici e dalla gravità. In stazione eretta infatti, sia la ventilazione che la perfusione risultano essere maggiori alle basi rispetto agli apici poiché sia gli alveoli che i capillari risultano essere più distesi, tuttavia la perfusione risulta aumentare di più rispetto alla ventilazione, motivo per cui il rapporto V/Q sarà maggiore all’apice e minore alla base. All’apice infatti, gli alveoli saranno più ventilati che perfusi quindi il rapporto V/Q sarà alto (>3), mentre alla base, sebbene aumentino sia la ventilazione che la perfusione, la seconda sarà maggiore della prima, quindi questo rapporto si ridurrà (V/Q di circa 0,6). Quando si verifica una ostruzione alla ventilazione di un distretto alveolare, il sangue venoso di questo distretto (perfuso ma non ventilato) non può essere arricchito in ossigeno, per cui resterà tale e le pressioni parziali alveolari si equilibreranno con quelle del sangue venoso. Questo meccanismo prende il nome di shunt. Se lo shunt, quindi la quantità di sangue venoso che bypassa l’ossigenazione e viene immesso neovamente nel distretto arterioso, aumenta, la pressione parziale di ossigeno rispetto alla frazione di ossigeno inalata (rapporto P/F) si riduce.
La risposta A non è corretta.
L’edema polmonare acuto cardiogeno è la principale manifestazione dell’insufficienza cardiaca acuta ed è caratterizzata dalla trasudazione di fluidi dai capillari polmonari verso gli spazi interstiziali e verso le cavità alveolari, per aumento della pressione capillare polmonare. L’accumulo massivo di liquido a livello interstizio-alveolare non consente l’adeguata ventilazione alveolare, sebbene la perfusione sia mantenuta, per cui si creerà una alterazione del rapporto ventilazione/perfusione con meccanismo di tipo shunt.
La risposta B non è corretta.
Per motivi anatomici e legati alla gravità, oppure per motivi patologici, il rapporto ventilazione/perfusione inferiore ad 1 indica una condizione in cui la ventilazione alveolare è inferiore rispetto alla perfusione, con riduzione della pressione parziale di ossigeno nel sangue arterioso, per un meccanismo di tipo shunt.
La risposta D non è corretta.
L’ARDS è una condizione patologica potenzialmente mortale caratterizzata da un danno acuto del polmone che si manifesta con ipossiemia, dispnea, essudati polmonari diffusi e riduzione della compliance. Il polmone diventa incapace, a causa della presenza di essudati alveolari o del collabimento degli stessi, di ossigenare il sangue in maniera adeguata. La ventilazione non proporzionata alla perfusione polmonare crea una alterazione del rapporto ventilazione/perfusione di tipo shunt, con ipossiemia arteriosa.
La risposta E non è corretta.
L’aumento del rapporto PaO2 /FiO2 al crescere della frazione di shunt non è associato ad un meccanismo di alterazione ventilazione/perfusione di tipo "shunt”; accade piuttosto il contrario, cioè al crescere dello shunt si riduce il rapporto tra pressione parziale arteriosa di ossigeno e frazione inalata di ossigeno.
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10 di 10 Domande

Scenario IM9I: Un uomo di 69 anni, che ha lavorato come saldatore per oltre 45 anni, ha ricevuto diagnosi di asbestosi. Questo paziente e' maggiormente esposto allo sviluppo di una specifica neoplasia. Quale?














La risposta corretta è la D.
L’asbestosi è una patologia polmonare, una fibrosi polmonare interstiziale, dovuta all’inalazione delle fibre di asbesto, un minerale presente soprattutto nei materiali impiegati nell’edilizia e nell’industria. Il rischio di sviluppare questa patologia è legato alla durata e all’intensità dell’esposizione. La sintomatologia si manifesta generalmente dopo parecchi anni dall’esposizione; i sintomi d’esordio sono rappresentati da una progressiva difficoltà respiratoria, tosse cronica, dolore toracico, astenia e senso di costrizione toracica. Oltre alla progressiva deposizione delle fibre di asbesto nelle piccole vie aeree, con conseguente reazione infiammatoria di tipo reattivo, la patologia progredisce con la formazione di ispessimenti pleurici che portano ad insufficienza respiratoria e complicanze cardiache. Le placche pleuriche, lesioni precancerose, tendono ad evolvere nell’aggressivo mesotelioma pleurico. Il mesotelioma è un tumore che origina dalle cellule mesoteliali, localizzate nella superficie delle membrane sierose come la pleura, il pericardio, il peritoneo. E’ un tumore abbastanza raro, rappresenta circa l’1% delle patologie oncologiche, tuttavia ha una prognosi estremamente infausta. Il mesotelioma pleurico nello specifico è ,fra tutte, la forma più frequente e il principale fattore di rischio per il suo sviluppo è costituito dall’inalazione delle polveri di amianto. L’anamnesi è dunque fondamentale per il sospetto di tale patologia.
La risposta A non è corretta.
Il carcinoma renale a cellule chiare rappresenta una delle più frequenti forme di carcinoma renale, insieme al tumore papillare e al tumore cromofobo. Il principale fattore di rischio è il fumo di sigaretta sebbene vi sia il forte sospetto che anche l’amianto e altri metalli e sostanze tossiche siano correlati al suo sviluppo. L’asbestosi tuttavia, patologia polmonare, non è fra i suoi diretti fattori di rischio.
La risposta B non è corretta.
Il linfoma di Hodgkin è una neoplasia ematologica, con origine dai linfociti B, che coinvolge principalmente le stazioni linfonodali superficiali. Alcuni fattori di rischio sono rappresentati da fattori ambientali come l’esposizione a radiazioni, agenti chimici o pesticidi, immunodepressione, fattori geografici, patologie ad eziologia virale (EBV), alcune fasce d’età. Il suo sviluppo non è direttamente correlato all’asbestosi.
La risposta C non è corretta.
Il melanoma cutaneo è una forma neoplastica estremamente aggressiva. L’esposizione della cute ai raggi ultravioletti è il principale fattore di rischio; giocano un ruolo importante anche fattori genetici, familiari e l’immunodepressione. L’asbestosi non è correlata allo sviluppo del melanoma cutaneo.
La risposta E non è corretta.
Il linfoma di Hodgkin e il melanoma cutaneo non sono direttamente correlabili all’asbestosi.


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