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1 di 10 Domande

Scenario XE13R: Un paziente di 82 anni presenta versamento pleurico monolaterale recidivante. In anamnesi è segnalata esposizione lavorativa all'amianto per diversi anni. Non sono note altre patologie croniche e non assume terapia domiciliare. Nel sospetto di mesotelioma pleurico, qual è l'accertamento che permette di formulare una diagnosi definitiva?














La risposta corretta è la A.
Il mesotelioma pleurico è tumore maligno a prognosi infausta che origina dal mesotelio costituente la pleura, cioè quella membrana sierosa che avvolge e protegge i polmoni e ne riveste la cavità entro cui essi risiedono; si tratta dell’unica neoplasia conosciuta della pleura ed in quasi tutti i casi è provocato dall'esposizione all'amianto: i lavoratori dell'asbesto hanno un rischio fino al 10% di sviluppare mesotelioma pleurico, con una latenza media di circa 30 anni.
Il quadro sintomatologico si caratterizza principalmente per dispnea e dolore toracico non pleuritico (rari inizialmente e più evidenti negli stadi avanzati della malattia) a cui si accompagnano anche raucedine, disfagia, sindrome di Horner, plessopatia brachiale, ascite, dovuti all’invasione della parete toracica e delle strutture ad essa vicine.
Nella diagnosi si possono usare RX torace, che mostra un ispessimento pleurico diffuso mono o bilaterale che generalmente arriva ad obliterare i seni costo-frenici, esame citologico del liquido pleurico, ma la diagnosi di certezza è istologica e si basa sulla biopsia pleurica toracoscopica o a cielo aperto; determinato cosÏ che si tratti proprio di un mesotelioma pleurico, la stadiazione del tumore può essere fatta con TC del torace, mediastinoscopia, RM o talvolta con PET e broncoscopia.
Trattandosi di un tumore a prognosi infausta con sopravvivenza a lungo termine rara, il trattamento si basa principalmente su terapia di supporto che comprende la pleurodesi o la pleurectomia, per ridurre l’eventuale versamento pleurico e attenuare la dispnea, l’analgesia con oppiacei e, talvolta, la radioterapia e chemioterapia per la riduzione della massa tumorale e il conseguente miglioramento dei sintomi. L'intervento chirurgico (che prevede la rimozione di pleura, polmone omolaterale, nervo frenico, emidiaframma e pericardio), combinato con la chemioterapia o la radioterapia, può essere preso in considerazione in base allo stadio del tumore e alle condizioni cliniche del paziente anche se non modifica sostanzialmente la prognosi o il tempo di sopravvivenza.

2 di 10 Domande

Scenario PA42R: Un paziente si presenta in Pronto Soccorso con febbre, tosse e difficoltà respiratorie. Vengono eseguiti un prelievo e RX torace che documenta una polmonite lobare sinistra. In un uomo adulto senza comorbilità quale trattamento antibiotico NON è appropriato in una terapia empirica?














La risposta corretta è la D.
La polmonite acquisita in comunità è un'infezione acuta del parenchima polmonare in un paziente che ha acquisito l'infezione nella comunità, a differenza della polmonite acquisita in ospedale che viene definita nosocomiale.
Dal punto di vista anatomo-patologico le infezioni polmonari si distinguono in forme con prevalente impegno alveolare, polmoniti tipiche, e polmoniti con prevalente impegno interstiziale, polmoniti atipiche.
Le prime si estrinsecano con quadri di polmonite lobare e broncopolmonite; nella polmonite lobare vi è un interessamento lobare massivo e sono descritte almeno 4 fasi del processo patologico, oggi modificati dall’uso della terapia antibiotica. Il primo stadio è quello della congestione, il secondo stadio dell’epatizzazione rossa che si caratterizza per un ulteriore aumento di consistenza del lobo polmonare associato alla scomparsa della ventilazione, il terzo stadio è chiamato di epatizzazione grigia in cui vi è la lisi delle emazie con essudato purulento all’interno del lobo e la fase finale di risoluzione. Il patogeno più frequentemente responsabile delle polmoniti acquisite in comunità è lo S. Pneumoniae seguito da Hemophilus influenzae e Moraxella Chatarralis, soprattutto nei pazienti con BPCO.
Clinicamente si manifestano con febbre, dispnea, dolore pleurico e tosse produttiva. La diagnosi di polmonite lobare è piuttosto semplice, essendo suggerita dalla clinica e da modificazioni caratteristiche all’esame obiettivo nelle diverse fasi del processo infettivo, ma può essere validata con l’esecuzione di un RX torace, esami di laboratorio tra cui emocromo o indici di flogosi, emocolture ed esame dell’espettorato.
La terapia empirica, nei pazienti in buono stato di salute, potrà essere iniziata a domicilio e prevede l’uso di un beta-lattamico (amoxicillina- ac. Clavulanico), associato a un macrolide o di un chinolonico in monoterapia, mentre nei pazienti che devono essere sottoposti ad un ricovero ospedaliero, il trattamento empirico prevede l’uso di un beta-lattamico endovenoso a cui si deve associare un macrolide o un chinolonico.
Il metronidazolo viene utilizzato soprattutto nel caso di batteri anaerobi ed è considerato, pertanto il farmaco d’elezione della terapia degli ascessi o delle infezioni da Clostridium difficile. ​​​​​​​

3 di 10 Domande

Scenario TF3A: Una paziente di 32 anni affetta da fibrosi cistica ha un'insufficienza respiratoria terminale e irreversibile. Deve essere pertanto candidata a trapianto.  A quale tipo di trapianto deve essere sottoposta la paziente?














La risposta corretta è la B.
La fibrosi cistica è una malattia genetica a trasmissione autosomica recessiva causata da mutazione del gene CFTR presente sul braccio lungo del cromosoma 7. Questo codifica per una proteina, anch’essa detta CFTR, che funge da canale per il trasporto del cloro a livello della membrana cellulare; ad oggi sono note più di 1500 mutazioni, tra le quali la più frequente è la mutazione F508del che comporta l’assenza della fenilalanina in posizione 508.
Le mutazioni del gene CFTR causano la produzione di muchi e secrezioni particolarmente densi e viscosi con interessamento delle vie aeree, delle ghiandole sudoripare, del pancreas, del fegato, dell’intestino e dei vasi deferenti testicolari.
Da un punto di vista clinico si manifesta caratteristicamente con ileo da meconio alla nascita, sintomi di mal digestione pancreatica (come steatorrea, riduzione della crescita, anemia, ipoalbuminemia), sintomi respiratori, in particolare tosse, sinusiti, bronco-ostruzione e infezioni recidivanti che causano la gran parte della morbilitĂ  e della mortalitĂ  di questi pazienti, diabete dovuto principalmente a deficit della sintesi di insulina, osteoporosi e infertilitĂ  nel maschio.
La diagnosi è clinica e confermata dal risultato patologico del test del sudore (cloro sudorale> 60mEq/l); eventualmente si esegue l’analisi genetica.
La terapia è palliativa, rivolta agli aspetti clinici piÚ rilevanti:
- Trattamento dell’insufficienza pancreatica con somministrazione di estratti pancreatici e vitamine liposolubili
- Fabbisogno energetico aumentato
- Trattamento del diabete con insulina
Trattamento delle manifestazioni broncopolmonari:
- Delle esacerbazioni con antibiotici
- Di base con rimozione del muco bronchiale, impiego di mucolitici, di antiinfiammatori, di borncodilatatori e di antibiotici per via inalatoria.
Il trapianto polmonare bilaterale rappresenta un’opportunità terapeutica in presenza di insufficienza respiratoria cronica, scarsa risposta alla terapia medica e riduzione delle capacità funzionali, offrendo un vantaggio per la sopravvivenza e la qualità di vita dei pazienti. È necessario trapiantare entrambi i polmoni poiché lasciare un polmone nativo in posizione presenterebbe un’enorme fonte di secrezioni infette che minaccerebbe il polmone trapiantato. Raramente si esegue un trapianto cuore-polmoni in caso di pazienti con concomitante insufficienza cardiaca sinistra.

4 di 10 Domande

Scenario ZP1Y: Si presenta all'attenzione medica un paziente di 68 anni, fumatore, con storia di esposizione professionale a polveri, per tosse produttiva e dispnea. Se la prima ipotesi diagnostica fosse Bronco-Pneumopatia Cronica Ostruttiva (BPCO) riacutizzata, quale di queste serie di provvedimenti terapeutici sarebbe la piu' appropriata?














La Risposta corretta e' la B
Con il termine di broncopneumopatia cronica ostruttiva si intende un quadro patologico in cui il flusso aereo viene compromesso e comprende la bronchite cronica ostruttiva e l’enfisema. E’ spesso correlata all’esposizione professionale e al fumo di sigaretta; può insorgere in soggetti con carenza di α1-antitripsina. Lo sviluppo della BPCO avviene nel corso del tempo e, quando conclamata, i soggetti affetti presentano respiro sibilante, prolungamento della fase espiratoria ed attenuazione del murmure vescicolare. L’ostruzione bronchiale ha in genere un andamento progressivo ed è accompagnata da un’abnorme Risposta infiammatoria broncopolmonare a inquinanti ambientali in particolare il fumo. La BPCO deriva da un'ostruzione del flusso d'aria polmonare, che porta ad un intrappolamento dell’aria nei polmoni con conseguente aumento del volume residuo (VR), della capacità funzionale residua (FRC) e della capacità polmonare totale (TLC). Caratteristica, peculiare nella BPCO è che questa ostruzione, a differenza di quella presente nei pazienti con asma bronchiale, non è completamente reversibile dopo somministrazione di un broncodilatatore.
Non esiste una cura definitiva per la BPCO, ma si possono assumere dei comportamenti di vita (smettere di fumare) e delle terapie finalizzate ad ottenere una migliore qualitĂ  di vita ed a rallentare il decorso della malattia. La terapia consiste essenzialmente nella somministrazione di:
- broncodilatatori che hanno la funzione di rilassare la muscolatura peri-bronchiale e favorire la loro apertura e di conseguenza la respirazione e se si soffre di una BPCO di grado lieve può essere sufficiente assumere un broncodilatatore ad azione rapida solo quando si presentano i sintomi, se invece la BPCO è moderata o grave si deve assumere una terapia regolare con broncodilatatori a lunga e breve durata di azione;
- glucocorticosteroidi inalatori, al fine di trattare i sintomi che si manifestano all’improvviso e/o sono molto gravi;
- ossigenoterapia, se si tratta di una forma grave e la saturazione di ossigeno a livello ematico è bassa.
Tutte le altre terapia proposte sono errate (Risposte A, C e D errate).

5 di 10 Domande

Il mesotelioma pleurico e' associato all'esposizione a:














La risposta corretta è la A.
Il mesotelioma è un tumore che trae origine dalla trasformazione neoplastica delle cellule mesoteliali di rivestimento delle principali cavità sierose: pleura, peritoneo e pericardio. Ha piÚ spesso sede a livello pleurico (60-70% dei casi).
Il mesotelioma pleurico colpisce in prevalenza i soggetti di sesso maschile con un picco di massima incidenza al 5-6° decennio di vita.
Numerose evidenze sperimentali e cliniche hanno dimostrato l’esistenza di un rapporto di causa-effetto tra l’esposizione all’asbesto e l’insorgenza del mesotelioma.
L’importanza dell’asbesto nell’industria moderna è legata ai molteplici usi del minerale: nelle costruzioni edilizie e nei cantieri navali per le sue proprietà isolanti e coibenti, nell’industria automobilistica e per la realizzazione di tessuti e carte; inoltre, questo minerale è presente anche in ambiente domestico.
Le proprietà oncogene dell’asbesto sono legate a diversi fattori: il tipo di fibra, il tempo di esposizione, la biopersistenza della fibra e le sue proprietà di superficie.
Le fibre di asbesto vengono inalate e per la maggior parte eliminate attraverso la via respiratoria o intestinale. La quota di minerale che non viene rimossa dal movimento delle ciglia vibratili tracheali o dall’ingestione da parte dei macrofagi alveolari attraversa l’endotelio e penetra nei tessuti interstiziali; le fibre tendono ad accumularsi al terzo inferiore del polmone in contiguità con la pleura viscerale.
Sembra che l’azione cancerogena sia legata a comparsa di anomalie cromosomiche, danneggiamento delle membrane lisosomiali, assorbimento e trasporto da parte della fibra di cancerogeni.
Clinicamente, i mesoteliomi solitari sono spesso silenti e i sintomi si manifestano solo quando il volume della neoplasia provoca sintomi da compressione. Sintomi caratteristici sono: dolore toracico, febbre, tosse, dispnea, versamento pleurico emorragico.
La diagnosi si basa sull’esame radiologico, sull’esame chimico-fisico e citologico del liquido pleurico e sulla biopsia della pleura.
Il trattamento è attualmente molto controverso e oscilla tra l’astensionismo terapeutico e il ricorso a terapie combinate, prevalentemente di chemio e radioterapia.

6 di 10 Domande

Scenario AA4Q: A un paziente di 73 anni viene diagnosticato un mesotelioma di tipo epiteliomorfo II stadio. Il paziente e' in buone condizioni con funzionalita' respiratoria e cardiologica normali. La terapia sara':














La risposta corretta è la D.
Il mesotelioma è un tumore che trae origine dalla trasformazione neoplastica delle cellule mesoteliali di rivestimento delle principali cavità sierose: pleura, peritoneo e pericardio. Ha piÚ spesso sede a livello pleurico (60-70% dei casi).
Il mesotelioma pleurico colpisce in prevalenza i soggetti di sesso maschile con un picco di massima incidenza al 5-6° decennio di vita.
Numerose evidenze sperimentali e cliniche hanno dimostrato l’esistenza di un rapporto di causa-effetto tra l’esposizione all’asbesto e l’insorgenza del mesotelioma.
Il trattamento del mesotelioma pleurico è attualmente molto controverso.
La chirurgia radicale viene eseguita solo nell’1-5% dei casi ed è indicata nei pazienti con mesotelioma pleurico epiteliomorfo non disseminato al di fuori dell'emitorace coinvolto (stadio clinico I-III), in buone condizioni generali e in assenza di comorbiditĂ . Data la morbilitĂ  e la potenziale mortalitĂ  associata alla chirurgia, il suo impiego dovrebbe essere limitato a situazioni in cui la chirurgia comporti una resezione completa e radicale. L’intervento d’elezione, quindi, è rappresentato dalla pleuropneumonectomia seguita dalla chemioterapia.
Interventi chirurgici meno demolitivi sono rappresentati dalla pleurectomia/decorticazione che, tuttavia, non assicurano la radicalitĂ  oncologica e hanno sostanzialmente un valore palliativo.
La radioterapia presenta risultati molto deludenti sia per la radio-resistenza della neoplasia sia per la necessitĂ  di utilizzare campi di irradiazione molto estesi che possono comportare danni agli organi limitrofi. Quindi la radioterapia presenta un ruolo essenzialmente palliativo o profilattico.
Anche i farmaci antiproliferativi hanno dimostrato scarsa efficacia, con tasso di risposta ai singoli agenti che non supera il 20% e sopravvivenza mediana di 3-17 mesi. I farmaci maggiormente impiegati sono le antracicline, gli analoghi del platino, gli antimetaboliti, gli antifolici e gli alcaloidi della vinca. Sembrerebbe che solo l’associazione cisplatino con pemetrexed sia in grado di migliorare il tasso di risposta e la sopravvivenza mediana.

7 di 10 Domande

Scenario GG54L: Un uomo di 60 anni si presenta all'attenzione clinica per progressiva e ingiustificata perdita di peso (10 kg nei precedenti 3 mesi), associata ad astenia. L'esame obiettivo evidenzia un'anisocoria pupillare, con pupilla destra miotica. L'occhio destro presenta, inoltre, ptosi palpebrale. Quale delle seguenti indagini diagnostiche risulta piÚ adeguata per individuare la neoplasia che piÚ probabilmente ha determinato tale quadro clinico?














La risposta corretta è la B.
La sindrome di Bernard-Horner o sindrome oculopupillare è una condizione causata da una lesione del tronco del simpatico, che provvede all’innervazione simpatica di testa, occhi e collo: per cui segni caratteristici sono ptosi, miosi e anidrosi omolaterali alla lesione, dovuti a prevalenza della funzione parasimpatica.
Il tronco del simpatico, che è lesionato in caso di sindrome di Horner, è costituito da diverse tipologie di neuroni posti in serie e chiamati neuroni di primo, di secondo e di terzo ordine: la lesione interessa una di queste classi di neuroni per cui distinguiamo:
Cause che possono agire a livello dei neuroni di primo ordine (che si estendono dall’ipotalamo al midollo spinale):
Ictus
Tumore cerebrale
Trauma cerebrale o al collo
Siringomielia
Sclerosi multipla
Encefalite
Sindrome di Wallenburg.
Cause che possono agire a livello dei neuroni di secondo ordine (che si estendono a partire dal midollo spinale, attraversano la parte alta del torace e terminano nel collo):
Tumore polmonare
Schwannoma
Danno vascolare di uno dei principali vasi toracici
Intervento chirurgico a livello toracico
Tiroidectomia
Traumi
Paralisi di Klumpke
Tumore della tiroide o gozzo tiroideo.
Cause che possono agire a livello dei neuroni di terzo ordine (che si estendono dal collo fino alla cute del volto e ai muscoli dell’iride e delle palpebre)
Danno all’arteria carotide
Danno alla vena giugulare
Tumore della base del cranio
Emicrania e cefalea a grappolo
Trombosi del seno cavernoso.
Tra le cause più frequenti di sindrome di Horner vi è il tumore del polmone, ritenuto la causa più comune di morte per neoplasia negli uomini, anche se, negli ultimi anni, è cresciuto il tasso di mortalità anche nelle donne, a causa della diffusione dell’abitudine tabagica. L’iter diagnostico del tumore del polmone prevede in primo luogo l’accertamento dell’effettiva presenza del tumore mediante RX torace e TC torace con mdc, che permettono la visualizzazione della lesione e la sua localizzazione. Il secondo livello diagnostico consiste nella caratterizzazione istologica per accertare la natura e l’istotipo della neoplasia: se il tumore cresce all’interno del bronco, si potranno eseguire prelievi della mucosa bronchiale tramite fibrobroncoscopia, se invece la lesione è periferica si può ricorrere ad agoaspirato e/o a una biopsia TC-guidata. Il terzo livello diagnostico prevede l’esecuzione di una TC total body e di una PET per valutare la presenza di localizzazioni a distanza.

8 di 10 Domande

Quale delle seguenti e' una manifestazione dell'iperventilazione prolungata?














La risposta corretta è la C.
​​​​​​​L’iperventilazione è una condizione dovuta ad una aumentata frequenza respiratoria, da molteplici cause, definita tachipnea. La frequenza respiratoria ha una importanza fondamentale nell’equilibrio acido base del nostro corpo; i principali regolatori del pH ematico sono infatti i polmoni, i reni e i sistemi tampone del sangue. I polmoni permettono una modifica rapida del pH regolando la maggiore o minore eliminazione della CO2. Una ridotta frequenza respiratoria porterà una minore ventilazione alveolare con minore eliminazione della CO2: l’ipercapnia comporterà una acidosi ematica di tipo respiratorio. Al contrario, un aumento della frequenza respiratoria porterà ad una aumentata eliminazione della CO2, con ipocapnia e alcalosi respiratoria. Nell’alcalosi respiratoria il pH ematico sale al di sopra del valore di 7,42. Se questo avviene in maniera acuta, i meccanismi di compenso renale non fanno in tempo ad attivarsi, per cui la sintomatologia sarà più evidente. Il paziente potrà presentare nausea, vomito, aritmie, disturbi neurologici a causa della costrizione del circolo cerebrale (la CO2 è un vasodilatatore), turbe nervose periferiche e muscolari come parestesie, crampi muscolari e tetania, per la presenza di ipocalcemia. In condizioni di alcalosi infatti, il calcio ematico tende a legarsi in misura maggiore alle proteine plasmatiche, riducendo la sua quota libera.
La risposta A non è corretta.
Nell’iperventilazione prolungata, nelle manifestazioni acute, la saturazione arteriosa dell’ossigeno e la sua pressione parziale risultano normali e non si ha quindi ipossiemia. Si può avere ipossiemia nel protrarsi dell’iperventilazione poiché l’ipocapnia causa un ritardo nello stimolo respiratorio.
La risposta B non è corretta.
​​​​​​​Nell’iperventilazione prolungata, l’alcalosi ematica porta ad un maggior legame del calcio ematico alle proteine plasmatiche, causando ipocalcemia e non ipercalcemia.
La risposta D non è corretta.
In caso di alcalosi, oltre all’ipocalcemia, si può avere anche ipofosfatemia per lo spostamento di questo ione all’interno delle cellule
La risposta E non è corretta.
Nell’iperventilazione prolungata si ha nelle fasi iniziali una condizione di normossia o di iperossia, e una ipocalcemia dovuta al maggior legame del calcio alle proteine plasmatiche.

9 di 10 Domande

Quale delle seguenti condizioni NON provoca un aumento del volume residuo respiratorio?














La risposta corretta è la A.
​​​​​​​Il volume residuo viene considerato un volume polmonare statico ed è il volume di gas che rimane all’interno dei polmoni al termine di una espirazione massimale. Ha un valore medio di 1,2 l nelle donne e di 1,4 litri negli uomini, ma può superare anche i 2 l nei soggetti di statura importante. La misurazione del volume residuo non può essere fatta mediante spirometria ma attraverso le tecniche di diluizione dei gas. La valutazione dei risultati ottenuti, ci consente di orientare l’eventuale risultato patologico ottenuto nell’ambito delle incapacità ventilatorie di tipo ostruttivo o restrittivo. L’aumento del volume residuo all’interno del polmone è tipico delle patologie polmonari di tipo ostruttivo, cioè quelle patologie in cui, per riduzione del calibro delle vie aeree o per perdita dell’elasticità polmonare, si ha una riduzione del flusso espiratorio. La sarcoidosi polmonare è una patologia infiammatoria cronica caratterizzata dalla formazione di granulomi. Può causare un quadro respiratorio di tipo restrittivo. Le condizioni restrittive da patologie polmonari intrinseche sono generalmente associate alla fibrosi dell’interfaccia alveolo capillare; il coinvolgimento del parenchima polmonare può limitare la capacità di espansione del polmone e determinare maggiore rigidità, con minore ingresso di aria durante l’insufflazione. Il volume residuo in queste patologie sarà ridotto e non aumentato.
La risposta B non è corretta.
​​​​​​​L’asma è una patologia respiratoria dovuta ad una ipereattività della muscolatura liscia delle vie aeree in risposta a stimoli di varia natura, con ostruzione reversibile o parzialmente reversibile del flusso espiratorio. Rientra fra le patologie polmonari determinanti un quadro respiratorio di tipo ostruttivo. Il volume residuo sarà aumentato.
La risposta C non è corretta.
La broncopneumopatia cronica ostruttiva, come dice il nome, è una patologia infiammatoria cronica del polmone che causa un pattern respiratorio di tipo ostruttivo. A differenza dell’asma, la broncocostrizione non è reversibile. Il volume residuo sarà aumentato.
La risposta D non è corretta.
L’enfisema è una patologia polmonare cronica e progressiva caratterizzata dal sovvertimento dell’architettura polmonare per dilatazione permanente degli acini, con la formazione di bolle, e distruzione della componente elastica interstiziale. E’ una patologia respiratoria con pattern ostruttivo; il volume residuo sarà aumentato.
La risposta E non è corretta.
La sarcoidosi non causa un aumento del volume residuo.

10 di 10 Domande

Il volume di riserva espiratoria rappresenta:














La risposta corretta è la B.
I volumi polmonari sono misurati con la spirometria e consentono di valutare la funzione respiratoria di un paziente. Si possono distinguere volumi polmonari statici, misurati con respirazioni lente, e volumi polmonari dinamici, misurati tramite delle respirazioni veloci.
I volumi polmonari statici comprendono:
- Volume corrente o Volume Tidal: rappresenta la quantità di aria che viene mobilizzata con ogni atto respiratorio non forzato ed è pari circa a 300-500 ml;
- Volume di riserva inspiratoria: è la quantità di aria che dopo un’inspirazione normale può essere ancora introdotta nei polmoni con un’inspirazione forzata;
- Volume di riserva espiratoria: è la quantità di aria che può essere espirata con un’espirazione forzata dopo un’espirazione lenta.
- Volume residuo: rappresenta la quantità di aria che resta nei polmoni a seguito di un’espirazione forzata.
Il più importante volume polmonare dinamico, invece, è il volume espiratorio massimo in 1 secondo (FEV1) che rappresenta la quantità di aria espirata nel primo secondo di un’espirazione forzata.
La somma dei volumi, invece, prende il nome di capacitĂ  polmonare; possiamo identificare:
- Capacità vitale: rappresenta la quantità di aria che può essere mobilizzata con un atto respiratorio partendo da un’inspirazione forzata e arrivando ad un’espirazione forzata; è la somma del volume corrente, quello di riserva espiratorio e quello di riserva inspiratorio;
- Capacità polmonare totale: è la massima quantità di aria che po' essere contenuta nei polmoni; si ricava dalla somma della capacità vitale e volume residuo;
- Capacità inspiratoria: è la massima quantità di aria che si può inspirare con un’inspirazione forzata partendo da una respirazione lenta; è ottenuta dalla somma del volume corrente e del volume di riserva inspiratorio;
- Capacità funzionale residua: è l’aria che resta nei polmoni e nelle vie respiratorie dopo un normale atto respiratorio e si ottiene mediante la somma del volume residuo e del volume di riserva espiratoria.
Un indice importante è quello di Tiffaneau ottenuto dal rapporto tra FEV1 e capacità vitale forzata: consente di differenziare disturbi della respirazione dovuti a cause ostruttive da quelli dovuti a cause restrittive.

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