La risonanza magnetica (RM) è una tecnica di imaging diagnostico che fornisce immagini dettagliate del corpo umano utilizzando campi magnetici, senza esporre il paziente a nessun tipo di radiazioni ionizzanti. Il suo principale vantaggio rispetto alla TC, oltre a non utilizzare radiazioni ionizzanti, è la sua capacità di un’eccellente e maggiore risoluzione di contrasto soprattutto per i tessuti molli, per l’encefalo e per la caratterizzazione di alcune formazioni a seconda della loro composizione; i suoi principali svantaggi sono il tempo lungo di esecuzione dell’esame che non la rende idonea nelle condizioni d’urgenza, i costi elevati, la limitata disponibilità nel territorio e la difficoltà nella valutazione di strutture a contenuto calcico e gassose, oltre che richiedere al paziente la completa immobilità del corpo per tutta la durata dell’esame, cosa non sempre possibile.
Meccanica della RM
Il tomografo a risonanza magnetica è un sistema complesso composto da un magnete, un sistema di radiofrequenze e un sistema informatico di elaborazione.
Il magnete genera il campo statico che serve a differenziare i livelli energetici degli spin, in modo da renderli suscettibili al processo di eccitazione e capaci di produrre un segnale. I magneti si distinguono secondo l’intensità del campo generato, secondo criteri funzionali, secondo la geometria, il tipo e le caratteristiche del magnete.
Le caratteristiche di un campo generato dal magnete sono tre: l’intensità, l’omogeneità e la stabilità. Secondo il tipo, si distinguono magneti permanenti, magneti resistivi, magneti ibridi e magneti superconduttivi.
Secondo il criterio funzionale, i sistemi RM si distinguono in sistemi a corpo intero, che consentono di esaminare tutti i distretti corporei, e sistemi dedicati, atti allo studio di uno specifico distretto.
Secondo la geometria, possono essere classificati in sistemi a magnete chiuso o aperto: i primi possono avere o un tunnel lungo, di tipo tradizionale, o più corto con magnete più compatto e svasato verso l’esterno, per ridurre la sensazione di claustrofobia e consentire l’accesso anche a pazienti obesi; i secondi, a magnete aperto, innovativi, hanno forma di C, resistivi o permanenti, riducono al minimo la sensazione di claustrofobia, consentono manovre chirurgiche ma sono attualmente limitati a campi medi-bassi.
Il sistema di radiofrequenza invia gli impulsi necessari alla formazione del campo H nonché riceve e trasmette il segnale al sistema di elaborazione dati. Tale sistema è costituito da:
emettitore di impulsi o trasmettitore radio;
antenna o bobina RF (in base alla zona corporea da esaminare si distinguono antenna-corpo, antenna-testa, antenna di superficie);
ricevitore.
Il sistema informatico di elaborazione dati elabora, presenta e memorizza i dati acquisiti; la consolle di studio non è più solo un banco di comando, ma un centro di refertazione, con capacità evolute di presentazione, confronto e correlazione di immagini.
Principi di funzionamento di RM
La RM si basa sulla capacità che alcuni nuclei atomici hanno di “risuonare” ossia di assorbire e successivamente cedere energia se sottoposti all’azione di campi magnetici.
Alla base del fenomeno RM c’è il fatto che alcuni nuclei atomici come H1, P31, C13, ed altri, possiedono uno spin intrinseco, ovvero ruotano sul proprio asse generando un campo magnetico detto momento magnetico nucleare. In definitiva possono essere considerati dei dipoli che sono normalmente orientati casualmente, ma che se sottoposti all’azione esterna di un campo magnetico si allineano secondo la direzione di quest’ultimo.
Immagine 01
Immagine 01.Poiché lo spin ha un momento angolare esso non si allinea perfettamente col campo ma precede intorno ad esso con frequenza data dalla frequenza di Larmor (si ricava dalla formula della velocità angolare).
Immagine 02
Immagine 02. Normalmente i vettori sono distribuiti random, per cui si ha un vettore magnetizzazione netta nulla. In presenza di un campo magnetico esterno gli spin si allineano con la direzione del campo (alcuni in un verso altri in quell’opposto) e si ha una magnetizzazione netta
Una condizione di equilibrio è rappresentata dai nuclei di idrogeno costituenti i tessuti biologici nel corpo umano; nel momento in cui si interviene disturbando tale condizione tramite una opportuna radiofrequenza avremo una data risposta dei nostri nuclei di idrogeno che, al termine della applicazione della radiofrequenza, rilasceranno l’energia assorbita sotto forma di radiazione elettromagnetica della stessa lunghezza d’onda della radiofrequenza di disturbo.
Il riassestamento del nucleo rilascia un segnale che verrà utilizzato in seguito per l’elaborazione dell’immagine RM con una tecnica di ricostruzione analoga a quella della TC.
L’immagine RM è formata dalla elaborazione di un segnale elettrico ottenuto dalla captazione delle variazioni di campo magnetico generate dal moto di processione degli spin del campione. Il segnale RM da interpretare non è legato alla densità fisica delle strutture in esame, come nella TC, ma è funzione di molteplici parametri (densità protonica, tempi di rilassamento T1 e T2) e l’operatore può scegliere tra le diverse procedure di indagine (le cosiddette sequenze di impulsi) a seconda del parametro da esaminare. I fattori che influenzano l’immagine sono:
rapporto segnale/rumore;
intensità del campo magnetico;
dimensione della matrice;
numero di rilevamenti del segnale;
spessore dello strato;
tempo dell’esecuzione dell’esame.
L’intensità del segnale è funzione della specificità dei tessuti e cioè della loro densità e dell’ambiente chimico che li circonda: ad esempio i tessuti che appariranno più chiari saranno iperintensi, mentre se il segnale determinerà un’immagine più scura allora si parlerà di segnale ipointenso, mentre un segnale intermedio tra le due situazioni estreme sopra indicate, sarà definito isointenso.
La intensità di un campo magnetico viene misurata in Tesla (m-Kg-s) che corrisponde a 10000 Gauss (cm-g-s): 1 Tesla è pari a 20000 volte l’intensità del campo magnetico terreste. Nei sistemi attualmente commercializzati le più comuni intensità di campo sono di 0.3, 0.5, 1.5 e 3 Tesla: i magneti di 1.0 Tesla o maggiori sono definiti a “alta intensità di campo”, mentre quelli inferiori a 1.0 Tesla sono definiti a “bassa intensità di campo”.
In risonanza si parla di immagini T1 e T2 pesate che sono rappresentative delle caratteristiche fisiche dei tessuti sottoposti a determinate radiofrequenze a determinati intervalli di tempo. Tessuti differenti hanno diverse proprietà T1 e T2, basate sulla risposta dei loro nuclei di idrogeno agli impulsi di radiofrequenza del magnete. Queste differenti proprietà sono usate per stabilire dei parametri (TR e TE) che saranno caratteristici delle immagini in T1 e T2.
Il TR rappresenta l’intervallo di tempo degli impulsi somministrati, TE rappresenta l’intervallo di tempo tra la somministrazione dell’impulso e la ricezione (l’eco) dello stesso: entrambi vengono espressi in millisecondi (ms). I parametri che tengono conto delle proprietà in T1 e T2 saranno caratteristici delle immagini a “densità protonica”. Per esempio, il comportamento del grasso e dell’acqua è opposto nelle immagini T1 e T2 pesate: il grasso è iperintenso nelle immagini T1-pesate e lo è di meno nelle immagini T2-pesate; l’acqua invece è ipointensa nelle immagini T1-pesate ed iperintensa nelle immagini T2-pesate. Per stabilire se una immagine è T1 o T2-pesata dobbiamo guardare il TE ed il TR. I TE bassi sono circa 20 ms e quelli alti circa 80 ms; i TR bassi sono circa 600 ms, e gli alti sono circa 3000 ms. Le immagini T1-pesate avranno dunque basso TE e basso TR, mentre se TR e TE sono alti l’immagine sarà T2-pesata. Infine bassi TE ed alti TR sono utilizzati nelle immagini a densità protonica.
Immagine 03
Immagine 03.A sinistra immagine T1: Il T1 o tempo di rilassamento longitudinale è una misura del tempo richiesto ai protoni per tornare alle condizioni di equilibrio iniziale, grazie alla cessione di energia al microambiente circostante (reticolo). Per ottenere una sequenza SE T1-pesata, si usa un TR breve associato ad un TE breve. La velocità del T1 dipende da numerosi fattori, tra cui l’intensità del campo B0 (cresce all’aumentare di questo) e le dimensioni della molecole (ad esempio, i liquidi hanno un T1 lungo, i lipidi breve). Nelle immagini T1-pesate il liquido cefalo-rachidiano è scuro mentre il grasso è brillante. Le strutture del SNC (sostanza bianca e grigia) hanno dei segnali di intensità intermedia. A destra immagine T2: il T2 o tempo di rilassamento trasversale è una misura del tempo impiegato dallo spin dei protoni per desincronizzarsi. Questa progressiva desincronizzazione determina l’annullamento della magnetizzazione trasversale (nel piano x-y, perpendicolare ai piani che attraversano z). Per ottenere una sequenza SE T2-pesata, si usa un TR lungo associato ad un TE lungo. L’efficienza di T2 dipende da vari fattori come ad esempio le dimensioni delle molecole: più la molecola è piccola più lungo sarà il tempo di desincronizzazione; grosse molecole hanno T2 più brevi. L’acqua ha, quindi, un T2 lungo: i liquidi o, comunque, i tessuti molto idratati, appaiono bianchi brillanti nelle immagini T2-pesate.
Imaging RM
Questi principi sopra enunciati sono importanti da ricordare perché la maggior parte dei processi patologici sono associati ad un incremento del contenuto di acqua e quindi appariranno iperintensi nelle immagini T2-pesate ed ipointensi nelle T1-pesate. Ma anche altri tessuti sono iperintense nelle immagini T1-pesate come, ad esempio, i prodotti degradati del sangue (la metaemoglobina nelle emorragie subacute), il materiale proteico, la melanina ed il gadolinio (mezzo di contrasto usato in RM). Appaiono invece scuri nelle immagini T2-pesate il calcio, i gas, gli esiti remoti di emorragie (emosiderina) ed i tessuti fibrosi. Grazie a questo differente comportamento che il sangue ha in una emorragia è possibile fare considerazioni, per altro approssimative, circa la datazione della stessa: un’emorragia in fase acuta (ossi e desossiemoglobina) è ipointensa o isointensa nelle immagini T1-pesate, diviene iperintensa in fase subacuta ed infine ipointensa in tutte le sequenze per la presenza di depositi di emosiderina nell’ematoma cronico.
Si può usare per uno studio mirato anche una sequenza “fat suppression”. Infatti molti processi patologici sono associati ad un aumento del contenuto di acqua e, perciò, nelle immagini T2-pesate appariranno chiari, ma il grasso rimane anch’esso chiaro in T2 e potendo, così, mascherare il segnale patologico. Per questo motivo la “fat suppression” serve per meglio evidenziare il segnale patologico in T2.
Queste tecniche sono anche utili negli esami con somministrazione endovenosa di contrasto, nelle quali le immagini post-contrasto, solo solitamente T1-pesate, e l’enhancement dei tessuti potrebbero essere apprezzati con difficoltà, particolarmente per le anormalità adiacenti al grasso epidurale o sottocutaneo.
L’angioRM (MRA) permette lo studio esclusivo dei vasi. Con questo tipo di indagine saranno visualizzate solo le immagini dei vasi mentre le immagini delle altre strutture saranno soppresse, inoltre si può ulteriormente selezionare lo studio in base alla direzione del flusso e così studiare le arterie e le vene. Questa modalità d’esame RM è utile per valutare sia i pazienti con sospetto interessamento da parte di processi cerebrovascolari (circolo di Willis e carotide) e sia per lo studio di pazienti con sospetto di trombosi dei vasi venosi profondi.
La colangioRM consente una ottima visualizzazione delle vie biliari intra ed extraepatiche ed ha oggi sostituito del tutto l’esame radiologico tradizionale dell’albero biliare, di fatto rimpiazzando l’esame colecistografico o colangiografico e limitando l’uso della ERCP(Colangio-Pancreatografia-Retrograda per via Endoscopica) principalmente a fini terapeutici come la sfinterotomia o l’estrazione di un calcolo incuneato nella via biliare, consentendo così il posizionamento di un drenaggio nella via biliare e la derivazione interna della bile (drenaggio interno).
La R.M. Funzionale Cerebrale (fMRI) consente l’individuazione di quali strutture encefaliche siano state attivate da una stimolazione senso-motoria o cognitiva, rilevando piccole variazioni dell’ossigenazione ematica che si producono con le modificazioni del flusso ematico loco-regionale indotte dall’attivazione cerebrale.
Mezzi di contrasto (Gadolinio)
Il gadolinio è mezzo di contrasto utilizzato durante gli esami di risonanza magnetica, detto anche contrasto paramagnetico, utilizzato per favorire una più netta distinzione tra vecchie lesioni e nuove lesioni attive, viene somministrato per via endovenosa e viene eliminato dal corpo principalmente attraverso le urine.
Analogamente agli altri mezzi di contrasto, anche quelli da utilizzare in RM devono possedere le usuali caratteristiche:
dipendenza dell’effetto dalla concentrazione;
assenza di reattività in vivo;
non tossicità delle dosi utilizzate;
emivita biologica breve;
facile disattivazione ed eliminazione dall’organismo.
Invece, a differenza dei MdC radiologici e dei radiofarmaci queste sostanze agiscono indirettamente sull’immagine modificando i tempi di rilassamento dei nuclei di H1. La presenza di un centro paramagnetico, influenza i tempi di riallineamento del vettore magnetizzazione dei protoni dell’acqua, la cui risonanza è misurata nella RM a scopo diagnostico: dal momento che le lesioni neoplastiche sono più ricche di acqua rispetto alle zone circostanti e che il mezzo di contrasto tende a stabilirvisi, qui è generato un segnale più intenso rispetto al tessuto sano.
Sono molti i fattori che influenzano l’efficacia del mezzo di contrasto; essi cambiano la loro influenza sulla relassività dei protoni a seconda della posizione del protone stesso rispetto al centro paramagnetico (sfera interna o coordinazione diretta; sfera esterna o interazioni non covalenti). Ne ricordiamo due: la distanza protone-Gd (più breve è la distanza e più velocemente il vettore magnetizzazione si riorienterà), il tempo di vita dell’acqua legata (più protoni subiscono l’influenza diretta del Gd, più saranno i vettori riorientati rapidamente).
Il contrasto tra due tessuti in RM può essere aumentato sia abbattendo che aumentando l’intensità di segnale di uno dei due tessuti.
I mdc si distinguono o in base al tropismo od alle proprietà.
In base al tropismo di organo, i Mdc in RM, oggi disponibili, vengono distinti nelle seguenti classi:
extracellulari: che sono costituiti da ioni metallici chelati a molecole prive di specificità tissutale, capaci di diffusione interstiziale ed escreti per filtrazione glomerulare;
epatobiliari: nei quali è forzata l’escrezione biliare attraverso l’Introduzione nella molecola di gruppi chimici specifici;
reticoloendoteliali: costituiti da sostanze particolate para o superparamagnetiche assoggettate a fagocitosi reticoloendoteliale;
intravascolari: costituiti da macromolecole a lunga persistenza in circolo, come l’albumina e la polilisina, legate a ioni paramagnetici;
gastrointestinali: costituiti da complessi paramagnetici o superparamagnetici dissolti in sostanze approvate per uso alimentare. Sono distinti in positivi o negativi, secondo l’effetto sull’intensità di segnale delle cavità intestinali, o in miscibili o non con il contenuto delle cavità intestinali.
In relazione alle proprietà magnetiche, i Mdc in RM possono essere distinti in 4 classi:
diamagnetici: sono sostanze che presentano un momento magnetico nullo, cioè hanno elettroni orbitali appaiati e non vengono pertanto influenzati dalla presenza del campo magnetico. La loro suscettibilità magnetica è molto piccola e quindi la loro influenza sui tempi di rilassamento T1 e T2 dell’acqua è trascurabile. Queste sostanze non presentano un interesse clinico rilevante, sono state proposte unicamente come m.d.c. per il tratto gastrointestinale;
paramagnetici (Gd3+, Mn2+, Fe3+): sostanze che contengono atomi con momento magnetico positivo (elettroni orbitali spaiati). La caratteristica di queste sostanze è quella di non presentare una “memoria magnetica”. Le proprietà paramagnetiche sono presenti, infatti, solo se sottoposte all’azione di un campo magnetico esterno, quando questo viene rimosso l’effetto magnetico della sostanza è perso. Le sostanze paramagnetiche, che vengono generalmente utilizzate come m.d.c. positivi (T1 rilassanti), sono quelle più interessanti e più utilizzate da un punto di vista clinico (Gd e Fe) perché caratterizzate da un elevato effetto contrastografico accanto ad un elevato range di sicurezza per il paziente. Infatti, anche se la maggior parte degli ioni paramagnetici posseggono un profilo tossicologico sfavorevole, questi sono utilizzati solo sotto forma di chelati. In tal modo si riduce la tossicità dello ione ed il chelante funge nel contempo da veicolo tessutale influenzandone la distribuzione corporea e l’escrezione. Lo ione paramagnetico di maggior interesse è il Gd+++, il quale possiede 7 elettroni spaiati e ha quindi un momento magnetico elettronico elevato. Il chelato più diffuso è i1 Gd DTPA salificato con metilglucamina. Il Gd DTPA non induce, di norma, alterazioni emodinamiche. Il Gd DTPA è escreto rapidamente per via urinaria (emivita di 20 minuti). La farmacocinetica è simile a quella dei MdC iodati uroangiografici. La tossicità è modesta e si estrinseca con incostante, lieve e transitorio aumento del Fe serico per un periodo massimo di 24 ore, e con rare, ma possibili, reazioni anafilattoidi;
ferromagnetici: sono composti di ossido di ferro che conservano un momento magnetico macroscopico anche dopo che il campo magnetico esterno è stato rimosso. Queste sostanze non vengono generalmente utilizzate come m.d.c;
superparamagnetici (ossidi di ferro): sono sostanze di piccole dimensioni che mutano la loro azione magnetica una volta che si aggregano in formazioni di dimensioni maggiori. L’effetto sulla suscettibilità magnetica provocato dall’aggregazione è esponenziale ed è di circa mille volte superiore a quello che si sarebbe ottenuto dalla semplice sommatoria delle suscettibilità delle singole particelle (superparamagnetismo). Queste particelle (ossido di ferro) sono facilmente magnetizzabili fino ad un valore di saturazione dopo il quale, all’aumento del campo magnetico, non corrisponde un aumento di magnetizzazione indotta. La magnetizzazione delle particelle svanisce all’eliminazione del campo magnetico. Queste sostanze, per la loro grande efficacia contrastografica, sono state adottate come base per molti m.d.c. negativi sia per il tratto gastrointestinale che per il fegato;
Ad oggi, il gadolinio è il Mdc e.v. metallico paramagnetico iniettato più diffuso in RM: produce un aumento dell’intensità del segnale nelle immagini T1-pesate.
La quantità di gadolinio da somministrare in un esame di RM è di 0,1 mmol/kg per ev (anche 0,2 mmol/kg).
Pur essendo molto rare le reazioni allergiche, la reazione anafilattoide è possibile e se il paziente riferisce allergie è comunque opportuno fare un’adeguata preparazione antiallergica desensibilizzante, può essere nefrotossico in pazienti con insufficienza renale grave o comunque con scarsa funzionalità renale, pertanto l’utilizzo dei mezzi di contrasto paramagnetici vengono richiesti i comuni esami di laboratorio per valutare lo stato di funzionalità renale (creatininemia ed eGFR).
E’ stata identificata in casi molto rari una malattia, la Fibrosi Sistemica Nefrogenica (NSF), che si verifica solo in pazienti con grave disfunzione renale. Si ritiene inoltre che il rischio per lo sviluppo di questa malattia sia maggiore nei pazienti che hanno avuto o che sono in attesa di trapianto di fegato. La NSF si sviluppa in un arco di tempo che va da alcuni giorni a parecchie settimane dopo la somministrazione di gadolinio: i primi sintomi sono cutanei, rappresentati dalla comparsa sulla pelle di chiazze rosse o brune o di papule. La pelle degli arti e qualche volta del tronco, si presenta ispessita e legnosa al tatto, può assumere l’aspetto di una buccia d’arancia. I pazienti possono avvertire bruciore, prurito o acute fitte di dolore nelle zone colpite; le mani e piedi possono gonfiarsi e possono comparire lesioni a forma di vesciche. In molti casi l’ispessimento della pelle impedisce i movimenti delle articolazioni con la possibilità di contratture (un’incapacità ad allungare le articolazioni ) e immobilità. Altri organi potrebbero essere colpiti quali i polmoni, il fegato, i muscoli ed il cuore. In circa il 5% dei pazienti la malattia ha uno sviluppo molto rapido e progressivo,qualche volta con esito fatale.
Controindicazioni all’esame RM
Le controindicazioni all’esecuzione di una risonanza sono determinate dalla presenza di dispositivi e materiali suscettibili di movimento o di danneggiamento da parte di campi elettromagnetici: pacemakers cardiaci, alcuni impianti cocleari o altri dispositivi di biostimolazione, alcune valvole cardiache, clips aneurismatiche nel cervello, frammenti o schegge metalliche (periorbitali), etc. La potenza dei campi magnetici potrebbe interferire con l’operatività di tali dispositivi.
Per tali motivi è necessario che si raccolga una accurata anamnesi prima dell’indagine RM, escluda, così, dall’indagine i pazienti con queste controindicazioni. Nei pazienti operati è necessario che il paziente esibisca una attestazione del chirurgo che dichiari sia stato usato materiale amagnetico.
Inoltre è indispensabile un avviso di avvertimento sia posizionato vicino alla stanza del magnete sia nell’area contigua esterna, che tale area non sia percorsa né da pedoni né da traffico di veicoli, perché movimenti di masse metalliche in ferro (ascensori, macchine, camion, muletti) potrebbero perturbare il campo magnetico e modificarne l’omogeneità e che abbiano accesso solo persone autorizzate e formate adeguatamente.
Il campo magnetico della RM può smagnetizzare, rendendo inutilizzabili, carte di credito, bancomat o altre tessere magnetiche, nastri magnetici usati per il sistema di archiviazione per immagini, orologi analogici.
La maggior parte dell’acciaio inossidabile non è magnetico e pertanto può essere utilizzato con tranquillità vicino al magnete, ma non tutto l’acciaio inossidabile è sicuro: carrelli, barelle, secchi o qualsiasi altro oggetto metallico e/o magnetico non dovrebbe essere introdotti all’interno della stanza RM.
RM vs TC
I vantaggi della RM rispetto alla TC sono: l’uso di radiazioni non ionizzanti, la possibilità di acquisizione di immagini multiplanari (assiali, coronali, sagittali, oblique), ottimi dettagli anatomici, una maggiore sensibilità nello studio delle alterazioni tissutali, capacità di discriminare tra vari tessuti in base all’intensità del segnale, migliore contrasto di tessuti rispetto alla TC.
I vantaggi della TC rispetto alla RM sono: migliore valutazione di calcificazioni e anomalie di ossificazione, esame di prima istanza nello studio del torace, addome ed organi pelvici, indagine meno costosa, più veloce nell’esecuzione e quindi applicabile nell’urgenza, ampia disponibilità sul territorio e senza disturbi nei claustrofobici.
Per le donne gravide la RM viene riservata alle emergenze (es: compressione del cordone spinale) poiché non è stato completamente dimostrato se il feto, sottoposto ad intensi campi magnetici, subisce o meno danni, soprattutto nel primo trimestre della gravidanza.