Dettagli
- Topografia del torace
- Immagine 02
- Raccolta dell’anamnesi ed esame della sintomatologia funzionale
- Esame obiettivo generale
- Esame obiettivo del torace
- Genesi e classificazione dei rumori ascultatori
- Rumori e sfregamenti pleurici
01.04 – [01.04 – Semeiotica dell’apparato respiratorio] Semeiotica dell’apparato respiratorio
- L’approccio al malato con problemi respiratori, oltre all’esame del torace, deve includere anche la ricerca di manifestazioni extrapolmonari. Consunzione e febbricola in un paziente con tosse cronica che vive in un ambiente sovraffollato, specie se proviene dall’Africa o dall’Est Europa, devono indurre a escludere una diagnosi di tubercolosi. Un paziente con dita a bacchetta di tamburo e unghie a vetrino d’orologio, dimagrito, forte fumatore e con tosse cronica, potrebbe avere invece una neoplasia polmonare. Piccole teleangectasie sulla cute delle mani e sulle labbra in una paziente con dispnea possono essere segni di sclerodermia. Un’anisocoria con enoftalmo e ptosi palpebrale potrebbero essere spia di un tumore dell’apice polmonare.
- Sebbene in questa epoca la tecnologia ha reso sempre più sofisticate le tecniche diagnostiche (Rx torace, TC torace con e senza mezzo di contrasto, TC torace ad alta risoluzione, scintigrafia ventilo-perfusiva e PET), esse non devono mai sostituirsi alla tradizionale e sempre valida semeiotica del torace, che ancora oggi riveste un ruolo assai importante e dirimente per lo studio delle patologie che colpiscono l’apparato respiratorio.
- Un’anamnesi dettagliata è necessaria, poiché alcuni dei sintomi abituali di patologia respiratoria, quali dispnea e tosse, sono di frequente riscontrabili anche in malattie di altri apparati. Ad esempio la dispnea può essere espressione di patologie cardiache, mentre la tosse può essere espressione di patologie legate al reflusso gastro-intestinale, sinusite cronica o patologie cardiache. L’iter diagnostico che deve sempre essere utilizzato per l’inquadramento di una patologia respiratoria (e non solo) consiste nell’eseguire una attenta e scrupolosa raccolta dei dati clinico-anamnestici, un accurato esame obiettivo, soffermandosi su tutti i segni evidenti e sui sintomi riferiti dal paziente, e una giusta interpretazione degli esami laboratoristici funzionali e radiologici.
Topografia del torace
- Il torace, che negli individui normali ha l’aspetto di un tronco di cono con la base rivolta verso l’alto, viene diviso, a scopo topografico e semeiologico, in un versante o parete anteriore, un versante o parete posteriore e due versanti o pareti laterali. In queste pareti si possono tracciare idealmente delle linee che dividono i singoli versanti toracici in regioni.
- Queste linee sulla parete anteriore sono (Immagine 01):
- la linea medio-sternale che dalla fossa del giugulo si porta alla base dell’apofisi ensiforme;
- due linee margino-sternali che costeggiano il bordo dello sterno;
- due linee para-sternali che decorrono a 2-3 cm all’esterno delle margino-sternali;
- due linee emiclaveari che parallelamente alle precedenti si portano dal punto dimezzo delle due clavicole verso il basso.
- Sui versanti laterali si considerano (Immagine 04):
- la linea ascellare anteriore che costeggia il bordo libero del muscolo gran pettorale;
- la linea ascellare posteriore decorrente lungo il margine libero del gran dorsale;
- la linea ascellare media, a metà tra queste due linee e con decorso verticale decorre d’ambo i lati.
- Il versante posteriore del torace (Immagine 02) è attraversato:
- dalle due linee angolo-scapolari che tagliano l’angolo inferiore della scapola;
- dalle due linee para-vertebrali che passano a 2-3 cm dalla linea spondiloidea o apofisaria la quale ultima decorre lungo le apofisi spinose vertebrali.
- Codeste linee dividono le pareti toraciche in regioni. Anteriormente (Immagine 04) si considerano la regione sternale, corrispondente alla proiezione del manubrio e del corpo sternale; le due regioni sottoclaveari comprese tra il bordo inferiore della clavicola, la linea margino sternale e l’ascellare anteriore. In basso le regioni sottoclaveari confinano con le regioni mammarie che hanno una forma quadrangolare e risultano comprese tra linea marginosternale, ascellare anteriore, II costola in alto e VI costola in basso. Le due regioni sottomammarie o ipocondriache hanno una forma triangolare e confinano in alto con le regioni mammarie, lateralmente col prolungamento delle linee ascellari anteriori e in basso con l’arcata costale. Al di sopra della clavicola si trovano le due regioni o fosse sopraclavicolari limitate lateralmente dal margine libero del cucullare e medialmente dal margine posteriore dello sternocleidomastoideo. Lateralmente (Immagine 04) si sogliono considerare le regioni ascellari costituite dal cavo della ascella e le regioni sottoascellari delimitate in basso da una linea, detta toracoaddominale, che costeggia il bordo libero dell’arcata costale e termina posteriormente alla XII vertebra dorsale. Le regioni del versante toracico posteriore sono: le due regioni sopraspinose situate al disopra della spina della scapola, le regioni scapolari delimitate medialmente dal bordo mediale della scapola e in basso dalla VII costola, le regioni interscapolo-vertebrali comprese tra le regioni scapolari e la linea apofisaria e infine le due regioni infrascapolari, corrispondenti alle basi toraciche posteriori delimitate in alto dalle due regioni scapolari e interscapolo-vertebrali e in basso dalla torneo-addominale. I seni pleurici posteriori (o costo diaframmatici posteriori) sono compresi, sulle linee angoloscapolari, tra X spazio intercostale e XI costola; lateralmente, sull’ascellare media tra VIII e X costola.
- Anteriormente a sinistra il seno pleurico anteriore riempie in parte l’incisura cardiaca del lobo superiore, compresa tra il margine superiore della e quello della VI cartilagine costale. I singoli lobi polmonari sono divisibili in zone o segmenti la cui importanza non è solo anatomica (Immagine 03). Infatti le zone polmonari godono di una certa autonomia ,ventilatoria e circolatoria e sono divisi da setti interzonali, costituiti da tessuto connettivo lasso nella cui compagine decorrono le vene intersegmentarie. Il lobo superiore destro presenta tre segmenti: l’apicale, l’anteriore o ventrale e il posteriore. Il lobo medio comprende due segmenti: l’anteriore e il laterale. Il lobo inferiore destro comprende il grande segmento apico-dorsale che occupa tutto l’apice del lobo inferiore e termina sopra la cosiddetta piramide basale. I tre segmenti della piramide basale sono il segmento basale posteriore, il laterale e il basale anteriore. Un quinto segmento, il mediale o cardiaco, ha scarsa importanza semeiologica. A sinistra la distribuzione dei segmenti del lobo inferiore è uguale a quella di destra: manca soltanto il superiore e inferiore, quest’ultimo corrispondente alla cosiddetta lingula cardiaca. I vari processi patologici possono tuttavia mutare i rapporti topografici dei lobi, delle scissure e dei segmenti, a seguito di retrazioni cicatriziali o di atelettasia dei segmenti vicini segmento mediale.
Immagine 01

Immagine 01. Linee della parete toracica anteriore.
Immagine 02

Immagine 02. Linee della parete toracica posteriore.
Immagine 03

Immagine 03. Lobi e segmenti del polmone.
Immagine 04

Immagine 04. Regioni e linee separatrici. Linee separatrici: 1) cervico-toracica; 2) toraco-addominale; 3) ascellare anteriore; 4) ascellare posteriore; 5) emiclaveare. Regioni: 6) sternale; 7) sottoclaveare; 8) mammaria; 9) ipocondrio; 10) vertebrale; 11) sopraspinosa; 12) soprascapolare; 13) sottospinosa; 14) scapolo-vertebrale; 15) sottoscapolare.
Raccolta dell’anamnesi ed esame della sintomatologia funzionale
- La raccolta di una corretta anamnesi ha nelle malattie respiratorie una particolare importanza poiché, forse, più che in malattie di altri apparati o sistemi, essa fornisce al medico elementi che, correttamente interpretati, consentono un prezioso orientamento diagnostico prima ancora della esecuzione dell’esame obiettivo. Normalmente l’indagine anamnestica deve iniziare con l’anamnesi remota familiare e personale. Un particolare rilievo sarà dato alla raccolta della sintomatologia funzionale a carico dell’apparato respiratorio. Nella descrizione di eventuali dolori toracici si chiederà al malato se essi si accentuavano col respiro e con la tosse, se erano accompagnati da febbre e da affanno, se il dolore era iniziato lentamente o bruscamente, se vi erano irradiazioni e verso quale regione.
- Ad esempio nella pleurite il dolore è vivo, continuo, localizzato e insopportabile, soprattutto nelle inspirazioni profonde e durante i colpi di tosse. Talvolta, allo scopo di ridurre le escursioni respiratorie della parete toracica dal lato della pleurite, il malato decombe sulla parte ammalata. Se alla pleurite si accompagna versamento pleurico, il dolore pleuritico regredisce per l’allontanamento dei due foglietti pleurici infiammati che interrompono lo sfregamento.
- Nell’anamnesi di un paziente pneumologico, si chiederà al malato se ha o ha avuto tosse, se questa era stizzosa, non produttiva o seguita da emissione di catarro, se si accompagnava ad affanno e sibilo orale, se aveva rapporto con il decubito ecc.
- In soggetti con abitudine tabagica, l’indagine anamnestica potrà rilevare che da qualche tempo la tosse aveva cambiato carattere essendo divenuta più insistente e più stizzosa. Non sempre il malato fornisce descrizioni esatte della sua espettorazione: occorrerà indagare se questa è abbondante o scarsa, preceduta o non da crisi di tosse, se l’escreato è bianco, giallo o verde, se è denso o mucinoso. Nel sospetto di vomiche, si chiederà al paziente se ha emesso materiale liquido, purulento, putrido o acquoso a bocca piena accompagnato da improvviso gorgoglio retrosternale ed eventuale senso di soffocamento e se tali vomiche si ripetevano in particolari posizioni del torace o in particolari decubiti. Nei pazienti che riferiscono di aver espettorazione mista a sangue o emottisi (Tavola 01), si indagherà sul come la emissione di sangue è avvenuta, se preceduta o accompagnata da tosse, con o senza gorgoglio retrosternale, se il sangue era rutilante e commisto a bolle d’aria, oppure se l’emissione di sangue è avvenuta con sforzi di vomito preceduti da senso di nausea, ancora se la fuoriuscita di sangue dalla bocca era stata preceduta qualche ora prima da epistassi. La dispnea (ovvero la sensazione che il malato avverte di “fame d’aria”) si indagherà se è continua o accessionale, diurna o notturna, preceduta o no da tosse e se di pari passo con l’aumento dell’affanno si siano verificati edemi agli arti inferiori, palpitazione di cuore, senso di peso all’epigastrio, oliguria ecc. Nei malati di enfisema la dispnea, pur accentuandosi, talora in maniera intollerabile, con gli sforzi o con la semplice deambulazione, è continua con riacutizzazioni accessionali che seguono ai frequenti insulti di tosse. Rispetto alla dispnea di origine cardiaca o a quella che consegue a brusche riduzioni della superficie respiratoria (pleurite essudativa, Pneumotorace spontaneo, corpi estranei nei bronchi) la dispnea dell’enfisematoso è caratterizzata da una progressione lenta (della durata di anni) e dalla assenza, almeno prima che si stabilisca il cuore polmonare, di tachicardia, edemi, oliguria ecc.
Esame obiettivo generale
- La costituzione morfologica, il decubito e il tipo del respiro sono i primi rilievi che si impongono al medico il quale si accinga all’esame obiettivo di un soggetto affetto da una malattia respiratoria. Nell’ambito della costituzione morfologica distinguiamo quella longitipica estrema a quella brachitipica pronunciata. Lo stato di nutrizione del malato in esame non va confuso con la sua costituzione. Fra le malattie che possono determinare gravi stati di denutrizione e cachessia dominava in passato la tubercolosi. Oggi gravi decadimenti dello stato di nutrizione possono aversi invece nelle neoplasie polmonari primitive o metastatiche, ma è anche una comorbidità del pz BPCO in stadio avanzato di malattia. Il decubito può essere attivo o passivo a seconda che il malato sia in grado o meno di assumere e mantenere una posizione qualsiasi (decubito indifferente) oppure il decubito, pur essendo attivo, è limitato ad alcune posizioni perché altre provocano all’infermo sofferenze e fastidi (decubito obbligato). Nel decubito passivo il malato giace abbandonato nel suo letto ed è incapace di modificare con le proprie forze la posizione in cui viene messo. Il decubito laterale obbligato si ha nelle pleuriti, negli ascessi polmonari, nelle bronchiectasie e negli empiemi perforati nei bronchi. Nelle pleuriti secche il malato preferisce il decubito supino o semiseduto. Talvolta, allo scopo di ridurre le escursioni respiratorie della parete toracica dal lato della pleurite, il malato decombe sulla parte sede di patologia. Ciò avviene anche nelle pleuriti essudative a grande versamento ma per ragioni diverse. Infatti lo spostamento del mediastino e le conseguenti turbe di ventilazione del polmone sano, nonché le sofferenze cardiache, vengono attenuati col decubito sul lato del versamento poiché le escursioni respiratorie divengono più ampie a livello del polmone sano, mentre per effetto della gravità il cuore e il mediastino tendono a riprendere la loro posizione mediana. Anche nelle bronchiectasie, negli ascessi polmonari e negli empiemi fistolizzati nei bronchi, il malato evita di decombere dal lato sano poiché tale decubito, favorendo il deflusso del pus nell’albero bronchiale, determina immediatamente tosse stizzosa ed espettorazione. Il ritmo e il tipo del respiro possono essere alterati in varie malattie in modo diverso. Nei soggetti sani adulti di sesso maschile il respiro è in genere di tipo costo-addominale cioè misto mentre nelle donne e nei bambini prevale il respiro addominale. Nei versamenti addominali, nelle paralisi del diaframma e nelle donne durante la gravidanza, il respiro tende a divenire prevalentemente o esclusivamente costale. Nelle malattie del torace che limitano le escursioni delle coste (fibrotorace bilaterale, esiti di toracoplastiche estese con fibrotorace contro-laterale ecc.) il respiro diviene quasi esclusivamente diaframmatico-addominale sempre che il diaframma (come invece avviene spesso negli esiti di toracoplastiche, pneumotoraci, frenicoexeresi ecc.) non sia paralizzato o bloccato. Il numero degli atti respiratori in un soggetto adulto normale è di 16-20 al minuto. L’emozione, lo sforzo muscolare, un pasto particolarmente copioso, la febbre, alcuni stati tossici, tutte le malattie che compromettono il normale svolgimento degli scambi respiratori a livello del polmone o dei tessuti determinano aumento di frequenza degli atti del respiro che in genere divengono anche superficiali e brevi (tachipnea); altre volte invece i respiri, nonostante la loro frequenza, conservano una normale profondità (polipnea). La tachipnea e la polipnea possono accompagnarsi alla sensazione di fame d’aria (dispnea). Tachipnea e polipnea possono ricorrere nella polmonite, broncopolmonite, nella pleurite secca (in cui la tachipnea è in parte riflessa, in parte dovuta a impossibilità di eseguire inspirazioni profonde a causa del dolore), nella pleurite essudativa, Pneumotorace a valvola, nell’enfisema polmonare, nei processi che ostacolano la normale penetrazione di aria nel sistema tracheobronchiale (“croup” laringeo, paralisi dei ricorrenti, tumori e corpi estranei della laringe, della trachea e dei bronchi, stenosi cicatriziale della trachea e dei grossi bronchi ecc.). Nelle stenosi laringo-tracheali l’aumento di frequenza del respiro si accompagna a un rumore udibile a distanza detto “cornage” La tachipnea si osserva inoltre nell’Asma Bronchiale ed è accompagnata da una dispnea prevalentemente espiratoria data dal broncospasmo, l’edema e il muco che ostacolano la fuoriuscita dell’aria.
- Nelle pleuriti essudative quando il versamento è molto abbondante, la dispnea può essere causata, oltre che dalla riduzione della superficie respiratoria, anche dallo spostamento mediastinico con riduzione della ventilazione del polmone opposto e dalla conseguente sofferenza del cuore nonché dalla azione di tossine sul centro respiratorio. Nella semeiotica polmonare dobbiamo ricordare alcuni pattern respiratori patologici: nel coma diabetico si osserva una particolare profondità della inspirazione seguita da una breve espirazione (respiro di Kussmaul). Un graduale aumento di profondità degli atti del respiro seguito da un progressivo affievolimento degli stessi fino alla apnea, cui segue nuovamente una ripresa del respiro con gli stessi caratteri, è chiamato respiro di Cheyne-Stokes, mentre nel respiro di Biot gli atti respiratori si arrestano bruscamente per riprendere dopo un breve periodo di apnea con normale intensità. Queste alterazioni del ritmo del respiro, abbastanza comuni nelle malattie dell’encefalo e del sistema cardiocircolatorio, sono piuttosto eccezionali nelle malattie respiratorie.
- La disfonia è avvertita dal malato specie se inizia bruscamente come nella paralisi di una corda vocale (compressione del nervo ricorrente da neoplasie o linfonodi mediastinici, aneurismi dell’arco aortico ecc.). Nella Tubercolosi e nel cancro della laringe, la disfonia è graduale e spesso è notata dai congiunti prima che dal malato.
- Dopo aver esaminato costituzione, stato nutrizionale, il respiro e le sue caratteristiche e la fonazione, consideriamo nell’esame obiettivo del paziente pneumologico ricordiamo segni riconducibili a quadri sindromici specifici.
- Un cenno particolare meritano, per i loro intimi rapporti con alcune malattie respiratorie, le dita a bacchetta di tamburo o dita ippocratiche. Esse si riscontrano frequentemente nelle bronchiectasie, negli ascessi polmonari cronici, nel polmone policistico ecc., mentre sono di rilievo piuttosto eccezionale nella tubercolosi. Nel carcinoma bronchiale l’ippocratismo digitale può manifestarsi rapidamente per scomparire talora dopo l’asportazione chirurgica del polmone ammalato.
- L’anisocoria è relativamente frequente nelle tisi croniche dell’apice: in genere vi è una midriasi dal lato della affezione polmonare per effetto di una irritazione del simpatico cervicale. La sindrome di Claude Bernard-Horner (enoftalmo, miosi e rimpicciolimento della rima palpebrale) si osserva nelle linfoadeniti tubercolari laterocervicali o dopo interventi chirurgici sul torace. La sindrome corrisponde a una interruzione delle fibre simpatiche cervicali dovuta a compressione o a involontaria sezione chirurgica. Per concludere la nostra prima esamina del pz pneumologico, prima di iniziare le quattro fasi dell’esame obiettivo toracico, ricordiamo di effettuare:
- ispezione del cavo orale poiché nei soggetti colpiti da ascesso o gangrena polmonare o da bronchiectasie, è caratteristico il fetore dell’alito che in taluni casi diviene insopportabile;
- esame del collo per non trascurare il rilievo di linfoghiandole ingrossate o di cicatrici da pregresse adeniti tubercolari fistolizzate, nonché di turgore unilaterale della giugulare che si accentua nella posizione orizzontale.
Esame obiettivo del torace
Ispezione
- È stato già detto come il torace del soggetto normale abbia una forma tronco-conica rovesciata con sviluppo armonico dei singoli diametri e dei muscoli che ricoprono l’impalcatura scheletrica.
- Il torace enfisematoso o torace a botte è caratterizzato da un atteggiamento inspiratorio fisso, con costole a decorso quasi orizzontale, spazi intercostali stretti, diametro antero-posteriore aumentato, clavicole orientate verso l’indietro e in alto, angolo del Louis pianeggiante e angolo epigastrico ottuso. È accentuata su tali soggetti la normale lordosi del tratto dorso-lombare della colonna. Altre particolari conformazioni del torace sono il torace carenato e il torace a imbuto. Il primo, detto anche petto di gallinaceo, ricorda per la sporgenza dello sterno la carena di una nave, mentre nel torace a imbuto (o torace da calzolaio) la porzione inferiore del corpo dello sterno è infossata a guisa di imbuto. Nelle deformazioni della colonna vertebrale di origine rachitica (cifoscoliosi) o pottica (gibbo) il torace si adatta all’abnorme situazione statica della colonna assumendo forme e diametri che si discostano molto da quelli normali.
- Semeiologicamente importanti nelle malattie respiratorie sono le asimmetrie del torace che si distinguono in statiche e dinamiche. Le cause che possono determinare queste asimmetrie sono molteplici: modificazioni di forma e di posizione della colonna vertebrale di origine rachitica o pottica, distrofie neuromuscolari di genesi neurogena ecc., oppure affezioni endotoraciche interessanti la pleura, i polmoni o il mediastino. Le asimmetrie statiche, apprezzabili anche in apnea, possono manifestarsi come dilatazione i un emitorace (presenza di un Pneumotorace o di un versamento pleurico). La emidilatazione toracica è quindi passiva. Le retrazioni di un emitorace si verificano nell’atelettasia di un intero polmone. La retrazione può anche essere causata da processi polmonari o pleuropolmonari a tendenza fortemente retrattile come nella sclerosi polmonare diffusa, nel fibrotorace, nella pachipleurite ecc. La retrazione di un emitorace può, infine, essere la conseguenza di interventi chirurgici, come toracoplastica, emitoracectomia ecc.
- Semeiologicamente la emidilatazione toracica si rivela con sollevamento della spalla, maggiore obliquità della clavicola verso l’alto, appianamento delle fosse sopra e sottoclaveari e allargamento degli spazi intercostali. Nelle emiretrazioni toraciche si rileva un abbassamento della spalla con maggiore obliquità delle costole, riduzione degli spazi intercostali, accentuazione delle fosse sopra e sottoclaveari, distacco delle scapole dal tronco con abbassamento dell’angolo rispetto al lato sano e avvicinamento di tutta la scapola alla colonna vertebrale. Le asimmetrie dinamiche sono caratterizzate invece da una ineguaglianza dei movimenti respiratori fra i due lati. Tali disordini unilaterali della motilità respiratoria possono interessare in blocco tutta la parete oppure essere limitate a singole zone del torace. È da rilevare comunque che le asimmetrie dinamiche sono più evidenti su quei territori toracici che sono normalmente dotati di maggiore mobilità come la parete anteriore e laterale. Le alterazioni unilaterali della mobilità toracica possono manifestarsi come un ritardo di espansione (di più facile rilievo alla palpazione) oppure come riduzione di ampiezza delle escursioni respiratorie. In taluni casi si può arrivare alla immobilità di un emitorace. Tali gravi alterazioni della motilità respiratoria di un emitorace si osservano nei fibrotoraci postpleuritici, postpneumotoracici, oppure dopo interventi estesi di toracoplastica, pneumonectomia o emitoracectomia. L’ispezione della regione cardiaca nelle malattie respiratorie può essere di una certa utilità in quanto può mettere in evidenza pulsazioni in sede anormale e ciò a seguito di spostamenti del cuore per pneumotorace, versamenti, fibrotorace ecc. o in conseguenza di retrazioni dei margini polmonari che abitualmente ricoprono parte del cuore (atelettasia, sinfisi pleurica, fibrotorace ecc).
- In quest’ultimo caso, specie se il soggetto è magro e se la retrazione ha avuto luogo a sinistra, si potranno vedere le pulsazioni del cono della polmonare in corrispondenza del II o III spazio intercostale sinistro.
Palpazione
- La palpazione del torace viene eseguita sia per controllare alcuni dati osservati all’ispezione sia per fornire altri dati non rivelabili in altro modo; essa serve pertanto a studiare i seguenti fenomeni a carico del torace:
- espandibilità del torace mediante il posizionamento delle mani a piatto in zone simmetriche dei due emitorace, a diversa altezza, sulla superficie anteriore, laterale e posteriore (in questa maniera è possibile acquisire anche la frequenza respiratoria);
- identificazione delle zone dolorose attraverso la compressione con i polpastrelli dell’indice e del medio avvicinati, o con un solo dito se si tratta di ricercare la sensibilità di particolari punti dolorosi;
- fluttuazione, crepitio, pulsazione: la fluttuazione di una zona del torace si riscontra praticamente solo negli empiemi pleurici che si siano fatti strada attraverso gli spazi intercostali nel sottocutaneo (empiema necessitatis) e negli accessi dei tegumenti. Può anche rilevarsi in alcuni ematomi sottocutanei pulsanti, esiti di rottura di aneurismi. Il crepitio sottocutaneo può avvertirsi in caso di fuoriuscita di aria dal cavo pleurico nel sottocutaneo, enfisema sottocutaneo, evidenza non rara nei pneumotoraci terapeutici;
- fremito vocale tattile (f.v.t.): le vibrazioni delle corde vocali, durante l’eloquio, vengono trasmesse lungo la colonna d’aria della trachea e dei bronchi e attraverso il tessuto polmonare sino alla parete toracica; possono essere percepite come una sensazione vibratoria di fremito applicando una mano a piatto sul torace e invitando il paziente a pronunciare la parola trentatré perché ricca di consonanti.
- Varianti fisiologiche del fremito vocale tattile: in condizioni fisiologiche il fremito vocale tattile è tanto più intenso quanto più forte è la voce e quanto più bassa la tonalità (numero di vibrazioni nell’unità di tempo). Perciò si avverte meglio nell’uomo e nei soggetti magri, meno nella donna, nel bambino, nei soggetti muscolosi o nei soggetti obesi.
- Esistono poi delle differenze nell’intensità del fremito a seconda delle regioni toraciche: si avverte di più nelle parti alte e sulla superficie anteriore del torace (perché più vicine ai grossi bronchi), sulla superficie posteriore si percepisce meglio negli spazi interscapolari perché più vicini alla biforcazione della trachea. Variazioni patologiche del fremito vocale tattile: può essere rinforzato, indebolito o abolito.
- Le vibrazioni foniche si trasmettono meglio quanto più omogenei sono i tessuti da attraversare e in assenza di interruzioni della colonna d’aria che attraversa l’albero tracheo-bronchiale.
- Pertanto si può avere il rinforzo del f.v.t. in due circostanze: quando esiste un addensamento polmonare per cui il parenchima polmonare si trasforma in una massa più solida e omogenea e perciò migliore conduttrice delle vibrazioni (polmonite, infiltrazioni tbc o neoplastiche, nell’infarto polmonare). In tali circostanze però la condizione indispensabile perché si abbia il rinforzo del fremito è che il bronco corrispondente sia pervio.
- La presenza di cavità ripiene d’aria in comunicazione con un bronco (bronchiectasie, caverne polmonari di natura tubercolosica, cavità ascessuali) rappresenta un altro esempio di rinforzo del f.v.t.
- L’indebolimento del f.v.t. o addirittura la scomparsa si possono osservare nei seguenti casi: nelle affezioni laringee che provochino afonia, nelle occlusioni dei bronchi o nelle stenosi della trachea o dei bronchi di tipo intrinseco (presenza di essudati bronchiali, spasmo dei piccoli bronchi come l’asma) o estrinseco (compressione da aneurismi, adenopatie, tumori, versamenti pleurici cospicui), nell’edema polmonare per la presenza di trasudato sieroso nell’interno degli alveoli che ostacola la trasmissione delle vibrazioni foniche nell’Enfisema polmonare per la diminuita elasticità e tensione del parenchima polmonare e per la aumentata resistenza e scarsa elasticità della parete toracica, nelle raccolte pleuriche liquide (idrotorace pleuriti essudative, sierose o purulente, emotorace), gassose (pneumotorace) o miste (idro-pio-pneumotorace).
- Nelle flogosi secche della pleura l’attrito tra i due foglietti sierosi durante gli atti respiratori dà origine a delle vibrazioni che acusticamente vengono avvertite come dei particolari rumori di strofinio, sono gli sfregamenti pleurici, alla palpazione sono fremiti da sfregamenti pleurici. Il fremito da ronchi e rantoli si apprezza palpatorialmente quando, durante gli atti respiratori, l’aria deve passare attraverso punti stenosanti dei bronchi o attraverso punti in cui il lume bronchiale è occupato da essudato e corrispondono auscultatoriamente ai ronchi e ai rantoli.
Percussione
- La percussione del torace ha lo scopo di delimitare i confini degli organi in esso contenuti (percussione topografica) e mettere in evidenza alterazioni morfologiche in base a differenze del suono plessico in zone simmetriche dei sue emitoraci (percussione comparativa).
- La percussione topografica superficiale permette la delimitazione degli apici, dei margini polmonari, e del cuore. Topograficamente gli apici arrivano all’apofisi spinosa della VII vertebra cervicale. In casi di infiltrazione o sclerosi di un apice, si riscontrerà un abbassamento della sonorità apicale.
- I margini polmonari inferiori confinano, nell’emitorace destro col fegato, nel sinistro dall’indietro in avanti con rene, milza e stomaco.
- I margini polmonari inferiori possono presentarsi spostati rispetto alla loro normale disposizione topografica nel senso che possono trovarsi sollevati o abbassati. Uno spostamento in alto si può avere per retrazione del polmone (quale esito di processi fibrotici), per presenza di liquido nel cavo pleurico, o per sollevamento del diaframma (provocato da meteorismo, ascite, epatosplenomegalia, tumori intraddominali ecc.). Uno spostamento in basso si ha (oltre che nella posizione eretta in soggetti con visceroptosi) abitualmente nei soggetti enfisematosi, nei quali il polmone, per la diminuita elasticità del parenchima, si trova in uno stato di permanente distensione inspiratoria.
- La ricerca della mobilità dei margini polmonari è in relazione con la coesistenza degli spazi complementari che nella inspirazione si dispiegano permettendo così la penetrazione in essi dei margini polmonari. Pertanto non vi potrà essere mobilità respiratoria dove non esistono seni complementari (apici), mentre la mobilità sarà ampia là dove i recessi pleurici sono più sviluppati (basi polmonari). L’ampiezza dell’escursione inspiratoria di tali margini è diversa nelle varie linee del torace, in rapporto alla differente profondità del seno costo-diaframmatico (maggiore sulle ascellari che non in avanti e posteriormente) e il valore medio è di circa 3-4 cm. Un metodo utilizzato per verificare la mobilità dei margini polmonari inferiori è quello di eseguire una percussione (piuttosto leggera) prima a respirazione tranquilla, segnando con la matita il limite polmonare trovato, e poi durante una inspirazione profonda. Tale indagine viene effettuata posteriormente, lateralmente e a destra lungo l’emiclaveare. A sinistra si cercherà la mobilità del margine polmonare sinistro del cuore.
- Modificazioni del normale suono polmonare (suono chiaro polmonare) sono: suono iperfonetico, suono ipofonetico, suono ottuso, suono timpanico, suono metallico.
- L’iperfonesi è caratterizzata da un suono di percussione abnormemente intenso, profondo e di lunga durata (“suono di scatola” o “suono di cuscino”). Lo si osserva soprattutto nell’enfisema e nel pneumotorace. In entrambi i casi l’iperfonesi è dovuta a un aumento della massa d’aria rispetto al tessuto polmonare vero e proprio. Nell’enfisema l’iperfonesi tende a coprire l’ottusità del cuore e del fegato.
- Uno smorzamento del suono chiaro polmonare, che può andare attraverso infinite gradazioni dalla ipofonesi all’ottusità completa, si ha in concomitanza della riduzione del contenuto d’aria in corrispondenza della zona del torace ove si percuote.
- L’ipofonesi (o riduzione del suono, smorzatura plessica) è caratterizzata dal fatto che il suono plessico è più alto, più debole, e più breve di quello normale. Perché un focolaio patologico del polmone determini una ipofonesi apprezzabile, occorre che esso sia perlomeno grosso quanto una prugna e non disti dalla parete dove si pratica la percussione più di 3-4 cm. Tutti i processi patologici del polmone che si accompagnano alla diminuzione del contenuto aereo degli alveoli (broncopolmoniti, polmoniti sublobari o centrali, tubercolosi, cisti piene, tumori, infarti ecc.) possono dare una ipofonesi più o meno evidente.
- L’ottusità (o afonesi) è caratterizzata dall’assenza di ogni tonalità del suono di percussione i cui caratteri acustici sono quelli di un rumore. Ciò si verifica in tutti quei casi in cui il tessuto areato del polmone è sostituito da una massa compatta (epatizzazione) oppure allorquando, tra polmone areato e parete si frappone uno stato sufficientemente spesso d liquido. Il rumore che in tali patologiche condizioni si provoca e la resistenza che la mano e il dito avvertono nell’effettuare la percussione sono analoghi a quelli che si ottengono percuotendo delle masse muscolari, donde la denominazione di “ottusità di coscia”. Fra tutte le affezioni pleuro-polmonari quelle che più facilmente possono determinare ottusità di coscia con senso di resistenza sono i tumori maligni pleuro-polmonari e le pleuriti a grande versamento. In caso di versamento liquido nel cavo pleurico l’ottusità comincia a manifestarsi in basso e posteriormente, con l’incrementarsi del liquido, essa risale gradualmente in alto. Si verrà a determinare una zona in cui il liquido è disposto sottoforma di un cuneo rivolto verso l’alto, che si interpone tra parete toracica e polmone parzialmente collassato.
- Il limite superiore dell’ottusità nelle pleuriti essudative è contrassegnato da una linea paraboloide la quale partendo dalla colonna vertebrale (e più precisamente dall’apice del triangolo paravertebrale di Grocco) si sposta verso l’esterno e verso l’alto raggiungendo il suo vertice nella linea ascellare. posteriore per degradare poi verso l’ascellare anteriore (linea di Damoiseau-Ellis). L’angolo aperto verso l’alto e compreso fra linea apofisaria e il tratto ascendente della linea di Damoiseau è noto come triangolo di Garland, ed è un triangolo con normale sonorità plessica (Immagine 05).
- Infine è probabile che il versamento si raccolga e si mantenga in quelle zone del cavo pleurico ove la mobilità respiratoria della parete toracica è minore, e queste sono appunto le regioni dorsali.
- Il liquido delle pleuriti essudative è scarsamente mobile con gli spostamenti del tronco; lo è di più negli idrotoraci (da cardiopatie scompensate, nefriti, discrasie ecc.). Il massimo della mobilità si osserva tuttavia negli idro-pneumotoraci. In tali condizioni l’ottusità basale ha un limite orizzontale e si sposta rapidamente a seconda della posizione del tronco (“ottusità mobile”).
- Il suono timpanico è caratterizzato da una particolare risonanza ed è facilmente riproducibile eseguendo una percussione digito-digitale sulle gote gonfiate o sulla parete addominale, in corrispondenza dello stomaco o del colon. Nel polmone normale non si rileva mai un suono di percussione a carattere timpanico, mentre lo si rileva nel pneumotorace, nelle grosse caverne. Sopra la trachea e la laringe è rilevabile un suono timpanico schietto, modificabile con la apertura e chiusura della bocca; la presenza di questo timpanismo sullo sterno è riscontrabile nelle estese infiltrazioni polmonari o versamenti pleurici molto abbondanti (suono tracheale di Williams).
- Il suono metallico è un suono a tonalità elevata che ricorda quella dei corpi metallici e si può riprodurre percuotendo col dito sulla mano appoggiata al proprio orecchio. È un fenomeno cavitario e per la sua produzione è necessario che la cavità sia superficiale, che le sue pareti siano lisce, che le sue dimensioni non siano inferiori a 6 cm di diametro e che sia chiusa o se comunicante coi bronchi che l’apertura sia molto ristretta: la cavità cioè deve essere tale da permettere la riflessione delle onde sonore.
Immagine 05

Immagine 05. Triangolo di Garland e di Grocco.
Auscultazione
- L’auscultazione va eseguita analogamente alla percussione, separatamente da un lato e dall’altro. Solo in un secondo tempo si potrà procedere al confronto tra i due lati. Con l’auscultazione si ricercheranno le modificazioni del murmure vescicolare e l’eventuale presenza di rumori aggiunti, patologici. Le alterazioni del murmure respiratorio possono essere quantitative o qualitative. Le prime comprendono il respiro indebolito, il respiro rinforzato e il respiro interciso. Quelle qualitative invece sono costituité dal respiro aspro, dal respiro bronchiale e dal respiro bronco vescicolare. Il respiro bronchiale può a sua volta manifestarsi nelle seguenti forme: soffio tubarico (polmonite), soffio pleurico (versamento pleurico), soffio anforico (caverne), soffio anforometallico (pneumotorace) e soffio versatile o respiro metamorfosante (caverne).
- Il respiro o murmure vescicolare, che si ausculta sopra polmoni normali o in zone polmonari distanti da lesioni patologiche, è caratterizzato da una fase inspiratoria, piuttosto lunga, paragonabile a una “f” aspirata, e da una fase espiratoria molto più lieve e più debole, alitante.
- Un evidente indebolimento del respiro (respiro fievole, respiro scarso, ipopnea) può riscontrarsi nelle ostruzioni parziali delle vie respiratorie (stenosi nasale, corpi estranei in trachea e nei grossi bronchi, stenosi bronchiale ecc.), nella riduzione delle escursioni respiratorie della gabbia toracica (aderenze, cotenne, fratture costali), nella interposizione di aria (pneumotorace) o liquido (pleurite) fra polmone e pleura; infine per riduzione della superficie respirante dovuta a processi infiltrativi, distruttivi fibrotici ecc.
- Il respiro rinforzato si riscontra in quelle condizioni che determinano un aumento della velocità della corrente aerea e un aumento della ventilazione (sforzi muscolari ecc.), oltre che in polmoni in funzione vicariante (Pneumotorace contro laterale, pneumonectomia).
- Ultimo fra le alterazioni quantitative del respiro il cosiddetto respiro interciso o saccadé caratterizzato da una discontinuità del rumore respiratorio, interrotto da brevi pause o “salti”. Esso si riscontra in casi di stenosi parziali di un bronco provocato da catarro mucoso o nelle stenosi a valvola.
- Le modificazioni qualitative del respiro comprendono anzitutto il respiro aspro (respiro rude, respiro granuloso) caratterizzato dalla scomparsa della dolcezza propria del respiro vescicolare che appare sostituito da un rumore respiratorio più rude, quasi gutturale. Tale alterazione del murmure respiratorio si riscontra in quei casi in cui il lume bronchiolare è ristretto e la rugosità della sua superficie interna determina la comparsa di vortici nella corrente aerea.
- Il respiro bronchiale altro non è che il soffio laringo-tracheale trasmesso in zone ove normalmente non è percepito. Infatti il soffio tracheale fisiologico è apprezzabile in soggetti sani solo sulla trachea e posteriormente in corrispondenza della VII vertebra cervicale.
- Le caratteristiche del respiro bronchiale sono quelle di una notevole asprezza sia nella inspirazione che nella espirazione (ricorda una “eh” tedesca), una uguale durata delle due fasi (contrariamente a quanto avviene nel respiro vescicolare) e una elevata tonalità (fino a 3000 Hz secondo Landes).
- Quando il contenuto aereo degli alveoli è stato sostituito da essudato, ammassi cellulari, fibrina ecc. diviene una massa compatta, idoneo a trasmettere i toni alti. Si potrà pertanto apprezzare il soffio bronchiale nelle polmoniti, nella broncopolmonite confluente, nella tubercolosi, negli infarti e nei tumori polmonari che non abbiano determinato occlusione del bronco. Infatti le vibrazioni della massa aerea che si originano nel sistema laringo-tracheale si trasmettono per via aerea endobronchiale e si arrestano là dove esiste (come nel cancro bronchiale) una occlusione del lume bronchiale. Un soffio bronchiale si può avere anche nelle pleuriti con versamento abbondante. In tali casi il polmone atelettasico forma con il versamento una massa continua e compatta che trasmette alla parete il soffio laringo-tracheale.
- Il soffio bronchiale può presentarsi in clinica con caratteristiche acustiche variabili a seconda della malattia che lo ha determinato. Le varietà del soffio bronchiale sono: il soffio tubarico (caratteristico della polmonite crupale) più acuto e a carattere meno aspro del soffio laringo-tracheale; il soffio leuritico più dolce ancora del soffio tubarico e a caràttere “belante” e infine il soffio anforico e il soffio anforo-metallico: il primo (paragonabile al rumore che si provoca soffiando energicamente nel collo di un’anfora o rasente all’orifizio di una bottiglia) è caratteristico delle caverne e la sua genesi ripete il fenomeno dell’anfora ove la corrente aerea, passando dal collo ristretto alla cavità interna dell’anfora, vi produce dei vortici. E sono questi vortici che generano i fenomeni di risonanza metallica caratteristici di questo tipo di respiro.
- Il soffio anforo-metallico, assai simile al precedente, si osserva in genere sopra pneumotoraci e idropneumotoraci ipertesi. Il respiro bronco-vescicolare è prodotto dal sovrapporsi, su uno stesso focolaio di auscultazione, del rumore respiratorio proveniente da distretti polmonari diversi, alcuni normalmente aerati, altri in fase di epatizzazione.
Genesi e classificazione dei rumori ascultatori
- In condizioni normali la penetrazione di aria nell’albero tracheo-bronchiale e i movimenti respiratori nei polmoni si svolgono senza determinare rumori all’infuori del caratteristico murmure vescicolare e, in alcune sedi, del soffio laringotracheale. Pertanto il rilevamento acustico diretto o indiretto di rumori aggiunti presuppone l’esistenza di uno stato patologico nel sistema respiratorio. I rumori patologici si possono dividere in due gruppi: rumori aventi origine nel sistema tracheo-bronchiale e polmonare e rumori di origine pleurica.
- I rantoli si producono quando in qualunque tratto delle vie aeree o in una cavità polmonare patologica comunicante con un bronco, sia contenuto del secreto così fluido per cui l’aria che vi passa deve suddividersi in bolle.
- I rantoli veri e propri (detti anche “umidi” per contrapporli ai rumori secchi, di origine bronchiale) possono variare di grandezza in rapporto al calibro della cavità ove si formano (bronchi, caverne, bronchiectasie) e si distinguono in rantoli a piccole, medie e grosse bolle. Possono infine udirsi solo nella inspirazione o solo nella espirazione oppure in entrambe le fasi del respiro e sono discontinui.
- I rantoli a grosse e medie 6olle si auscultano abitualmente nelle bronchiti umide acute o croniche che di solito interessano bronchi di grosso e medio calibro, nelle bronchiectasie, nelle caverne. I rantoli gorgoglianti si producono all’interno di cavità (bronchiectasie, caverne) occupate parzialmente da secreto molto fluido o abbondante comunicanti con un bronco la cui apertura sia al di sotto del livello del liquido.
- I rantoli a bolle molto piccole, molto fini sono propri delle ultime diramazioni bronchiali quali si riscontrano nelle bronchioliti prendendo anche il nome di rantoli sub crepitanti.
- Carattere importante dei rantoli è quello di modificarsi sotto i colpi di tosse (donde la consuetudine di far tossire l’ammalato per metterli in evidenza) .
- Tutti questi rumori di origine broncopolmonare possono essere percepiti, oltre che con la auscultazione sul torace, anche applicando l’orecchio alla bocca del malato (rantolo orale di Galvagni). Il rantolo orale si osserva frequentemente nei moribondi (rantolo tracheale, rantolo broncoplegico) e nell’edema polmonare. In questi casi il rantolo di tipo umido, gorgogliante, è udibile anche a distanza.
- I rantoli sonori possono acquistare un carattere metallico quando nella cavità in cui si originano o nella quale risuonano vi siano le condizioni fisiche favorevoli alla comparsa di una eco metallica. Questi rantoli metallici, estremamente caratteristici, si riscontrano solo eccezionalmente su caverne giganti, molto più spesso nel Pneumotorace o nell’idroPneumotorace iperteso. Talora i rantoli metallici hanno un carattere discontinuo: ciò ha valso a tali rumori la denominazione di ”gutta cadens”. Essi ricordano effettivamente il rumore di una goccia di acqua che cade sopra una lastra di bronzo.
- I rumori di crepitio polmonare sono impropriamente chiamati anche rantoli crepitanti perché il meccanismo con il quale si producono è diverso da quello dei rantoli: i rumori di crepitio sono provocati dal distacco brusco delle pareti degli alveoli collabite tra loro, in seguito alla penetrazione dell’aria nelle cavità alveolari durante l’inspirazione. I crepitii sono dei rumori finissimi, si auscultano unicamente in fase inspiratoria, simili al rumore che si provoca facendo rotolare, tra i polpastrelli delle dita avvicinate all’orecchio, dei capelli, oppure schiacciando tra le dita della neve.
- Essi si riscontrano nella fase iniziale e in quella di risoluzione della polmonite (crepitatio indux e crepitatio redux), nelle atelettasie zonali o lobulari nel momento della ricanalizzazione bronchiale, nel sub edema polmonare ecc.).
- Nell’ambito dell’auscultazione, i cerepitii velcro-like, definiti anche fine crakles, sono dei rumori patologici fini, tele-inspiratori (rumori discontinui), che si percepiscono prevalentemente alle basi del polmone e posteriormente e ricordano la lenta apertura del velcro.
- I crepitii velcro-like sono espressione tipica delle fibrosi polmonari a evoluzione fibrosante e in particolare la presenza di crepitii velcro-like in associazione a un quadro clinico-radiologico tipico, ci permettono di orientarci verso la fibrosi polmonare idiopatica, forma più frequente ma anche più infausta tra le pneumopatie interstiziali diffuse.
- I rumori secchi (sibili, fischi, gemiti, ronchi) sono dei rumori da stenosi, provocati dal passaggio dell’aria attraverso bronchi il cui lume sia parzialmente ristretto o per la presenza di essudato vischioso o per turgore della mucosa infiammata, o per compressione dall’esterno (da tumori ecc.) o per spasmo dei muscoli dei bronchioli (come nell’asma bronchiale). A differenza dei rumori umidi die sono intermittenti, i rumori secchii sono continui, durano cioè per tutto il tempo che perdura il passaggio della corrente aerea che li genera, e pertanto per tutto l’atto inspiratorio o espiratorio.
- I rumori secchi si dividono in ronchi, fischi, gemiti e sibili. I primi sono rumori forti, profondi e appartengono ai bronchi di grosso calibro. Gli altri sono rumori sottili e appartengono ai bronchi di medio e piccolo calibro.
- I rumori secchi bronchiali si riscontrano nelle tracheo-bronchiti secche, acute e croniche (per la presenza di secrezioni nel lume bronchiale), nelle infiltrazioni tubercolari peribronchiali, nell’Asma Bronchiale (con sibili, fischi, gemiti generati dalla stenosi bronchiale).
- Un rumore secco, sonoro, simile al cigolare di una porta i cui cardini non siano sufficientemente ingrassati, è spesso udibile in corrispondenza di caverne il cui bronco di drenaggio sia in parte stenotico: è il cigolio cavitario, segno semiologico importante per la diagnosi di caverna e di Tubercolosi del suo bronco di drenaggio.
Rumori e sfregamenti pleurici
- I rumori pleurici sono dati dallo sfregamento delle superfici pleuriche che hanno perduto la loro levigatezza.
- Ciò può verificarsi per deposito di fibrina (pleuriti secche, fase iniziale della pleurite essudativa), per disidratazione dell’organismo, per disseminazione di neoproduzioni miliariformi sulla pleura viscerale (carcinosi miliarica, Tubercolosi miliare).
- Gli sfregamenti pleurici sono in rapporto con i movimenti respiratori del polmone e sono pertanto di più evidente rilievo in quelle regioni del torace che corrispondono alla maggiore mobilità respiratoria del polmone, quindi le parti basali, soprattutto sui versanti laterali e anteriori. Eccezionale è invece il rilievo di sfregamenti in corrispondenza dei segmenti dorsali dei lobi superiori. Gli sfregamenti possono presentarsi come fruscii (sfregamenti serici), come rumori crepitanti o come sfregamenti rudi “di cuoio”, simili, come dice la loro stessa definizione, ai cigolii delle suole di scarpe nuove. Essi si accompagnano abitualmente a dolore, si accentuano con la pressione dello stetoscopio, ma non aumentano con la tosse e non sono auscultabili sulla bocca. Su questi due ultimi elementi si basala differenziazione tra sfregamenti e rantoli.
- Gli sfregamenti pleuro-pericardici si auscultano in vicinanza dell’aia cardiaca, sono in rapporto con le contrazioni cardiache e sono influenzati dagli atti del respiro. Si tratta in realtà di sfregamenti pleurici (quelli pericardici hanno un diverso carattere) in soggetti con sinfisi pleuro-pericardica.
Tavola 01
Aggiornamenti
Emottisi
- Per emottisi si intende la emissione dal cavo orale di sangue proveniente dalle vie respiratorie la cui espulsione avviene mediante colpi di tosse. Non va confuso con altri tipi di sanguinamenti del cavo orale, primo fra tutti l’ematemesi, proveniente dalle vie digestive, la cui espulsione avviene mediante rigurgito o vomito.
- L’emottisi è l’espressione quindi di lesioni dell’albero laringo-tracheo-bronchiale o del parenchima polmonare.
- Riteniamo comunque utile richiamare la distinzione classica tra emottisi ed emoftoe, basata sulla quantità di sangue emessa. Per emoftoe si intende la fuoriuscita di piccole quantità di sangue che si manifesta come semplici striature presenti nel normale espettorato o come veri e propri sputi emoftoici costituiti quasi per intero da materiale ematico. Se l’espettorazione sarà costituita da sangue intero si potrà parlare di emottisi che potrà essere episodica, ricorrente o continua.
- Ricordiamo che l’albero respiratorio è dotato di una duplice circolazione: la circolazione polmonare, sostenuta dai rami dell’arteria polmonare, e la circolazione sistemica, dai rami delle arterie bronchiali, che originano direttamente dall’aorta toracica, o dalle arterie intercostali.
- La circolazione polmonare, a bassa pressione, serve il parenchima polmonare rendendosi capillare a livello degli alveoli, mentre la circolazione sistemica, a più alta pressione serve le pareti bronchiali fino ai bronchioli terminali e respiratori.
- L’entità dell’emottisi può variare in rapporto al distretto anatomico in cui si verifica la lesione e al calibro e all’origine dei vasi interessati. Le emottisi che originano dal parenchima polmonare a livello alveolare in genere non sono particolarmente copiose (polmoniti, patologie della mitrale, insufficienza ventricolare sinistra ecc.).
- Certamente più importanti e talora pericolose quoad vitam sono le emottisi che originano a livello bronchiale: bronchiectasie, tumori, fibrosi polmonari, lesioni traumatiche – traumi del torace, corpi estranei, lesioni iatrogene – che coinvolgono in genere le trachea e prime diramazioni dell’albero respiratorio.
- Globalmente, le cause di emottisi possono essere molte, a volte sovrapposte, e la loro frequenza relativa è variabile a seconda delle varie casistiche, dei luoghi e dei periodi di osservazione (in base a differenze nella prevalenza delle varie patologie). Volendo riunirle per gruppi eziologici, si possono elencare:
- neoplasie, primitive o secondarie dell’apparato respiratorio o che lo coinvolgono (neoplasie esofagee o della parete toracica);
- malattie infettive, polmoniti, ascessi polmonari, TBC;
- bronchiectasie e bronchiti croniche bronchiectasiche;
- interstiziopatie e fibrosi polmonari;
- ipertensione del piccolo circolo e cardiopatie congenite e acquisite; (ipertensione polmonare primitiva, patologie della mitrale, insufficienza ventricolare sinistra, embolia ecc.);
- disordini della coagulazione;
- traumi (corpi estranei, importanti traumi toracici aperti o chiusi, lesioni da intubazione);
- vasculopatie;
- miscellanea.
- In era preantibiotica le cause più frequenti erano quelle relative ai processi infettivi del polmone (ascessi polmonari, TBC ecc.); oggi, con il miglioramento globale delle condizioni generali e dello status socio-sanitario, le cause più frequenti di emottisi sono rappresentate in primo luogo dalle lesioni neoplastiche, ma continuano a essere presenti emottisi in corso di patologie infettive, di bronchiectasie e anche di lesioni traumatiche e iatrogene dell’apparato respiratorio.
- In presenza di semplici emoftoe o emottisi di modesta entità, si dovrà proporre un programma diagnostico e terapeutico che preveda un’accurata anamnesi e un completo esame obiettivo che contempli anche l’osservazione dei caratteri del sangue emesso (colore, consistenza, schiumosità). Successivamente si dovrà far ricorso alla esecuzione di indagini laboratoristiche e strumentali: Radiologia convenzionale (Rx standard e TC del torace), broncoscopia flessibile, ECG ed ecocardio. Esse nella maggior parte dei casi forniranno risposte esaurienti in relazione alle eventuali patologie responsabili della perdita ematica e pertanto il trattamento sarà orientato alla cura della patologia di fondo, alla sospensione di terapie anticoagulanti e/o antiaggreganti e, se necessario, all’utilizzazione di antibiotici e farmaci che favoriscano la coagulazione (acido tranexamico) così come frequentemente avviene nelle neoplasie polmonari e nelle patologie bronchiectasiche.
- Nelle forme di emottisi più abbondanti si dovrà far ricorso al medesimo programma diagnostico terapeutico ma i tempi di esecuzione delle indagini necessarie alla individuazione della patologia responsabile dovranno essere necessariamente più rapidi, il paziente dovrà essere ospedalizzato e trattato con urgenza (sedativi, antibiotici, mucolitici, coagulanti ed eventuale ossigenoterapia) per ottenere la stabilizzazione clinica del soggetto in esame e per giungere in tempi stretti alla individuazione certa della causa di sanguinamento. È importante sottolineare che in tali situazioni la TC del torace svolge un ruolo di primissimo piano poiché nella maggior parte dei casi permette di rilevare anomalie di struttura e patologie polmonari responsabili del sanguinamento. Meno proficua è l’utilizzazione degli esami endoscopici con strumenti flessibili poiché frequentemente la presenza di sangue appare diffusa in tutto l’albero bronchiale e non consente l’individuazione certa della fonte di sanguinamento. Nelle situazioni in cui si osserva la presenza di un coagulo ematico ostruente un ramo bronchiale lobare, segmentario o subsegmentario è importante non rimuoverlo (per evitare il pericolo di sanguina menti irrefrenabili) e attendere l’azione della terapia medica. Una seconda broncofibroscopia potrà essere eseguita in un secondo tempo (dopo alcuni giorni) con meno rischi. Nelle situazioni in cui, al contrario, si osserveranno lesioni francamente sanguinanti nelle vie bronchiali di maggior calibro si dovrà prontamente intervenire, in sala operatoria, e con tutta la strumentazione per la broncoscopia rigida, al fine di trattare la patologia osservata: emostasi con batuffoli imbevuti di adrenalina, lavaggi con soluzioni fredde, causticazione con diatermocoagulatore o con Laser, eventuale asportazione della lesione vegetante osservata.
- Nelle forme massive le nostre attenzioni saranno rivolte a definire in tempi molto rapidi l’eziologia della lesione e ad attuare un piano terapeutico che possa controllare l’emorragia che in alcuni casi può risultare fatale se non trattata nella maniera idonea.
- È necessario sottolineare che il termine emottisi massiva è riferita alla quantità di sangue emessa in rapporto al tempo. La distinzione, rispetto alle emottisi semplici, non sempre è ben definita, tuttavia riteniamo rimarcare come criterio quello secondo cui una emissione di sangue superiore ai 500 ml nelle 24 ore o ai 100 ml in 60 minuti sia da considerarsi un quadro di emottisi massiva. Essa mette a serio rischio la vita del paziente in tempi brevi e necessita pertanto di un trattamento di emergenza.
- L’emottisi massiva deve inoltre essere distinta dall’emottisi fulminante (frequente esperienza degli ambienti sanatoriali del periodo preantibiotico) che, così come ben evidenziato dal termine, non consente alcun tipo di trattamento poiché conduce a morte il paziente, nell’arco di pochi minuti, per annegamento interno.
- In presenza di un quadro di emottisi massiva l’atteggiamento degli operatori sanitari sarà teso a cercare di salvare la vita del paziente mettendo in essere presidi diagnostico-terapeutici atti a tamponare in tempi rapidi l’emorragia. In tali situazioni, dopo aver eseguito le indagini preliminari necessarie e avviato un trattamento medico di emergenza, l’angiografia con eventuale embolizzazione arteriosa sembra costituire la procedura di prima scelta poiché consente di risolvere in un unico tempo sia il problema diagnostico (fonte del sanguinamento del grande o del piccolo circolo) che il problema terapeutico: l’utilizzazione infatti di piccole spirali che si aprono in corrispondenza del vaso da occludere determina infatti la costituzione di un trombo e il rapido blocco della emorragia.
- Nelle situazioni, infine, in cui l’emissione di sangue è tanto copiosa da non permettere una adeguata ventilazione del paziente sarà indicato in primo luogo procedere alla intubazione orotracheale con un tubo a doppio lume (tùbo di Carleens) o anche con un tubo orotracheale a lume singolo con bloccatore bronchiale selettivo. Tale procedura consente di tenere separati i due emisitemi bronchiali, di controllare l’emorragia e, lì ove possibile, di bloccare la fonte di sanguinamento; in ogni caso darà agli operatori il tempo di poter attivare altri presidi diagnostico-terapeutici (in primo luogo l’esame agiografico con embolizzazione) supportando le funzioni vitali.
- In ogni caso in tutti i pazienti con emottisi, semplice o massiva, ottenuto il controllo del sanguinamento e la stabilizzazione del paziente, si potrà passare alla terapia di fondo più adatta e mirata alla cura della patologia di base e alla prevenzione di ulteriori episodi emorragici.
- Nella gran parte dei casi adeguati trattamenti medici saranno in grado di controllare le patologie di base responsabili del sanguinamento. Solo in alcune circostanze si potranno e si dovranno prendere in considerazione soluzioni di tipo chirurgico: resezioni polmonari in caso di neoplasie, di patologie escavative o di altre patologie polmonari (bronchiectasie, scarnificazioni polmonari) in cui si è certi della sede di sanguinamento; resezioni endoscopiche (in broncoscopia rigida) per lesioni sanguinanti della via aerea principale; interventi cardiochirurgici per patologie valvolari.