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1 di 3 Domande

Un paziente di 70 anni esegue una Tac del torace per febbricola e tosse persistente con escreato ematico. L'immagine radiologica è quella riportata. Qual è la diagnosi più probabile?

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Analizzando le immagini notiamo, procedendo dall’esterno verso l’interno, la cute e i tessuti molli, la gabbia toracica, i polmoni, le strutture mediastiniche e la colonna vertebrale. Conoscendo l’anatomia del nostro apparato espiratorio, ciò che salta subito agli occhi è la presenza di una massa polmonare destra (per convenzione, le immagini vengono elaborate come se il paziente venisse osservato frontalmente, dai piedi verso la testa, quindi ciò  che troviamo a sinistra dell’immagine è collocato alla destra del paziente e viceversa).

Date le caratteristiche radiologiche, ovvero la presenza, in corrispondenza del segmento dorsale del lobo polmonare superiore di destra, di una grossolana massa disomogeneamente iperdensa, con margini irregolari e sfumati, adesa al piano pleurico limitrofo, ci spinge a considerare che tale formazione sia riconducibile ad un carcinoma polmonare) (Risposta Bcorretta).

Il carcinoma polmonare è la seconda causa più comune di cancro negli uomini e nelle donne; tuttavia, è la causa più comune di decessi per cancro in tutto il mondo. I fattori di rischio per il carcinoma del polmone comprendono il fumo (ritenuto responsabile fino al 90% di tutti i tumori polmonari), la radioterapia e l’esposizione ambientale (fumo passivo, radon).

Il carcinoma polmonare squamocellulare e l’adenocarcinoma  sono i più comuni tumori polmonari.

I sintomi generalmente compaiono in stadi di malattia avanzati e possono comprendere tosse, oppressione toracica o dolore, calo ponderale, e, più raramente, emottisi. La diagnosi è effettuata sulla base di una radiografia o una TC del torace ed è confermata mediante una biopsia polmonare.

Il carcinoma a grandi cellule del polmone è caratterizzato da una cattiva prognosi, dai 6 ai 20 mesi di vita, e spesso si presenta già metastatizzato al momento della diagnosi. Il carcinoma a piccole cellule rappresenta il 15% circa dei tumori polmonari ed è un sierotipo tumorale particolarmente aggressivo. Presenta una localizzazione peri-ilare ed è associato al fumo. Dal punto di vista clinico, in termini di complicanze, è responsabile della sindrome della vena cava e sindromi paraneoplastiche associate alla produzione di ormoni ectopici: tra queste ricordiamo la sindrome da inappropriata secrezione di ADH (SIADH) e la sindrome da produzione ectopica di ACTH.

Il trattamento può essere multidisciplinare, ovvero di tipo: chirurgico e/o chemioterapico e/o radioterapico o un loro impiego combinato, a seconda delle condizioni cliniche basali del paziente e dell’estensione della patologia.

La polmonite (risposta A errata) è un’infiammazione acuta dei polmoni. Di solito, la diagnosi iniziale si basa sulla RX torace e su reperti clinici. L’infezione può essere batterica, virale, fungina o parassitaria. Si può sviluppare in un paziente immunocompetente o in un paziente immunodepresso. Dato che gli agenti patogeni e le prognosi tendono a essere simili in pazienti con condizioni e fattori di rischio simili, le polmoniti possono essere classificate come:

– Non nosocomiali(gli agenti eziologici più comunemente responsabili delle polmoniti acquisite in comunità sono lo Streptococcus Pneumoniae e il Mycoplasma Pneumoniae),

– Nosocomiali. La polmonite è l’infezione nosocomiale più letale, e complessivamente è la più frequente causa di morte nei paesi in via di sviluppo.

Queste categorizzazioni permettono di selezionare empiricamente il trattamento.

È opportuno eseguire degli esami colturali del sangue e dell’escreato, per isolare il germe responsabile dell’infezione ed individuare una terapia antibiotica mirata.

È inoltre opportuno eseguire l’analisi delle urine per la ricerca di antigeni di pneumococco e legionella.

La broncopolmonite rappresenta una evoluzione del quadro pneumonico con interessamento delle strutture bronchiali, ove clinicamente si manifesta con febbre elevata, dispnea, dolore toracico e tosse di solito produttiva, mentre ad una radiografia/TC del torace si osserva un’area di omogenea ipodiafania/consolidamento polmonare con broncogramma aereo contestuale, associato o meno a versamento pleurico consensuale, ascrivibile a processo flogistico da impegno alveolare (risposta A errata).

L’ascesso polmonare è un’infezione a carattere necrotizzante: dal punto di vista isto-patologico si contraddistingue per la presenza di una lesione cavitata piena di pus. E’ spesso causata dall’inalazione di secrezioni orali soprattutto in condizioni di alterato stato di coscienza. La sintomatologia comprende tosse persistente, febbre, sudorazione, emottisi, produzione di espettorato purulento e perdita di peso (quadro clinico non presente nel caso presentato). La diagnosi si basa principalmente sulla RX torace e poi eventualmente integrazione diagnostica con esame TC: un ascesso polmonare potrebbe causare una lesione cavitaria, a contenuto idro-aereo, con pareti spesse e la presenza di un piccolo versamento consensuale (risposta C errata).

Le cisti da echinocco (risposta D errata)  sono una ipotesi da escludere, sia per l’assenza di una correlazione anamnestica, che clinica che radiologica mostrata (normalmente si presenta come una formazione nodulare cistica a margini netti con contestuale presenza di altre formazioni cistiche [cisti figlie]).


2 di 3 Domande

Un paziente di 37 anni si presenta in Pronto Soccorso per comparsa di valori elevati di pressione arteriosa. L'addome si presenta globoso per adipe ed è raffigurato nell'immagine seguente. Gli arti sono estremamente sottili. Quale ipotesi diagnostica deve essere considerata in questo caso clinico?

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La sindrome di Cushing è una sindrome caratterizzata da una costellazione di anomalie cliniche provocate da livelli ematici cronicamente elevati di cortisolo o di corticosteroidi ad esso correlati.

Le manifestazioni cliniche interessano molteplici organi, sistemi e processi biochimici: alti livelli di cortisolo causano diabete, osteoporosi, ipertensione, aumentato rischio cardiovascolare, depressione, infertilità, e una ridotta qualità di vita.

Dati recenti riportano che nei Cushing non trattati la mortalità aumenta di 5 volte, la normalizzazione dei livelli di cortisolo riportano la mortalità a valori normali.

Il cortisolo è un ormone devastante se presente in eccesso: protido-catabolico e anti-anabolico. Nel Cushing è in un range deleterio per il resto dell’organismo, e in quanto antagonista dell’insulina determina una serie di sintomi per cui porta l’organismo in una situazione di estrema fragilità: i muscoli diventano fragili, il sistema vascolare si rompe facilmente, azione iperglicemizzante. Il paziente guadagna peso se mangia: l’aumento di peso è relativo all’introito di cibo.

Quando questo eccesso di cortisolo si associa ad adenoma ipofisario, noi parliamo di Malattia di Cushing.

La sindrome di Cushing la distinguiamo il ESOGENA ed ENDOGENA.

– ESOGENA è dovuta all’assunzione di corticosteroidi sintetici, che è la causa più frequente e meno conosciuta.

– ENDOGENA l’ipercostisolismo è legato all’aumentata produzione di cortisolo.

L’endogena la distinguiamo in:

1)  ACTH-dipendente, quindi l’iperproduzione di cortisolo è legata all’eccesso di ACTH.

2) ACTH-indipendente.

L’iperproduzione di cortisolo è legata all’eccesso di ACTH che stimola il surrene. La sindrome di Cushing endogena ACTH-dipendente (80% dei casi) in realtà comprende tre sindromi diverse che possiamo chiamare:

  1. surrenalica quando la causa è nel surrene, quindi sindrome di Cushing surrenalica legata alla presenza di un adenoma o di un carcinoma oppure di un’iperplasia surrenalica;
  2. ipofisaria quando alla base della sindrome di Cushing c’è l’eccesso di ACTH, eccessiva produzione autonoma di ACTH da parte dell’ipofisi;
  3. ectopica quando l’aumento degli ormoni corticosteroidi è legata alla secrezione a livello di una neoplasia non presente nell’asse, quindi ectopica, che può produrre sia CRH che ACTH.

Dunque distinguiamo una sindrome di Cushing endogena surrenalica, una sindrome di Cushing ipofisaria e una sindrome di Cushing ectopica.

Dal punto di vista clinico questa sindrome si caratterizza per: astenia, dolore lombare legata all’osteoporosi, diminuzione o aumento dell’appetito, diminuzione della concentrazione, alterazione della memoria, insonnia, irritabilità, anomalie del ciclo, diminuzione della libido, facies a luna piena, gobba di bufalo, obesità centrale, deposito sovraclaveare del grasso (a volte il collo sparisce completamente), la cute sottile ed estremamente friabile, porpora, comparsa delle cosiddette strie rubre a livello addominale,  l’acne, l’irsutismo con l’alopecia, arretramento della linea di impianto dei capelli, ipertensione arteriosa, debolezza dei muscoli prossimali, l’edema periferico e la difficile guarigione delle ferite (numerosi di questi segni sono mostrati anche nell’immagine presenta nel caso, risposta C corretta).

Quindi la sindrome di Cushing esogena deriva da una somministrazione dall’esterno di cortisolo e di ACTH. L’endogena può essere ACTH-dipendente e ACTH-indipendente. L’ACTH-indipendente a sua volta si suddivide in ipofisaria ed ectopica. L’ACTH-indipendente comprende l’iperplasia surrenalica, l’ adenoma surrenale e il carcinoma surrenale. Per quanto riguarda l’iperplasia nodulare, quindi la forma ACTH-dipendente, la distinguiamo in macronodulare e micronodulare. Quindi abbiamo diverse forme.

Quindi sulla sindrome di Cushing endogena abbiamo detto l’ipofisaria, l’adenoma che può essere associato ad iperplasia surrenalica o anche l’iperplasia ipofisaria quando abbiamo, per esempio, il CRH ipotalamico, oppure quando alla base della sindrome c’è la produzione ectopica di CRH. Noi avremo che questo CRH dà un’iperplasia, un’iperfunzione ipofisaria che non dipende da un adenoma.

La produzione ectopica può essere di CRH o di ACTH.

La sindrome di Cushing surrenalica può essere:

  1. unilaterale e abbiamo i tumori surrenali, abbiamo detto l’adenoma singolo, l’adenoma multiplo o i carcinomi;
  2. bilaterale e abbiamo la displasia nodulare.

Poi abbiamo tutta una serie di situazioni che concretizzano quello che viene definito lo pseudo-Cushing, cioè i segni e i sintomi di un eccesso di cortisolo, ma non un eccesso di cortisolo che si verifica, fondamentalmente, nell’obesità, nella depressione e nell’alcolismo, nell’assunzione di alcol.

La sindrome di Cushing esogena può essere iatrogena e factizia: iatrogena per somministrazione terapeutica e factizia per assunzione spontanea di corticosteroidi che possono essere somministrati per via orale, inalatoria e cutanea; factizia con l’assunzione di ACTH che, per esempio, è largamente utilizzato dagli allergologi, da quelli che fanno terapia steroidea per lungo periodo. Anziché dare il cortisone, stimolano il surrene a produrre una maggiore quantità di cortisolo con l’ACTH. Un altro farmaco che può dare la sindrome di Cushing esogena è il medrossiprogesterone acetato che è un progestinico, utilizzato principalmente come anabolizzante nelle terapie di pazienti affetti da carcinoma della mammella oppure in altre patologie neoplastiche a scopo anabolizzante.

A questo consegue che c’è una soppressione comune dell’asse ipotalamo-ipofisario.

I sintomi collaterali di questo eccessivo uso di cortisolo caratterizzano una sindrome perfettamente analoga a quella data da iperfunzione del surrene.

Poi abbiamo la sindrome di Cushing endogena ACTH-indipendente surrenalica, con adenomi e carcinomi nel 20% dei casi, la displasia micronodulare e l’iperplasia macronodulare.

Nell’ipercortisolismo endogeno ACTH-dipendente vedete che l’ACTH stimola il surrene a produrre più glucocorticoidi, viene a mancare il meccanismo di feedback perché nonostante i glucocorticoidi cerchino di ridurre l’input dell’ACTH e del CRH, ciò non avviene.

Nel caso dell’ipercortisolismo endogeno ACTH-indipendente abbiamo iperproduzione di glucocorticoidi da parte del surrene che esercitano rapidamente un feedback a livello ipofisario e avremo un ACTH pari a 0.

Nel caso di sindrome primitiva, per il feedback viene messo a riposo l’asse ipotalamo-ipofisario. Nel caso di alterazione a livello superiore l’ACTH rimarrà alto nonostante i valori elevati ci cortisolo.

Qui abbiamo tre situazioni:

  1. alterazione a livello ipotalamico, l’ACTH ipofisario è aumentato ed è aumentato anche il cortisolo;
  2. alterazione a livello ipofisario, l’ipotalamo sano subisce il feedback da parte dell’ACTH ipofisario, dunque il CRH sarà diminuito. L’ACTH è aumentato e il cortisolo anche;
  3. alterazione surrenale, sia l’ACTH che il CRH sono fortemente diminuiti mentre è aumentato il cortisolo.

La sindrome di Cushing ACTH-dipendente ipofisaria è la più frequente dopo la sindrome di Cushing esogena. L’incidenza della sindrome di Cushing ipofisario è 2-6 casi per milione di individui l’anno, predilige il sesso femminile di età media tra i 20 e i 40 anni. E’ causata generalmente da adenomi ipofisari ACTH-secernenti.

Per quello che concerne l’ectopica (20% dei casi), non è prevalente nel sesso femminile come l’ipofisaria, ma prevale nel sesso maschile (quella legata a neoplasie). L’età è un pochino più avanzata: tra i 50 e i 70 anni. La causa è una neoplasia secernente ACTH o CRH, quindi è una sindrome paraneoplastica, e i tumori responsabili sono i microcitomi polmonari che sono i più frequenti, i carcinomi delle cellule pancreatiche, poi i carcinoidi.

La sindrome ectopica è più frequente negli uomini ed è data da questi tumori, generalmente tumori a piccole cellule del polmone. In questo caso la vera incidenza è misconosciuta perché questi tumori portano così rapidamente a risoluzione negativa della situazione per cui è difficile fare la diagnosi. Anche per la sindrome dell’ACTH ectopico la frequenza reale è sconosciuta. Tranne quando si tratti di adenomi o carcinomi bronchiali con un andamento più benigno: in questi casi la sindrome del’ACTH ectopico ha la sua piena estrinsecazione.

Le ipotesi per cui questi ormoni sono prodotti a livello delle neoplasie sono tante, ma fondamentalmente ciò avviene perché a livello delle neoplasie ci sono dei geni non repressi.

Nell’adenoma, nell’iperattività ipofisaria abbiamo un aumento dell’ACTH, iperplasia del surrene e malattia di Cushing. Quando abbiamo eccesso di ormoni surrenali ne deriva il blocco dell’asse. La malattia ectopica accade quando c’è un tumore broncogeno oppure un tumore del timo, ma a volte anche nello stesso surrene (per esempio un tumore nel surrene destro a volte ha dato il Cushing del surrene sinistro). In queste situazioni abbiamo che c’è l’aumento dell’ACTH che, rispetto a quello della sindrome di Cushing ipofisaria, è molto più alto però, fondamentalmente, il più delle volte non è l’ACTH puro ma la beta-lipotropina oppure il CRH che in aggiunta dà una sindrome ipofisaria. E allora diventa difficile fare una diagnosi differenziale tra le varie sindromi perché abbiamo l’ectopica aggravata da varie complicazioni a livello centrale.

Poi abbiamo le forme surrenaliche le quali sono ACTH-indipendenti e non sono molto frequenti. La sindrome di Cushing surrenale è circa il 20% delle sindromi di Cushing. Abbiamo tumori, alterazioni unilaterali e bilaterali.

Nel caso di sindrome di Cushing da alterazioni unilaterali abbiamo:

  1. adenomi nel 60% dei casi,
  2. carcinomi cortisolo-secernenti nel 40% dei casi.

Poi abbiamo la sindrome di Cushing da alterazioni bilaterali:

  1. la displasia micronodulare che distinguiamo in pigmentata nell’1% dei casi,
  2. il complesso di Carney sempre nell’1% dei casi,
  3. la sindrome McCune-Albright (che abbiamo visto a proposito della pubertà precoce),
  4. l’iperplasia macronodulare massiva,
  5. l’iperplasia surrenalica da recettori aberranti.

Dal punto di vista diagnostico è importante innanzitutto definire se esiste un’ipercortisolinemia e valutare i livelli di ACTH e poi andare a vedere quale sia la causa che ha determinato tale sindrome ed eventualmente con esami mirati definirne la localizzazione.

Dal punto di vista terapeutico l’obiettivo è correggere l’ipercortisolismo, ripristinare la funzionalità dell’asse ipofisi-surrene, mantenere un’adeguata funzionalità ipofisaria nelle forme ipofisarie e ottenere una remissione delle manifestazioni legate all’eccesso di cortisolo.

L’unico trattamento efficace è la rimozione della causa primitiva dell’eccesso di cortisolo, sia essa una lesione surrenalica, ipofisaria o ectopica.


3 di 3 Domande

In figura sono riportati i diagrammi che mostrano i cambiamenti di volume ventricolare sinistro e della pressione durante un ciclo cardiaco da parte di un cuore normale (diagramma A) e da parte di un cuore dopo una malattia valvolare aortica (diagramma B). Quale dei seguenti parametri riportati di seguito ti aspetteresti di trovare aumentato nel cuore del paziente raffigurato nel diagramma B rispetto al cuore normale del paziente raffigurato nel diagramma A?

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La risposta corretta è la E.

Il flusso sanguigno coronarico è regolato quasi interamente dalle richieste metaboliche del muscolo cardiaco.

Il cuore del paziente  raffigurato nel diagramma B presenta una stenosi aortica, una condizione caratterizzata da un restringimento della valvola aortica con ostacolato passaggio del sangue dal ventricolo sinistro all’aorta ascendente durante la fase di sistole.

In caso di stenosi, la riduzione dell’apertura valvolare rappresenta un ostacolo all’eiezione del sangue dal ventricolo sinistro che, per poter superare la resistenza provocato dal restringimento dell’area valvolare, dovrà esercitare una pressione maggiore. Questo sovraccarico pressorio genera una ipertrofia parietale, non associata a dilatazione della cavità ventricolare, necessaria per mantenere costante il postcarico. L’ipertrofia di parete provocherà, allo stesso tempo, una riduzione della sua compliance e un maggiore fabbisogno miocardico di ossigeno. La minore compliance causerà un aumento della pressione diastolica ventricolare che si ripercuoterà a monte; l’atrio di sinistra, per garantire il riempimento del ventricolo dovrà contrarsi in maniera più energica; di conseguenza, si ipertrofizzerà anch’esso. L’ipertrofia tissutale e l’aumento delle pressione diastolica endocavitaria, soprattutto quella ventricolare, porterà, da una parte, alla compressione dei piccoli vasi subendocardici con ostacolo alla perfusione coronarica, e dall’altra a una maggiore richiesta di ossigeno da parte del miocardio:  il flusso sanguigno scende a livelli bassi durante la sistole poiché i vasi sanguigni coronarici sono compressi dalla contrazione  muscolare cardiaca e l’aumento della pressione sistolica causato dalla stenosi aortica comprime le coronarie ancora più del normale, determinando una marcata diminuzione del flusso di sangue sistolico (scelta C) e tale diminuzione accoppiata con l’aumento del consumo di ossigeno miocardico che si verifica con la stenosi aortica porta ad notevole aumento del flusso sanguigno durante la diastole.

La pressione sistolica di picco del  ventricolo sinistro è aumentata, nel caso presentato, da un valore normale di circa 125 mmHg a circa 190 mm Hg e questo aumento di  pressione sistolica ha comportato un aumento del lavoro “in uscita” da parte del cuore raffigurato nel diagramma B dove tale  lavoro è uguale all’area sottesa dalla curva del diagramma pressione-volume. Questo incremento di lavoro del cuore determina un aumento del consumo di ossigeno del cuore, diminuendo in tal modo sia il contenuto di ossigeno nel sangue venoso che fuoriesce dal cuore (risposta A) sia  la tensione di ossigeno (pO2) nel miocardio (risposta B). E’ chiaro che anche se aumenta il consumo di ossigeno miocardico questo non influenzerà sulla concentrazione di ossigeno che entrerà a far parte del sangue arterioso coronarico (risposta D).

Tutto questo si potrà tradurre in angina, dispnea da sforzo per aumento delle pressioni in atrio di sinistra (che si ripercuotono sul circolo polmonare), vasodilatazione periferica per abnorme stimolazione dei barocettori ventricolari, sincope.

Dal punto di vista clinico tale condizione spesso è asintomatica negli adulti, ma se non trattata, si manifesta con  uno o più reperti della classica triade sintomatologica caratterizzata da: sincope, angina e dispnea da sforzo; inoltre nelle fasi avanzate si può esitare nell’insufficienza cardiaca e nelle aritmie.

La stenosi della valvola aortica si manifesta, dal punto di vista dell’esame obiettivo, con un soffio meso-sistolico, aspro, con caratteristica in andamento crescente-decrescente, che risulta meglio apprezzabile a livello del margine sternale superiore destro.


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