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1 di 3 Domande

Marco, un ragazzo di circa 30 anni, si reca presso il PS del Policlinico Gemelli di Roma, per un disturbo al piede destro.
Anamnesi patologica prossima: lamenta fastidio a livello del piede destro per la presenza di un nodulo. Si è accorto del nodulo la scorsa settimana e riferisce al medico che da allora non ha notato alcun cambiamento né di dimensioni nè di colore della formazione nodulare. All'anamnesi non riferisce episodi di trauma o di febbre. Anamnesi patologica remota: Il paziente è HIV sieropositivo e dagli ultimi esami del sangue, la conta di linfociti T CD4+ è risultata pari a 0.19 X 109/L, ma non assume alcuna terapia antiretrovirale. Anamnesi fisiologica: vive in un appartamento con un amico che possiede dei gatti. Esame obiettivo: all'ispezione il nodulo si presenta di dimensioni pari a 3cm x 4 cm, di colore rossiccio, di consistenza dura, e ricoperto di una fine desquamazione. Esami strumentali-laboratoristici: viene eseguito un esame bioptico, il quale rivela la presenza di una proliferazione lobulare dei vasi sanguigni che si accompagna ad iperplasia delle cellule endoteliali. Inoltre le macchie tissutali, presenti in corrispondenza dell'area interessata, indicano la presenza di bacilli gram-negativi. Quale tra questi rappresenta il miglior trattamento farmacologico per questo paziente?

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La risposta corretta è la A.

Questo paziente, molto probabilmente, presenta un’angiomatosi bacillare, un’infezione della pelle causata da Bartonella henselae o B. quintana (bacilli gram negativi), che si manifesta quasi sempre negli individui immunocompromessi. L’infezione da B. quintana viene veicolata dai pidocchi, mentre l’infezione da B. henselae è diffusa da zecche e/o da pulci che infestano i gatti domestici. La malattia tende a coinvolgere tutto il sistema reticoloendoteliale, in particolare nei pazienti HIV+. L’angiomatosi bacillare è caratterizzata da lesioni cutanee esofitiche, singole o multiple, rossicce, di colore marroncino a anche acromiche, spesso circondate da un colletto squamoso. Se soggette ad un trauma le lesioni sanguinano abbondantemente. Marco presenta dei noduli esofitici, rossi, duri e desquamati: tale quadro clinico in un paziente affetto da HIV è molto suggestivo di angiomatosi bacillare.

Si tratta della seconda causa più comune di lesioni cutanee angiomatose nei pazienti HIV sieropositivi.

Tali lesioni possono assomigliare ai granulomi determinati da agenti piogeni o al sarcoma di Kaposi: tuttavia in quest’ultimo caso all’esame bioptico si osserva la presenza di cellule tumorali con una caratteristica forma allungata in maniera abnorme,definite cellule fusate, che formano delle fessure dove si depositano globuli rossi. Per la certezza della diagnosi di tale affezione gli esami cardini sono rappresentati dall’analisi istopatologica delle lesioni cutanee, dalla PCR e dall’emocoltura: la biopsia rivela la caratteristica proliferazione dell’endotelio vascolare.

Il trattamento dell’angiomatosi bacillare prevede eritromicina o doxiciclina (antibiotici di prima scelta), da continuare per almeno 3 mesi.

L’eritromicina è un antibiotico macrolide che inibisce la sintesi di RNA, legandosi alla subunità 50s dell’RNA ribosomiale, mentre la doxiciclina è un antibiotico appartenente alla classe delle tetracicline, il cui meccanismo di azione si fonda sull’interferenza con la sintesi proteica batterica, legandosi alla subunità 30S del ribosoma batterico, usato per il trattamento di polmonite atipica, la malattia di Lyme, l’acne, l’angiomatosi bacillare e la sifilide.

L’azitromicina ed i fluorochinoloni sono farmaci di seconda linea.

 

La risposta B non è corretta.

La penicillina è un antibiotico il cui meccanismo d’azione si esplica con l’interferenza con la sintesi della parete cellulare batterica. Il suo spettro d’azione si estende a cocchi Gram-positivi, principalmente anaerobi e nei confronti di un numero limitato di batteri gram-negativi.

Le penicilline non sono efficaci contro le infezioni da Bartonella, anche se in vitro riescono in minima parte a ridurre le concentrazioni del patogeno.

 

La risposta C non è corretta.

L’ Interferone è una proteina che viene fisiologicamente sintetizzata in piccolissime quantità da alcuni tessuti del nostro organismo e che assolve ad una serie di funzioni, tra le quali quella di difesa del nostro organismo sostenendo il sistema immunitario contro le infezioni o contro alcune patologie neoplastiche: pertanto non è un farmaco antibatterico, viene invece usato nelle infezioni virali.

 

La risposta D non è corretta.

La cefazolina è un antibiotico facente parte delle cefalosporina di I generazione. Essendo una cefalosporina come tale esplica il suo meccanismo d’azione con un’attività battericida interferendo con la sintesi del peptidoglicano.

Le cefalosporine sono inefficaci nelle infezioni da Bartonella, dunque l’utilizzo di cefazolina in questo paziente non sortirebbe effetti positivi.

 

La risposta E non è corretta.

La vancomicina è un farmaco antibiotico prodotto da Streptomyces orientalis (Amycolatopsis orientalis) che fa parte, insieme con la teicoplanina, della classe dei glicopeptidi.

La vancomicina è un antibiotico efficace contro numerosi germi gram-positivi, compresi quasi tutti i ceppi di Staphylococcus aureus e di stafilococco coagulasi-negativi che sono resistenti alle penicilline e cefalosporine, compreso lo Staphylococcus Aureus meticillino-resistente.

La vancomicina viene eliminata immodificata per filtrazione e viene generalmente utilizzata in infusione endovenosa.

La vancomicina è particolarmente  raccomandata contro le infezioni da Streptococco e da Stafilococco, ma non in quelle da Bartonella.


2 di 3 Domande

Grazia, una ragazza di circa 20 anni viene portata presso il PS del Policlinico Careggi di Firenze per disturbi gastrointestinali. Anamnesi patologica prossima: lamenta la comparsa di diarrea e crampi addominali che vanno avanti dalla sera precedente. Ha avuto circa 3-4 scariche di feci acquose, ha nausea e ha vomitato tre volte. La ragazza riferisce inoltre di essere stata a cena fuori 2 giorni prima. Anamnesi fisiologica: da circa 6 mesi segue una dieta vegana. Esame obiettivo: ha una temperatura corporea di 36.7°, una frequenza cardiaca di 71 bpm ed una pressione arteriosa di 115/75 mm Hg. L’esame obiettivo mostra la presenza di mucose secche e non si riscontrano anomalie a livello dell’addome. Quale tra i seguenti è, probabilmente, l’agente responsabile della sintomatologia della paziente?

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La risposta corretta è la B.

I norovirus (conosciuti anche come virus di Norwalk) fanno parte della famiglia dei Caliciviridae e sono dei virus a singolo filamento di RNA.

Il Norovirus infetta più frequentemente i bambini più grandi e gli adulti e le infezioni si verificano durante tutto l’anno, con il picco di incidenza da novembre ad aprile.

La trasmissione avviene prevalentemente per via oro-fecale (attraverso l’ingestione di acqua o cibo contaminato), anche se talvolta la diffusione può avvenire anche per contatto (con superfici contaminate).

Il periodo di incubazione del virus va dalle 12-48 ore, mentre l’infezione dura in media da 1 a 3 giorni.

I sintomi sono quelli comuni alle gastroenteriti e cioè nausea, vomito ad  insorgenza acuta, crampi addominali, diarrea acquosa non sanguinolenta. In qualche caso si manifesta anche una leggera febbre.

La malattia solitamente ha decorso favorevole con risoluzione spontanea e necessita solamente di una terapia di supporto: infatti l’unica misura è quella di assumere molti liquidi per compensare la disidratazione conseguente a vomito e diarrea.

Pertanto visto che  i norovirus vengono transmessi attraverso il circuito oro-fecale e vista la sintomatologia sovrapponibile al quadro clinico presentato nel caso, Grazia ha probabilmente contratto l’infezione da Norovirus in seguito all’ingestione di cibo o acqua contaminati.

 

La risposta A non è corretta.

Lo Staphylococcus aureus è un patogeno comune che causa tossinfezioni alimentari, in seguito all’ingestione di esotossine preformate che lo S.aureus produce in alimenti contaminati (per esempio carne in scatola, maionese). Gli stafilococchi sono batteri aerobi Gram-positivi. Lo Staphylococcus aureus è il germe a maggior patogenicità, responsabile di infezioni della pelle, endocardiche, polmonari, gastrointestinali, delle vie urinarie e di osteomielite. Alcuni ceppi sono produttori di tossine e sono responsabili di gastroenteriti, della sindrome della cute ustionata e della sindrome da shock tossico. Nel caso di tossinfezioni alimentari lo S.aureus generalmente causa sintomi a rapida insorgenza,come nausea e vomito, già dopo 1-3 ore in seguito all’ingestione degli alimenti infetti, mentre la paziente presenta nel caso mostra come sintomo predominante la diarrea e i suoi sintomi sono iniziati due giorni dopo essere stata a cena fuori.

 

La risposta E non è corretta.

I Rotavirus sono Virus a RNA responsabili di una malattia diffusa in tutto il mondo e sono la causa più comune di gastroenteriti virali fra i neonati e i bambini al di sotto dei 5 anni: nelle diverse età e nei diversi paesi, in via di sviluppo e cosiddetti sviluppati, le cause della gastroenterite nei bambini sono causate in grandissima parte da questo virus. I rotavirus hanno un andamento sporadico, prevalentemente in inverno nei bambini molto piccoli, che si trasmettono prevalentemente per via oro-fecale (attraverso l’ingestione di acqua o cibo contaminato), anche se talvolta la diffusione può avvenire anche per contatto (con superfici contaminate) e per via respiratoria.

Le gastroenteriti da rotavirus si manifestano con vomito, diarrea e malessere generale, sintomi che insorgono dopo un periodo di incubazione di 1–3 giorni. Tuttavia, tipicamente si manifesta anche con febbre, diarrea acquosa molto severa (> 10 scariche di diarrea acquosa entro le 24 ore) e disidratazione: pertanto vista la maggiore prevalenza di questa infezione nella fascia neonatale ed infantile e tenuto conto del differente quadro clinico possiamo escludere tale diagnosi nel caso presentato.

 

La risposta D non è corretta.

Escherichia coli è una delle numerose specie batteriche di cui è composta la normale flora intestinale.

E. Coli è un batterio che appartiene alla famiglia degli enterobatteri, è un Gram-negativo, asporigeno, mobile per ciglia peritriche, catalasi positivo e ossidasi negativo.

Il fatto di essere un Gram-negativo, rende questa risposta l’unica possibile corretta.

I diversi ceppi possono essere classificati sulla base di tre principali antigeni di superficie: somatico (antigene O), flagellare (antigene H), capsulare (antigene K).

Nell’ambito della specie sono presenti diversi ceppi dotati di fattori di virulenza e associati a ben definite patologie sia intestinali che extra-intestinali:

– E. Coli enterotossigeno, acronimo ETEC

– E. Coli enteroinvasivo, EIEC

– E. Coli enteropatogeno, EPEC

– E. Coli enteroaderente, EAEC

– E. Coli produttore di verotossine, VTEC

– E. Coli enteroemorragico, EHEC (ceppi enteroemorragici sono un sottogruppo dei VTEC)

I ceppi di E. coli enterotossigeno (ETEC) sono la causa più comune della cosiddetta diarrea del viaggiatore, che si può contrarre viaggiando in paesi o regioni in cui vi sono condizioni igieniche precarie delle acque e degli alimenti. L’infezione da ETEC può anche causare diarrea acquosa, crampi addominali, nausea, e possibile vomito dopo un periodo di incubazione che va dalle 9 ore ai 3 giorni e il trattamento di questa infezione si effettua con un breve ciclo di ciprofloxacina. Tuttavia la paziente riferisce di non avere effettuato viaggi recentemente, pertanto tali ipotesi è poco probabile.

 

La risposta C non è corretta.

La salmonella è ampiamente presente in natura e sono localizzate prevalentemente nel tratto gastrointestinale di molti mammiferi, sono batteri gram-negativi, asporigeni mobili e catalasi positiva(il diverso tipo di catalasi può essere correlato alla diversa sierovariante della salmonella e permette una precoce identificazione delle stesse). Possono essere riconosciute attraverso l’antigene O (somatico), l’antigene H (ciliare o flagellare) e l’antigene V di minore importanza.

Fanno parte della famiglia delle enterobacteriaceae, sono mobili anche se si hanno varianti non flagellate, sono ubiquitarie e sono a trasmissione oro-fecale, le famose “4 F” ossia: fingers, flies, food e feces (dita, mosche, cibo e feci).

Il reservoir primario è nel tratto intestinale degli animali, ma anche nei polli (soprattutto per le salmonellosi minori), carni  (suine e bovine), pesci, frutta e verdura ed acqua; presente anche in molti generi alimentari come uova, maionese, formaggio,  gelati e  cereali per la prima colazione.

Soprattutto nella salmonellosi umana ci sono dei portatori, dei carrier che sono dei portatori sani che emettono la salmonella a livello di un organo difficile da raggiungere e bonificare che è la colecisti.

Parlando di Salmonella enteridis stiamo parlando di salmonellosi minori, quindi  non di forme setticemiche ma di forme enterocolitiche, di sovrainfezioni acute, che spesso non necessitano di alcuna terapia.

Seguiamo la Salmonella enteritidis che è una delle maggiori nell’ambito delle minori. Abbiamo un’ingestione, l’assorbimento, anche qui attraverso questi cancelli, riconosciuti a livello intestinale, abbiamo una migrazione all’interno della lamina propria, specie della regione ileo-cecale, una moltiplicazione a livello del sistema reticolo endoteliale. Abbiamo, però,  non il passaggio nel sangue, in genere. Abbiamo un passaggio, un reclutamento di polimorfonucleati che confinano, in qualche modo, lasciano, così, che la lesione resti confinata a livello intestinale e lì darà i sintomi,  darà la diarrea.

Ma qual è l’origine della diarrea? L’origine della diarrea è in una risposta infiammatoria, dovuta alla presenza dei germi, che mediano il rilascio delle prostaglandine. Queste stimolano l’AMP-ciclico, il sistema dell’Adenilciclasi con il sistema del K+ e del riassorbimento del K+ e la diarrea, che raggiunge i suoi vertici, quale malattia, nel colera che, appunto, provoca una forte  disidratazione. Infatti queste malattie si caratterizzano per una forte perdita di liquidi e diarrea.

L’incubazione è breve, da 6 a 48 ore dall’ingestione del cibo infetto con la comparsa di dolori crampiformi e diarree molto forti appunto legate all’AMPciclico, all’Adenilciclasi, al blocco dell’Adenilciclasi, e abbiamo una perdita di liquidi.

Il quadro clinico solitamente si caratterizza per febbre elevata e diarrea infiammatoria (acquosa-sanguinolenta), manifestazioni cliniche assenti in questa paziente.

Sono gravi nei bambini, nei lattanti e nelle persone anziane per le conseguenze legate alla severa disidratazione che tale processo infettivo comporta in seguito alle scariche diarroiche.

La guarigione spontanea in 4-5 giorni è in genere l’evenienza più frequente. La terapia sintomatica è favorevole in queste forme.

Se si esegue come test diagnostico la coprocoltura, questa sarà positiva fino a due settimane dopo l’inizio dell’infezione.


3 di 3 Domande

Un paziente di 22 anni viene operato d'urgenza per appendicopatia. Dopo esser stato dimesso, in VI giornata viene rioperato per la ricomparsa di dolore in fossa iliaca destra a causa di cedimento della sutura. In III giornata dal secondo intervento, il paziente ha febbre e leucocitosi e riferisce modesto dolore in fossa iliaca destra e intenso dolore toracico destro irradiato alla scapola.
Si decide di posizionare un tubo di drenaggio, indicato nell'immagine dalla freccia blu.
Per posizionarlo, che tipo di metodica di imaging è stata utilizzata?

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L’insorgenza di complicanze postoperatorie può essere legata a condizioni patologiche preesistenti oppure a conseguenze, dirette o indirette, dell’intervento chirurgico stesso. Le complicanze più frequenti interessano in maniera diretta la sede di intervento e sono: infezione, ematoma, raccolta sierosa e deiscenza di ferita. Analizzando questo caso, vediamo che in VI giornata postoperatoria si verifica il cedimento della sutura della ferita chirurgica (in termini più tecnici, si parla di deiscenza di ferita, la quale può essere parziale e quindi interessare solo i piani superficiali come cute o sottocute, oppure totale e quindi coinvolgere anche i piani profondi come muscolo, fascia e peritoneo). Particolarmente legata alla sede dell’intervento (ma sulla quale influiscono altri fattori legati al paziente), è la comparsa di un’altra eventuale complicanza (che vediamo in questo specifico caso, in 3^ giornata dal secondo reintervento). Stiamo parlando dell’infezione della ferita chirurgica, eventualità non troppo rara quando si opera un sito ad alto grado di contaminazione batterica, come nel caso dell’appendice. Le infezioni solitamente insorgono a distanza di 5-7 giorni dall’intervento, con segni locali di infezione ed infiammazione e segni sistemici come leucositosi e febbre. Tra le complicanze postoperatorie più frequenti e potenzialmente più gravi, abbiamo quelle respiratorie: atelettasia, polmonite, versamento pleurico, pneumotorace, ab ingestis. In presenza di una sintomatologia algica riferita al torace o in presenza di sintomi respiratori, il primo esame da eseguire è l’esame ecografico, per la sua rapidità di esecuzione e la sua scarsa invasività. L’ecografica è una metodica che utilizza gli ultrasuoni. Questi, dal punto di vista fisico, non sono altro che delle onde elastiche, costituite da fronti alternati di compressione e rarefazione dell’aria, che permettono la trasmissione dell’energia. In questo susseguirsi di onde elastiche possiamo misurare una frequenza, data dal numero di fronti che si succedono nell’unità di tempo, e lunghezza d’onda che corrisponde al tempo intercorrente tra due fronti successivi. Frequenza e lunghezza d’onda sono inversamente proporzionali tra loro. Gli ultrasuoni, che vengono prodotti grazie alle caratteristiche di alcuni cristalli detti “piezoelettrici”, presenti nella sonda ecografica, penetrano in profondità nei tessuti e, a seconda delle diverse interfacce acustiche rilevate nei tessuti che attraversano, tramite un meccanismo inverso di elaborazione dei dati rilevati, sono in grado di portare alla formazione dell’immagine ecografica. Ogni tessuto possiede una sua impedenza acustica (funzione della densità del tessuto stesso; il punto di passaggio tra due tessuti a diversa impedenza acustica si definisce interfaccia acustica. Quando gli ultrasuoni, prodotti dalla sonda ecografica, penetrano nei tessuti ed incontrano una interfaccia acustica, una parte di questo fascio ultrasonoro viene riflessa indietro e va a costituire quello che prende il nome di “eco”. L’eco viene quindi rilevato dai cristalli piezoelettrici della sonda e attraverso l’analisi di frequenza e lunghezza d’onda verranno poi prodotte le immagini. Le varie interfacce acustiche incontrate dagli ultrasuoni hanno una diversa ecogenicità. L’ecogenicità di una interfaccia acustica è data dalla differenza di impedenza acustica fra i due tessuti.  Se due tessuti hanno la stessa impedenza, l’interfaccia sarà scarsamente ecogena e quindi il fascio ultrasonoro riflettuto sarà ridotto. Al contrario, per tessuti con grande differenza di impedenza, avremo una interfaccia molto iperecogena e quindi il fascio riflesso sarà maggiore. L’aria è l’interfaccia più ecogena presente nei sistemi biologici poiché è in grado di riflettere quasi il 100% del fascio ultrasonoro (immagine estremamente iperecogena). L’acqua, o i liquidi limpidi in generale, al contrario, non riflettono il fascio ultrasonoro perché lo assorbono (immagine anecogena).

Detto questo, l’ecografia risultebbe essere la metodica meno idonea ad esplorare il parenchima polmonare. In condizioni normali questo è vero poiché l’aria alveolare non permette il passaggio delle onde meccaniche, ma in condizioni patologiche le caratteristiche del polmone cambiano. In caso di versamento pleurico, ad esempio, il versamento stesso produce una finestra acustica che ci consente inoltre di visualizzare anche il parenchima polmonare circostante. In questo caso, l’ecografia può essere utilizzata sia a scopo diagnostico che a scopo terapeutico. Una volta individuata la presenza di versamento , tramite la metodica ecografica possiamo effettuare una valutazione diagnostica quantitativa, qualitativa, ed eventualmente intraprendere un approccio terapeutico eco-assistito (l’ecografia viene utilizzata solo per individuare e centrare lo spazio intercostale attraverso cui eseguire la toracentesi o applicate il drenaggio) o eco-guidato (l’ecografia viene utilizzata per guidare tutto l’intervento procedurale). In entrambi i casi, il fine è quello di limitare le complicanze legate alla procedura (risposta A esatta).

La Tc è l’esame ideale per lo studio del parenchima polmonare e degli organi collocati all’interno della gabbia toracica tuttavia, i tempi di esecuzione più lunghi e l’utilizzo di radiazioni, la portano ad essere considerata come un esame di secondo livello, soprattutto nelle condizioni di urgenza (risposta B errata).

L’ecodoppler è una tecnica applicata all’ecografia, utilizzata per la rilevazione della direzione e del flusso ematico all’interno dei vasi sanguigni, che sfrutta il cosiddetto effetto Doppler. La sonda ecografica è capace di rilevare le variazioni di frequenza delle onde riflesse da un emettitore (il sangue in movimento) rispetto alle onde emesse.  In particolare se la frequenza delle onde di ritorno è maggiore, questo verrà interpretato come movimento dei corpi verso la sonda ecografica, e quindi in avvicinamento; se la frequenza rilevata è minore, i corpi saranno invece in allontanamento rispetto alla sonda. Nel caso del versamento, il liquido raccoltosi all’interno della pleura è statico quindi l’effetto doppler non potrebbe esserci d’aiuto (risposta C errata).

L’angiografia è un esame diagnostico/terapeutico invasivo che permetto lo studio dell’albero vascolare “dall’interno”. Non è l’esame adatto per lo studio di pleura e polmoni (risposta D errata).


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