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1 di 3 Domande

Il signor La Rosa è un uomo di mezz’età, impiegato al Comune, che si reca presso la clinica dermatologica del Policlinico “Abano Terme” per un controllo annuale. Anamnesi patologica prossima: presenta numerosi nevi displastici,. Afferma che uno dei suoi nevi sulla spalla sinistra sembra più grande del solito ed ha iniziato a dargli prurito. Nega anoressia, cambiamenti di peso o malessere, anche se ammette di essersi sentito un po’ stanco negli ultimi due mesi. Esame obiettivo: appare in forma e non ha linfoadenopatie. Il nevo è marrone scuro, di 7 mm di diametro, nodulare e presenta una forma irregolare. Non ci sono segni di ulcerazione, né di sanguinamento. Cosa dovrebbe fare il dermatologo?

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La risposta B è corretta.

Quando ci troviamo davanti ad un nevo, soprattutto davanti ad un nevo displastico, dobbiamo valutarne alcune caratteristiche. Le principali caratteristiche di sospetto sono riassunte nell’acronimo ABCDE: (A) Asimmetria: dividendo idealmente a metà la lesione, le due metà appaiono tra loro differenti; (B) Bordi irregolari: il contorno può presentare frastagliature, introflessioni ed estroflessioni; (C ) Colore irregolare: le diverse zone della lesione possono avere colori diversi (marrone, nero, rosso, rosa); (D) Diametro superiore a 6 mm: i melanomi tendono ad avere dimensioni maggiori dei semplici nevi; (E) Evoluzione: la tendenza della lesione a modificarsi in tempi brevi, con comparsa di prurito, alone eritematoso, desquamazione o sanguinamento spontaneo. I nevi non si trasformano in melanomi, ma i melanomi nascono come tali e possono sembrare nevi.

Il melanoma maligno ha origine da melanociti presenti in una zona pigmentata: possiamo ritrovarlo, dunque a livello della pelle, delle mucose, degli occhi o del SNC.

Il melanoma rappresenta il 4-5% di tutti i tumori maligni, ha una incidenza di 13:100.000, in evidente aumento, soprattutto nella razza caucasica.  Ha un picco di incidenza compreso tra i 35 ed i 50 anni, ma è relativamente frequente anche in età giovanile (non rari sono i pazienti con età inferiore a 20 anni). La genesi del melanoma è multifattoriale e sono stati identificati una serie di fattori di rischio. Il principale risulta essere senza dubbio l’esposizione solare, cioè l’esposizione ai raggi ultravioletti di media intensità (UVB), con lunghezze d’onda subito inferiori a 320 nm. Poi vi è la suscettibilità genetica.  Esistono condizioni genetiche predisponenti che comportano un maggiore rischio di sviluppare melanomi, quali lo xeroderma pigmentoso e la sindrome del nevo displastico. Esistono anche condizioni in cui si realizza una vera e propria ereditarietà del melanoma come nel caso dei melanomi familiari e della cosiddetta sindrome del melanoma multiplo. Altri fattori sono la scarsa pigmentazione cutanea, il fenotipo con pelle chiara, occhi chiari e capelli rossi o biondi, le scottature in età infantile, la presenza di nevi numerosi e/o displastici,  l’assunzione di ormoni steroidei.

Esistono 4 tipi principali di melanoma: melanoma a diffusione superficiale (rappresenta circa il 70% dei melanomi, essendo il più comune), melanoma nodulare (il più aggressivo, rappresenta il 10-15% dei melanomi), lentigo maligna, melanoma acrale-lentigginoso.

La storia naturale del melanoma parte dal melanocita normale, che acquisisce poi mutazioni tali da determinare la formazione di una lesione simile a un nevo.

Questa tende ad estendersi progressivamente, dapprima mediante una crescita radiale (o tangenziale) sul piano della superficie cutanea e successivamente mediante una crescita verticale (correlata all’invasività del nevo). Successivamente, è possibile che si verifichi una diffusione delle cellule tumorali per via linfatica, con eventuale coinvolgimento dei linfonodi locoregionali, oppure tramite la formazione di microsatelliti e/o metastasi in transito (per via intraepiteliale).

La diagnosi di natura si esegue con l’esame clinico e la valutazione dell’aspetto macroscopico e con l’esame ad epiluminescenza. Per la diagnosi di estensione e, quindi, per la stadiazione del tumore si ricorre invece ad esami di primo livello, comprendenti innanzitutto la valutazione dell’estensione del melanoma e la valutazione dello stato linfonodale e in particolare del linfonodo sentinella; la radiografia del torace; l’ecografia epatica; la TAC dell’encefalo e completa; la scintigrafia ossea. Per la stadiazione della lesione primitiva i due sistemi su cui si fa tradizionalmente affidamento sono il sistema di Breslow e quello di Clark.

Lo spessore tumorale (o spessore di Breslow) è correlato alla prognosi della malattia; è il fattore prognostico più significativo e solitamente viene misurato dallo strato granuloso (tuttavia, se la lesione fosse ulcerata, dal fondo dell’ulcerazione fino al punto di infiltrazione massima).

Anche il livello di Clark esprime l’entità della crescita verticale del melanoma, ma lo fa in funzione delle strutture anatomiche interessate (epidermide, derma papillare, interfaccia tra derma papillare e derma reticolare, derma reticolare, sottocute).

La terapia chirurgica è l’approccio terapeutico principale e consiste nella escissione della lesione. E’ fondamentale che venga stabilito un margine di escissione adeguatamente ampio. Per evitare complicanze è necessario poi eseguire una revisione della cicatrice dopo l’esame istologico.

Oltre all’intervento sul tumore primario, bisogna eseguire anche l’asportazione delle metastasi, qualora ve ne siano e siano asportabili chirurgicamente.

La radioterapia è di scarse utilità ed efficacia e vi si ricorre praticamente solo per il trattamento delle metastasi e come terapia adiuvante.

I principali fattori prognostici dipendono da spessore della lesione (la profondità di infiltrazione del melanoma è il parametro più importante e può essere espresso facendo riferimento all’indice di Breslow o al livello di Clark), ulcerazione (la presenza di ulcerazione comporta sempre un peggioramento della prognosi, a qualunque stadio sia il melanoma), interessamento dei linfonodi regionali (altro fattore negativo di grande importanza); infiltrazione linfocitaria peritumorale, invasione angiolinfatica; indice mitotico, localizzazione, microsatellitosi e metastasi in transito, neoangiogenesi.

 

La risposta A è errata.

Il nevo displastico del nostro paziente presenta alcune caratteristiche di malignità; non impostare il corretto percorso diagnostico-terapeutico potrebbe portare ad un grave ritardo nel trattamento che influenzerebbe in maniera importante la prognosi e di conseguenza anche la sopravvivenza del paziente stesso.

 

La risposta C è errata.

La radioterapia è di scarse utilità ed efficacia e vi si ricorre praticamente in due sole occasioni: la prima è il trattamento ad alte dosi delle metastasi, soprattutto quelle ossee e talvolta quelle cerebrali; la seconda è la terapia adiuvante nei soggetti con melanomi di stadio T4 in cui, nonostante l’asportazione radicale del tumore, esiste comunque un elevato rischio di recidiva.

 

La risposta D è errata.

La somministrazione di antistaminici potrebbe risolvere il problema del prurito e ma sarebbe solo una terapia sintomatica. Il melanoma va diagnosticato precocemente e trattato in maniera adeguata e radicale. La somministrazione di antistaminici non è assolutamente la terapia più adatta.

 

La risposta E è errata.

Per i motivi sopra spiegati.


2 di 3 Domande

Quale delle seguenti affermazioni sulla formazione di cicatrici ipertrofiche è FALSA?

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Il carcinoma basocellulare è la più diffusa neoplasia maligna cutanea. Il basalioma, o carcinoma basocellulare, è la forma più diffusa di neoplasia cutanea, forse addirittura la neoplasia più frequente della razza caucasica.

I carcinomi basocellulari derivano da cheratinociti vicini allo strato basale che possono essere definiti come cheratinociti basaloidi.

Circa il 95% delle diagnosi di BCC vengono effettuate in individui di età compresa tra i 40 e i 79 anni di età. L’incidenza è circa del 30% più elevata negli uomini rispetto alle donne. Quasi il 90% dei BCC si sviluppa a livello della testa o del collo. Il tasso di incidenza per 100.000 abitanti varia da paese a paese (115 BCC in Gran Bretagna,

70-80 BCC in Germania, Svizzera e Italia, 170 BCC in USA e > 800 BCC in Australia).

Nonostante la sua alta prevalenza, generalmente è dotato di scarsa aggressività tuttavia ha una modesta invasività locale e tende, anche se in maniera lentissima, ad estendersi superficialmente ed in profondità. Le zone maggiormente colpite sono il viso e il collo (70% dei casi), soprattutto il naso, la fronte e la regione periorbitaria, e la regione temporale; rari sono i casi a livello del tronco. La sua localizzazione in zone particolarmente delicate ed esposte come il viso e il collo potrebbe portare, in seguito agli interventi di asportazione della lesione, a non poco rilevanti deturpazioni estetiche.

La metastasi è rara, ma la crescita locale può essere molto distruttiva:generalmente rimane circoscritto al distretto anatomico, in cui ha avuto origine senza generare metastasi, ma può invadere le strutture circostanti interessando nervi e ossa.

La diagnosi viene formulata mediante biopsia.

Da un punto di visto istopatologico esistono 4 tipi di CB:

– Il tipo superficiale

– l’istotipo nodulare

– l’istotipo infiltrante

– l’istotipo piano-cicatriziale o sclerodermiforme.

Il trattamento del carcinoma basocellulare varia in base alle dimensioni, agli strati cutanei interessati e alla localizzazione.

L’asportazione chirurgica è attualmente la tecnica maggiormente utilizzata. In zone particolarmente delicate come il viso, la conoscenza a dell’anatomia del volto è indispensabile al fine di ottenere risultati esteticamente migliori. Le linee di Langer del volto, se seguite per l’incisione chirurgica, permettono una migliore cicatrizzazione. Le cicatrici sono lo step finale del processo di guarigione di una ferita cutanea. Sono la risposta della cute ad un insulto di qualsiasi natura. Le caratteristiche quali lunghezza, larghezza, colore, spessore e consistenza, dipendono da molteplici fattori: anzitutto dalla natura della lesione (tagli accidentali, interventi chirurgici o trattamenti con laser, ustioni (risposta C errata), infezioni, insulti chimici), dal tipo di pelle (le pelli scure, afroamericane, sono maggiormente predisposte al contrario della razza causasica (risposta D esatta)), dalla zona del corpo interessata (la regione dorsale, presternale, cervicale soprattutto (risposta A errata), da fattori e predisposizioni ormonali (risposta B errata) e dalla costanza nella terapia. Esistono cicatrici piane, rilevate o depresse (in rapporto al livello della cute circostante), dal colore omogeneo o discromiche, morbide o dure al tatto, di forma lineare o irregolare, retraenti, ipertrofiche o cheloidee. Una cicatrice si definisce ipertrofica quando è rilevata rispetto alla cute circostante ma il tessuto in eccesso non fuoriesce dai margini della cicatrice stessa e questo la differenzia dal cheloide, in cui il tessuto neoformato, invece, fuoriesce da tali bordi.

In linea generale il miglior approccio terapeutico consiste nella chirurgia micrografica di Mohs. Essa è una tecnica chirurgica escissionale con controllo completo (100%) dei margini e ricostruzione grafica tridimensionale della massa tumorale. La Chirurgia di Mohs (CM) rappresenta una tecnica chirurgica di indiscussa efficacia terapeutica, utile per ottenere la radicalità nell’asportazione delle neoplasie cutanee. La CM nasce da una brillante intuizione di un chirurgo americano del Wisconsin, che quasi alle soglie della laurea, ancora studente, la concepì nel lontano 1930.

Per quanto riguarda questa tecnica: si procede a progressiva rimozione sequenziale di sottili strati istologici con ispezione microscopica per verificare che i margini rimossi siano scevri da cellule tumorali(attraverso il controllo microscopico dei margini in estemporanea).

Altre tecniche di rimozione della neoplasia comprendono: l’elettrodissecazione e il curettage (non sono raccomandate però per le lesioni del viso a causa dell’ esito cicatriziale conseguente o per quelle ad alto rischio).


3 di 3 Domande

Osservando attentamente l'immagine, indicare di quale lesione verosimilmente si tratta?

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Il danno da energia elettrica può originare in particolare da due fonti: domestica e industriale (folgorazione o elettrocuzione) oppure atmosferica (fulminazione).  Gli effetti dell’energia dipendono da diversi fattori, chiamati “fattori di Kouwenhoven”: tensione e amperaggio, percorso della corrente nel corpo umano, resistenza del conduttore, durata dell’esposizione, tipo di corrente (continua o alternata). Importante è anche l’estensione della superficie di contatto. Gli effetti aumentano in relazione alla differenza di potenziale a cui il corpo viene sottoposto, alla intensità della corrente elettrica, e al tempo di esposizione al contatto, e si riducono in base all’aumento della resistenza del corpo umano al passaggio della corrente. Minore è la resistenza, maggiore è il flusso di corrente che attraversa il corpo (la resistenza è in relazione alle condizioni fisiologiche del corpo (es. spessore strato corneo dell’epidermide, concentrazione elettrolitico-acquosa del corpo umano) e in relazione al corpo umano in rapporto all’ambiente in cui si trova (asciutto, umido, con scarpe, a piedi scalzi). Le lesioni da energia elettrica si traducono, sul corpo umano, in lesioni da calore (si ha una trasformazione dell’energia elettrocinetica in energia termica) e lesioni da effetti elettrofisiologici come tetanizzazione, arresto respiratorio e arresto cardiocircolatorio. Un tipo di lesione patognomonica, anche se non sempre presente, è il cosiddetto “marchio elettrico” cioè una ustione localizzata sulla cute, a livello del punto di applicazione dell’energia.

La diagnosi di certezza del “marchio” è istologica, quindi microscopica, e mostra una necrosi coagulativa dei tessuti e una deformazione degli strati più profondi dell’epidermide, le cui cellule dello strato basale assumono una forma allungata, con una disposizione a palizzata. A livello macroscopico possiamo invece avere una lesione rilevata, senza perdita di sostanza, non suppurativa, con margini netti e di colorito giallo grigiastro, oppure una lesione con forma simile a quella di un cratere, ben delimitata, con margini netti e carbonizzati delimitanti una zona centrale giallo-grigiastra o rossa in cui si ha perdita di sostanza a spese di epidermide e derma (la risposta corretta è la B).

Le lesioni provocate da fonti di energia meccanica, termica e caustici hanno caratteristiche differenti rispetto a quelle proposte nella nostra immagine (risposte A, C, D errate).


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