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1 di 3 Domande

Un uomo di 54 anni, tabagista ma con anamnesi sostanzialmente muta, si presenta in Pronto Soccorso in seguito a una crisi epilettica generalizzata. Alla TC encefalo senza mezzo di contrasto si evidenziano lesioni cerebrali interpretate dal neuroradiologo come metastasi.
Cosa indica l'asterisco?

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La risposta corretta è la C.

La TC è di norma il primo esame che viene eseguito per la valutazione di patologie encefaliche con insorgenza acuta, in particolar modo si tratta della TC basale, senza mezzo di contrasto. Qualora poi sia necessario, si procederà all’esecuzione dell’esame con il mezzo di contrasto.

All’immagine estrapolata dall’esame del nostro paziente, è possibile osservare una formazione iperdensa, localizzata a livello frontale destro, circondata da un’ampia area di ipodensità che si estende in direzione cranio caudale e latero mediale, in tutta l’area circostante la lesione. Nel restante parenchima cerebrale si osservano altre piccole formazioni iperdense, di diametro minore. Il neuroradiologo attribuisce una origine metastatica a queste lesioni. Numerosi tumori primitivi possono metastatizzare al cervello; frequenti sono le neoplasia polmonari (48%), della mammella (15%),  ossee (10%), genitourinarie (11%), ma anche melanomi, tumori del distretto testa-collo, e altre.  In circa l’80% dei casi la metastasi si localizza a livello emisferico, in circa il 15% dei casi a livello del cervelletto e nel 5% dei casi a livello troncoencefalico.

La diagnosi molto spesso viene fatta in seguito all’esecuzione di esami dopo il riscontro del tumore primitivo, oppure per l’insorgenza improvvisa di una sintomatologia ad origine neurologica come crisi epilettiche, mal di testa, vomito a getto da ipertensione endocranica, cambiamento della personalità o alterazioni dell’umore, difficoltà di concentrazione o perdita della memoria, letargia, plegia o perdita o alterazioni della sensibilità in alcune aree del corpo, difficoltà motorie, alterazioni dell’equilibrio, difficoltà nel linguaggio. La sintomatologia può modificarsi a seconda della sede della lesione.

Al nostro esame TC, circostante la lesione iperdensa, osserviamo (indicata dall’asterisco) una zona ipodensa attribuibile alla formazione di edema. In rapporto ai diversi meccanismi che ne provocano l’origine, l’edema cerebrale viene fondamentalmente distinto in due tipi: edema citotossico ed edema vasogenico.

L’edema citotossico è conseguente ad una lesione (neuronale) che provoca inibizione del metabolismo cellulare e quindi deficit energetico; il deficit energetico a sua volta porterà ad una disfunzione nei sistemi di membrana deputati al trasporto ionico con conseguente ridotta fuoriuscita di Na+ dall’interno della cellula, richiamo di acqua al compartimento intracellulare e accumulo di questa.

L’edema citotossico è quello che si presenta più precocemente, soprattutto negli insulti cerebrali ad origine vascolare; l’edema vasogenico invece è secondario al danno della barriera ematoencefalica che porta ad un aumento regionale della permeabilità vascolare ai costituenti proteici plasmatici, conseguente stravaso di liquido nelle spazio extracellulare della sostanza bianca e successiva diffusione allo spazio extravascolare della sostanza grigia. La sua formazione si verifica nei pazienti con neoplasie cerebrali (primitive o metastatiche), ascessi cerebrali, oppure nei pazienti con trauma cranico.

Alla TC la presenza di edema vasogenico si traduce in un’area ipodensa circostante la lesione come quella visibile al nostro esame tomografico.

 

La risposta A è errata.

Il riassorbimento subependimale non è nient’altro che l’evidenza di un edema interstiziale determinato dal passaggio di liquor dai ventricoli cerebrali all’interstizio periventricolare, solitamente a causa di fenomeni ostruttivi del drenaggio liquorale (condizione non evidenziabile nel nostro paziente).

 

La risposta B è errata.

L’edema citotossico, intracellulare, è quello che si presenta da 0 a 6 h dall’evento ischemico. E’ conseguente ad una lesione (neuronale) che provoca inibizione del metabolismo cellulare e quindi deficit energetico; il deficit energetico a sua volta porterà ad una disfunzione nei sistemi di membrana deputati al trasporto ionico con conseguente ridotta fuoriuscita di Na+ dall’interno della cellula, richiamo di acqua al compartimento intracellulare e accumulo di questa.

L’edema citotossico è di difficile riscontro alla TC, è meglio evidenziabile alla RM.

 

La risposta D è errata.

Le emorragie cerebrali si evidenziano nella fase acuta alla TC come aree iperdense circondato da un alone ipodenso.


2 di 3 Domande

Il sign. Milite, un uomo di 40 anni, si reca presso l’ambulatorio della Dott.ssa Tumino, suo medico curante, lamentando una tumefazione a livello del collo. Esami strumentali: la Dott.ssa Tumino gli prescrive una TC del collo. Quale è la diagnosi?

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La risposta corretta è la D.

Il riscontro di una tumefazione del collo è un evento frequente nella pratica clinica. Nel collo sono presenti numerose strutture di origine diversa (vasi, nervi, linfonodi, muscoli, strutture ossee-cartilaginee, la laringe, l’esofago, ghiandole come la tiroide, le paratiroidi, le salivari, ecc…).

Le tumefazioni del collo possono insorgere in qualsiasi età e possono essere di natura benigna (patologie cistiche, infiammatorie, neoplastiche benigne) o maligna, per questo è essenziale un accurato approfondimento diagnostico. Inoltre va considerato che anche una tumefazione di natura benigna può determinare gravi conseguenze determinando compressione su organi vitali presenti nel collo.

Durante l’anamnesi sarà opportuno indagare il tempo di comparsa della tumefazione e se sono presenti sintomi di accompagnamento come dolore, tosse, disfagia, otalgia, disfonia.

Un accurato esame clinico è essenziale per definire le caratteristiche di questo aumento di volume andando a valutare ad esempio le dimensioni, i margini, la forma, la consistenza, la mobilità, la dolorabilità e la presenza di altre tumefazioni. È essenziale includere nell’esame obiettivo la valutazione del cavo orale e delle prime vie aero-digestive per escludere la presenza di patologie a carico di questi distretti.

Nella diagnosi differenziale delle diverse condizioni che possono determinare una tumefazione del collo, è di fondamentale aiuto chiarire la localizzazione della lesione, se cervicale mediana o laterocervicale. Ciò aiuta molto nel distinguere tra le varie strutture l’origine della lesione.

Ad esempio nel caso di tumefazione cervicale mediana, nella maggior parte dei casi si tratta di patologie a partenza dalla tiroide, di varia natura (dalla patologia infiammatoria come nel caso delle tiroiditi, alla patologia neoplastica benigna o maligna, dalla patologia gozzigena a quella malformativa, come nel caso della cisti branchiale mediana del collo).

Nel caso di tumefazione latero-cervicale occorrerà considerare la possibilità di:

– Neoplasie benigne: emangiomi, linfangiomi, tumori benigni delle ghiandole salivari, noduli tiroidei o gozzo, adenomi paratiroidei, lipomi, fibromi, neurofibromi.

– Neoplasie maligne: adenopatie da tumori del distretto cervico-facciale e da neoplasie ad origine toracica e addominale, linfomi, tumori maligni delle ghiandole salivari, tumori della tiroide e delle paratiroidi, sarcomi, schwannomi, tumori del glomo carotideo e giugulare.

– Patologie congenite: cisti branchiali, cisti dermoidi e sebacee, laringocele.

– Patologie infiammatorie: adenopatie flogistiche, cisti sebacee infette, tubercolosi, sarcoidosi, malattia del graffio di gatto, actinomicosi, scialoadeniti.

La diagnostica per immagini ha un ruolo molto importante nella diagnosi differenziale delle tumefazioni del collo, soprattutto nell’individuare l’organo di origine e nel valutare le caratteristiche della lesione, integrando i dati desunti dall’esame clinico.

Per tutti questi scopi l’ecografia è la metodica di prima istanza, metodica non invasiva, di basso costo, ripetibile. Limite della metodica è il fatto di essere operatore-dipendente.

Lo studio ecografico della tumefazione sarà effettuato mediante criteri morfologici ed in base al comportamento acustico della lesione.

L’iter diagnostico proseguirà dunque in maniera differenziata a seconda della patologia diagnosticata.

La TC e la RM risultano indagini indispensabili per il planning terapeutico di lesioni neoplastiche, essendo metodiche in grado di valutare la presenza di metastasi loco-regionali e a distanza (torace, addome) al fine di un’accurata stadiazione.

Il caso da noi presentato, come mostrato nella TC, è quello di un tumore del glomo carotideo: tali tumori si sviluppano a livello della giunzione carotidea e hanno una caratteristica pulsatilità trasmessa (DD con aneurismi carotidei: pulsatilità diretta). Tali tumori derivano dalle cellule chemocettrici del glomo carotideo

Sono importanti perché spesso non vengono diagnosticati correttamente e vengono trattati come se fossero cisti branchiali , allora si bioptano e logicamente danno un’importante emorragia che può portare a morte il paziente. Ci sono delle caratteristiche genetiche che ne permettono lo sviluppo

La diagnosi viene fatta con una TC con mdc o con un angiografia: nel nostro caso alla TC con mdc vediamo una massa riccamente vascolarizzata con intenso enhancement contrastografico a carico della carotide di sinistra che allontana la carotide esterna allontanandola dalla carotide interno.

L’asportazione chirurgica è in genere agevole.


3 di 3 Domande

Ragazzo di 22 anni dopo caduta in moto lamenta intenso dolore al polso destro. Si reca in pronto soccorso dove presenta tumefazione a livello del versante radiale del polso e positività al Kirk-Watson test. Il paziente esegue esame RX del polso.
Nel radiogramma eseguito dal paziente è possibile ipotizzare la lesione di una ulteriore struttura: quale?

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La risposta corretta è la B.

Data la natura dell’evento traumatico, l’insorgenza della tumefazione e del dolore, il nostro paziente si reca in Pronto Soccorso per la valutazione del polso.

Un test frequentemente eseguito per la valutazione di un eventuale lesione ossea o legamentosa del polso è il test di Kirk-Watson. Si tratta di un test diagnostico che valuta un possibile danno al legamento scafo-lunato e la conseguente instabilità tra l’osso scafoide e quello semilunare del polso. Il paziente posiziona la mano orizzontalmente, con il palmo rivolto verso l’alto così da avere il punto di riferimento dello scafoide ben delineato. Con il polso posto in deviazione radiale e il pollice dell’esaminatore collocato sul tubercolo dello scafoide, questo esercita una pressione diretta dorsalmente, muovendo contemporaneamente il polso, in maniera passiva, dalla deviazione radiale a quella ulnare, e in senso contrario. La positività del test, cioè l’evidenza di una sub-lussazione dorsale del polo prossimale dello scafoide durante il movimento radiale e la sua riduzione durante il movimento in direzione ulnare, associati al dolore e ad un significativo “clunking”, cioè uno schiocco, percepito dal paziente (e in caso di lussazione completa anche da parte dell’esaminatore),  sono segni altamente suggestivi di lesione a tale legamento. La negatività di tale test, invece, non esclude la lesione.

Oltre al test di Watson, per ricercare una instabilità tra scafoide e semilunare, è possibile eseguire anche il test del ballottamento scafo-lunato ed è possibile evocare il dolore,  premendo sul tubercolo dello scafoide.

Tutte le manovre semeiologiche vanno sempre eseguite bilateralmente, così da non attribuire una eventuale lassità articolare costituzionale ad una condizione patologica monolaterale di nuova insorgenza (ad es. post traumatica). I test semeiologici, insieme alla sintomatologia presentata dal paziente e ai segni clinici come la tumefazione o la presenza di piccole raccolte o di ematomi, ci indirizzano verso un sospetto diagnostico, ma la diagnosi clinica può essere avvalorata dagli esami strumentali.

L’esame radiografico è l’esame di scelta per la rapidità, la facilità di esecuzione e i costi. All’esame radiografico standard, la frattura può essere visualizzata come una alterazione del profilo osseo. Nel nostro paziente possiamo notare una piccola frattura composta dello scafoide, visibile come una interruzione della corticale mediante evidenza di sottile stria iperdiafana, con evidenza di lievissima diastasi del frammento osseo.

Lo scafoide, una fra le piccole ossa che compongono il polso, collocato lateralmente al pollice e formante la prima fila delle ossa del carpo, insieme a semilunare, piramidale e pisiforme, risulta essere quello maggiormente interessato da fratture, in seguito a cadute accidentali sulla mano tesa, soprattutto qualora il peso del corpo venga trasmesso sul palmo stesso.

Le fratture dello scafoide non sempre sono facilmente visualizzabili all’Rx poiché  questo può “nascondersi” attraverso le altre ossa carpali.

Nel caso in cui alla prima radiografia del polso non sia possibile osservare la lesione, è bene ripetere l’esame a 10-14 giorni di distanza, oppure eseguire una RM, esame con maggiore sensibilità e specificità, che consente di notare anche l’edema perilesionale.

E’ bene non ritardare la diagnosi così da impostare il trattamento adeguato ed evitare le possibili conseguenze a breve e lungo termine come pseudoartrosi, artrosi, necrosi avascolare e altre.

Il legamento scafo-lunare è il legamento che unisce lo scafoide al semilunare ed è quello maggiormente interessato da lesioni.

La radiografia ci permette di cogliere alcuni segni indiretti come la presenza di una maggiore distanza tra scafoide e semilunare (dissociazione scafo-lunata, DSL) per lesione fra due due ossa: il segno di Terry-Thomas, una diastasi  dello spazio articolare scafo-lunare maggiore di 2 mm, è uno dei segni di DSL, così come anche il segno dell’anello di Bell (o segno dell’anello con castone) in cui si ha la flessione con parziale rotazione dello scafoide e rottura del legamento.

La risposta A è errata.

L’ulna è un osso lungo della regione mediale dell’avambraccio; è composto da un corpo chiamato diafisi e da due estremità chiamate epifisi. Dal lato mediale della epifisi distale origina una piccola appendice chiamata “processo stiloideo dell’ulna”. Data la localizzazione dello stiloide ulnare, possiamo escludere che sia questo il segmento osseo interessato dalla lesione traumatica.

La risposta C è errata.

Il legamento scafo-capitato non è interessato da tale lesione.

La risposta D è errata.

Il legamento ulno-lunato non è interessato da tale lesione.


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