La risposta corretta è la C.
Data la natura dell’evento traumatico, l’insorgenza della tumefazione e del dolore, il nostro paziente si reca in Pronto Soccorso per la valutazione del polso.
Un test frequentemente eseguito per la valutazione di un eventuale lesione ossea o legamentosa del polso è il test di Kirk-Watson.
Si tratta di un test diagnostico che valuta un possibile danno al legamento scafo-lunato e la conseguente instabilità tra l’osso scafoide e quello semilunare del polso. Il paziente posiziona la mano orizzontalmente, con il palmo rivolto verso l’alto così da avere il punto di riferimento dello scafoide ben delineato. Con il polso posto in deviazione radiale e il pollice dell’esaminatore collocato sul tubercolo dello scafoide, questo esercita una pressione diretta dorsalmente, muovendo contemporaneamente il polso, in maniera passiva, dalla deviazione radiale a quella ulnare, e in senso contrario. La positività del test, cioè l’evidenza di una sub-lussazione dorsale del polo prossimale dello scafoide durante il movimento radiale e la sua riduzione durante il movimento in direzione ulnare, associati al dolore e ad un significativo “clunking”, cioè uno schiocco, percepito dal paziente (e in caso di lussazione completa anche da parte dell’esaminatore), sono segni altamente suggestivi di lesione a tale legamento. La negatività di tale test, invece, non esclude la lesione.
Oltre al test di Watson, per ricercare una instabilità tra scafoide e semilunare, è possibile eseguire anche il test del ballottamento scafo-lunato ed è possibile evocare il dolore, premendo sul tubercolo dello scafoide.
Tutte le manovre semeiologiche vanno sempre eseguite bilateralmente, così da non attribuire una eventuale lassità articolare costituzionale ad una condizione patologica monolaterale di nuova insorgenza (ad es. post traumatica).
I test semeiologici, insieme alla sintomatologia presentata dal paziente e ai segni clinici come la tumefazione o la presenza di piccole raccolte o di ematomi, ci indirizzano verso un sospetto diagnostico, ma la diagnosi clinica può essere avvalorata dagli esami strumentali.
L’esame radiografico è l’esame di scelta per la rapidità, la facilità di esecuzione e i costi. All’esame radiografico standard, la frattura può essere visualizzata come una alterazione del profilo osseo. Nel nostro paziente possiamo notare una piccola frattura composta dello scafoide, visibile come una interruzione della corticale mediante evidenza di sottile stria iperdiafana, con evidenza di lievissima diastasi del frammento osseo.
Lo scafoide, una fra le piccole ossa che compongono il polso, collocato lateralmente al pollice e formante la prima fila delle ossa del carpo, insieme a semilunare, piramidale e pisiforme, risulta essere quello maggiormente interessato da fratture, in seguito a cadute accidentali sulla mano tesa, soprattutto qualora il peso del corpo venga trasmesso sul palmo stesso.
Le fratture dello scafoide non sempre sono facilmente visualizzabili all’Rx poiché questo può “nascondersi” attraverso le altre ossa carpali.
Nel caso in cui alla prima radiografia del polso non sia possibile osservare la lesione, è bene ripetere l’esame a 10-14 giorni di distanza, oppure eseguire una RM, esame con maggiore sensibilità e specificità, che consente di notare anche l’edema perilesionale.
E’ bene non ritardare la diagnosi così da impostare il trattamento adeguato ed evitare le possibili conseguenze a breve e lungo termine come pseudoartrosi, artrosi, necrosi avascolare e altre.
La risposta A è errata.
SNAC è un acronimo che sta per Scaphoid Nonunion Advanced Collapse cioè la degenerazione artrosica dell’articolazione radio-carpica in seguito ad una frattura misconosciuta o non adeguatamente trattata dello scafoide.
Si presenta a diversi anni di distanza dall’evento traumatico ed evolve in tre stadi a gravità crescente. A distanza di 10 anni dall’insorgenza della pseudoartrosi, il quadro clinico evolve in SNAC nella totalità dei casi.
Il nostro paziente arriva in pronto soccorso in seguito ad un evento traumatico di recente insorgenza per cui non è possibile abbia già sviluppato una degenerazione artrosica delle strutture ossee interessate da frattura.
La risposta B è errata.
In questo esame radiografico non osserviamo alterazioni del profilo del semilunare né la presenza di plurimi frammenti, motivo per cui non risulta essere questo l’osso interessato dall’evento traumatico.
La risposta D è errata.
La sindrome del tunnel carpale è una patologia a decorso cronico, dovuta alla compressione ab estrinseco del nervo mediano della mano, da parte dei tessuti molli circostanti, lungo il suo decorso a livello del tunnel omonimo (la parte superiore del tunnel è limitata dal legamento trasverso del carpo, invece inferiormente abbiamo radio ed ulna). Il mediano, a livello della mano, controlla la sensibilità della parte laterale della mano e delle prime tre dita, e la motilità del muscolo abduttore del pollice, opponente del pollice e del flessore breve del pollice, oltre ad alcuni muscoli lombricali. La sindrome del tunnel carpale è caratterizzata da dolore e da intorpidimento della mano e delle dita innervate.
Le cause e i fattori predisponenti al suo sviluppo sono molteplici: microtraumatismi ripetuti del polso per attività lavorative o sportive, condizioni patologiche di base come diabete, artrite reumatoide, l’età, fattori ormonali e l’ereditarietà.
La diagnosi, oltre alla clinica, può essere fatta con i test elettrofisiologici. Eventualmente, tramite radiografia, si potrebbero visualizzare dei processi patologici, soprattutto di tipo artrosico, a carico delle ossa del polso.
La sintomatologia e l’esame radiografico del nostro paziente non sono riconducibili a questa patologia.