Simulazione

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1 di 3 Domande

Un ragazzo di 20 anni presenta il seguente ECG.
Cosa si nota all'ECG?

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La risposta esatta è la A.

Le derivazioni da V1 a V6, chiamate derivazioni precordiali, esprimono l’attività elettrica del cuore sul piano orizzontale, e in particolar modo: V1-V2 esplorano il setto interventricolare, V3-V4 esprimono la parete anteriore del ventricolo sinistro, V5 e V6 la parete laterale del ventricolo sinistro. L’onda P indica la depolarizzazione atriale, il complesso QRS e l’onda T indicano rispettivamente la depolarizzazione e la ripolarizzazione ventricolare, mentre la ripolarizzazione atriale non è visibile poiché avviane durante la depolarizzazione ventricolare. In età giovanile, successivamente alla pubertà, il vettore di ripolarizzazione ventricolare è tale da rendere le T positive in tutte le derivazioni precordiali, ad eccezione di V1 e raramente di V2. In casi eccezionali, la negatività della T può coinvolgere anche V3 e V4 (cosiddetta onda T giovanile). In linea di massima, tuttavia, dopo la pubertà la presenza delle onde T invertite (soprattutto le onde T≥ 2 mm) nelle derivazioni (in due o più derivazioni contigue) che esplorano il ventricolo destro, può essere espressione di una cardiopatia congenita con sovraccarico di pressione o di volume a livello del ventricolo destro (cardiomiopatia aritmogena del ventricolo destro), oppure, sebbene più raramente, di una patologia ereditaria dei canali del sodio o del potassio.

Il nostro Ecg mostra un ritmo sinusale, alterazioni diffuse della ripolarizzazione ventricolare con onda T negativa da V1 a V5 , una R alta in V1 ed un asse spostato a destra. Questi reperti potrebbero indicare una ipertrofia ventricolare destra a carattere aritmogeno.

La cardiomiopatia aritmogena del ventricolo destro è una cardiomiopatia spesso familiare, con trasmissione variabile ma più frequentemente autosomica dominante che coinvolge prevalentemente, ma non esclusivamente, il ventricolo destro. La mutazione genica responsabile, riscontrata nel 10-20% dei casi, è quella a carico di geni che codificano per varie proteine del desmosoma. Dal punto di vista istologico si assiste ad una progressiva sostituzione del miocardio con tessuto fibroadiposo; questa sostituzione genera aree di discinesia e dilatazione, localizzate in particolar modo a livello del tratto di afflusso, di efflusso e dell’apice del ventricolo destro (area nota come triangolo della displasia) ma anche coinvolgenti tutta la parete ventricolare destra o con estensione a quella ventricolare sinistra. Questa patologia, date le profonde alterazioni morfologiche e funzionali arrecate, è causa frequente di aritmie ventricolari e morte improvvisa, soprattutto in età giovanile, durante o subito dopo l’attività fisica.

Per questo motivo, in presenza di un ECG di questo tipo è indicata l’esecuzione  di un ecocardiogramma così da portare alla luce eventuali alterazioni cardiache strutturali.

 

La risposta B è errata.

La fibrillazione atriale è una tachiaritmia che, nella maggior parte dei casi, si presenta in concomitanza di patologie cardiache strutturali.

E’ relativamente frequente nella popolazione anziana; lo è decisamente meno in quella giovane, ma può presentarsi anche in questa, soprattutto in concomitanza di alcune patologie quali ipertiroidismo, ipertensione o diabete. In questa patologia gli atri vengono eccitati in maniera disorganizzata e caotica, con una frequenza di attivazione che può andare dai 400 sino ai 650 impulsi/minuto. La presenza di questa attività incontrollata è da collegare alla presenza di uno o più foci ectopici, spesso localizzati allo sbocco delle vene polmonari, che scaricano ad alta frequenza. Sono presenti molteplici circuiti di rientro attraverso i quali viaggiano gli impulsi che attivano le cellule atriali, si estinguono, e poi si riformano. Gli impulsi generati arrivano sino al nodo atrio-ventricolare nel quale vengono “filtrati”, motivo per cui il numero di impulsi che raggiunge i ventricoli, sebbene comunque alto (140-150 impulsi/minuto), si numericamente inferiore rispetto a quelli atriali. All’Ecg la diagnosi di fibrillazione atriale viene fatta per l’assenza di onde di attivazione atriale (onde P) regolari; di conseguenza, anche i complessi QRS si succedono in maniera irregolare.

L’ecg del nostro paziente non mostra queste caratteristiche.

 

La risposta C è errata.

Quando il flusso coronarico si dimostra insufficiente a soddisfare il fabbisogno delle cellule miocardiche, si verifica una condizione definita di ischemia.

L’ischemia provoca una cascata di eventi che alterano in primo luogo l’attività metabolica, poi quella meccanica e poi quella elettrica delle cellule miocardiche.

Le alterazioni elettriche, rilevabili all’ECG, sono provocate da anomalie nelle fasi di depolarizzazione e ripolarizzazione di tali cellule, causate a loro volta dal danno alle strutture deputate alla generazione dei gradienti ionici.

L’ischemia miocardica acuta è caratterizzata principalmente da cambiamenti del tratto ST. All’elettrocardiogramma il tratto ST è quel segmento che unisce il complesso QRS e l’onda T. Ha una durata da 80 a 120 ms.  Il tipo di alterazione ST (nella fattispecie sopraslivellamento e sottoslivellamento) dipende dal grado e dall’estensione dell’ischemia a livello del miocardio. L’ischemia provoca delle alterazioni nella fase di depolarizzazione cellulare, con rallentamento di questa fase nella regione colpita. Si associa una riduzione della durata del potenziale d’azione. Questo, durante la sistole (in maniera un po’ inferiore durante la diastole) si traduce in una differenza di potenziale tra tessuto sano e tessuto ischemico, la quale, partendo dall’assunto che il vettore di una corrente elettrica si dirige verso le zone con carica positiva, porta ad un flusso di corrente diretto verso il tessuto ischemico. Nel caso in cui l’ischemia si estenda solo a livello subendocardico, si avrà una corrente di lesione che si dirige dall’epicardio verso l’endocardio; all’Ecg avremo quindi un sottoslivellamento ST, dato dal vettore lesionale che si allontana dall’elettrodo esplorante. Viceversa, in caso di ischemia transmurale, interessante quindi l’intero spessore della parete miocardica, avremo un vettore di lesione che si avvicina verso il subepicardio, e diretto dunque verso l’elettrodo esplorante. Ne avremo, all’Ecg, un sopraslivellamento del tratto ST.

Il nostro paziente non presenta un sottoslivellamento del tratto ST nelle derivazioni da V1 a V5.

 

La risposta D è errata.

Viene definita bradicardia una frequenza cardiaca inferiore o uguale a 60 bpm mentre, per definire il ritmo come sinusale, l’onda P deve essere visibile in tutte (o quasi tutte) le derivazioni, deve essere positiva in D2 e negativa in aVR.

Fatte queste premesse, andiamo ad analizzare il nostro Ecg.  Dal tracciato, sebbene non espressa in forma numerica, si può ricavare la frequenza cardiaca. Possiamo utilizzare due tecniche: a) considerati due QRS consecutivi, si calcola il numero dei quadrati da 5 mm compresi tra i due QRS e si divide questo numero per 300, ottenendo così la FC; b) si considerano sei QRS consecutivi e si divide per 1500 il numero di quadrati da 5 mm compresi tra il primo e il sesto QRS. La frequenza cardiaca può essere calcolata in maniera attendibile sulla base di due soli complessi ventricolari quando la distanza fra essi rimane costante; in caso di aritmia (notiamo una variabilità tra gli intervalli RR) è più affidabile una valutazione della frequenza su sei complessi ventricolari, piuttosto che su due. Se consideriamo l’Ecg del nostro paziente vediamo che i quadrati da 5 mm compresi tra due complessi QRS consecutivi sono quattro per cui: 300/4= 75 bpm (circa).

Il paziente non presenta quindi una bradicardia sinusale.


2 di 3 Domande

Il Sig. Dalini, un uomo di 40 anni, si reca dal proprio medico curante, la Dott.ssa Petriglieri, lamentando dolore e tumefazione  del viso, in seguito ad un incidente. Quale è la diagnosi?

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La risposta corretta è la A.

Data la natura dell’evento traumatico, l’insorgenza della tumefazione e del dolore, il sospetto di frattura è consistente.

L’esame radiografico è l’esame di scelta per la rapidità, la facilità di esecuzione e i costi. All’esame radiografico standard, la frattura può essere visualizzata come una alterazione del profilo osseo.

Nel nostro paziente possiamo notare una frattura finemente scomposta del pavimento dell’orbita sinistra, con lieve disallineamento dei monconi ossei coinvolti.

In caso di dubbio o se si vuole procedere a valutazioni più dettagliate sarà necessario sottoporre il paziente ad una TC o RM.


3 di 3 Domande

Dati i risultati della spirometria riportata, quale indirizzo diagnostico è da ritenere più probabile?

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La risposta esatta è la D.

Le prove di funzionalità respiratoria sono dei test che permettono di valutare l’adeguatezza della ventilazione e degli scambi gassosi. Nel primo caso avremo le misure dei volumi polmonari e dei flussi respiratori oppure i test di funzionalità dei muscoli respiratori. Nel secondo caso avremo il test di diffusione del monossido di carbonio e l’emogas analisi arteriosa più la saturimetria.

Il test più frequentemente utilizzato per la misura dei volumi statici e dinamici è la spirometria che, con l’applicazione del principio di Venturi, misura la quantità di aria inspirata ed espirata.

I volumi polmonari vengono espressi in litri, a pressione ambientale satura di vapore acqueo a 37°C. Distinguiamo i volumi polmonari statici (Vt o volume corrente; VRI o volume di riserva inspiratoria; VRE o volume di riserva espiratoria; VR o volume residuo) e dinamici (VEMS o volume espiratorio massimo al secondo o FEV1; CVF o capacità vitale forzata; MVV o massima ventilazione volontaria).

Le capacità polmonari includono CV o capacità vitale, CI o capacità inspiratoria, CFR o capacità funzionale residua e CPT o capacità polmonare totale. Andiamo ad analizzare i risultati del nostro esame spirografico partendo da alcuni presupposti (non tutti i parametri elencati di seguito sono presenti nel nostro esame ma li citiamo per completezza): la FVC indica il volume totale di aria che viene espulsa in una espirazione forzata, partendo da una inspirazione massimale; la FEV1 è il volume di aria espirata nel 1° secondo di una espirazione forzata, partendo da una piena inspirazione; il MEF esprime la velocità massima che viene data all’aria durante l’esecuzione di una espirazione forzata iniziata dopo una inspirazione completa (convenzionalmente si valutano i massimi flussi al 25%, al 50% e al 75% della CVF); il rapporto FEV1/FVC (FEV1% o indice di Tiffenau) è la percentuale di CV espirata nel primo secondo; il FEF 25-75% è il flusso medio di aria espirata durante una espirazione forzata (viene solitamente misurato dal punto in cui il 25% sino al 75% della CVF è stato espirato).

Non tutti questi parametri sono espressi nel nostro esame, tuttavia, dai parametri a nostra disposizione, cioè una VEMS (o FEV1) bassa e un basso rapporto FEV1/CVF sono tipici dei pattern ostruttivi intrapolmonari come nel caso di asma bronchiale, BPCO e nelle bronchiectasie. La spirometria del nostro paziente è appunto riconducibile ad un pattern di tipo ostruttivo, motivo per cui la risposta corretta è la risposta alla lettera D.

 

La risposta A è errata.

Il morbo di Cushing o sindrome di Cushing è una condizione patologica conseguente ad una iperfunzione della corteccia surrenalica. Questa iperfunzione può essere ACTH-dipendente, quando dovuta ad una ipersecrezione di ACTH da parte della ipofisi, o da parte di un tumore non ipofisario secernente ACTH (es. carcinoide o tumore a piccole cellule del polmone: sindromi paraneoplastiche) oppure per somministrazione esogena di ACTH; altrimenti può essere una iperfunzione surrenalica ACTH- indipendente, riconducibile alla presenza di formazioni neoplastiche surrenaliche, o alla somministrazione esogena di steroidi.

Per essere più precisi, si parla di morbo di Cushing quando l’iperfunzione surrenalica è dovuta ad un eccesso di ACTH ipofisario e si parla di sindrome di Cushing quando l’eccesso di cortisolo è riconducibile ad altre cause.

I segni e i sintomi sono sistemici e quelli più frequenti comprendono: aumento del tessuto adiposo e aumento del peso, comparsa di strie rubre sulla pelle (soprattutto a livello dell’addome), facies lunare, irsutismo, alterazioni mestruali, astenia, debolezza, perdita di massa magra, osteoporosi, iperglicemia e possibile sviluppo di diabete, ipertensione arteriosa e altri.

Nonostante sia una condizione che presenta ripercussioni sistemiche e multiorganiche, non vi sono conseguenze dirette, sul parenchima polmonare o sulle strutture dell’apparato respiratorio, tali da poter essere sospettate mediante esame spirometrico. Per questo motivo, la risposta A risulta errata.

 

La risposta B è errata.

I pattern di tipo restrittivo, tipici di patologie della gabbia toracica, patologie neuromuscolari, fibrosi polmonare, lesioni occupanti spazio o compressioni ab estrinseco come nel caso di obesità o gravidanza, malattie pleuriche, invece sono solitamente caratterizzati da FEV1 bassa, CVF bassa e rapporto VEMS/CVF normale o superiore al normale.

Dati i valori del nostro esame, la risposta alla lettera B è errata.

 

La risposta C è errata.

La pericardite costrittiva configura un processo infiammatorio cronico coinvolgente il pericardio. Quando interessato da patologie a carattere infiammatorio , questa membrana sierosa può subire appunto una progressiva trasformazione in tessuto fibroso, cicatriziale. Questa minore elasticità del tessuto pericardico  ne provoca rigidità e ridotta capacità di espansione delle camere cardiache.

I sintomi sono dovuti alla conseguente insufficienza cardiaca.

La spirometria non esplora  la funzionalità dell’apparato cardiocircolatorio, motivo per cui, da tale esame non possiamo supporre la diagnosi di pericardite costrittiva.


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