La risposta esatta è la D.
All’analisi dell’Ecg, il riconoscimento del ritmo sinusale avviene mediante l’individuazione dell’onda P, cioè l’onda di depolarizzazione atriale, che deve essere visibile senza difficoltà in tutte le derivazioni (o quasi) ma soprattutto deve essere positiva in D2 e negativa in aVR.
L’impossibilità nel riconoscere le onde P, e la sostituzione di questa da parte di due o più ondulazioni chiamate onde “f”, associato alla presenza di complessi ventricolari collocati ad intervalli variabili (intervalli RR variabili), ci permette di fare la diagnosi di fibrillazione atriale.
La fibrillazione atriale è una tachiaritmia che, nella maggior parte dei casi, si presenta in concomitanza di patologie cardiache strutturali.
E’ relativamente frequente nella popolazione anziana; lo è decisamente meno in quella giovane, ma può presentarsi anche in questa, soprattutto in concomitanza di alcune patologie quali ipertiroidismo, ipertensione o diabete.
In questa patologia gli atri vengono eccitati in maniera disorganizzata e caotica, con una frequenza di attivazione che può andare dai 400 sino ai 650 impulsi/minuto. E’ stato documentato che la presenza di questa attività incontrollata è da collegare alla presenza di uno o più foci ectopici, spesso localizzati allo sbocco delle vene polmonari, che scaricano ad alta frequenza. Sono presenti molteplici circuiti di rientro attraverso i quali viaggiano gli impulsi che attivano le cellule atriali, si estinguono, e poi si riformano. Gli impulsi generati arrivano sino al nodo atrio-ventricolare nel quale vengono “filtrati”, motivo per cui il numero di impulsi che raggiunge i ventricoli, sebbene comunque alto (140-150 impulsi/minuto), è numericamente inferiore rispetto a quelli atriali.
All’Ecg la diagnosi di fibrillazione atriale viene fatta per l’assenza di onde di attivazione atriale (onde P) regolari; di conseguenza, anche i complessi QRS si succedono in maniera irregolare. Si parla di fibrillazione parossistica quando si verifica in crisi episodiche che hanno risoluzione spontanea entro 7 giorni dall’insorgenza, oppure persistente quando si risolve dopo 7 giorni, spesso con l’ausilio di una terapia farmacologica o elettrica. In taluni casi diventa permanente. All’auscultazione i toni sono totalmente aritmici; il I tono varia continuamente di intensità e la pausa tra il I e il II tono è variabile; l’aritmia può essere riscontrata anche al polso radiale, ma questo consente di rilevare solo le sistoli emodinamicamente efficaci.
I pazienti generalmente manifestano una sintomatologia variabile all’insorgenza della fibrillazione, sebbene talvolta possano essere totalmente asintomatici e il suo riscontro possa avvenire casualmente durante l’esecuzione di un Ecg. Di frequente i pazienti, essendo la FA una tachiaritmia ad alta frequenza, hanno la sensazione di avere delle palpitazioni; talvolta invece i sintomi d’esordio sono quelli riconducibili ad uno scompenso cardiaco, con dispnea e/o angina, oppure possono essere i segni di uno scompenso emodinamico, dovuto alla perdita della sistole atriale efficace.
A causa delle alterazione cardiache di tipo strutturale, in particolar modo la dilatazione atriale, e i difetti di cinetica, per la sua contrazione sistolica inefficace, i pazienti con fibrillazione hanno un aumentato rischio di eventi cardiovascolari e di fenomeni tromboembolici (embolie cerebrali dovute alle formazioni trombotiche atriali).
Valutato l’Ecg del nostro paziente, la diagnosi corretta è proprio quella di “fibrillazione atriale”.
La risposta A è errata.
L’extrasistole è una contrazione miocardica che avviene prima rispetto ai tempi previsti dal ritmo sinusale del paziente, alterando quindi la regolare successione dei battiti; è, di fatto, un “battito in più” che può essere percepito dal paziente come un battito mancante o un flutter.
A seconda della camera di origine, atriale o ventricolare, si potranno avere extrasistoli atriali o ventricolari.
Nella maggior parte dei casi si tratta di una aritmia benigna che non necessità di alcun trattamento; in altri casi invece può essere sintomo di una patologia cardiaca importante. Le extrasistoli ventricolari isolate sono abbastanza frequenti nella popolazione generale e possono presentarsi con varie morfologie: ad esempio, nelle extrasistoli ventricolari originate dal fascicolo anteriore o posteriore della branca sinistra avremo un QRS tipo blocco di branca destra associato ad emiblocco anteriore o posteriore sinistro e molto spesso, questa morfologia è associata a forme benigne; nella sindrome di Brugada hanno generalmente una morfologia tipo blocco di branca sinistra, destra o entrambe; nella sindrome dal QT lungo la loro morfologia può essere variabile così come in altre condizioni.
Il nostro paziente non mostra alterazioni Ecg riconducibili ad extrasistoli ventricolari.
La risposta B è errata.
La depolarizzazione atriale provoca, all’Ecg, la comparsa dell’onda P; la depolarizzazione del nodo atrio-ventricolare porta alla comparsa di un tratto isolelettrico tra la fine dell’onda P e l’inizio del QRS.
Il tratto che va dall’inizio dell’onda P sino all’inizio del complesso ventricolare prende il nome di “intervallo PQ”. La normale durata del tratto PQ è di 0,14-0,16 secondi: 0,08 secondi è la durata dell’onda P invece 0,06-0,08 secondi è la durata del tratto isoelettrico. Si parla di blocco atrio-ventricolare di I grado (BAVI) quando il PQ è > 0,20 secondi.
Per fare diagnosi di BAVI è sufficiente individuare le onde P, che risultano seguite dal normale complesso ventricolare (onde P condotte), ma la durata dell’intervallo PQ è maggiore di 0,20 secondi, cioè, all’Ecg, più di 5 quadratini piccoli. Generalmente questo allungamento del PQ è dovuto ad un rallentamento nella conduzione a livello del nodo atrioventricolare.
Il nostro paziente non ha un BAV di I grado.
La risposta C è errata.
Il flutter atriale è una tachiaritmia, caratterizzata da una attivazione atriale molto rapida (frequenza superiore a 240 impulsi/minuto), dovuta ad alterazioni anatomiche e funzionali riguardanti principalmente l’atrio destro che provocano un meccanismo di rientro intra-atriale.
Il fronte d’onda del circuito di rientro segue generalmente un percorso in senso antiorario con partenza dal basso e attivazione dell’atrio verso la parete laterale, seguendo il tetto e il setto interatriale . In alcuni casi la progressione del fronte d’onda può avvenire in maniera non comune, in senso orario. In altri casi più sporadici, il circuito di rientro segue percorsi più complessi o attiva zone atriali normalmente non interessate.
E’ una aritmia associata generalmente ad anomalie strutturali della parete atriale, in particolar modo alla dilatazione atriale, provocata da varie forme di cardiopatie come miocardiopatie, cardiopatie congenite, scompenso cardiaco, valvulopatie, oppure processi infiammatori o infiltrativi, embolia polmonare, cuore polmonare cronico, broncopneumopatia.
All’Ecg l’aspetto del flutter atriale è facilmente riconoscibile: si assiste ad una regolare successione di onde dall’aspetto costante “onde F”, visibili in particolar modo nelle derivazioni D2, D3, aVF e V1. Nel flutter tipico comune le onde F sono positive in V1 e negative nelle derivazioni inferiori e, succedendosi senza essere separate da tratti isoelettrici, configurano l’aspetto a denti di sega del tracciato. Invece, nel flutter non comune, le onde F sono negative in V1 e positive nelle derivazioni inferiori.