Simulazione

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1 di 3 Domande

Il Signor Deliso, un uomo di mezz’età, si presenta presso l’ambulatorio del suo medico curante, la Dott.ssa Alani, lamentando problemi nell’atto della deglutizione. Presenta disfagia, dolore toracico occasionale e rigurgito di cibo. Negli ultimi due mesi ha perso circa 5 kg. L’anamnesi patologica remota risulta negativa per patologie rilevanti.
La Dott.ssa Alani gli prescrive un RX del tubo digerente con mezzo di contrasto baritato, il cui esito è riportato nell’immagine allegata. A quale test dovrebbe sottoporsi il paziente per cercare di individuare la causa della sua condizione clinica?

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La risposta corretta è la E.

L’RX di questo paziente evidenzia una acalasia, la più comune patologia tra le alterazioni primarie specifiche della motilità esofagea, caratterizzata da un mancato rilasciamento dello sfintere esofageo inferiore durante la deglutizione. Il bolo si arresta a livello della giunzione cardiale, che rimane chiusa; il cibo giunge nello stomaco, solo quando la pressione del bolo riesce a superare l’ostruzione funzionale a livello del LES.

Con il progredire della malattia l’esofago tende a dilatarsi, assumendo vari aspetti: esofago sigmoideo, a fiasco e fusiforme.

Per quanto riguarda i sintomi abbiamo: disfagia lentamente progressiva, (solitamente sia per i liquidi che per i solidi), rigurgito di cibo non digerito, calo ponderale e dolore toracico.

Per quanto riguarda la diagnosi sono utili:

  • RX torace, che può mostrare una dilatazione dell’ombra mediastinica ed eventuali livelli idroaerei, creati dalla presenza di residui alimentari e liquidi;
  • RX del primo tratto del tubo digerente con mezzo di contrasto;
  • esofago-gastroscopia, che molto spesso accerta la presenza di una esofagite con lesioni erosive o da candida o una leucoplachia.

Inoltre, questo esame è molto utile per poter documentare la presenza di una stenosi peptica o un carcinoma esofageo distale; queste patologie possono simulare un acalasia, dunque sarebbe opportuno eseguire anche una biopsia per escluderle;

  • manometria, eseguita per effettuare una DD con altre forme di patologia funzionale.

Per quanto riguarda il trattamento: si può eseguire una dilatazione della giunzione esofago-gastrica o la miotomia extramucosa.

La risposta A non è corretta.

La pH-metria esofagea delle 24 ore è un esame che permette la rilevazione e la registrazione del pH: in generale, la pH-metria esofagea si esegue dopo aver effettuato la manometria esofagea.

Per quanto riguarda questo test, solitamente, vanno sospesi i farmaci, che regolano la produzione acida nello stomaco (ad esempio ranitidina, omeprazolo, lansoprazolo, esomeprazolo).

L’esame è eseguito con un sondino da pH-metria di 1,5-2 mm, che viene fatto passare attraverso il naso e viene collocato al di sopra dello sfintere esofageo inferiore.

È considerato l’esame principale per la diagnosi della malattia da reflusso gastroesofageo.

La risposta B non è corretta.

La misurazione dei livelli di gastrina è un test molto importante nella diagnosi della sindrome di Zollinger-Ellison (ZES), una grave patologia secondaria alla presenza di un gastrinoma, che determina ipergastrinemia.

Tale ipergastrinemia, inoltre, a volte causa un’ipersecrezione di acido gastrico e ulcere gastroduodenali aggressive e refrattarie.

La ZES, nella maggior parte dei casi, è sporadica (75%); raramente è associata alla MEN1.

Dal punto di vista epidemiologico è una malattia rara, avendo un incidenza di solo 1-2 casi/milione (è una patologia leggermente più frequente nelle donne) e viene solitamente diagnosticata nella quinta decade di vita.

Solitamente, il gastrinoma si ritrova nel duodeno, ma piu’ raramente si può sviluppare nel pancreas, nei linfonodi addominali e in sedi ectopiche (cuore, ovaio, fegato). Per la diagnosi di questa condizione, esiste anche un test di stimolazione con la secretina. Per quanto riguarda la terapia è possibile utilizzare i PPI ed effettuare una resezione chirurgica del tumore.

La risposta C non è corretta

La manometria è utile nella diagnosi di acalasia; infatti, viene eseguita per effettuare una diagnosi differenziale con altre forme di patologia funzionale.


2 di 3 Domande

Il Sig. Fanigliulo, anziano in pensione, si presenta presso l’ambulatorio del suo medico curante, il Dott. Nanni, per disturbi gastrointestinali. Egli lamenta dolore epigastrico e perdita di circa 10 kg di peso negli ultimi sei mesi. Il paziente riferisce di essersi recato in pronto soccorso la settimana prima, lamentando gli stessi disturbi. L’anamnesi patologica remota risulta positiva per pregressi episodi di pancreatite. Afferma che durante la degenza in pronto soccorso è stata effettuata una TC dell’addome, come mostrato in immagine. Quale tra i seguenti rappresenta il trattamento più appropriato?

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La risposta corretta è la A.

Il paziente è affetto da pancreatite cronica, una malattia infiammatoria del pancreas, che provoca alterazioni di natura flogistica con lesioni permanenti, fibrosi e stenosi duttali con evoluzione atrofica.

La TC di questo paziente, infatti, mostra un pancreas atrofico e calcifico con dilatazione del dotto di Wirsung.

Dal punto di vista epidemiologico è una patologia abbastanza frequente, che colpisce più frequentemente il sesso maschile (soprattutto i pazienti che abusano cronicamente di alcol). I sintomi iniziali sono rappresentati da crisi dolorose ricorrenti.

Le cause di pancreatite sono numerose: etilismo cronico, stenosi dell’ampolla di Vater, fibrosi cistica, iperparatiroidismo, pancreatite traumatica, pancreatite ereditaria, litiasi biliare, emocromatosi, malnutrizione, litiasi del Wirsung, pancreatite acuta, pseudocisti e tumori pancreatici, che hanno la caratteristica di determinare stenosi duttale.

Tra i sintomi di questa patologia troviamo: dimagrimento, disturbi dispeptici e disordini intestinali, dolore. Il dolore si riscontra soprattutto nelle forme croniche ricorrenti, mentre, nelle forme progressive può essere molto modesto, o in alcuni casi (il 10%) del tutto assente.

Quando la secrezione delle lipasi e proteasi scende solitamente sotto il 10% del valore normale, il paziente affetto da pancreatite cronica inizia a presentare: steatorrea con feci grasse e perdita di peso. Nell’ultima fase compaiono i sintomi dell’intolleranza al glucosio.

La risposta B non è corretta.

La colangiopancreatografia retrograda endoscopica (CPRE), attraverso l’iniezione per via endoscopica di un mezzo di contrasto, consente la visualizzazione radiografica del dotto pancreatico e dei dotti biliari; di conseguenza questa tecnica è utilizzata per saggiare la presenza di calcoli e/o stenosi lungo le vie biliari.

Per la diagnosi di pancreatite cronica è poco utile.

Attraverso questa tecnica è possibile anche asportare calcoli dal dotto biliare, rompere calcoli di grosse dimensioni con un litotritore, eseguire una sfinterotomia endoscopica, dilatare la via biliare, posizionare uno stent nel dotto biliare comune.

Le risposte C e D non sono corrette.

La TC del paziente non mostra un carcinoma pancreatico.

La risposta E non è corretta.

La pancreatico-gastrostomia non si utilizza per la pancreatite cronica.


3 di 3 Domande

Una paziente di 52 anni effettua una visita ortopedica per dolore sordo alla spalla destra da circa un anno. Per lungo tempo tale dolore è stato attribuito ad artrosi cervicale, finché la paziente ha effettuato una radiografia della colonna cervicale, che è risultata negativa per patologia artrosica e compressiva sul disco intersomatico. A questo punto, l’ortopedico ha richiesto una RX bilaterale comparativa della spalla e dell’arto superiore. Da cosa è affetta la paziente?

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La risposta corretta è la D.

Il morbo di Paget dell’osso è una patologia cronica ossea dell’adulto, in cui il turnover di apposizione ossea e osteolisi è accelerato in sedi definite. Può essere colpito tutto lo scheletro, ma generalmente le ossa interessate sono il bacino, il femore, il cranio, la tibia, le vertebre, le clavicole e l’omero, in ordine di frequenza. La sintomatologia può essere assente o insorgere dopo un lungo periodo di tempo. Generalmente, dopo un lungo e variabile periodo, insorge dolore al segmento osseo colpito (che si presenta sordo e continuo, talora dolore accentuato di notte), rigidità, alterazioni funzionali del movimento e deformità ossea. La diagnosi è effettuata con RX, che mostra (come in questo caso) un tessuto osseo esuberante, disorganizzato, con lamelle e trabecole ossee spesse e non correttamente poste, espressione di un accelerato e disorganizzato turnover osseo.

La risposta A non è corretta.

L’osteomielite è un processo pseudotumorale dell’osso, di tipo infiammatorio, legato ad un evento infettivo. Nella maggior parte dei casi si ha una localizzazione elettiva alle ossa lunghe (femore, tibia, omero, radio). Se l’infezione non viene dominata nella fase iniziale, gli ascessi purulenti tendono ad espandersi e a confluire, determinando la necrosi di zone più o meno ampie di spongiosa o corticale con la formazione dei sequestri ossei. Da un punto di vista clinico l’osteomielite è caratterizzata da intenso dolore, accompagnato da febbre ed impotenza funzionale dell’arto, che, nella fase cronica, può avere remissione completa. L’esame radiografico rappresenta l’indagine di prima istanza per la valutazione diagnostica: nella fase acuta i primi segni radiografici compaiono dopo una fase di latenza di circa 10 giorni – 3 settimane e consistono in: osteoporosi ed osteolisi a “tarlatura” metafisaria, reazione del periostio di tipo lamellare e tumefazione dei tessuti molli adiacenti. In fase subacuta, le osteolisi si espandono e confluiscono con la comparsa nel loro contesto di zone di necrosi (fase osteonecrotica). Si ha quindi la progressiva demarcazione delle zone necrotiche dall’osso sano circostante, per la demolizione osteoclastica lungo la superficie di confine, con la formazione dei “sequestri ossei” (fase di sequestrazione); i sequestri appaiono intensamente radiopachi e quindi risaltano sull’osteoporosi circostante. La corticale appare erosa e le lamelle reattive sottoperiostee tendono ad addensarsi (può essere presente il triangolo di Codman). Nella fase di cronicizzazione, le osteolisi vengono ad essere circoscritte in modo sempre più netto da fenomeni di iperostosi reattiva con la formazione caratteristica della “cassa da morto” o “sarcofago”. Queste formazioni possono presentare dei tramiti con i tessuti molli, attraverso i quali si può avere fistolizzazione all’esterno con risoluzione del processo. I fenomeni di osteoproduzione riguardano anche la compatta sia verso l’esterno (periostosi) che verso l’interno (endostosi), fino a quadri di completa eburneizzazione e scomparsa del canale midollare. Bisogna sempre ricordare che, come detto, le radiografie possono essere normali o avere solo risultati aspecifici e sfumati soprattutto nelle prime fasi dell’infezione.

La risposta B non è corretta.

L’osteosarcoma si presenta in genere con dolore localizzato e cronico. L’esame radiologico di solito mostra una massa palpabile ed ha un aspetto completamente diverso rispetto al caso clinico, con crescita ossea, che supera i regolari profili ossei, con distruzione del normale schema osseo con margini indistinti e una miscela di aree radiopache e radiotrasparenti.

La risposta C non è corretta.

L’artrosi è una patologia articolare, dunque dovrebbe essere localizzata sui profili articolari della testa omerale e non lungo tutto il profilo osseo e si apprezzerebbe con riduzione dello spazio articolare interposto fra le due articolazione con sclerosi delle rime articolari frapposte e, nei casi più avanzati con cavità e deformità dei profili ossei.

La risposta E non è corretta.

Non vi è necrosi asettica della testa omerale, evidente alla radiografia.

 


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