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1 di 3 Domande

Scenario PO69S: Una donna di 19 anni presenta addominalgia e diarrea postprandiali ed esegue una esofagogastroduodenoscopia nel sospetto di un malassorbimento. Che cosa si può dedurre dall'immagine?

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La risposta corretta è la B.
Dall’immagine del caso clinico si può dedurre la presenza di atrofia della mucosa, cioè una perdita di strutture ghiandolari. Al contrario, non è possibile riscontrare la presenza di fistole, ascessi, neoformazione, sanguinamento ed ulcera della mucosa (risposte A, C, D ed E errate).

2 di 3 Domande

Scenario EQ20Q: Una donna di 45 anni presenta lesioni eritemato-ipercheratosiche non dolenti, di forma nummulare, a livello della regione scapolare. Si associano lesioni ipercheratosiche [01] con chiazza di alopecia cicatriziale [02] a livello del vertice del cuoio capelluto. Le lesioni del tronco, di vecchia data, tendono anch'esse all'atrofia cicatriziale e a lasciare esiti iperpigmentari soprattutto periferici. Tutte le lesioni tendono al peggioramento dopo l'esposizione solare. Qual è la terapia più indicata per questa paziente?

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La risposta corretta è la C.
ll lupus eritematoso sistemico (LES) è una malattia infiammatoria su base autoimmune la cui patogenesi non è del tutto nota. Si caratterizza per anomalie immunologiche, in particolare per la produzione di anticorpi antinucleari. Le manifestazioni cliniche possono interessare ogni organo e possono variare drasticamente da paziente a paziente. Il modello più comune è un insieme di disturbi costituzionali associati a coinvolgimento cutaneo, muscolo-scheletrico, ematologico e sierologico, anche se alcuni pazienti hanno manifestazioni prevalentemente ematologiche, renali o del sistema nervoso centrale.
Il lupus discoide è una variante comune di LES che si presenta soprattutto nelle regioni cutanee fotoesposte come quelle del viso, delle orecchie, del cuoio capelluto, del tronco e, più raramente, a livello della mucosa orale. Le lesioni evolvono secondo un decorso temporale caratteristico: inizialmente esse si presentano come lesioni eritematose piccole, rotonde, ben definite, che poi diventano ruvide al tatto e squamose con scaglie spesso attaccate ai follicoli piliferi che portano ad una perdita graduale di capelli con alopecia cicatriziale irreversibile. Le lesioni possono regredire nella porzione centrale dove possono svilupparsi atrofia e perdita della normale consistenza della pelle mentre perifericamente la lesione resta attiva. Le lesioni più vecchie sono grandi, con bordi irregolari, depigmentate, glabre, con un aspetto cicatriziale. I pazienti con lupus discoide dovrebbero impegnarsi quotidianamente in misure di protezione solare, compreso l'uso di filtri solari ad ampio spettro e indumenti protettivi solari in quanto l’esposizione alla luce ultravioletta e, in rari casi, la luce visibile, puossono essere un fattore esacerbante per il lupus cutaneo.
Nel trattamento del lupus i corticosteroidi topici sono terapie di prima linea: alcuni pazienti con malattia localizzata possono essere adeguatamente gestiti con la fotoprotezione e con i corticosteroidi topici da soli. Nei pazienti che non riescono a rispondere agli agenti topici o nei quali la terapia topica o intralesionale è impraticabile a causa della malattia diffusa, vi è indicazione alla terapia sistemica con antimalarici, farmaci di prima linea per il trattamento del lupus discoide. Tra gli antimalarici vi sono l’idrossiclorochina , la clorochina e la chinacrina. L'idrossiclorochina e la clorochina sono composti antimalarici di 4-aminoquinina che hanno una farmacocinetica, un'azione e un metabolismo molto simili. Il  trattamento con antimalarici è più spesso iniziato con idrossiclorochina perché è meglio tollerato dai pazienti e il suo dosaggio non deve superare 5 mg /kg/ die per minimizzare il rischio di retinopatia; la clorochina, invece, ha un rischio maggiore di tossicità retinica e intolleranza gastrointestinale e la chinacrina ha maggiori probabilità di causare effetti avversi ematologici.
 

3 di 3 Domande

Scenario QY37Y: Una donna di 22 anni si sottopone a biopsia intestinale dopo un'iniziale valutazione clinica e laboratoristica. L'esame istologico dimostra appiattimento dei villi, iperplasia delle cripte, incremento dei linfociti intraepiteliali, come illustrato nella figura. Con quale delle seguenti malattie può essere compatibile il reperto istologico?

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La risposta corretta è la E.
La malattia celiaca (o celiachia)è un’enteropatia cronica causata, in individui geneticamente predisposti, dal glutine ingerito con la dieta.
L’eziologia della patologia è legata sia a fattori ambientali che a fattori propri del soggetto; tra i fattori ambientali è noto che sia il glutine il responsabile di questa condizione, cioè una miscela proteica contenuta nella farina di frumento, orzo, farro, avena, segale e kamut.
Il glutine si caratterizza per una composizione aminoacidica ricca di glutamina e prolina che gli conferiscono proprietà antigeniche particolari tra cui la capacità di legarsi a molecole HLA di classe II o l’incapacità di essere digerito da parte di enzimi luminali e dall’orletto a spazzola. Tra i fattori individuali, invece, come già accennato, riveste un ruolo fondamentale la predisposizione genetica del soggetto testimoniata da studi condotti su familiari di pazienti celiaci, nei quali la possibilità di sviluppare la malattia era di circa il 30%. Oltre il 90% dei soggetti affetti da malattia celiaca, infatti, è portatore della molecola HLA DQ2 o di HLA DQ8. Le molecole dell’immunità innata HLA DQ2 e DQ8 sembrano capaci di presentare la gliadina, penetrata nella parete intestinale attraverso gli eritrociti o per via paracellulare, ai linfociti CD4+. Ciò porta all’attivazione delle cellule T, cioè all’iperproduzione delle citochine prinfiammatorie Th1 quali IL-2 ed interferone ɣ, che insieme all’azione citotossica dei linfociti CD8+ e all’attività delle metalloproteasi, portano a processi di apoptosi degli enterociti, con conseguente atrofia dei villi intestinali, iperproliferazione cellulare con iperplasia ed atrofie delle cripte.
Clinicamente, la malattia celiaca può essere asintomatica, paucisntomatica o sintomatica e i sintomi possono presentarsi in qualunque momento della vita; i sintomi principali sono di tipo gastrointestinale e sono rappresentati soprattutto da calo ponderale, diarrea ricorrente, steatorrea, dolori addominali tipicamente postprandiali, distensione o gonfiore addominale, associati a sintomi extraintestinali quali anemia da carenza di ferro ipocromica e microcitica o normocitica, macrocitica da carenza di folato o vitamina B12, aumento persistente delle aminotransferasi sierica, dermatite erpetiforme, astenia, cefalea ricorrente, ridotta fertilità, stomatite aftosa persistente, ipoplasia dello smalto dentale, malattia ossea metabolica e osteoporosi prematura, neuropatia periferica idiopatica o atassia cerebellare non ereditaria.
L'approccio diagnostico prevede un’adeguata anamnesi e della sintomatologia riportata dal paziente e anche se la diagnosi di certezza si basa sull’esame bioptico, i test anticorpali possono essere di grande aiuto nel dirimere il sospetto diagnostico verso questa patologia. Gli anticorpi specifici per la celiachia sono gli anticorpi anti-gliadina (di tipo IgA ed IgG), anti-endomisio ed anti-transglutaminasi. In particolare, gli anticorpi anti-gliadina vengono usati soprattutto nei primi due anni di età, in cui vi è una ridotta sensibilità per gli altri; gli anticorpi anti-endomisio ed anti-trasglutaminasi sono di classe IgA e la ricerca delle IgG viene effettuata solo in presenza di deficit selettivo di IgA.
La biopsia duodenale è il gold standard per la diagnosi di malattia celiaca: devono essere effettuate almeno 4 biopsie le quali, in presenza di malattia, si caratterizzano per atrofia dei villi, ipertrofia delle cripte e aumento dell’infiltrato infiammatorio a livello intraepiteliale e della lamina propria.
Il trattamento standard della celiachia è rappresentato da una dieta priva di glutine.

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