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1 di 3 Domande

Carlo, un uomo sulla quarantina d’anni, si reca presso l’ambulatorio del suo medico curante, il Dott. Fedi. Anamnesi patologica prossima:  macchia sulla cute che si ingrandisce lentamente e che è stata notata per la prima volta dalla compagna circa un mese e mezzo prima. La lesione non è dolente dolente né dà prurito, ma è cambiata di colore passando dal rosa al violetto. Nega di avere o di aver avuto febbre, sudorazioni notturne o sintomi urinari, ma riferisce solo una perdita di peso non voluta di circa 7 kg nell'ultimo anno. Anamnesi patologica remota: positiva per sifilide contratta circa un anno e mezzo prima e trattata con penicillina per un lungo periodo; per il resto la sua anamnesi clinica è negativa. Anamnesi farmacologica: non assume farmaci. Anamnesi personale fisiologica:  Il paziente ha avuto più partner sessuali maschili negli ultimi 20 anni e lavora come sviluppatore di siti web freelance. Non usa tabacco o droghe illecite ma beve grandi quantitativi di alcolici nei fine settimana.

Esame obiettivo: La temperatura è 37,1 C (98,8 F), la pressione arteriosa è 115/70 mm Hg, l'impulso è 80 / min e le respirazioni sono 14 / min. La lesione cutanea è mostrata nell'immagine qui sotto. Quale delle seguenti è la causa più probabile della lesione cutanea di questo paziente?



 

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La risposta corretta è la E.

Carlo presenta una lesione cutanea di colore violaceo, di forma ellittica, compatibile con una lesione da Sarcoma di Kaposi.  Il sarcoma di Kaposi è una neoplasia a carico della pelle, organi e mucose, causato da una coinfezione da herpesvirus tipo 8 ed HIV, determinato da una proliferazione di tipo vascolare, che porta alla formazione di papule e noduli cutanei. Stati di depressione del sistema immunitario, come nei soggetti HIV positivi, aumenta considerevolmente la probabilità che si possa sviluppare tale sarcoma, tanto che si verifica tipicamente nella pazienti con conta delle cellule CD4 <200/mm3. Dal punto di vista clinico, le lesioni cutanee si presentano come papule asintomatiche di colore rossastro che confluiscono a formare placche o noduli con una cromia variabile e progressiva dal marroncino al bluastro al violetto al nero. Le localizzazioni principali sono a livello del viso, cavo orale, delle estremità, del tronco e dei genitali, ma può anche essere coinvolto il tratto gastrointestinale ed il parenchima polmonare. Nelle fasi iniziali tali lesioni possono assomigliare, tanto da rientrare in diagnosi differenziale, alla porpora, angiomi, ematomi, nevi o dermatofibromi.   La diagnosi di certezza si ottiene con la biopsia, anche se spesso viene posta solo sulla base del quadro clinico.   Il sarcoma di Kaposi AIDS-associato risponde bene e regredisce se viene impostata la terapia antiretrovirale altamente attiva (HAART) perché la conta CD4+ migliora e la carica virale dell’HIV si riduce, mentre è opportuno intraprendere una chemioterapia sistemica o intralesionale nei casi più gravi o refrattari a tale trattamento.

 

La risposta A non è corretta.

Il mollusco contagioso, infezione determinata dal poxvirus, si caratterizza clinicamente per la comparsa di gruppi di papule ombelicate con superficie liscia, rosata, ad aspetto perlaceo, con una tipica ombelicatura centrale. Si tratta generalmente di un’infezione cronica localizzata, la cui trasmissione avviene per contatto diretto attraverso auto inoculazione. I pazienti in stato di immunodepressione sono a rischio di sviluppare un’infezione disseminata.

 

La risposta B non è corretta.

La sifilide è un’infezione determinata dal Treponema pallidum, caratterizzata da 3 fasi cliniche progressive e distinte. Il quadro clinico si caratterizza per la comparsa di ulcere genitali, lesioni muco-cutanee, meningite, alterazioni a carico dell’aorta e sindromi neurologiche. La sifilide secondaria   è responsabile di lesioni diffuse a livello della cute e delle mucose associate a sintomi sistemici: tale quadro clinico si manifesta dopo un periodo di circa 1-3 mesi dall’infezione iniziale.  La sifilide terziaria invece può manifestarsi anche dopo anni dall’infezione iniziale ed è caratterizzata da lesioni nodulari o ulcerative con presenza di necrosi e cicatrici.

 

La risposta C non è corretta.

Il Papilloma-virus è un virus a DNA, e ci sono più di quaranta sierotipi virali in grado di determinare infezioni cutanee e delle mucose. L’infezione spesso decorre in maniera asintomatica. Gli HPV si contraggono per contatto diretto (sessuale, orale e cutaneo), ma normalmente tali virus non si rilevano nei liquidi biologici. Alcuni sierotipi sono responsabili della comparsa di verruche cutanee e/o a carico delle mucose, mentre altri sierotipi sono associati alla comparsa di carcinoma a cellule squamose, che rappresenta il rischio maggiore legato a tale infezione in quanto sono responsabili della possibile comparsa di tumori, quali: tumore della cervice uterina, tumore dell’ano, condilomi, tumori del cavo orale e della gola, tumori a carico della vagina e del pene.

 

La risposta D non è corretta.

L’angiomatosi bacillare è un’infezione della pelle causata da Bartonella henselae o B. quintana (bacilli gram negativi), che si manifesta quasi sempre negli individui immunocompromessi. L’infezione da B. quintana viene veicolata dai pidocchi, mentre l’infezione da B. henselae è diffusa da zecche e/o da pulci che infestano i gatti domestici. La malattia tende a coinvolgere tutto il sistema reticoloendoteliale, in particolare nei pazienti HIV+. L’angiomatosi bacillare è caratterizzata da lesioni cutanee esofitiche, simil papulari e/o placche, rossastre, di consistenza friabile, associate a sintomi sistemici aspecifici e febbre. Se soggette ad un trauma le lesioni sanguinano abbondantemente. Tali lesioni possono assomigliare al sarcoma di Kaposi o ai granulomi determinati da agenti piogeni, pertanto è importante un’attenta diagnosi differenziale. Per la certezza della diagnosi di tale affezione gli esami cardini sono rappresentati dall’analisi istopatologica delle lesioni cutanee, dalla PCR e dall’emocoltura. Il trattamento dell’angiomatosi bacillare prevede eritromicina o doxiciclina, da continuare per almeno 3 mesi. L’azitromicina ed i fluorochinoloni sono farmaci di seconda linea.


2 di 3 Domande

Si reca presso il PS del Policlinico “San Matteo” di Pavia, il signor Intini, architetto in pensione, a causa di disturbi gastrointestinali. Anamnesi patologica prossima: lamenta crampi all’addome inferiore, nausea ed un paio di episodi di diarrea acquosa. Non ha la febbre, vomito o sintomatologia urinaria. Anamnesi patologica remota: negativa per patologie rilevanti. Anamnesi fisiologica: Il paziente non fuma.
Anamnesi familiare personale: Il padre è morto all'età di 60 anni per la rottura di aneurisma dell’aorta addominale. Esame obiettivo: I suoi segni vitali sono normali. Esami di laboratorio-strumentali: La TC dell'addome con mezzo di contrasto è mostrata nell'immagine sottostante.
Gradualmente però il dolore addominale si risolve spontaneamente nell’arco di 2 ore, senza alcun intervento medico e pertanto il paziente vuole tornare a casa. Quale fra i seguenti provvedimenti rappresenta la gestione più appropriata alla luce del reperto renale mostrato all’esame TC dell’addome?

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La risposta corretta è la A.

Le cisti renali sono formazioni grossolanamente sferiche, a contenuto liquido, che si sviluppano nel contesto del parenchima renale. Possono far parte di malattie ereditarie, come nel caso della malattia del rene policistico in cui le cisti sono presenti dalla nascita, oppure essere acquisite, sviluppandosi cioè nel corso della vita. Gli studi autoptici hanno dimostrato che le cisti renali sono molto frequenti, presentandosi in più del 50% dei soggetti oltre i 50 anni di età.

Il paziente in questione mostra una cisti renale semplice (struttura regolare, uniloculata, senza setti interni, contenuto omogeneo, senza presa di contrasto): esse non richiedono ulteriori accertamenti diagnostici, a meno che non siano di enormi dimensioni (>9,9 cm) ed il paziente pertanto può essere rassicurato dato che questa ciste renale è sicuramente più piccola.

Le caratteristiche che suggeriscono una malignità includono: struttura irregolare o multiloculare con più setti, contenuto eterogeneo ed enhancement contrastografico alla TC, RM;

Le cisti sono definite semplici quando si sviluppano a partire dalla corticale del rene (cioè dalla parte più esterna), sono di forma sferica e ovale, hanno profili ben definiti, pareti sottili e contenuto liquido omogeneo di densità simile all’acqua. Possono essere di varie dimensioni, da pochi mm a oltre 15 cm, e circa un quarto di esse tende ad aumentare di dimensioni con il tempo, soprattutto nei soggetti giovani. Le cisti renali acquisite semplici sono raramente sintomatiche (Il più delle volte, le cisti non causano ipertensione, dolore al fianco, ematuria,o proteinuria ed un processo infettivo si verifica molto raramente), per questo motivo nella maggior parte dei casi vengono individuate casualmente durante esami radiologici, come ecografia e TC, eseguiti per altri motivi.

Occasionalmente possono diventare sintomatiche, provocando dolore al fianco, disturbi addominali o ematuria (sangue nelle urine). Questo può essere il risultato dell’aumento di dimensioni della cisti oppure dell’insorgenza di una complicazione. Le complicazioni sono rare (2-4%) e consistono in: emorragia, infezione o rottura della cisti. L’emorragia può essere determinata da un trauma, dal semplice aumento delle dimensioni oppure da un problema di coagulazione del soggetto. Le cisti emorragiche si risolvono autonomamente col tempo, ma possono residuare calcificazioni, setti, ispessimenti delle pareti che configurano le caratteristiche di una cisti complessa. Anche l’infezione di una cisti semplice può risolversi esitando nella modifica dei suoi aspetti morfologici.

La più nota classificazione delle cisti renali è stata proposta da Bosniak, ed è riconosciuta come utile strumento di diagnosi, valutazione e gestione delle lesioni cistiche del rene. La classificazione si basa su criteri morfologici individuabili alla TC con mezzo di contrasto.

 

Le risposte B ed E non sono corrette. 

Il paziente in questione mostra una cisti renale semplice (struttura regolare, uniloculata, senza setti interni, contenuto omogeneo, senza presa di contrasto): esse non richiedono ulteriori accertamenti diagnostici, a meno che non siano di enormi dimensioni (>9,9 cm) ed il paziente pertanto può essere rassicurato dato che questa ciste renale è sicuramente più piccola.

La semplice cisti benigna non richiede l’esportazione dell’intero rene o l’escissione chirurgica della ciste.

 

La risposta C non è corretta. 

Il paziente non mostra nessun dato clinico e anamnestico che giustificherebbe l’utilizzo di antibiotici: gastroenterite, faringite, infezione genito-urinaria, sepsi, shock settico e altre patologie che richiedono l’uso di antibiotici.

 

La risposta D non è corretta. 

Lo stent ureterale è un sottile tubo flessibile di materiale plastico, che viene inserito nell’uretere per facilitare il deflusso dell’urina dal rene alla vescica. Le due estremità dello stent sono arrotolate a formare una specie di ricciolo, da cui il nome di stent a “doppio J”. Sebbene esistano differenti tipologie di stent ureterali, tutti hanno lo stesso scopo: garantire il drenaggio delle urine dal rene alla vescica (in caso ad esempio di: ostruzione urinaria dell’uretere o della pelvi renale. Alla valutazione radiologica ci aspetteremmo di riscontrare: idronefrosi o idrouretere). Questo paziente non ha sintomi di ostruzione urinaria o segni radiologici di ostruzione mostrati all’esame TC dell’addome.

Per inserire uno stent ureterale è necessaria una procedura endoscopica che, di solito, richiede l’anestesia generale o regionale. Attraverso un cistoscopio, strumento che permette di entrare nella vescica percorrendo l’uretra per via retrograda, lo stent viene fatto risalire nell’uretere con l’aiuto di un filo guida. La corretta posizione dell’estremo superiore dello stent viene verificata durante la procedura grazie alla radioscopia (raggi-x).

 


3 di 3 Domande

La Sig.ra Carrocci, una giovane donna senza un’anamnesi patologica rilevante, viene portata al pronto soccorso dell’ospedale San Martino di Belluno in stato di incoscienza. Anamnesi patologica prossima: stato di incoscienza. Presenta febbre elevata, ipotensione moderata ed eritema cutaneo. Esame obiettivo: Viene visitata dal Dott. Sigilli che nota un eritema diffuso esteso anche ai palmi delle mani. Anamnesi personale fisiologica:   il partner riferisce che circa una settimana prima hanno fatto una vacanza in tenda della durata di circa 10 giorni, nel corso della quale quest’ultima aveva presentato ciclo mestruale. Quale tra le seguenti è la diagnosi più probabile?

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La risposta esatta è la C

La Sig.ra Carrocci presenta un quadro compatibile con la diagnosi di Sindrome da shock tossico.

La sindrome da shock tossico è causata da esotossine stafilococciche o streptococciche.

Dal punto di vista clinico, l’esordio è acuto con febbre elevata improvvisa, ipotensione, un diffuso eritrodermia simile a un´ustione da raggi solari (esteso anche ai palmi delle mani e alle piante dei piedi, come da eritema solare. Dopo 7-10 giorni tende alla desquamazione).

La sindrome da shock tossico sostenuta da stafilococco causa vomito e diarrea, mialgia, mucosite, danno a carico del fegato, trombocitopenia e stato confusionale; quella streptococcica si manifesta con distress respiratorio, coagulopatia e danno epatico ed ha una mortalità più elevata. Tuttavia le differenze tra le infezioni provocate dai due ceppi batterici non sono demarcabili; sopraggiunge come conseguenza comune insufficienza renale e disfunzione multiorgano fino all’exitus.

La causa più comune della sindrome da shock tossico è attribuita all’uso di tamponi assorbenti interni nelle donne con ciclo mestruale o di altri dispositivi come diaframmi e tamponi contraccettivi; in taluni casi può conseguire alla colonizzazione di una ferita chirurgica o a infezioni cutanee.

La diagnosi viene confermata dall’isolamento del germe responsabile nel sangue o nel tampone dei siti ritenuti colonizzati e fonte dell’infezione. Il trattamento empirico si basa su oxacillina o penicillina in associazione con clindamicina.

 

La risposta A è errata

Il morbillo è una malattia infettiva virale contagiosa causata da un paramyxovirus, trasmessa per via aerea; dal punto di vista clinico si manifesta con enantema della mucosa orale (macchie di Kolplik), eruzioni cutanee che si estendono in senso rostro-caudale e tendono a confluire ma non coinvolgono le aree palmari e plantari di mani e piedi. Il quadro sintomatologico comprende anche tosse secca, ipertermia, congiuntivite. Si risolve entro 5 giorni generalmente e l’esantema tende alla desquamazione. Il trattamento è orientato alla prevenzione o alla cura delle sovrainfezioni batteriche che posso causare otite o polmonite.

 

La risposta B è errata

La malattia di Lyme, conosciuta anche come borelliosi, è un’infezione batterica provocata da Borrelia burgdorferi, spirocheta che infetta le zecche che ne rappresentano dunque il vettore. Nell’uomo in un periodo compreso tra 3 32 giorni dopo la puntura della zecca infetta si assiste alla comparsa di una macula o una papula rossa nel sito del morso; il batterio si diffonde dall’area di inoculazione per via linfatica causando adenopatia regionale, o per via ematica agli organi. La risposta infiammatoria si manifesta con eritema migrante, prima della siero conversione. L’eritema migrante dalla tipica “forma a bersaglio” (lesione cutanea eritematosa anulare con area centrale chiara) è patognomonico e consente una diagnosi precoce nella fase iniziale. L’interessamento sistemico porta ad artrite, alterazioni neurologiche e cardiache se nel frattempo non è stato iniziato un adeguato trattamento, in genere a base di doxiciclina o amoxicillina.

 

La risposta D è errata

La febbre reumatica si presenta con eritema marginato serpiginoso, non pruriginoso, che interessa tronco e porzioni prossimali degli arti ma non coinvolge il volto. Insorge in seguito ad infezioni sostenute da streptococco di gruppo A, soprattutto della faringe. Altri sintomi sono poliartrite migrante, corea, noduli sottocutanei, corea di Sydenham, cardite, febbre e calo ponderale. Il trattamento farmacologico prevede penicillina, acido acetilsalicilico per la cardite e l’artrite e talvolta corticosteroidi.

 

La risposta E è errata

La febbre maculosa delle Montagne Rocciose è un’infezione batterica, dovuta al batterio Rickettsia rickettsii, che si trasmette all’uomo con il morso della zecca del legno o del cane, correlata ad una mortalità stimata fino al 40%.La sintomatologia comprende l’improvvisa comparsa di iperpiressia seguita dalla comparsa si un esantema dell’area articolare di polsi e caviglie che si estende a volto, tronco, ascelle, glutei e alle aree palmari e plantari di manie e piedi. Si presentano anche sintomi neurologici quali cefalea, insonnia fino al coma. Il trattamento si basa su doxiciclina o tetraciclina.


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