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1 di 3 Domande

Un uomo di 40 anni, HIV positivo da 7 anni, si reca presso l’ambulatorio del proprio medico curante per astenia che perdura da 3 settimane. Attualmente presenta una conta di linfociti T CD4+ pari a 350 cellule/mm3 ed è in terapia antiretrovirale (HAART). Viene effettuato un particolare esame ematologico. Esiste un aumentato rischio di sviluppare certi tipi di linfomi nei pazienti HIV sieropositivi. Quale tra le seguenti condizioni è più probabile che possa manifestarsi, considerando la sua storia medica?

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La risposta corretta è la B.

Per il paziente del caso clinico, in base ai reperti clinico-anamnestici e alla microscopia, la diagnosi più probabile è il linfoma diffuso a grandi cellule B, indicato con l’acronimo DLBCL, che rappresenta circa il 40% di tutte le neoplasie maligne delle cellule B ed esprime i tipici marcatori delle cellule B (CD 19, CD20 e CD22) in associazione alla immunoglobulina di superficie. Infatti, all’esame microscopico si evidenziano cellule neoplastiche di grandi dimensioni caratterizzate da grossi nuclei, nucleoli e cromatina dispersa; talvolta, sono presenti cellule con diversa morfologia e in differenti stadi evolutivi, sino ad arrivare a quadri di anaplasia. Colpisce soprattutto adulti ed anziani; l’età media di insorgenza è intorno alla sesta decade. L’eziologia di tale linfoma è sconosciuta, tuttavia, è frequentemente associato all’infezione da virus dell’epatite C e dell’HIV. È una neoplasia estremamente aggressiva e generalmente esordisce con la rapida crescita in una sede linfonodale profonda, come quella addominale o toracica, oppure, superficiale, ad esempio in sede cervicale o ascellare. Non è raro il coinvolgimento cerebrale. Nel 40% dei casi la localizzazione è extra-nodale e la sede più coinvolta è l’apparato gastrointestinale. La sintomatologia d’esordio molto spesso è aspecifica: con malessere generale, astenia, calo ponderale, febbricola in assenza di infezioni, oppure, è correlata alla sede coinvolta dalla patologia, quindi, con linfoadenopatia periferica, splenomegalia o epatomegalia, disturbi gastrointestinali con dolore addominale, anoressia, stipsi, diarrea, dispepsia, disturbi neurologici, disturbi cardio-respiratori, endocrinologici, dermatologici.


2 di 3 Domande

Paola, una neonata di appena 3 ore di vita, si trova ricoverata nel reparto di neonatologia dell’Ospedale “San Raffaele” di Milano. Anamnesi patologica prossima: ha avuto sintomi di soffocamento, tosse e rigurgito dopo il primo allattamento. Anamnesi fisiologica: La bambina è nata alla 41° settimana di gestazione tramite parto naturale, da una donna in salute, che ha seguito le cure prenatali. Gli esami di laboratorio prenatali risultavano nella norma, mentre le ecografie del secondo e terzo trimestre mostravano polidramnios. In seguito a rottura artificiale delle membrane, intrapresa due 2 ore prima del parto, c’è stata la fuoriuscita di un liquido amniotico chiaro. L’indice di Apgar risultava pari a 9 al primo e al quinto minuto di vita. Esame obiettivo: La neonata appare tachicardica, tachipnoica ed ipossica. Al pianto fuoriescono copiose secrezioni orali, si presenta in stress respiratorio marcato con distensione addominale. A livello del lobo inferiore destro si avvertono delle crepitazioni, mentre l’ano risulta pervio. Viene effettuata l’intubazione oro-tracheale ed inserito il sondino oro-gastrico. Viene infine posizionato un catetere venoso ombelicale. Esami strumentali-laboratoristici: Nell’immagine seguente è mostrato l’Rx torace-addome. Quale delle seguenti è la diagnosi più probabile?

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La risposta B è corretta.

L’atresia esofagea, cioè la mancata perforazione esofagea, è una condizione dovuta ad una anomalia malformativa congenita dell’esofago che si sviluppa tra la terza e la quinta settimana di vita intrauterina. Colpisce un bambino su 3500 nati vivi e nel 50-70% dei casi si associa ad altre malformazioni.

L’esofago, non canalizzato in maniera corretta, non permette il passaggio fisiologico di alimenti solidi o liquidi nello stomaco. L’esofago è una struttura tubulare che decorre parallelamente alla trachea e molto spesso fra queste due strutture si formano dei tramiti, appunto fistole tracheo-esofagee che causano il passaggio di ingesti nell’apparato respiratorio con conseguente sviluppo di polmoniti e ascessi polmonari.

La presenza di atresia esofagea e le fistole tracheali possono intersecarsi in vari modi, dando origine a diverse combinazioni. Abbiamo il tipo I o A o atresia pura, in cui l’esofago presenta i due monconi, uno prossimale e l’altro distale, ma nessuno dei due è collegato alla trachea; tipo II o B o atresia esofagea con fistola dell’esofago prossimale; tipo III o C o atresia esofagea con fistola dell’esofago distale; tipo IV o D o atresia esofagea con fistola doppia, in cui la fistola è presente sia nel moncone prossimale che in quello distale; tipo V o E o fistola ad H in cui si ha la fistola tracheo esofagea senza atresia dell’esofago. Il tipo III è quello piĂš frequente, si manifesta nell’85,8% dei casi.

I segni e i sintomi dipendono dal tipo di atresia esofagea e se questa si associa a fistola tracheale. Nel caso di atresia esofagea semplice, i neonati presentano spesso difficoltà nella deglutizione, salivazione eccessiva, disfagia, tosse e cianosi soprattutto in concomitanza ai tentativi di alimentazione. Nel caso di atresia associata a fistola tracheo esofagea spesso può essere presente distensione addominale, dispnea e/o tachipnea, tosse, cianosi, e talvolta lo sviluppo di polmonite ab ingestis o polmonite chimica da reflusso attraverso la fistola distale.

Il sospetto diagnostico in epoca prenatale può essere dato dalla presenza di polidramnios e dall’assenza dello stomaco (stomaco di dimensioni ridotte o assenza di bolla gastrica), entrambi visibili all’esame ecografico. Il polidramnios è presente in circa il 90% dei casi di atresia senza fistola e nel 25% dei casi con fistola; è dovuta al fatto che l’urina prodotta dal feto non viene deglutita in maniera sufficiente da quest’ultimo, accumulandosi di conseguenza.

Nonostante il sospetto, la diagnosi, nella maggior parte dei casi, avviene in epoca post natale; uno dei segni caratteristici è la mancata progressione del sondino naso-gastrico al tentativo di inserimento. La conferma può essere ottenuta mediante l’esecuzione dell’Rx torace-addome in proiezione AP e LL, dopo l’introduzione del sondino nasogastrico radiopaco (dopo insufflazione di 10 ml di aria nel sondino). Il trattamento è chirurgico.

 

La risposta A è errata.

Con meconio si intende materiale fecale sterile, composto da secrezioni intestinali, soprattutto di origine epatica, biliare, che hanno un aspetto caratteristico che ricorda il catrame. Normalmente il meconio è localizzato nella parte terminale dell’intestino e viene emesso entro le prime 24h dalla nascita, con l’inizio dell’alimentazione.

Nei neonati post termine, in risposta a stimoli stressanti, è frequente che venga emesso prima della nascita con conseguente contaminazione del liquido amniotico. La sua inalazione (aspirazione) prima del parto o al momento del parto stesso può provocare ostruzione parziale o completa a livello delle vie aeree e collasso di alcune aree del parenchima polmonare.  La mancanza di ossigeno può portare il bambino a compiere ulteriori inspirazioni, inalando ulteriormente. Il neonato può apparire cianotico, tachipnoico, ipoteso e può necessitare di assistenza ventilatoria.  La diagnosi si fa con il riscontro, alla nascita, di liquido amniotico “tinto” e con l’obiettivitĂ  del neonato. Successivamente si potranno evidenziare dei reperti patologici alla radiografia del torace per lo sviluppo di polmonite. Nella maggior parte dei casi, i neonati con sindrome da aspirazione di meconio sopravvivono ma, soprattutto se l’aspirazione è stata massiva, hanno un maggior rischio di infezioni polmonari e sono maggiormente soggetti allo sviluppo di  ipertensione polmonare.

 

La risposta C è errata.

L’ernia diaframmatica congenita è un difetto malformativo della parete postero laterale del diaframma con conseguente passaggio dei visceri addominali a livello del torace, ipoplasia dei polmoni e compressione del restante parenchima, dislocazione delle strutture mediastiniche con spostamento controlaterale del cuore. E’ una malformazione abbastanza rara, stimata intorno 1-5/10000 nati. All’esame obbiettivo il neonato potrĂ  apparire ipossico,  con sterno protrundente e addome scavato, per dislocazione dei visceri addominali, soprattutto l’intestino e il fegato.

L’ernia diaframmatica congenita può presentarsi come malformazione isolata oppure associata a malformazioni cardiovascolari, neurologiche, scheletriche, gastrointestinali e genitourinarie, o facente parte di un corredo sindromico come nel caso della sindrome di Feyns, Denys-Drash, Donnai-Barrow o altre.

La terapia varia a seconda del difetto riscontrato e mira a sostenere la funzione ventilatoria e cardiocircolatoria. La correzione del difetto, alla nascita, è chirurgica.

 

La risposta D è errata.

L’atresia duodenale, o mancata canalizzazione del duodeno, è dovuta ad un difetto dell’embriogenesi del tratto craniale dell’intestino. L’incidenza va da 1 su 7000 a 1 su 4000 nati vivi. Dal 30 al 50% dei casi si tratta di un difetto isolato, invece nei restanti casi può associarsi ad altre anomalie congenite come cardiopatie (nel 20-25%), trisomia 21 (nel restante 20-30%), pancreas anulare, difetti del tratto biliopancreatico. Si classificano tre forme di atresia duodenale: tipo 1 o diaframma duodenale, caratterizzata da una parete muscolare integra e da una membrana diaframmatica mucosa; tipo 2 o atresia duodenale completa, con le due estremitĂ  duodenali collegate dal cordone fibroso atresico; tipo 3, anch’essa atresia duodenale completa, contraddistinta dalla totale separazione delle due estremitĂ  duodenali. Le ostruzioni si presentano, in vario grado, con vomito biliare (se l’atresia è intra-vateriana), disidratazione, perdita di peso, alcalosi metabolica ipocloremica. Nei casi meno gravi i sintomi e i segni possono presentarsi a distanza di tempo, a volte anche alcuni anni dalla nascita, con vomito biliare, senza distensione addominale, oppure ritardo nella crescita. La diagnosi, oltre alla clinica, viene confermata con l’esame radiografico dell’addome che mostra una “doppia bolla” a contenuto aereo, dovuta alla distensione dello stomaco e della prima porzione duodenale. La diagnosi prenatale può essere fatta, nell’80-90% dei casi, al settimo mese di gestazione, mediante ecografia. Il trattamento è essenzialmente chirurgico, oltre alla terapia medica di supporto.

 

La risposta E è errata.

Nel 7% dei casi di atresia esofagea non sono presenti tramiti fistolosi (rispetto all’86% con fistola tracheo esofagea distale e al 4% con fistola tracheo-esofagea senza atresia). Nel caso di atresia isolata, il distress respiratorio successivo all’allattamento potrebbe non presentarsi nell’immediato, e la distensione addominale non è di solito presente. La clinica fa quindi orientare il nostro sospetto verso l’atresia esofagea associata a fistola e non a quella isolata.


3 di 3 Domande

Un paziente di 74 anni giunge per ipoacusia bilaterale ingravescente da alcuni anni.
In riferimento all'esame audiometrico tonale del paziente, quale tra le seguenti affermazioni NON è corretta?

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La risposta esatta è la A.

Viene definita ipoacusia la riduzione della capacitĂ  uditiva, con l’aumento della soglia uditiva al di sopra dei 20 dB. Soffre di ipoacusia il 4% della popolazione >45 aa e il 40-60% di quella >75aa.

Le ipoacusie possono essere: monolaterali o bilaterali; improvvise o progressive; trasmissive, neurosensoriali (cocleari quando il problema è nell’orecchio interno a livello della coclea, nell’organo del Corti, o retrococleari quando è a livello del nervo cocleare) o miste. Noi possiamo ascoltare tramite due vie: quella aerea e quella ossea.

Normalmente noi ascoltiamo i suoni esterni tramite la via aerea ma, tramite quella ossea, ascoltiamo la nostra voce. Possiamo utilizzare questa qualitĂ  a scopo diagnostico, nella diagnosi differenziale tra ipoacusie di tipo trasmissivo e quelle di tipo neurosensoriale.

Nelle forme di tipo trasmissivo, e quindi causate da alterazioni a carico della membrana timpanica o del sistema ossiculare, all’esame audiometrico tonale il paziente non riesce a sentire i suoni attraverso la via aerea ma ci riesce andando a stimolare la via ossea mediante le vibrazioni di un diapason, e mandando direttamente lo stimolo all’organo del Corti.

Nell’ipoacusia di tipo neurosensoriale invece il problema è a livello dell’orecchio interno quindi avremo una riduzione della capacitĂ  uditiva sia tramite la via aerea che tramite quella ossea. Come si legge un esame audiometrico? L’esame da origine ad un grafico in cui, nell’asse delle ordinate abbiamo la perdita uditiva espressa in decibel (dB) invece nell’asse delle ascisse sono riportate le varie frequenze sonore, espresse in Hertz (Hz).

I suoni che vengono “somministrati” al paziente si distinguono, in base alla frequenza (misurata in Hertz), come suoni gravi o bassi (bassa frequenza, 125-250-500 Hz) e suoni acuti o alti (alta frequenza, 3000-4000-8000 Hz). Infine, convenzionalmente il colore rosso identifica l’orecchio destro invece il colore nero o blu identificano l’orecchio di sinistra.

Nel nostro grafico notiamo quasi una sovrapposizione tra le linee che interessano l’orecchio di destra e l’orecchio di sinistra e in entrambi i casi, sia per quanto la via di trasmissione aerea che per quella ossea, abbiamo un aumento della soglia uditiva (e quindi una riduzione della capacitĂ  uditiva). Non si tratta di una ipoacusia di tipo trasmissivo in quanto, in tal caso, almeno la via ossea sarebbe responsiva al trasferimento dell’impulso uditivo e quindi la sua linea avrebbe un andamento orizzontale e sarebbe collocata nella parte alta del grafico (risposta A esatta).

Essendo interessate entrambe le vie di trasmissione, si tratta  di una ipoacusia di tipo neurosensoriale (risposta C errata), le frequenze maggiormente interessate e con una maggiore soglia uditiva sono quelle alte (risposta B errata ), e sono interessati allo stesso modo sia l’orecchio sinistro che quello destro quindi è una ipoacusia bilaterale (risposta D errata).


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