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1 di 3 Domande

Giunge all'ambulatorio di Gastroenterologia la paziente Rita Rossi per un sospetto di morbo celiaco. Anamnesi patologica prossima: lamenta da mesi crampi addominali, nausea e diarrea cronica. Il BMI è di 21,4 kg/m2. Esegue una esofagogastroduodenoscopia (vedi immagine). Qual è il test necessario per la diagnosi di celiachia?

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La risposta corretta è la D

La celiachia è una malattia immunomediata che si determina in soggetti predisposti geneticamente (HLA  DQ2 e DQ8), causata dall’intolleranza al glutine, che determina un processo infiammatorio della mucosa intestinale, tale da poter determinare atrofia dei villi e malassorbimento. I sintomi più frequenti sono la diarrea e i disturbi addominali, ma la clinica può essere molto variabile. Rientra nei disturbi associati al glutine, che possono essere così catalogati sulla base del meccanismo fisiopatologico:

1) Autoimmuni

-Celiachia

-Atassia da glutine

-Dermatite erpetiforme

2) Allergici

-IgE mediati

Cutanea: Orticaria da contatto

Respiratoria: Asma del fornaio

Anafilassi

Anafilassi cibo dipendente, scatenata dallo sforzo fisico

-Non IgE mediati

Proctocolite

Enteropatia da proteine alimentari

FPIES (food-protein induced enterocolithis syndrome)

-Misti

Esofagite eosinofila

Gastroenterite eosinofila

3) Non autoimmuni né allergici

-Sensibilità al glutine

La diagnosi di celiachia nell’adulto si basa sulla positività degli autoanticorpi (anti-transglutaminasi ed anti-endomisio) nel contesto di un quadro clinico tipico e sul risultato dell’esame istologico del campione prelevato da biopsia del piccolo intestino. In età pediatrica sussistono due differenze sulla diagnosi:

1) In caso di clinica suggestiva, alti livelli di autoanticorpi anti-transglutaminasi (10 volte la norma), anticorpi anti-endomisio positivi, HLA DQ8/DQ2 positivo, la diagnosi può essere posta senza eseguire la biopsia intestinale

2) Nei bambini <2 anni è indicata la ricerca degli anticorpi anti-gliadina deamidata

Le risposte A B C E non sono corrette

Sono tutti test che da soli non sono sufficienti a fare la diagnosi di celiachia


2 di 3 Domande

La principale sorgente di energia chimica utilizzata dalle cellule è l'adenosina trifosfato. La fonte dell'energia chimica in questa molecola risiede nel legame fosfoanidrilico dei nucleosidi 5'-trifosfati (e.g. ATP, GTP). La produzione di molecole di ATP da parte del catabolismo del glucosio avviene tramite la glicolisi, il ciclo di Krebs e il processo di fosforilazione ossidativa. Nella figura sono mostrate tre molecole: l'adenosina trifosfato (ATP), L'adenosina monofosfato ciclico (cAMP), il nicotinammide adenin dinucleotide (NAD).
Attribuire a ogni molecola mostrata il nome appropriato.

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La Risposta Corretta e’ la C
Il glucosio è un monosaccaride che riveste un ruolo centrale nel metabolismo cellulare. Viene impiegato in diverse vie metaboliche attraverso le quali, con il suo catabolismo, si ha il ricavo di ATP. Le principali vie che lo coinvolgono sono: la glicolisi, il ciclo di Krebs o ciclo dell’acido citrico e la fosforilazione ossidativa.  L’ATP (adenosina trifosfato) è una molecola di “accumulo dell’energia chimica”; viene prodotta durante le reazioni di ossidoriduzione (scambio di elettroni accompagnato da uno spostamento di protoni nella stessa direzione) che si svolgono nel processo di respirazione cellulare (processo in cui alcuni elementi, come appunto il glucosio, vengono elaborati per ottenere energia). L’ATP è un ribonucleotide trifosfato formato da una base azotata (l’adenina) e da uno zucchero (il ribosio), a cui sono legati tre gruppi fosfato mediante dei legami (2, nello specifico) ad alta energia.

Le reazioni redox vengono catalizzate da enzimi specifici, detti ossidoreduttasi, con il contributo di altre molecole non proteiche, i coenzimi, che legandosi ad essi ne facilitano l’azione. Il NAD o nicotinammide adenindinucleotide è uno dei più importanti coenzimi, insieme al FAD, coinvolti nelle reazioni di ossidoriduzione. E’ composto dalla molecola della vitamina B3 (o niacina) a cui è legato il dinucleotide  e da una base azotata, l’adenina.

I nucleotidi (un nucleotide è composto da un gruppo fosfato e dal ribosio) svolgono diverse funzioni cellulari: essendo composti ricchi di energia possono esserne utilizzati come trasportatori, possono avere ruoli in quanto componenti di cofattori enzimatici, oppure possono svolgere il ruolo di messaggeri chimici. E’ appunto questo il caso del cAMP che, formatosi a partire dall’ATP tramite l’enzima adenilato ciclasi, svolge il ruolo di secondo messaggero nei meccanismi di trasduzione dei segnali intracellulari. Nel cAMP, il gruppo fosforico dell’AMP (adenosina monofosfato) stabilisce un legame di esterificazione con l’ossidrile in posizione 3 dell’atomo di carbonio e con quello dell’atomo di carbonio in posizione 5 del ribosio.

Osservata la struttura di queste tre molecole, possiamo dire che la risposta corretta è la C.


3 di 3 Domande

Anna, una donna sulla quarantina d’anni di mestiere badante, si presenta presso la clinica dermatologica dell’Ospedale“ SS. Annunziata” di Taranto in data 8 Aprile 2017 per sottoporsi ad una visita medica. Anamnesi patologica prossima: presenza di un nevo sulla natica destra, che ha sanguinato in seguito ad un trauma di lieve entità. Anamnesi patologica remota: La donna ha avuto in passato due nevi non maligni, rimossi rispettivamente 4 e 9 anni fa. Anamnesi familiare: sua madre è affetta da diabete mellito di tipo 2 e suo padre è iperteso e iperlipidemico. Esame obiettivo: il Dott. Lerro, dermatologo di turno, visita Anna, riscontrando come tale nevo in corrispondenza della natica destra presenti una piccola regione ulcerata al centro. Il nevo in questione è mostrato nella immagine allegata.
Esami strumentali-laboratorisici: Il dermatologo, orientato verso un certo sospetto clinico, richiede degli esami di laboratorio, tra cui l’immunoistochimica, che risulta positiva per S-100. Quale tra questi è il fattore prognostico più importante?

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La risposta corretta è la D

Come suggerito dalla foto, la signora Anna presenta un melanoma, un tumore cutaneo che ha origine dai melanociti presenti in una zona pigmentata.  Possiamo ritrovarlo, dunque a livello della pelle, delle mucose, degli occhi o del SNC.

Il melanoma cutaneo si manifesta soprattutto attorno ai 45-50 anni e la cui incidenza è in aumento nella popolazione generale. In Italia, si hanno circa 13 casi ogni 100.000 persone.

I melanomi si presentano più comunemente in corrispondenza della schiena negli uomini e sulle natiche e sulle gambe nelle donne.

Tra i diversi fattori di rischio per l’insorgenza del melanoma ricordiamo:

– fototipi con occhi e capelli chiari,

– anamnesi familiare e personale positiva per melanoma,

– anamnesi positiva per tumore cutaneo diverso da melanoma,

– presenza di numerosi nevi melanocitici (>100),

– presenza di nevi melanocitici clinicamente atipici,

– presenza di un nevo melanocitico congenito gigante,

– sindrome del nevo displastico,

– storia di prolungata esposizione nel corso del tempo al sole con scottature,

– abbronzatura secondaria all’esposizione ai raggi ultravioletti A (UVA) o a trattamenti con psoraleni più UVA (PUVA),

– immunodepressione.

E’ stato visto che un terzo dei melanomi si sviluppa a partire da nevi pigmentati, mentre nei restanti due terzi dei casi il tumore trae origine dai melanociti della cute sana.

I segni di trasformazione maligna comprendono:

– modificazioni nella dimensione,

– mutamenti nel colore, sia a livello intra che peri lesionale,

– trasformazione delle caratteristiche di superficie o della consistenza della lesione,

– alterazioni nella forma, con presenza di bordi irregolari o sfumati,

– comparsa di segni di flogosi nella cute circostante, con eventuale emorragia lesionale, ulcerazione, dolore o prurito.

Per il riconoscimento del melanoma possiamo utilizzare il criterio ABCDE (questo sistema non è utile però per determinare la prognosi):

– Asimmetria nella forma,

– Bordi irregolari e indistinti,

– Colore variabile (ovvero con sfumature diverse all’interno del neo stesso),

– Dimensioni (in passato venivano considerati a rischio i nevi sopra i 6 mm di diametro)

– Evoluzione (quando, nell’arco di poche settimane o mesi si verificano modificazioni nella forma, nel colore, nelle dimensioni del nevo, quando la lesione cutanea diviene rilevata e palpabile)

Esistono 4 tipi principali di melanoma: melanoma a diffusione superficiale (rappresenta circa il 70% dei melanomi, essendo il più comune), melanoma nodulare (il più aggressivo, rappresenta il 10-15% dei melanomi), lentigo maligna, melanoma acrale-lentigginoso.

La diagnosi è eseguita mediante biopsia escissionale per la maggior parte delle lesioni.

I marker tumorali non vanno usati come metodica primaria per la diagnosi, ma come conferma diagnostica, oppure per monitorare una possibile recidiva tumorale e verificare la risposta alla terapia. Il dermatologo, nel nostro caso, ha richiesto l’immunoistochimica per S-100: si tratta di un marker tumorale, usato nella diagnosi dei melanomi, tumori neuronali e astrocitomi.

Una volta stabilita la severità del comportamento biologico di un melanoma, verranno presi in considerazione tutti i fattori presenti nella lista di risposte; tuttavia, il fattore prognostico più importante rimane lo “spessore di Breslow”, correlato alla prognosi della malattia: è il fattore prognostico più significativo e misura la profondità dell’invasione melanocitica a partire dalla zona più superficiale, ovvero dallo strato granuloso (tuttavia, se la lesione fosse ulcerata, dal fondo dell’ulcerazione fino al punto di infiltrazione massima).

I melanomi in situ o i melanomi con una profondità di invasione inferiore ad 1 mm, infatti, hanno una prognosi eccellente in seguito a rimozione chirurgica, con un rischio di metastasi linfonodali e a distanza che aumenta all’aumentare della profondità di invasione: se il melanoma infatti invade il derma può dare metastasi e in questo caso la prognosi è infausta (la prognosi pertanto dipende dalla profondità dell’invasione dermica).

 

La risposta A non è corretta

Il più importante fattore prognostico è rappresentato dallo spessore del tumore.

La presenza o meno di ulcerazione è un parametro usato per cambiare la classificazione di un melanoma di una data profondità. Nonostante questo cambiamento incida sulla prognosi, non è così importante come la profondità dell’invasione del melanoma.

 

Le risposte B ed E non sono corrette.

Il grado di atipia melanocitica e la presenza di infiltrato infiammatorio associate ad un melanoma non vengono comunemente usati nella stadiazione di un melanoma. Si tratta sicuramente di caratteristiche negative e, se presenti allo stadio I di malattia, possono essere degli elementi per richiedere esami ulteriori utili ai fini della stadiazione, come la biopsia dei linfonodi sentinella o l’esecuzione di una PET-TC.

 

La risposta C non è corretta.

La biopsia del linfonodo sentinella è tipicamente usata per melanomi con una profondità di invasione >1mm. Questa procedura può dare alcune informazioni prognostiche aggiuntive, quando correlata alla profondità di invasione, ma di per se non impatta così significativamente sulla prognosi come la profondità dell’invasione neoplastica.


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