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1 di 3 Domande

Nella terapia con I-131-MIBG dei tumori neuroendocrini quali provvedimenti devono essere intrapresi per ridurre la dose di radiazione agli organi o ai tessuti non bersaglio?














La risposta corretta è la C.
La metaiodobenzilguanidina marcata con iodio-131 è un radiofarmaco che viene impiegato nella terapia radiometabolica dei tumori neuroendocrini. La sua attività è dovuta al fatto che, essendo un analogo della guanetidina, si accumula a livello delle terminazioni nervose presinaptiche delle cellule adrenergiche e viene attivamente captata dalle membrane ed immagazzinata nei granuli intracitoplasmatici delle cellule cromaffini. La terapia radiometabolica comporta effetti collaterali che si esplicano anche sui tessuti e organi non bersaglio a causa delle radiazioni ionizzanti emesse dall’isotopo radioattivo. La tossicità primaria associata a questa terapia è di tipo ematologico con vari gradi di mielosoppressione, che è un effetto collaterale per lo più tardivo, insieme all’ipotiroidismo, alla tossicità renale e il rischio di induzione di neoplasie secondarie, oltre al potenziale danno alla fertilità. Fra gli effetti precoci vi sono la nausea, il vomito, il flushing e alterazioni del ritmo e della pressione arteriosa. Per la prevenzione e il controllo degli effetti collaterali è bene intraprendere alcune misure preventive come l’adeguata idratazione del paziente, dalle 24h precedenti ad almeno le 48h successive al trattamento, per limitare l’irradiazione della radiazione extra tumorale, la sospensione dei farmaci interferenti con la captazione del I-131 MIBG e l’assunzione eventuale di farmaci antipertensivi, il corretto blocco della funzione tiroidea.
Le risposte A, B, D ed E non sono corrette.
Tutte queste sono misure preventive che è bene intraprendere per limitare la dose di radiazioni agli organi e ai tessuti non bersaglio.

2 di 3 Domande

Quale, fra quelle indicate, e' la risposta terapeutica piu' frequente nei pazienti sottoposti a terapia con I-131-MIBG per feocromocitoma maligno?














La risposta corretta è la C.
Il feocromocitoma è una neoplasia che origina dalle cellule enterocromaffini localizzate nella midollare del surrene per il 90% dei casi; nel restante 10% dei casi la localizzazione è extra surrenalica e prende il nome di paraganglioma. Questa neoplasia si caratterizza per la secrezione di catecolamine e peptidi vasoattivi. Per questo motivo, nelle forme secernenti, i sintomi sono legati proprio alla liberazione di catecolamine che agiscono sui recettori adrenergici, attivandoli. Le manifestazioni più evidenti sono tachicardia e palpitazioni, crisi ipertensive e diaforesi. Le crisi ipertensive possono provocare cefalea improvvisa e attacchi d’ansia. La contemporaneità di questi sintomi si riscontra solo nel 15% dei pazienti affetti. La diagnosi viene fatta mediante esami di laboratorio, con la ricerca di metanefrina e normatanefrina. Queste possono essere ricercate sia sul sangue che sulle urine e vengono secrete in continuo dalle cellule tumorali quindi la loro ricerca da un minor numero di falsi negativi. Si tratta di una neoplasie neuroendocrine, della linea simpatico-adrenergica, quindi il radiofarmaco maggiormente impiegato nella terapia radiometabolica è la metaiodobenzilguanidina marcata con iodio-131. La sua attività è dovuta al fatto che, essendo un analogo della guanetidina, si accumula a livello delle terminazioni nervose presinaptiche delle cellule adrenergiche e viene attivamente captata dalle membrane ed immagazzinata nei granuli intracitoplasmatici delle cellule cromaffini. La terapia radiometabolica comporta per lo più un miglioramento della qualita' di vita e la riduzione della sintomatologia dolorosa.
La risposta A non è corretta.
La terapia del feocromocitoma è fondamentalmente chirurgica. Questo tipo di neoplasia è spesso poco sensibile alla terapia radiometabolica quindi non permette la riduzione delle lesioni tumorali > al 50%.
La risposta B non è corretta.
La somministrazione di farmaci antipertensivi, in particolare alfa-bloccanti, è il cardine della terapia medica del feocromocitoma maligno. Limitano gli effetti periferici dovuti all’azione delle catecolamine. La loro somministrazione non va ridotta in caso di terapia radiometabolica.
La risposta D non è corretta.
La terapia radiometabolica non porta ad una importante riduzione dei livelli urinari di catecolamine e dei loro metaboliti poiché il feocromocitoma è poco responsivo a questa terapia quindi non si ha una significativa regressione delle lesioni tumorali.
La risposta E non è corretta.
Il feocromocitoma è una forma tumorale poco responsiva alla chemioterapia e alla terapia radiometabolica.

3 di 3 Domande

Eseguire un test da sforzo submassimale in corso di scintigrafia miocardica di perfusione riduce una delle seguenti proprieta' diagnostiche dell'esame:














La risposta corretta è la B.
La SPET miocardica o tomoscintigrafia miocardica di perfusione è un esame diagnostico che può essere utilizzato, a riposo o con opportuni test di provocazione, per valutare la perfusione miocardica. Tramite la somministrazione di una tracciante radioattivo (201Tl o 99mTc-sestamibi) per via endovenosa, permette infatti di studiare la qualità dell'apporto ematico al miocardio e di generare una “mappa” delle aree di perfusione. Può essere eseguito sotto sforzo oppure l'attività fisica del paziente può essere “mimata” con l'iniezione di dipiridamolo, adenosina o dobutamina. Lo stress fisico provocherà un aumento del fabbisogno miocardico di ossigeno e quindi, in teoria, anche un maggiore afflusso di sangue. Se una regione miocardica (soprattutto ventricolare sinistra) presenta una condizione di limitazione al flusso, alla scintigrafia noteremo una ipocaptazione del  tracciante. E' da specificare che, per confermare la diagnosi di ischemia transitoria, a distanza di qualche ora, si deve dimostrare la normalizzazione dell'ipocaptazione. Infatti, in condizioni di riposo, non sono presenti differenze significative fra il flusso dell'area ischemica e quella non ischemica. La riduzione persistente dalla captazione del tracciante sarebbe indicativa di necrosi tissutale pregressa.


Le risposte A, C, D ed E non sono corrette.

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