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1 di 3 Domande

Scenario 3: Una paziente di 40 anni è stata sottoposta a intervento chirurgico di tiroidectomia con riscontro diagnostico di carcinoma differenziato della tiroide, ed è ora in attesa di intraprendere una terapia radiometabolica con Iodio 131. Quale tra queste NON rientra tra le indicazioni al trattamento radiometabolico con Iodio 131?














La risposta corretta è la C.
Il carcinoma papillare della tiroide rappresenta il 50-90% (85%) dei tumori maligni differenziati della tiroide. Generalmente si presenta come un piccolo nodulo non capsulato o parzialmente capsulato, di diametro superiore ai 15 mm, con struttura papillare predominante ma nel cui contesto si possono riscontrare follicoli neoplastici o un diffuso interessamento linfatico con spiccata componente fibrotica. Avremo quindi il carcinoma papillare con variante follicolare o con variante sclerosante. Il trattamento dipende dalla diagnosi istologica, dalle dimensioni della neoplasia, dalla presenza o meno di metastasi a distanza e interessamento linfonodale e da caratteristiche del paziente quali l’età ed eventuali comorbidità. Le lesioni di diametro inferiore ai 10 mm, (denominati “microcarcinomi” se il diametro è inferiore ad 1 cm) che non presentano segni di interessamento vascolare, possono essere trattate con lobectomia ed esplorazione del lobo tiroideo controlaterale.
Le risposte A, B, D ed E sono errate.
Nel carcinoma differenziato della tiroide, la cellula neoplastica conserva la sua capacità di assumere e concentrare lo Iodio quindi il farmaco impiegato nella terapia radiometabolica dei processi neoplastici tiroidei è lo Iodio131. La terapia  con radio-Iodio viene impiegata nel post operatorio per l’ablazione del tessuto tiroideo residuo post chirurgico, per la terapia delle recidive locoregionali e delle metastasi a distanza così da ridurre il rischio di recidiva.

2 di 3 Domande

La PET e la SPECT sono due tipologie d'indagine medico-nucleare che si differenziano per:














La risposta corretta è la B.
Gli acronimi PET e SPECT indicano rispettivamente la Tomografia ad emissione di Positroni e la Tomografia Computerizzata ad Emissione di Singolo Fotone. In entrambi i casi si tratta di tecniche diagnostiche di medicina nucleare che, utilizzando i positroni emessi con il decadimento di alcuni isotopi radioattivi, permettono di ottenere delle bioimmagini in base alla distribuzione del tracciante. Il radiofarmaco iniettato varia a seconda del processo biologico che si desidera studiare. L’emissione della radiazione gamma emessa dalla PET  è indotta dall’urto beta+ e beta- quindi è una emissione da annichilazione. I fotoni emessi, o meglio il doppio fotone, colpiscono contemporaneamente e in maniera obliqua i rivelatori che registrano la radiazione. La SPECT è un esame tomografico in cui l’emissione gamma del singolo fotone è una emissione diretta e non indotta. E’ una tecnologia più semplice rispetto a quella della PET e anche l’apparecchiatura impiegata, che registra solo le radiazioni dirette in maniera perpendicolare al rilevatore, è meno costosa. L’esame SPECT ha una risoluzione e una efficienza minore della PET, inoltre è più soggetta ad errore a causa dell’attenuazione dei fotoni che provengono dai tessuti più interni. Infine, gli isotopi radioattivi impiegati nella SPECT hanno una emivita più lunga rispetto a quelli della PET.
La risposta A non è corretta.
Si tratta in entrambi i casi di una tecnica di imaging di tipo funzionale.
La risposta C non è corretta.
La tecnica di acquisizione delle immagini è di tipo tomografico per entrambi gli esami.
La risposta D non è corretta.
I radionuclidi impiegati nella PET e nella SPECT sono, in entrambi i casi, gamma emittenti.
La risposta E non è corretta.
Ciò che differenzia fondamentalmente la PET e la SPECT sono il tipo di apparecchiatura impiegata, meno sofisticata nel caso della SPECT, e i radionuclidi utilizzati.

3 di 3 Domande

La scintigrafia ossea risulta essere un esame di prima istanza nella stadiazione e nel follow-up soprattutto di una delle seguenti neoplasie. Quale?














La risposta corretta è la C.
Il tumore alla prostata è una neoplasia estremamente frequente soprattutto nei pazienti anziani. Rappresenta circa il 20% di tutti i tumori nei soggetti di sesso maschile di età superiore ai 50 anni. La diffusione di questa neoplasia può avvenire per contiguità, per via ematica e per via linfatica. Generalmente, la diffusione ematica avviene successivamente rispetto a quella linfatica. Per via ematica, possiamo avere la frequente metastatizzazione a livello dell'apparato scheletrico, soprattutto bacino, colonna vertebrale, coste, femore e omero alle estremità prossimali (altre localizzazioni che interessano i visceri, solitamente più tardive, sono polmoni, fegato, surrene, rene e raramente testicolo). I dolori ossei talvolta possono essere il sintomo d'esordio della neoplasia che purtroppo risulta essere quindi già avanzata. La diagnosi di cancro alla prostata si fa con l’esplorazione rettale, l’ecografia prostatica transrettale, il dosaggio PSA, la biopsia prostatica. Questi possono essere integrati con altri esami strumentali. La scintigrafia è la tecnica più adatta per l'identificazione di metastasi ossee secondarie a neoplasie primitive di altri organi;  in questo è molto più sensibile rispetto alle tecniche radiografiche. Attualmente, i radiofarmaci più utilizzati per lo studio scintigrafico dell'osso sono i bifosfonati per la loro capacità di legarsi ai cristalli di idrossiapatite idratata presenti nelle lesioni ossee metaboliche attive o nei centri di crescita. A causa di questa maggiore attività osteoblastica, come nel caso delle metastasi da K prostata, le lesioni interessanti lo scheletro saranno ipercaptanti e quindi avremo una concentrazione maggiore di radiofarmaco.
Le risposte A, B, D ed E non sono corrette.
L’epatocarcinoma, la neoplasia del colon e la neoplasia ovarica si avvalgono in prima istanza di metodiche di imaging quali la TC e la PET nella ricerca di metastasi a distanza. La scintigrafia ossea può essere impiegata ma non ha la stessa priorità come nel caso del carcinoma prostatico.

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