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1 di 3 Domande

Paziente maschio di 55 anni è caduto al suolo da una altezza di circa 10 metri. Viene condotto in pronto soccorso in codice rosso, dove l'indagine TC condotta in regime di urgenza evidenzia multiple fratture pelviche (vedi schema allegato). Le frecce rosse indicano i punti di frattura. Indicare il tipo di frattura pelvica indicata nello schema allegato secondo la classificazione di Tile.

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La risposta corretta è la C.

Il tipo di frattura pelvica del paziente del caso clinico in base alla classificazione Tile è di tipo C. Le fratture dell’anello pelvico sono gravate da un’alta morbilità e mortalità. Una lesione del bacino è nella maggior parte dei casi il segno di un trauma importante, ad alta energia (incidenti stradali, caduta dall’alto, traumi da schiacciamento), e spesso è associata a fratture di altri distretti o lesioni di altri organi. La loro individuazione e classificazione è importante per poter stabilire il trattamento più adeguato e limitare le conseguenze a breve e a lungo termine. Attualmente i due sistemi di classificazione più utilizzati sono il sistema di Tile e di Youg-Burgess. Il bacino è costituito dalle ossa dell’anca (composte bilateralmente da ileo, ischio, pube) e dal sacro. Questi elementi si articolano posteriormente con l’articolazione sacroiliaca e anteriormente tramite la sinfisi pubica. Oltre alla componente ossea, numerosi legamenti partecipano alla stabilizzazione di tutto l’anello pelvico: legamenti sacroiliaci posteriori, legamenti sacro-tuberoso e sacro-spinoso e legamenti interossei.

Il sistema di Tile classifica le fratture pelviche in base ai segni radiografici di stabilità o instabilità:

  • tipo A stabile;
  • tipo B rotazionalmente instabile (stabilità parziale);
  • tipo C verticalmente e rotazionalmente instabile.

A questa classificazione principale fa seguito una sotto classificazione a seconda dei segni più specifici.

Nello specifico, per la Tile C, abbiamo:

  • C1: lesione monolaterale;
  • 1: frattura dell’ileo;
  • 2: lussazione e/o frattura-lussazione sacroiliaca;
  • 3: frattura sacrale;
  • C2: lesione bilaterale, instabile verticalmente su un lato e rotazionalmente sull’altro;
  • C3: lesione bilaterale, completamente instabile sui due lati.

A seconda del tipo di frattura sarà necessario procedere con un trattamento di tipo conservativo, oppure con l’intervento chirurgico.

Per le fratture incluse nel tipo A con il cingolo pelvico stabile il trattamento è di tipo conservativo: consiste nel riposo a letto per qualche giorno, con successiva mobilizzazione e deambulazione. La riduzione cruenta e l’osteosintesi sono evenienze molto rare.

Per le fratture di tipo B con instabilità rotatoria e con parziale stabilità posteriore, è generalmente sufficiente la stabilizzazione della parte anteriore del cingolo pelvico per poter deambulare precocemente con carico parziale.

Nelle fratture di tipo C, con instabilità anteriore e posteriore, è necessaria la stabilizzazione anteriore e posteriore del cingolo pelvico.

Le risposte A, B, D, E non sono corrette.

Le risposte A, B, D ed E sono errate perché si tratta di una Tile C.


2 di 3 Domande

Durante il prericovero viene eseguito un RX torace preoperatorio ad un paziente di 67 anni, che deve essere sottoposto a colecistectomia. L’immagine radiologica mostrata in figura è compatibile con:

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La risposta corretta è la B.

In tal caso, vista la storia presentata ed i reperti mostrati dell’RX del torace, il paziente presenta una polmonite lobare acquisita in comunità, ove la causa più comune è rappresentata dallo Streptococcus pneumoniae, che è l’agente eziologico più frequentemente responsabile delle polmoniti acquisite in comunità nei soggetti con meno di 60 anni.

Gli pneumococchi sono batteri diplococchi Gram-positivi, α-emolitici, aerobi e capsulati. Le polmoniti sostenute da S. pneumoniae sono di tipo lobare e forniscono un reperto radiografico tipicamente come quello mostrato, ovvero con un’area di ipodiafania localizzata e coinvolgente generalmente un lobo polmonare, che si associa ad una quota di versamento pleurico parieto-basale omolaterale; meno frequentemente causano broncopolmonite.

Di solito dal punto di vista clinico le polmoniti lobari si caratterizzano per dispnea, febbre, dolore toracico, tosse produttiva e dal punto di vista dell’imaging radiografico si può apprezzare, come in questo caso, un’area di ipodiafania localizzata e coinvolgente generalmente un lobo polmonare (in tal caso a destra, in corrispondenza del campo polmonare medio), che solitamente si associa ad una quota di versamento pleurico basale omolaterale (non evidenziabile in tal caso).

La risposta A non è corretta.

Per quanto riguarda l’edema polmonare, la diagnosi si basa sui reperti clinici e sulla RX torace, che mostra generalmente una marcata e disomogenea ipodiafania di tipo interstizio-alveolare prevalentemente in medio campo polmonare (“aspetto ad ali di farfalla”), associato ad aspetto addensato degli ili e cardiomegalia con prevalenza delle sezioni sinistre (in particolare del ventricolo sinistro). Reperti radiografici non presenti nel caso clinico.

La risposta C non è corretta.

Il versamento pleurico dal punto di vista radiologico si mostra con una obliterazione del seno costofrenico complementare laterale, che risulta essere ipodiafano rispetto al parenchima polmonare, che tende a mascherare il profilo emi-diaframmatico omolaterale e sfumare la marginale cardiaca di pari livello (segno della silhouette).

Essendo stata eseguita la radiografia verosimilmente in ortostatismo, la forza di gravità e la pressione negativa intrapleurica costringerebbero il liquido a disporsi nelle zone più declivi (generalmente la presenza di versamento viene rilevata all’RX tradizionale, quando raggiunge la quantità di circa 250 ml).

Inizialmente si dispone lungo il seno costofrenico obliterandolo, poi, con l’aumentare della quantità, tende a raccogliersi in posizione più declive e disporsi, formando quello che è il cosiddetto “menisco pleurico”, una distribuzione del liquido con concavità superiore e margine laterale più alto rispetto al mediale (reperti radiografici non presenti nel caso clinico).

La risposta D non è corretta.

L’ascesso polmonare è un’infezione a carattere necrotizzante: dal punto di vista isto-patologico si contraddistingue per la presenza di una lesione cavitata piena di pus. È spesso causata dall’inalazione di secrezioni orali soprattutto in condizioni di alterato stato di coscienza.

La sintomatologia comprende tosse persistente, febbre, sudorazione, emottisi, produzione di espettorato purulento e perdita di peso.

La diagnosi si basa principalmente sulla RX e TC del torace. Tale patologia mostrerebbe

una lesione cavitaria, a contenuto idro-aereo, con pareti spesse e contestuale presenza di un piccolo versamento consensuale (dati radiologici non presenti nell’immagine riportata). 


3 di 3 Domande

Paziente di 65 anni lamenta dolore crampiforme a livello degli arti inferiori, bilaterale, insorgente durante la marcia dopo aver percorso circa 100 metri. In anamnesi sono evidenziati ipertensione arteriosa sistemica, tabagismo attivo, ernia del disco L4-L5 destro, impotenza erigendi. Porta in visione una ricostruzione della angio-tomografia assiale computerizzata che dimostra?

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La risposta corretta è la C.

Nell’esame del nostro paziente osserviamo l’aorta discendente normo-vascolarizzata sino ai vasi renali; al di sotto di questi, si osserva una marcata riduzione del flusso ematico, che coinvolge i vasi efferenti, collocati inferiormente.

Valutati i dati anamnestici del nostro paziente, la presenza di ipertensione arteriosa e il tabagismo attivo, l’insorgenza della sintomatologia dopo sforzi prolungati e l’impotenza erigendi, si deduce che si tratta di una condizione cronica.

Nella nostra immagine pare apprezzarsi una formazione trombotica calcifica subito al di sopra dell’occlusione, che è suggestiva di sindrome di Leriche-Fontaine o arteriopatia ostruttiva cronica periferica (AOCP). È una patologia cronica, dovuta alla progressiva formazione di una o più placche aterosclerotiche a livello delle pareti vascolari dei vasi localizzati a valle delle arterie renali (aorta addominale e biforcazione iliaca, iliache comuni, iliache interne, iliache esterne, femorali comuni, poplitee, tibiali).

Questo processo impiega molti anni; viene quindi, considerata una “malattia cronica evolutiva”.

L’età (> 60 anni), la genetica e il sesso, l’ipertensione arteriosa, il diabete mellito, l’obesità, il fumo di sigaretta, la scarsa attività fisica e l’ipercolesterolemia costituiscono fattori di rischio per il suo sviluppo.

La sintomatologia è caratterizzata dall’insorgenza della claudicatio intermittens, cioè la comparsa di un dolore crampiforme, legato allo svolgimento di una attività fisica più o meno intensa. Il dolore compare precocemente o più tardivamente durante l’attività, cosi la tempistica di comparsa ci permette di individuare il cosiddetto “intervallo libero” o “autonomia di marcia”, importante per definirne la gravità. Naturalmente tanto più breve sarà il tempo di autonomia di marcia, maggiore sarà la gravità della patologia. La comparsa di dolore anche a riposo, tipicamente notturno e localizzato all’estremità dell’arto, e la presenza di lesioni cutanee dovute alla ridotta vascolarizzazione e alla stasi venosa sono segni tipici degli stadi più avanzati. Oltre al dolore, il paziente può presentare parestesie da sforzo o da ortostatismo prolungato, ipotermia soggettiva ed impotenza.

La classificazione di Leriche-Fontaine permette di definire in maniera più precisa la gravità della patologia, suddividendola in stadi:

-stadio I (o preclinico): paziente asintomatico o paucisintomatico con comparsa di dolore solo dopo sforzo intenso;

– stadio II: comparsa di claudicatio intermittens (IIa: se l’autonomia di cammino è superiore a 200 m; IIb: se l’autonomia di cammino è inferiore ai 200 m e se il tempo di recupero è superiore ai 3 minuti);

– stadio III: claudicatio intermittens e comparsa di dolore anche in clinostatismo, si possono avere iniziali alterazioni trofiche della cute, edema e cianosi;

– stadio IV: severo danno ischemico cronico agli arti inferiori, le lesioni cutanee possono presentarsi come gangrena, ulcere necrotiche, alterazioni degli annessi cutanei.

La conferma diagnostica può essere ottenuta mediante esami strumentali come l’eco-color doppler, l’angio-TC, l’angio RM e l’angiografia.

La terapia mira, fino a quando è possibile, alla rivascolarizzazione dei vasi interessati; quando questo approccio non è più possibile, risulta fondamentale limitare i danni (asportazione aree necrotiche, amputazione segmenti andati in gangrena).

La risposta A non è corretta.

All’angio-TC del nostro paziente si evidenzia una brusca riduzione del flusso ematico a livello dell’aorta sotto-renale. Una neoformazione al rene sinistro potrebbe creare verosimilmente, se interessante l’arteria renale di sinistra, un ostacolo al flusso ematico attraverso questo vaso, ma senza il coinvolgimento di tutto l’asse vascolare aortico; inoltre, l’aspetto all’angio-TC dovrebbe essere diverso. Il nostro esame non evidenzia una neoformazione renale sinistra.

La risposta B non è corretta.

L’aneurisma è una dilatazione di norma sacciforme o fusiforme della parete arteriosa rispetto al suo diametro d’origine. È un processo cronico ed irreversibile.

La sede più frequente di formazione di queste formazioni aneurismatiche è l’aorta addominale sottorenale.

L’età, il fumo di sigaretta, l’ipertensione arteriosa e il sesso costituiscono fattori di rischio per l’indebolimento della parete aortica e per il suo sviluppo.

L’AAA è generalmente asintomatico, quando di dimensioni contenute; spesso la sua diagnosi avviene in maniera casuale durante l’esecuzione di esami strumentali effettuati per altri motivi, oppure avviene in condizioni di urgenza in seguito all’insorgenza di complicanze come fissurazione o rottura.

La diagnosi viene fatta mediante esami strumentali, come l’esame ecografico con tecnica doppler e l’angioTC. All’esame si evidenzia appunto la presenza di una dilatazione della parete vascolare, con normale flusso a monte e valle, oppure talora la riduzione del flusso a valle per la presenza di apposizioni trombotiche, all’interno della formazione aneurismatica, che ne restringono il lume.

La lesione riscontrata all’esame del nostro paziente non è compatibile con una formazione aneurismatica.

La risposta D non è corretta.

Le malformazioni artero-venose (MAV) sono malformazioni vascolari complesse, in cui i vasi arteriosi confluiscono direttamente a livello dei vasi venosi, senza intercessione del letto capillare. Per questo motivo i vasi venosi sono sottoposti a regimi pressori superiori alla norma, con tutte le conseguenze associate. Quando localizzate a livello dei tessuti molli (come la parete addominale) si presentano clinicamente come tumefazioni pulsanti di consistenza molle-elastica (alla palpazione può essere apprezzato anche un fremito).

All’angio-TC potrebbe essere visualizzato come un “nido” di vasi, spesso non ben distinguibili tra loro. La tecnica migliore per poter vedere la MAV dall’interno e capire l’origine e il decorso di ogni singolo vaso, rimane l’angiografia.

Questa diagnosi non è compatibile con l’immagine dell’esame del nostro paziente.


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