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1 di 3 Domande

Il genotipo della sindrome di Klinefelter e':














La risposta corretta è la B.
I soggetti affetti dalla sindrome di Klinefelter possiedono un genotipo 47 XXY omogeneo o in mosaico 46,XY/XXY. E’ una delle forme di aneuploidia più frequenti; si stima interessi 1:500-1000 nati di sesso maschile. La presenza di questo genotipo non è una condizione ereditaria ma insorge per una anomalia nel processo di meiosi dei gameti. La presenza del cromosoma X sovrannumerario intereferisce con il normale sviluppo sessuale; è la causa più frequente di ipogonadismo primario negli uomini e la carenza di testesterone secondaria è causa di azoospermia, infertilità e mancato o minore sviluppo dei caratteri sessuali secondari. Questi individui presentano inoltre un anomalo sviluppo corporeo con alterate proporzioni corporee (tipici sono gli arti inferiori eccessivamente lunghi e il tronco corto, e le spalle strette), ginecomastia e obesità a disposizione ginoide. In alcuni casi sono presenti disturbi neurologici, del comportamento, del linguaggio e deficit cognitivi. La diagnosi può essere confermata con l’analisi citogenegica. Non esiste una terapia risolutiva ma l’identificazione in fase precoce e la somministrazione di testosterone in età puberale favorisce lo sviluppo dei caratteri sessuali secondari e l’acquisizione di proporzioni corporee del fenotipo maschile.
La risposta A non è corretta.
Il cariotipo 45, X/46, XY indica la disgenesia gonadica mista, un disordine dello sviluppo sessuale dovuta a mosaicismo del cromosoma Y.
La risposta C non è corretta.
Il cariotipo 47, XX piu' 21 indica un soggetto di sesso femminile affetto dalla Sindrome di Down, conosciuta anche come “trisomia 21”.
La risposta D non è corretta.
Il cariotipo 45, X0 o “monosomia X” è tipico della sindrome di Turner, una patologia caratterizzata dalla assenza di uno dei due cromosomi X. Colpisce esclusivamente le donne.
La risposta E non è corretta.
Entrambi i cariotipi considerati non corrispondono a quello della Sindrome di Klinefelter.

2 di 3 Domande

Quale classe di lipidi circolanti e' aumentata nell'ipertrigliceridemia familiare?














La risposta corretta è la D.
L’ipertrigliceridemia familiare è una condizione a trasmissione autosomica dominante in cui si ha un abnorme quantitativo di trigliceridi e VLDL (lipoproteine a bassissima densità) a livello ematico. E’ da considerarsi anormale una trigliceridemia con valori superiori a 150 mg/dl. I soggetti affetti presentano valori superiori a 200 mg/dl (severa se >500 mg/dl). Contrariamente a quanto si possa pensare, non si associa ad un aumento significativo dei livelli di colesterolo anzi, spesso i valori di colesterolo HDL risultano ridotti. Fattori favorenti e concomitanti possono essere altri dismetabolismi come l’iperglicemia, alti livelli di insulina con insulino-resistenza, ipertensione arteriosa e obesità. Il riscontro avviene generalmente in maniera incidentale, durante gli esami ematochimici di routine. Rappresenta un fattore di rischio per la pancreatite, in particolare nei pazienti con IT severa, oltre che per eventi cardiovascolari. Si possono anche verificare xantomi eruttivi e lipemia retinalis. La gestione primaria di questa condizione prevede l’adozione di uno stile di vita salutare e fino a 886 mg/dl l’assunzione di statine. Per livelli di trigliceridemia superiori a 886 mg/dl (10 mmol/L), gravati quindi da un alto rischio di pancreatite ed eventi cardiovascolari, la terapia farmacologica prevede l’introduzione di fibrati, acido nicotinico e olio di pesce (ricco di omega 3).
Le risposte A, B, C ed E non sono corrette.
Nell’ipertrigliceridemia familiare, i trigliceridi e le VLDL presentano valori ematici estremamente alti. Le altri classi lipidiche possono risultare addirittura ridotte.

3 di 3 Domande

Quale delle seguenti affermazioni e' corretta circa l'ipersensibilita' di tipo II?














La risposta corretta è la B.
La reazione da ipersensibilità è causata da una risposta eccessiva o incontrollata nei confronti di un antigene patogeno, o che viene riconosciuto come tale dal sistema immunitario. Vi sono 4 tipi di reazioni da ipersensibilità; quella di tipo II, citotossica, è dovuta ad una azione diretta mediata dagli anticorpi di tipo IgM ed IgG. Questi hanno come bersaglio degli antigeni proteici localizzati sulla superficie cellulare o localizzati nella matrice extracellulare. Il riconoscimento di tali molecole porta all’attivazione del complemento, con lisi oppure opsonizzazione e fagocitosi delle cellule bersaglio. Le cellule interessate sono eritrociti, piastrine e granulociti. Alcune reazioni da ipersensibilità di tipo II sono quelle causate da trasfusioni di sangue fra soggetti incompatibili per gruppo ABO, l’anemia emolitica del neonato da incompatibilità Rh, le anemie emolitiche da farmaci.
La risposta A non è corretta.
La reazione da ipersensibilità di tipo II è mediata da anticorpi di tipo IgM ed IgG.
La risposta C non è corretta.
La formazione di immunocomplessi si riscontra nelle reazioni da ipersensibilità di tipo III. Gli immunocomplessi sono formati dagli anticorpi di tipo IgM ed IgG legati agli antigeni, nel circolo.
La risposta D non è corretta.
I linfociti T CD8+ e i linfociti CD4+ sono mediatori delle reazioni da ipersensibilità di tipo IV. In particolare, i linfociti CD8+ sono responsabili della citolisi.
La risposta E non è corretta.
Le reazioni da ipersensibilità di tipo 2 sono mediate da anticorpi.

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