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1 di 25 Domande

Uomo 54 anni si reca in PS ed effettua un ECG. Cosa mostra l’ECG?

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La risposta corretta è la B.
Il paziente del caso clinico, in base ai reperti clinico-anamnestici e all’ECG, presenta blocco atrioventricolare di III grado. Infatti, il referto mostra blocco atrioventricolare completo con dissociazione AV. F.C. atriale di 55 bpm, ritmo di scappamento ventricolare a F.C. 8 bpm a doppia morfologia e anomalie secondarie del recupero.

2 di 25 Domande

Il Sig. Masi, un uomo di 78 anni, si reca accompagnato dai figli, presso l’ambulatorio del proprio medico curante, lamentando difficoltà di movimento e disturbi mnesici. Durante l’esame obiettivo il dottore si accorge che il paziente si mostra irrequieto, si muove continuamente e che non ricorda quello fatto e detto pochi minuti prima. I figli raccontano che poche settimane prima lo hanno trovato “vagabondare” fuori casa da solo in maniera afinalistica. Quale è il sospetto diagnostico più probabile?














La risposta corretta è la A.

Il sospetto diagnostico più probabile è quello di morbo di Alzheimer, che rappresenta il 50-60% del totale delle forme di demenza e con una prevalenza che aumenta con l’età (molto frequente dopo i 65 anni). Risultando più diffuso nelle donne rispetto agli uomini, presenta 2 forme:

  • 95% sporadica,
  • 5% familiare a trasmissione autosomica dominante con penetranza completa.

Dal punto di vista anatomopatologico tale malattia si caratterizza per la presenza di:

  • abnormi placche di sostanza ß amiloide associate ad un’infiammazione,
  • alterazione della proteina TAU (che aiuta a stabilizzare i microtubuli).

Dal punto di vista clinico all’inizio abbiamo il cervello colpito solo in aree ristrette, quindi un’iniziale atrofia dell’ippocampo, aumenta la quota di liquor e si riduce la quota di tessuto cerebrale, la corteccia entorinale e orbito-frontale. Questi cambiamenti possono iniziare 10-20 anni prima che compaiano i sintomi veri e propri. Con il progredire della malattia, si ha una atrofia dell’ippocampo più evidente, aumentano gli spazi subaracnoidei peri-cerebrali, i ventricoli laterali cominciano ad allargarsi, suggerendo una perdita di volume e un’atrofia a livello del mantello corticale. Pertanto il danno neuronale si estende e cominciano ad esserci i segni di un Alzheimer moderato, che includono: deficit della memoria anterograda, stato di confusione, disorientamento soprattutto temporo-spaziale, aprassia ideomotoria (es. quali sono le posate e come si usano) e ideativa (come ci si veste), problematicità a gestire il denaro, capacità critica alterata, cambiamenti dell’umore e dell’emotività con un’ansietà maggiore, disinibizione, uno stato di agitazione continua (acatisia: il paziente si muove in continuazione senza alcuna finalità concreta, tende a vagabondare in giro). Nel quadro severo, quando l’atrofia è diventata conclamata ed interessa tutto il cervello, compaiono nuovi sintomi molto seri: difficoltà del linguaggio e dei pensieri, prosopoagnosia e anosognosia, convulsioni, perdita di peso nonostante il paziente assuma cibo, perdita della capacità di controllare il sonno e perdita della capacità di controllare gli sfinteri.

La risposta B non è corretta.

Il morbo di Parkinson è la seconda più comune forma di patologia neurodegenerativa, dopo la malattia di Alzheimer. Dal punto di vista neuropatologico alterazioni tipiche della malattia sono: la degenerazione neuronale della pars compacta della substantia nigra e la presenza di depositi proteici nel citoplasma dei neuroni (corpi di Lewy). Fisiopatologicamente la perdita progressiva delle proiezioni neuronali dopaminergiche della substantia nigra determina una riduzione del contenuto di dopamina; ne conseguono un incremento dell’attività eccitatoria glutamatergica nel nucleo subtalamico, una eccessiva inibizione del talamo da parte dei gangli della base ed infine una riduzione dell’attività eccitatoria a livello delle regioni corticali. La malattia è clinicamente caratterizzata da tremore a riposo, bradicinesia, rigidità, e, nelle fasi più avanzate, instabilità posturale e blocchi motori (freezing del passo). Come sintomi meno frequenti possono essere presenti: demenza (che può svilupparsi in circa un terzo dei pazienti e generalmente nelle fasi avanzate), disturbi del sonno e sintomi neurologici non correlati al parkinsonismo, come l’anosmia, la dismotilità esofagea, intestinale ed esitazione e/o urgenza minzionale.

La risposta C non è corretta.

L’atrofia multisistemica (MSA) è una malattia a carattere neurodegenerativo, ad andamento progressivo, responsabile di disturbi piramidali, cerebellari e autonomici. È una forma multisistemica, perché si tratta di un parkinsonismo che si associa ad un coinvolgimento di altri sistemi e racchiude una serie di sindromi, caratterizzate da associazione di: parkinsonismo scarsamente responsivo alla L-DOPA, disfunzione cerebellare e disfunzione autonomica. Comprende tre patologie (che un tempo si pensava fossero separate) ovvero: la degenerazione nigro-striatale, l’atrofia olivo-ponto-cerebellare e la sindrome di Shy-Drager.

L’eziologia non è nota e dal punto di vista anatomopatologico si riscontra internamente alle cellule oligodendrogliali la presenza di corpi inclusi citoplasmatici, contenenti α-sinucleina. La clinica si caratterizza per atassia, instabilità posturale, rigidità, ritenzione urinaria, stipsi e ipotensione.

La risposta D non è corretta.

Le malattie prioniche hanno origine da una alterazione nel processo di ripiegamento di una proteina, detta proteina prionica, fisiologicamente espressa a carico della superficie di numerose cellule cerebrali. Possiamo riconoscere diversi tipi di malattia prionica: morbo di Creutzfeldt-Jakob, Kuru, malattia di Gerstmann-Straussler-Scheinker, insonnia fatale familiare, variante del morbo di Creutzfeldt-Jakob. Possono essere in forma sporadica, familiare o infettiva.

La risposta E non è corretta.

Per tabe dorsale si intende un danno delle vie sensoriali a livello delle corna posteriori, associato a perdita della propriocezione e conseguente atassia locomotrice, perdita della nocicezione (artropatia di Charcot) e dolori fulminanti.


3 di 25 Domande

Un uomo di 80 anni viene ricoverato in ospedale, dopo che ha iniziato ad avere disturbi a carico dell’arto inferiore di destra infatti cammina trascinando la gamba ed inoltre si presenta un pò soporoso e non è loquace come al solito, mostrando anche un eloquio non proprio fluido. La sua temperatura è di 37.1ºC. La nipote riferisce che circa un giorno prima il nonno era caduto, ma senza riportare apparentemente traumi degni di nota. Sul lato destro, la flessione dell’anca, la flessione del ginocchio, la dorsi-flessione della gamba sono più deboli di altri muscoli dell’estremità inferiore. Tutti gli esami di laboratorio, compreso quelli della coagulazione, sono normali. Una TC dell’encefalo mostra un ematoma subdurale sinistro di 1,5 cm con dislocazione della linea mediana. Qual è il passo successivo più appropriato da intraprendere nel caso presentato fra quelli proposti?














La risposta corretta è la B.

Per ematoma subdurale si intende una raccolta ematica tra la dura madre e la pia madre/aracnoide (a differenza di un ematoma epidurale dove il sanguinamento si va a localizzare tra la teca cranica e la dura madre).

Dal punto di vista eziologico questa raccolta può derivare:

  • dalla lacerazione delle vene corticali,
  • dalla rottura delle vene a ponte tra la corteccia e dei seni durali.

Solitamente riscontriamo un ematoma subdurale dopo un trauma cranico, incidente stradale o una caduta. I maggiori fattori di rischio per l’insorgenza sono: l’età avanzata, l’atrofia cerebrale, l’uso di anticoagulanti e antiaggreganti. I sintomi, legati all’ematoma subdurale acuto, si sviluppano entro 24-48 ore e sono correlabili con la compressione del cervello da parte dell’ematoma (e anche al rigonfiamento del cervello a causa dell’edema o dell’iperemia), che causano un aumento della pressione intracranica (con conseguente confusione, alterazioni dello stato di coscienza, nausea, vomito, cefalea). La TC del cranio senza mezzo di contrasto mostra un’iperdensità a forma di mezza luna, che attraversa le linee di sutura. Dal punto di vista del trattamento:

  • gli ematomi di piccole dimensioni vengono gestiti in maniera conservativa;
  • gli ematomi di grandi dimensioni richiedono l’evacuazione urgente.

Nel trattamento di un ematoma subdurale alcuni dei fattori prognostici più importanti da considerare sono l’età e lo stato neurologico. La scala Glasgow valuta la gravità del coma in base a tre categorie di reattività: migliore risposta motoria, migliore risposta verbale e migliore apertura oculare.

In base a questa scala possiamo distinguere:

  • coma lieve: Glasgow 14 – 15, il paziente è sostanzialmente sveglio;
  • coma moderato: Glasgow 9 – 13;
  • coma grave: Glasgow 3 – 8, prognosi severa, soprattutto se permane nell’arco di diverse ore o giorni. A 3 siamo nel caso di morte cerebrale.

Pertanto, un punteggio più alto è indicativo di uno stato di funzionamento migliore ed è correlato con una prognosi migliore, mentre un punteggio più basso sarà correlato con una prognosi severa. Al fine di prevenire lesioni cerebrali irreversibili o anche la morte, gli ematomi subdurali devono essere trattati come un’emergenza neurologica. La gestione chirurgica è indicata in tutti i pazienti, che presentano segni vitali instabili, un’elevata pressione intracranica e/o segni clinici o evidenza radiologica (TC o RM) di erniazione cerebrale, come un dislocamento della linea mediana. La decompressione chirurgica può essere ottenuta mediante craniectomia decompressiva, craniotomia o trapanazione del cranio. La stabilizzazione dei segni vitali e la vigile attesa (che comprendono una stretta osservazione con monitoraggio della pressione intracranica e l’imaging cerebrale seriale mediante TC ripetute) fanno parte della gestione non operativa: tale atteggiamento può essere considerato nei pazienti con piccoli ematomi e senza segni clinici o radiologici di erniazione cerebrale.

Le risposte A e D non sono corrette.

L’angio-TC o l’angio-RM vengono eseguiti quando c’è il sospetto di una lesione vascolare sottostante (un aneurisma o una malformazione vascolare ad esempio) in assenza di trauma, ma questa non rappresenta una causa abituale di un ematoma subdurale. La RM dell’encefalo in tal caso non fornirebbe ulteriori informazioni diagnostiche utili e viene generalmente utilizzata, quando il sospetto clinico rimane elevato per un’emorragia intracranica, nonostante una TC dell’encefalo negativa, essendo più sensibile della TC ed in grado di mostrare la presenza anche di una minima falda di emorragia.

La risposta C non è corretta.

Poiché gli esami di laboratorio e di coagulazione del paziente sono normali, non c’è motivo di somministrare plasma fresco congelato.

La risposta E non è corretta.

Non c’è età che rappresenta una controindicazione assoluta per l’intervento chirurgico e sarebbe sbagliato affermare che quest’uomo è troppo vecchio per qualsiasi intervento.


4 di 25 Domande

Un uomo di mezza età esegue TC presso il pronto soccorso del Policlinico, cosa si apprezza nella TC?

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La risposta corretta è la E.

La TC encefalo del paziente del caso clinico mostra a carico della regione fronto-parietale destra un esteso ematoma sub-durale, a forma di falce o mezza luna, che attraversa le linee di sutura, prevalentemente cronico con piccola componente tenuamente e spontaneamente iper-densa a sede frontale destra di verosimile origine acuta/subacuta. Inoltre, mostra spianamento dei solchi e degli spazi sub-aracnoidei omolaterali e non evidenzia lesioni ischemiche a carattere acuto in atto. Linea mediana in asse (risposte A, B, C e D errate).


5 di 25 Domande

Margherita, 25 anni, si reca dal suo medico curante, la Dott.ssa Grassi. Presenta un lieve ittero, febbricola, artralgia, malessere e amenorrea, che durano da circa 2 mesi. Negativa per patologie rilevanti, assume contraccettivi orali, non beve alcolici, né fuma. Le analisi di laboratorio mostrano: HAV negativo, HBV negativo, Ab anti-HCV positivo mediante saggio immunoenzimatico per gli anticorpi HCV, HCV negativo mediante saggio immunoblot ricombinante (RIBA) per HCV.
Il dosaggio degli autoanticorpi antinucleari ed anti-muscolo liscio sono però fortemente positivi. Un campione bioptico del fegato mostra un’infiammazione portale di tipo linfocitaria con necrosi precoce. Quale delle seguenti è la diagnosi più probabile?














La risposta corretta è la B.

La sintomatologia clinica e i risultati laboratoristici di questo caso clinico sono indicativi di un quadro di epatite cronica autoimmune. L’epatite autoimmune è una patologia, scatenata dall’attacco del sistema immunitario nei confronti del fegato, erroneamente riconosciuto come non self. L’azione degli autoanticorpi causa uno stato flogistico cronico, che progressivamente evolve verso l’insufficienza epatica. Si registra maggior frequenza di epatite autoimmune nelle donne di età compresa tra la quarta e la settima decade. Sulla base degli anticorpi responsabili si distingue l’epatite autoimmune di Tipo 1, nella quale si riscontra positività agli anticorpi antinucleo (ANA) o anti-muscolo liscio (ASMA), e di Tipo 2 con positività per anticorpi microsomiali fegato-rene (LKM1).

Quando si manifesta in età giovanile, i suoi sintomi sono più aggressivi e la progressione è più rapida. La gravità della malattia, infatti, è legata all’età più che alla forma. Nel caso presentato i risultati della biopsia supportano questa diagnosi: dimostrano l’infiammazione portale con danno lobulare e conseguente necrosi. La giovane età della paziente e la presenza di iper-gammaglobulinemia sono, come detto, comuni in questa condizione. 

La risposta A non è corretta.

L’epatite C cronica si sviluppa nell’80% dei casi di infezione da virus dell’epatite C. Può manifestarsi anni dopo un’infezione acuta spesso asintomatica, con segni e sintomi di epatite cronica o insufficienza epatica. La diagnosi è confermata dal test immunoenzimatico positivo per gli anticorpi anti-HCV, che può essere falsamente positivo in situazioni con ipergammaglobulinemia. In questi casi la positività dovrebbe essere confermata da un RIBA più specifico. Nel caso clinico presentato, il RIBA è negativo, escludendo l’epatite C.

La risposta C non è corretta.

L’adenoma epatico è una neoplasia benigna, che colpisce più frequentemente donne in età fertile, particolarmente quelle che assumono contraccettivi orali con componente estrogenica o ormoni androgeni anabolizzanti. Di solito è clinicamente silente; può causare dolore all’ipocondrio destro, se l’adenoma raggiunge dimensioni considerevoli; per dimensioni >5cm è indicata l’asportazione chirurgica. Se correlato all’assunzione di contraccettivi, generalmente regredisce con la sospensione della terapia. Una rara complicanza grave è la rottura dell’adenoma con emorragia peritoneale e l’evoluzione verso una forma maligna. La diagnosi si basa sui reperti ottenuti a mezzo di TC e confermata da esami bioptici della lesione.

La risposta D non è corretta.

La cirrosi biliare primitiva è una patologia di tipo autoimmune, con danno dei dotti biliari intraepatici, con conseguente colestasi ed insufficienza epatica. Colpisce soprattutto donne di mezza età e i sintomi compaiono progressivamente, variando dall’astenia al prurito da colestasi, fino all’ipertensione portale e al versamento ascitico nelle fasi più avanzate. La diagnosi si basa sulla individuazione di anticorpi antimitocondrio sierici e sull’esame bioptico per stabilire la stadiazione. Il trattamento prevede la prescrizione di colestiramina per alleviare la sintomatologia pruriginosa da colestasi, acido ursodesossicolico ed integrazione di vitamine liposolubili.

La risposta E non è corretta.

La steatoepatite non alcolica mima sia clinicamente che istopatologicamente l’epatite alcolica. È caratterizzata da alterazioni del fegato, che si mostra più grasso, con segni di laboratorio associati a danno epatocellulare. Obesità e diabete sono le condizioni predisponenti più comuni.


6 di 25 Domande

Uomo di 53 anni viene sottoposto ad un ECG, che e’ allegato. Definisci l’asse elettrico del seguente ECG:

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La risposta corretta è la A.

L’asse elettrico di questo ECG è normo-orientato visto che il complesso QRS in DI e aVF è in entrambe le proiezioni positivo.


7 di 25 Domande

Un paziente di 35 anni si presenta in PS con dispnea, riferendo dolore acuto trafittivo. Viene effettuata un RX. Quale reperto NON è presente?

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La risposta corretta è la B.

In base ai reperti clinico-anamnestici e alla RX del caso clinico, il paziente presenta un massivo pneumotorace destro probabilmente iperteso. Inoltre, tale RX non mostra versamento pleurico, che determinerebbe una obliterazione del seno costofrenico laterale complementare (segno della silhouette). La domanda chiede quale non è presente quindi non è presente il versamento pleurico massivo destro. Infine, l’RX del torace mostra il collasso del polmone di destra e la dislocazione controlaterale del mediastino (risposte A, C, D ed E errate).


8 di 25 Domande

Un ragazzo di 18 anni si presenta al policlinico Federico II per un’eruzione eritematosa della parte superiore del corpo, che si è diffusa nelle ultime 2-3 settimane. Viene visitato dal dott. Rossi a cui riferisce che l’eritema è cominciato come una singola lesione nella parte superiore dell’addome che si è diffuso rapidamente. Riferisce una lieve coriza pochi giorni prima dell’eruzione esantematica, la cui distribuzione è mostrata nell’immagine. Quale delle seguenti è la diagnosi più probabile?

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La risposta corretta è la B.

La pitiriasi rosea è una condizione patologica acuta e auto-limitante, caratterizzata dallo sviluppo di placche eritematose multiple, che iniziano con una prima chiazza ‘madre’ a livello del petto o della porzione superiore dell’addome che, nelle successive 1-2 settimane, si diffonde al tronco e alle braccia. La risoluzione si ha in circa 3-5 settimane. Prima della comparsa della ‘chiazza madre’ potrebbero esserci delle malattie prodromiche. 


9 di 25 Domande

Il Sig. Mele, un uomo di mezz’età, si reca dal suo medico curante, il Dott. Cenci, lamentando disturbi respiratori. Riferisce un’intensa dispnea; inoltre comunica che ha iniziato a sentirsi sempre più stanco da circa 6 mesi, ma crede che la sua stanchezza sia peggiorata nell’ultimo mese. Riferisce anche che ha avuto una tosse non produttiva per circa 15 giorni e diversi episodi di sudorazioni notturne. All’esame obiettivo si riscontrano diversi lividi in corrispondenza degli arti, ma il Sig. Mele non ricorda di aver subito dei traumi. L’esame obiettivo addominale rivela una marcata epato-splenomegalia, senza alcuna linfoadenopatia. Le analisi di laboratorio mostrano: conteggio dei globuli bianchi: 1200/mm3, Neutrofili: 58%, Eosinofili: 7%, Linfociti: 30%, Monociti: 0%, Basofili: 5%, Conteggio RBC: 3,0/mm3, Emoglobina: 7,5 mg/dl e Conta piastrinica: 18.000/mm3. Lo striscio di sangue periferico rivela nuclei irregolari, membrane cellulari e proiezioni citoplasmatiche "a cellule simil-capellute". Quale delle seguenti è la diagnosi più probabile?














La risposta corretta è la E.

La leucemia a cellule capellute (cosi chiamate perché presentano protrusioni citoplasmatiche) rappresenta una rara forma tumorale. Deriva dai linfociti B che, nella forma neoplastica, sostituiscono gradualmente quelli non interessati da mutazione.

Più comune nei pazienti di 50-60 anni, mostra una prevalenza nel sesso maschile con un rapporto di circa 5: 1.

Anche se i fattori di rischio non sono chiari, si è osservata una correlazione con l’esposizione a polveri di legno e radiazioni.

I pazienti in generale presentano sintomi tipici della pancitopenia: stanchezza, ecchimosi, infezioni ricorrenti, splenomegalia (ed epatomegalia nel 50% dei casi). Le infezioni da micobatteri sono la causa più comune di una marcata monocitopenia. La linfoadenopatia è rara. L’esame obiettivo addominale evidenzia una splenomegalia, dovuta ad un’infiltrazione della polpa rossa da parte delle cellule, che mostrano le caratteristiche proiezioni citoplasmatiche “a cellule capellute”, non mostrando reattività alla fosfatasi acida resistente al tartrato. Sebbene i pazienti possano mostrare una conta delle cellule ematiche marcatamente patologica all’esordio, più del 90% di essi riesce a sopravvivere per più di 10 anni con il trattamento.

La risposta A non è corretta. 

La mononucleosi infettiva (infezione da virus Epstein-Barr) può colpire i pazienti di qualsiasi età, anche se è più comune negli adolescenti. Quando sintomatica, provoca astenia, anche prolungata per diversi mesi, febbricola, linfoadenopatia e faringite. Raramente presenta complicanze come rottura splenica e sintomi neurologici. Sebbene può causare splenomegalia e dei lividi abbastanza simili a quelli mostrati dal paziente, tuttavia, non provoca pancitopenia, un segno distintivo della leucemia a cellule capellute.

La risposta B non è corretta. 

Anche se la possibilità di altre neoplasie linfoidi deve essere presa in considerazione in qualsiasi paziente con leucemia o linfoma, la presentazione clinica di questo paziente non è suggestiva di linfoma di Hodgkin, né tantomeno i risultati di laboratorio. La stanchezza e la sudorazione notturna possono interessare tali pazienti, ma la splenomegalia non è un riscontro clinico comune, cosi come la linfoadenopatia è quasi sempre presente. Inoltre, lo striscio di sangue periferico è generalmente normale nel linfoma di Hodgkin.

La risposta C non è corretta. 

La porpora trombocitopenica idiopatica (o trombocitopenia autoimmune) è un disturbo emorragico, causato dalla risposta anticorpale diretta contro un antigene strutturale piastrinico. Può interessare i bambini in seguito ad infezioni virali, nei quali insorge in forma acuta ed autolimitante; negli adulti, invece, decorre cronicamente e può esacerbarsi durante la gravidanza. Non causa splenomegalia ed inoltre non influenza le altre linee cellulari, quindi è una causa improbabile della malattia di questo paziente.

La risposta D non è corretta. 

La leucemia linfatica acuta è la neoplasia maligna pediatrica più diffusa, anche se può presentarsi in ogni età. I picchi di incidenza sono tra i 2 e 5 anni e in soggetti con età>45 anni. Nel quadro di LLA si riscontra un elevato numero di blasti nel sangue periferico, che derivano dalla proliferazione di una cellula ematopoietica neoplastica maligna. Tale proliferazione comporta la sostituzione del midollo sano e può infiltrare organi dell’addome e il SNC. Esordisce con astenia e pallore, propensione al sanguinamento e alla formazione di ecchimosi e frequenti infezioni. Può causare pancitopenia (così come visto in questo paziente), ma non una monocitopenia così marcata. Inoltre, sarebbero evidenti la presenza di blasti, allo striscio del sangue periferico, non visualizzati nel caso presentato.


10 di 25 Domande

Il Sig. Braschi, un uomo di 60 anni, viene portato dai familiari presso il pronto soccorso del Policlinico Maggiore di Bologna, a causa di malessere generalizzato (al momento dell’arrivo in PS sembra confuso). Lamenta vertigini, stordimento e debolezza generale, insorti da circa un paio d’ore. Non ha avuto dolore al torace o mancanza di respiro. Per quanto riguarda la anamnesi patologica remota risulta positiva per ipertensione, malattia coronarica, insufficienza cardiaca congestizia, angina e iperlipidemia. Inoltre, assume nitroglicerina, aspirina, digossina, furosemide e atorvastatina. La sua T.C. è di 37,2 ° C, la P.A. di 105/70 mmHg, la F.C. di 40 bpm/min e la F.R. di 23 atti/min. La sua cute è pallida e secca. I polmoni sono chiari all’auscultazione. L’esame cardiaco mostra una frequenza irregolare e suoni cardiaci ipofonetici; non si sentono mormorii o sfregamenti. Si apprezza il segno della fovea indicativo di edema tibiale di grado 1+. Quale dei seguenti farmaci è probabilmente responsabile dei sintomi di questo paziente?














La risposta corretta è la A.

Questo paziente ha un blocco atrioventricolare di terzo grado, che può essere causato dalla digossina. Questo quadro patologico si verifica in assenza di fisiologica trasmissione dell’impulso elettrico dagli atri ai ventricoli e all’ECG si assiste alla dissociazione tra le onde P ed i complessi QRS. L’attività, seppur patologica, viene conservata grazie alla trasmissione dell’impulso attraverso vie di scappamento giunzionali o ventricolari.

Ritmi di scappamento, che originano da focus posti a monte della biforcazione del fascio di His, producono complessi QRS stretti, a frequenza relativamente elevata e sintomi lievi. Quando originano al di sotto della biforcazione, i complessi QRS risultano allargati e causano sincope ed insufficienza cardiaca. Ritmi di scappamento lenti espongono a rischio di asistolia.

I BAV possono insorgere in seguito a coronaropatia o a farmaci come i beta-bloccanti, digossina e bloccanti dei canali del calcio. La digossina è, inoltre, responsabile della comparsa di aritmie, nausea e vomito, addominalgia, stato confusionale.

La risposta B non è corretta.

L’effetto collaterale più comune della nitroglicerina è la cefalea vasomotoria, che si presenta soprattutto all’inizio della terapia così come ipotensione, nausea, lipotimie; non influenza la conduzione AV.

La risposta C non è corretta.

I principali effetti collaterali dell’aspirina comprendono l’irritazione della mucosa gastrica e in alcuni casi il sanguinamento gastrointestinale. Altri effetti indesiderati meno frequenti sono: vomito, acufeni, confusione, ipertermia, alcalosi respiratoria, acidosi metabolica e insufficienza multiorgano. L’aspirina però non influisce sulla conduttività del nodo AV.

La risposta D non è corretta.

La furosemide può causare disfunzione renale e disidratazione, che possono portare a sincope ed alterazioni elettrolitiche, ma non alterazioni sul nodo AV.

La risposta E non è corretta.

L’atorvastatina è generalmente ben tollerata dai pazienti. Gli effetti collaterali più frequenti di questo farmaco sono: stipsi, flatulenza, dispepsia e dolore addominale, ma questi si osservano in meno del 2% dei pazienti. Non c’è alcun effetto sul nodo AV.


11 di 25 Domande

Maria, una ragazza di 25 anni, viene sottoposta ad una serie di accertamenti, e le viene fatta una diagnosi di linfoma di Hodgkin in stadio 3°. Il suo ematologo, il dottor Curci, le spiega a quale trattamento si dovrà sottoporre per sconfiggere la sua malattia, ma la ragazza gli confessa il suo desiderio di gravidanza, anche se, viste le condizioni di salute in cui versa, è disposta ad aspettare fino a che non ha completato il suo trattamento medico. Ma prima vuole sapere quali sono le conseguenze relative alla sua malattia ed al trattamento a cui dovrà sottoporsi e se queste possono avere degli effetti negativi su una possibile gravidanza futura. Quale fra le seguenti complicazioni sono le meno probabili?














La risposta corretta è la A.

La paziente presenta un linfoma di Hodgkin allo stadio 3°. Tale patologia si manifesta come una proliferazione di cellule neoformate maligne linfoidi o del reticolo istiocitario, che interessa linfonodi, milza, midollo osseo e fegato, localizzata o diffusa.

La sintomatologia di esordio comprende tumefazione dei linfonodi, calo ponderale, iperidrosi notturna, prurito, splenomegalia ed epatomegalia e viene diagnosticato per mezzo dell’esame bioptico da eseguirsi sui linfonodi. Lo stadio 3° della malattia richiede che la paziente venga sottoposta ad una chemioterapia sistemica ed una radioterapia mediastinica e probabilmente anche dell’addome-bacino. Questa paziente è preoccupata per gli effetti che sia la sua malattia che il trattamento possono avere su una futura gravidanza: però non vi è alcuna evidenza che le alterazioni ormonali, che si verificano durante la gravidanza, possono facilitare una recidiva del linfoma di Hodgkin.

La risposta B non è corretta.

I pazienti sottoposti a radioterapia mediastinica sono anche a rischio per le malattie polmonari restrittive, che possono verificarsi in seguito a delle polmoniti attiniche. Durante la gravidanza, quando il diaframma viene spostato cranialmente e la respirazione si riduce, una malattia polmonare asintomatica può diventare clinicamente rilevante.

La risposta C non è corretta.

La radioterapia a livello mediastinico, necessaria per il trattamento del linfoma di Hodgkin, può portare ad una pericardite con conseguente fibrosi cardiaca ed insufficienza cardiaca congestizia. Dato che la gravidanza richiede una maggiore frazione di eiezione cardiaca, l’insufficienza cardiaca o un peggioramento di un’insufficienza cardiaca sottostante può mettere a rischio seriamente la salute della paziente e del nascituro.

La risposta D non è corretta.

Il rischio di un secondo tumore è aumentato nei pazienti con linfoma di Hodgkin, in particolare se i pazienti vengono sottoposti ad una chemioterapia sistemica, effettuata generalmente con prednisone, vincristina, mecloretamina e procarbazina. Il rischio di sviluppare cancro a carico del polmone e del tratto gastroenterico aumenta anche nei pazienti sottoposti a radioterapia; inoltre, l’irradiazione di aree prossime alla mammella aumenta il rischio di sviluppare carcinoma mammario a distanza di tempo.

La risposta E non è corretta.

Un’insufficienza ovarica rappresenta un rischio per questa paziente, che deve sottoporsi a chemioterapia sistemica. Nell’insufficienza ovarica le ovaie non producono abbastanza estrogeni malgrado gli alti livelli di gonadotropine circolanti (specialmente l’ormone follicolo stimolante [FSH]) nelle donne < 40 anni. La diagnosi si fa misurando i livelli sierici di FSH ed estradiolo. In alcuni casi il tessuto ovarico può essere rimosso chirurgicamente e poi congelato al fine di preservare la fertilità. Se la paziente ha bisogno anche di essere sottoposta ad una radioterapia a livello pelvico, il rischio di insufficienza ovarica aumenterebbe fino a quasi ad arrivare al 100%.


12 di 25 Domande

Una ragazza di 28 anni da circa 2-3 settimane, riferisce palpitazioni, letargia e dolore nella porzione anteriore del collo, sintomi che sono iniziati a seguito di un’influenza. Si è recata dal suo medico di base, il dott. Vespucci che all’esame obiettivo ha riscontrato i seguenti parametri: PA 110/72 mmHg, 98 bpm, leggero tremore e indolenzimento della tiroide a seguito della sua palpazione. Ha eseguito la valutazione biochimica del TSH che è risultato <0,05 e la scintigrafia tiroidea con Iodio radioattivo ha mostrato una riduzione globale dell’assorbimento della ghiandola. Quale delle seguenti è la diagnosi più probabile?














La risposta corretta è la D.

I sintomi riportati dalla paziente, preceduti da una malattia simil-influenzale, associati a dolore alla palpazione della tiroide e a tireotossicosi biochimica, pongono il sospetto di tiroidite subacuta.

Alla scintigrafia, questa patologia si caratterizza per una riduzione della captazione di iodio radioattivo della tiroide: la tireotossicosi, infatti, è causata da un aumentato rilascio di tiroxina, piuttosto che da un aumento della sua produzione. La gestione della paziente ha come obiettivo primario quello di alleviare i sintomi; successivamente sarà necessario effettuare nuovamente dei test di funzionalità tiroidea per confermare la risoluzione dell’ipertiroidismo.


13 di 25 Domande

Marco, un bambino di 6 anni, viene portato dai genitori presso l’ambulatorio del suo pediatra, il Dott. Verdi. Il piccolo paziente presenta un’eruzione cutanea, associata a prurito. La madre afferma che tale eruzione è apparsa da circa 20 giorni e che un’eruzione cutanea simile aveva interessato la faccia quando il bambino aveva circa un anno, ma che poi si era risolta spontaneamente. Il rash è comparso dapprima sul suo braccio sinistro e poi si è diffuso sulla schiena e sulle ginocchia. La mamma ha pensato ad un’allergia al nuovo detersivo per indumenti utilizzato, ma l’eruzione non si è risolta, nonostante la sostituzione del detersivo. L’anamnesi clinica di Marco è positiva per bronchiolite, quando era molto piccolo, per il resto è sempre stato sano. Il Dott. Verdi lo visita e riscontra la presenza di alterazioni cutanee anche in corrispondenza delle superfici flessorie prossimali di entrambi gli arti superiori e dei cavi poplitei bilateralmente; le placche sono eritematose ed asciutte, con papule sparpagliate ed escoriazioni. Quale la diagnosi più probabile?

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La risposta corretta è la D.

Il paziente del caso presenta la dermatite atopica (eczema), una patologia infiammatoria autoimmune, che si manifesta di solito prima dei 7 anni. Il prurito è il sintomo principale e si palesa con desquamazione, placche eritematose, cute secca ed escoriazioni; le lesioni cutanee vanno dall’eritema lieve alla lichenificazione grave. Nei bambini più grandi e negli adulti le zone flessorie (ma non l’inguine) sono più frequentemente coinvolte, mentre nei neonati e nei bambini più piccoli, le superfici estensorie, la regione posteriore del cuoio capelluto e la faccia sono tipicamente coinvolte, mentre la regione del pannolino è risparmiata. La dermatite atopica cronica si manifesta con pelle ispessita ed escoriata e con la presenza di papule diffuse. Quando compare in età pediatrica, spesso tende a regredire totalmente o parzialmente in età adulta. La terapia si basa sulla prevenzione all’esposizione nei confronti di fattori allergenici, cortisonici applicati localmente, immunomodulanti e con il mantenimento dell’idratazione.

La risposta A non è corretta.

La dermatite seborroica è una patologia infiammatoria, che si manifesta sulle aree cutanee, che presentano una quantità fisiologicamente maggiore di ghiandole sebacee. L’eziologia è sconosciuta, si ritiene tuttavia che la Malassezia ovale giochi un ruolo nella sua genesi; cause di eziopatogenesi sono anche attribuite a stress, fattori genetici ed ambientali (il clima freddo tende ad esacerbarla). Può essere associata a psoriasi o precederne lo sviluppo. I picchi di incidenza coincidono con i primi 3 mesi di vita e nei soggetti adulti tra 30 e 70 anni.

I segni e sintomi sono desquamazioni untuose di color ocra-giallo, forfora, prurito.

La risposta B non è corretta.

La psoriasi è una patologia infiammatoria, che nella maggior parte dei casi si manifesta con papule e placche di color salmone ben circoscritte, eritematose e ricoperte da squame argentee.

Colpisce circa l’1-5% della popolazione mondiale, soprattutto le persone con una carnagione chiara, mentre quelle con una carnagione più scura sono meno a rischio.

L’eziologia è multifattoriale e include la predisposizione genetica. È una patologia infiammatoria che insorge in seguito a traumi, uso di farmaci, infezioni in soggetti predisposti.

Vi sono 5 maggiori varianti cliniche:

  • a placche: più del 80% dei casi;
  • guttata: circa il 10% dei casi;
  • inversa: si manifesta in concomitanza alla psoriasi a placche, o in maniera isolata;
  • eritrodermica: meno del 3% dei casi;
  • pustolosa: meno del 3% dei casi.

La psoriasi si presenta con placche e papule, che tendono alla desquamazione in aree eritematose, circoscritte, pruriginose. Può evolvere in una forma grave, che coinvolge le articolazioni, detta artrite psoriasica.

Le lesioni di solito si manifestano sulle superfici estensorie (gomiti e ginocchia). Solitamente, i sintomi sono minimi; tuttavia, in casi gravi vi può essere prurito. Ma le implicazioni estetiche possono essere importanti. La diagnosi si basa sull’aspetto e sulla distribuzione delle lesioni: in questo paziente non abbiamo elementi per sospettare una psoriasi. Il trattamento può comprendere l’utilizzo di emollienti, farmaci topici, fototerapia e, nelle forme gravi, di farmaci sistemici.

La risposta C non è corretta.

La pitiriasi rosea di Gibert (PR) è una patologia cutanea benigna idiopatica, caratterizzata dalla presenza di papule o placche desquamanti. La PR colpisce entrambi i sessi e tutte le fasce di età (con picco di incidenza tra i 10 e i 35 anni). Esordisce con la tipica chiazza madre (o “medaglione di Gilbert”), tondeggiante, ben delimitata e di colore salmone (la chiazza madre può essere preceduta o meno da sintomi e segni prodromici aspecifici: mal di testa, malessere generalizzato, mal di gola, artralgie; anche se spesso è del tutto asintomatica).

Alcuni pazienti avvertono prurito (occasionalmente di grado grave).

La chiazza presenta un bordo ben delimitato e finemente desquamato, mentre, il centro della chiazza viene definito a “cartina di sigaretta”.

Dopo alcuni giorni, compaiono delle “chiazze figlie” più piccole della chiazza madre, che si presentano a gittate per circa 2 settimane. Le lesioni figlie si dispongono secondo le linee di tensione della cute (linee parallele di Blaschko) con papule squamose sul tronco e sugli arti superiori, che si diffondono dal collo in giù.  Il coinvolgimento del viso è insolito.

Questa disposizione delle chiazze dà luogo al cosiddetto aspetto ad “albero di Natale” (Christmas tree pattern). Dal punto di vista eziologico probabilmente la causa può essere un’infezione virale (probabilmente herpes virus umani 6, 7, e 8). Alcuni farmaci possono causare eruzioni cutanee simil-pitiriasi rosea.

Esiste anche una forma particolare detta “pitiriasi rosea invertita o inversa”, che si manifesta più spesso nei bambini: variante che si localizza in sedi insolite (es: braccia, viso, gambe), risparmiando le sedi classiche (tronco).

La diagnosi si basa sulla anamnesi e sull’esame obiettivo. In genere non è necessario alcun trattamento, perché le eruzioni cutanee si risolvono entro 2-3 mesi. Gli antistaminici per via orale sono utilizzati solo in caso di prurito molto intenso.

La risposta E non è corretta.

La storia di questo piccolo paziente parla di una esposizione possibile ad un allergene (detersivo per indumenti), ma questa possibilità è poco probabile; inoltre, una dermatite, risultante dall’esposizione ad un detersivo, si dovrebbe prevalentemente manifestare nelle zone di contatto con gli indumenti e pertanto il coinvolgimento iniziale del volto, in questo caso sarebbe difficile da associare con l’allergia al detersivo.


14 di 25 Domande

Mara, 20 anni, si reca dal proprio medico curante, il dottor Neri. Manifesta prurito, lacrimazione e una secrezione nasale limpida, che persistono da alcune settimane. Inoltre, riferisce che soffre di questo problema quasi tutto l’anno, soprattutto durante le stagioni primaverili ed autunnali. Nega di aver avuto febbre, secrezioni nasali purulente o dolori al viso. Durante la visita si rileva una congiuntivite bilaterale. Inoltre, la paziente si presenta pallida con secrezioni limpide dal naso ed un ipertrofia dei turbinati inferiori. Il setto nasale non è deviato e pertanto il dottor Neri diagnostica una rinite allergica e le prescrive una terapia con: glucocorticoide intranasale, Loratadina orale ed Fenilefrina spray nasale, necessari per la risoluzione dei sintomi. Mara però ritorna dal Dottor Neri dopo circa 15 giorni, senza aver avuto un miglioramento del quadro clinico. Quale dei seguenti provvedimenti rappresenta il miglior passo nella gestione del suo quadro clinico?














La risposta corretta è la C.

La paziente presenta i tipici sintomi nasali e oculari, associati con le allergie stagionali, perciò la diagnosi di rinite allergica avanzata è corretta. I soggetti affetti da rinite allergica lamentano congestione nasale, congiuntivite, starnuti, rinorrea e prurito che insorgono in concomitanza all’esposizione ad allergeni. La diagnosi si effettua sulla base dei dati anamnestici e si può ricorrere a test allergologici cutanei. La malattia viene trattata con antistaminici e decongestionanti per via orale o corticosteroidi per via inalatoria, associati o meno ad antistaminici.

Per l’appunto per la gestione in acuto dei sintomi, la migliore terapia è una combinazione di glucocorticoidi per via intranasale, un antistaminico per via orale come la Loratadina ed un vasocostrittore nasale come la Fenilefrina per la congestione nasale acuta.

Solo quando non vi è miglioramento clinico dopo una settimana di terapia e la loro condizione è così grave da interferire con le normali attività della vita quotidiana, il passo successivo è quello di prescrivere una terapia di breve durata, circa 10 giorni, con un glucocorticoide somministrato per via orale, al fine di migliorare il controllo della sintomatologia.

La risposta A non è corretta.

La somministrazione di amoxicillina con acido clavulanico è utile nel trattamento di un’infezione acuta, ma questa paziente non riferisce di aver avuto febbre né secrezioni purulente o dolori facciali, che possano far pensare ad una diagnosi di sinusite acuta con un processo infettivo di base.

La risposta B non è corretta.

La diagnosi si basa sulla clinica ed è supportata dagli esami radiografici del massiccio facciale. La sinusite consiste in uno stato infiammatorio dei seni paranasali, scatenata da una reazione allergica o da infezioni sostenute da batteri, virus o miceti. Si presenta con cefalea, congestione nasale, dolore al volto, secrezioni muco-purulente. La terapia viene effettuata con antibiotici, se è causata da batteri; forme di sinusite ricorrente possono essere trattate chirurgicamente.

La risposta D non è corretta.

I decongestionanti vasocostrittori topici includono fenilefrina, xilometazolina e naftazolina. Gli spray decongestionanti nasali non sono consigliati come unica terapia nel trattamento cronico della rinite allergica, in quanto una down-regolazione del recettore alfa-adrenergico si sviluppa dopo 3-7 giorni, con conseguente ritorno ciclico di congestione nasale.

La risposta E non è corretta.

Continuando con la terapia attuale, la paziente probabilmente non vedrebbe un miglioramento del quadro clinico, visto che dopo circa 15 giorni la sua sintomatologia non è regredita, pertanto è necessario, come sopra indicato, impostare una terapia tramite somministrazione di glucocorticoidi per via orale.


15 di 25 Domande

Giovanni, un uomo di 40 anni in stato di incoscienza, viene portato d’urgenza al pronto soccorso del Policlinico Careggi di Firenze, dopo aver ricevuto una ferita da arma da fuoco al torace durante una rapina. Il paziente sta sanguinando abbondantemente ed è poco reattivo agli stimoli dolorifici ed, essendo in stato di incoscienza, non è in grado di dare alcuna informazione circa la sua storia clinica. I parametri vitali indicano che la sua pressione arteriosa iniziale era di 120/70 mmhg, la frequenza cardiaca di 95 bpm/minuto e la frequenza respiratoria di 15 atti al minuto. Arrivato in pronto soccorso, però, i parametri vitali peggiorano: la P.A. è di 65/40 mmhg, la F.C. è di 125 bpm/minuto e la F.R. di 30 atti al minuto. Ha una ferita aperta da arma da fuoco sul torace con il foro di uscita del proiettile in corrispondenza della schiena. I medici del pronto soccorso somministrano immediatamente fluidi e vasopressori per via endovenosa e ci si prepara ad attuare una trasfusione massiva di sangue. Ma la compagna del paziente arriva di corsa in pronto soccorso e riferisce che il paziente non vorrebbe ricevere alcuna trasfusione di sangue, perché è un testimone di Geova. Però nessuna volontà è chiaramente dichiarata o scritta, né sono state trovate informazioni in merito nelle direttive preliminari ospedaliere, né il controllo dei suoi documenti mostra alcuna indicazione chiara di non voler ricevere trasfusioni di sangue. Come si deve procedere?














La risposta corretta è la B.

Questo paziente è un presunto testimone di Geova, che presenta uno shock emorragico. Poiché manca di capacità decisionale, i suoi conoscenti dovrebbero mostrare almeno un documento che stabilisca in maniera chiara le sue volontà, al fine di guidare le decisioni di trattamento (la maggior parte dei testimoni di Geova sono muniti di schede di direttive anticipate che documentano esplicitamente il rifiuto dell’individuo di una trasfusione di sangue). Nel caso dei pazienti adulti, i tribunali hanno sempre sostenuto il diritto di rifiutare la trasfusione di sangue per motivi religiosi. In questo caso, però, non viene fornita alcuna scheda di direttiva preventiva e un ritardo nel trattamento potrebbe causare gravi danni al paziente.


16 di 25 Domande

Un uomo, 70 anni, si reca dal suo medico di base, lamentando malessere generalizzato. Riferisce di soffrire di tosse secca, perdita di peso e dolore al braccio sinistro da circa tre mesi. Il paziente ha avuto circa 1 anno prima una polmonite acquisita in comunità, trattata a domicilio e guarita con successo. Inoltre, soffre anche di diabete mellito di tipo II ed ipertensione. Il paziente, ora in pensione, ha fatto un lavoro che lo ha portato spesso a fare viaggi internazionali. Ha fumato per circa 30 anni ed ha smesso 5 anni fa. Beve alcolici solo occasionalmente. I segni vitali sono normali, l’esame obiettivo è negativo. La RM torace effettuata pochi giorni prima della visita è mostrata di seguito. Quale delle seguenti cause è probabilmente responsabile dei sintomi di questo paziente?

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La risposta corretta è la B.

Sulla base dei reperti clinico-anamnestici e della TC del caso clinico, il paziente è verosimilmente affetto da tumore dell’apice polmonare (o tumore di Pancoast): infatti, l’imaging toracico mostra un tumore del solco polmonare superiore di sinistra. Tale tumore coinvolge una serie di strutture importanti, determinando caratteristicamente:

-dolore alla spalla (il sintomo più comune), dovuto alla compressione da parte del tumore del plesso brachiale, con conseguente parestesia, dolore e debolezza lungo il territorio di distribuzione del nervo ulnare;

-sindrome di Bernard-Horner (ptosi, miosi, enoftalmo ipsi-laterale ed anidrosi) a causa del coinvolgimento del tronco simpatico;

-coinvolgimento neurologico di C8-T2;

-debolezza e/o atrofia dei muscoli intrinseci della mano;

-dolore e parestesie del quarto e quinto dito, del braccio mediale e dell’avambraccio;

-ingrossamento dei linfonodi sovra-clavicolari;

-perdita di peso;

-raucedine per il coinvolgimento del nervo laringeo ricorrente;

-sindrome della vena cava superiore.


17 di 25 Domande

Scenario clinico AA128: Paride, un ragazzo di 25 anni, si reca presso il pronto soccorso dell’ospedale San Luigi di Genova, in seguito ad una caduta con la moto. Il giovane lamenta un dolore intenso a livello del polso e afferma di non riuscire a muoverlo. All’esame obiettivo il medico di guardia riscontra un notevole gonfiore e dolorabilità nella regione dorsale del polso. Domanda 1 (riferita allo scenario clinico AA128): quale è la diagnosi?

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Domanda 1 (riferita allo scenario clinico AA128.

La risposta corretta è la C.

Il paziente presenta rottura del legamento scafo-lunato, che si caratterizza per una diastasi fra lo scafoide ed il semilunare superiore a 3 mm sulla radiografia del polso-mano acquisita in PA e per una inclinazione dorsale del semilunato nella proiezione latero-laterale.

Per la valutazione di un’eventuale lesione ossea o legamentosa del polso si esegue il test di Kirk-Watson, che valuta un possibile danno al legamento scafo-lunato e la conseguente instabilità tra lo scafoide e il semilunare del polso. Oltre al test di Kirk-Watson, per ricercare una instabilità tra scafoide e semilunare, è possibile eseguire anche il test del ballottamento scafo-lunato, dove è possibile evocare il dolore, premendo sul tubercolo dello scafoide. Tutte le manovre semeiologiche vanno sempre eseguite bilateralmente, così da non attribuire una eventuale lassità articolare costituzionale ad una condizione patologica monolaterale di nuova insorgenza (ad es. post traumatica). Comunque, l’esame radiografico è l’esame diagnostico di scelta per la rapidità e la facilità di esecuzione.

La risposta A non è corretta.

La frattura di Colles è provocata da un arto iperesteso verso l’esterno, che cerca di parare una caduta. Si tratta di una frattura spostata e angolata dorsalmente a livello del radio distale e dello stiloide ulnare, che può essere tipicamente ridotta con una manipolazione chiusa.

La risposta B non è corretta.

Una frattura “a legno verde” è una lesione, in cui l’osso si piega, si creano delle crepe ma non si spezza completamente, ma solo per una parte del suo spessore, in quanto esso è prevalentemente cartilagineo.

La risposta D non è corretta.

Si parla di dito a martello, quando un dito, a seguito di un evento traumatico a carico della estremità, viene piegato improvvisamente verso il basso e si ha una lacerazione sottocutanea del tendine estensore a livello della sua inserzione sulla falange distale.

La risposta E non è corretta.

Il pollice dello sciatore è una deformità, determinata da una apertura forzata del pollice, causata da traumi o da una caduta sulla mano aperta. Tale alterazione deriva da una rottura del legamento collaterale ulnare dell’articolazione metacarpo-falangea del pollice.

Fonte Immagine:

AMA   Opreanu RC, Baulch M, Katranji A. Reduction and maintenance of scapholunate dissociation using the TwinFix screw. Eplasty. 2009;9: e7.
MLA   Opreanu, Razvan C et al. “Reduction and maintenance of scapholunate dissociation using the TwinFix screw” Eplasty vol. 9 (2009): e7.
APA   Opreanu, R. C., Baulch, M., & Katranji, A. (2009). Reduction and maintenance of scapholunate dissociation using the TwinFix screw. Eplasty, 9, e7.

18 di 25 Domande

Scenario clinico AA128: Paride, un ragazzo di 25 anni, si reca presso il pronto soccorso dell’ospedale San Luigi di Genova, in seguito ad una caduta con la moto. Il giovane lamenta un dolore intenso a livello del polso e afferma di non riuscire a muoverlo. All’esame obiettivo il medico di guardia riscontra un notevole gonfiore e dolorabilità nella regione dorsale del polso. Domanda 2 (riferita allo scenario clinico AA128): se la corretta anatomia non viene ripristinata il paziente andrà incontro ad una serie di sequele. A tal proposito quale tra le seguenti opzioni non è corretta?














Domanda 2 (riferita allo scenario clinico AA128).

La risposta corretta è la E.

Se la normale anatomia ed i fisiologici rapporti articolari non vengono ripristinati, il paziente manifesterà sempre dolore al polso, con associati scricchiolii articolari oltre che un’instabilità cronica del legamento scafo-lunato, che può portare ad una insorgenza prematura di osteoartrite degenerativa.

Le risposte A, B, C e D non sono corrette.

Tutte le restanti opzioni indicate sono affermazioni vere e corrette.


19 di 25 Domande

Scenario clinico AA128: Paride, un ragazzo di 25 anni, si reca presso il pronto soccorso dell’ospedale San Luigi di Genova, in seguito ad una caduta con la moto. Il giovane lamenta un dolore intenso a livello del polso e afferma di non riuscire a muoverlo. All’esame obiettivo il medico di guardia riscontra un notevole gonfiore e dolorabilità nella regione dorsale del polso. Domanda 3 (riferita allo scenario clinico AA128): quale delle seguenti affermazioni riguardanti l’osteoartrite è vera?














Domanda 3 (riferita allo scenario clinico AA128).

La risposta corretta è la A.

L’osteoartrite è una patologia degenerativa articolare, solitamente secondaria all’usura o a traumi. Coinvolge comunemente le articolazioni interfalangee (risposta A corretta) e carpo-metacarpale del pollice. In questa patologia ritroviamo la formazione di noduli, detti di Heberden e Bouchard, rispettivamente delle articolazioni interfalangee distali e prossimali. Inoltre, una distribuzione disomogenea si verifica nelle articolazioni metacarpo-falangee inter-carpali e del polso, solitamente correlate a traumi.

Le risposte B, C, D ed E non sono corrette.

Tutte le restanti opzioni indicate sono false.

 


20 di 25 Domande

Un ragazzo si sottopone ad una ecografia testicolare di controllo, perché scosso dalla morte di un suo caro amico per un tumore testicolare. Non ha disturbi né sintomatologia. Cosa si apprezza da questa ecografia testicolare allegata?

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La risposta corretta è la C.

Da questa immagine l’unico elemento di rilievo alterato è rappresentato da una cisti dell’epididimo di circa 1 cm di diametro, facilmente riconoscibile per la localizzazione a livello dell’epididimo, per le sue caratteristiche eco-strutturali, presentando un aspetto omogeneamente anecogeno, tipico delle formazioni a contenuto fluido semplice ed a margini netti e definiti.


21 di 25 Domande

Scenario clinico AA127: Il sig. Magistri, 45 anni, si reca presso il pronto soccorso dell’ospedale San Marco di Orvieto, presentando dolore intenso nella zona ano-rettale, associato a febbre. Domanda 1 (riferita allo scenario clinico AA127): quale delle seguenti affermazioni riguardanti la presentazione clinica di questo paziente è vera?

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Domanda 1 (riferita allo scenario clinico AA127).

La risposta corretta è la A.

L’ascesso perianale è una raccolta di materiale purulento. I tessuti intorno all’ano sono infiammati e fragili e pertanto l’ascesso, pian piano, può estendersi più in profondità, determinando un tramite fistoloso, che dalla linea dentata raggiunge gli spazi e le strutture vicine, quali: i muscoli (sfintere interno e sfintere esterno), lo spazio ischio-rettale, le strutture limitrofe o la cute esterna. Clinicamente determina un intenso dolore loco-regionale, associato a sensazione di fastidio, determinato dall’aumento della pressione all’interno della raccolta ascessuale: ci può essere un dolore pulsante e, se si tratta di un ascesso importante, allora può scatenare anche febbre elevata. Per il trattamento nella fase iniziale, possono essere somministrati degli antibiotici, ma una volta che un ascesso è formato, la loro utilità si limita solo a contenere l’infezione piuttosto che curarla e pertanto bisogna ricorrere al drenaggio e/o un trattamento chirurgico. Un ascesso superficiale di piccole dimensioni può essere trattato ambulatorialmente sotto anestesia locale, mentre uno più grande richiede l’ospedalizzazione ed il drenaggio in anestesia generale: gli ascessi perianali meritano attenzione nel trattamento per il rapporto che hanno con le strutture sfinteriche, perché un trattamento chirurgico, se non eseguito nella maniera più adeguata, rispettando l’anatomia, può generare una grave sequela, che è l’incontinenza.

Le risposte B, C, D ed E non sono corrette.

Tutte le restanti opzioni indicate sono false.

Fonte Immagine

AMA Doublali M, Chouaib A, Elfassi MJ, et al. Perianal abscesses due to ingested foreign bodies. J Emerg Trauma Shock. 2010;3(4):395-7.
MLA Doublali, Mbarek et al. “Perianal abscesses due to ingested foreign bodies” Journal of emergencies, trauma, and shock vol. 3,4 (2010): 395-7.
APA Doublali, M., Chouaib, A., Elfassi, M. J., Farih, M. H., Benjelloun, B., Agouri, Y., Zahid, F. Z., … Louchi, A. (2010). Perianal abscesses due to ingested foreign bodies. Journal of emergencies, trauma, and shock, 3(4), 395-7.

22 di 25 Domande

Scenario clinico AA127: Il sig. Magistri, 45 anni, si reca presso il pronto soccorso dell’ospedale San Marco di Orvieto, presentando dolore intenso nella zona ano-rettale, associato a febbre. Domanda 2 (riferita allo scenario clinico AA127): riguardo i sintomi e il trattamento di questa condizione, quale delle seguenti affermazioni è falsa?














Domanda 2 (riferita allo scenario clinico AA127).

La risposta corretta è la B.

Per il trattamento di un ascesso nella fase iniziale possono essere somministrati degli antibiotici, ma una volta che un ascesso è ben formato, la loro utilità si limita solo a contenere l’infezione, piuttosto che curarla e pertanto bisogna ricorrere al drenaggio e/o un trattamento chirurgico: gli antibiotici da soli non curano, ma possono controllare in parte la diffusione dell’infezione nel circolo sistemico e la febbre conseguente; pertanto affermare che il regime terapeutico pre-operatorio con antibiotici talvolta può curare in maniera risolutiva l’ascesso, scongiurando la necessità dell’intervento chirurgico, è un’affermazione falsa.

Le risposte A, C, D ed E non sono corrette.

Tutte le restanti opzioni indicate sono vere; infatti per il trattamento di un ascesso nella fase iniziale possono essere somministrati degli antibiotici, ma una volta che un ascesso è ben formato, la loro utilità si limita solo a contenere l’infezione, piuttosto che curarla e pertanto bisogna ricorrere al drenaggio e/o un trattamento chirurgico.

Un ascesso superficiale di piccole dimensioni può essere trattato ambulatorialmente sotto anestesia locale, mentre uno più grande richiede l’ospedalizzazione ed il drenaggio in anestesia generale: gli ascessi perianali meritano attenzione nel trattamento per il rapporto che hanno con le strutture sfinteriche, perché un trattamento chirurgico, se non eseguito nella maniera più adeguata, rispettando l’anatomia, può generare incontinenza.


23 di 25 Domande

Scenario clinico AA127: Il sig. Magistri, 45 anni, si reca presso il pronto soccorso dell’ospedale San Marco di Orvieto, presentando dolore intenso nella zona ano-rettale, associato a febbre. Domanda 3 (riferita allo scenario clinico AA27): le fistole sono associate a tutte le seguenti condizioni, tranne una:














Domanda 3 (riferita allo scenario clinico AA27).

La risposta corretta è la E.

Una fistola perianale è una lesione muco-cutanea, che origina solitamente in corrispondenza delle cripte anorettali, con presenza di tessuto di granulazione, caratterizzata da un tramite tubuliforme con due orifizi: uno a livello del canale anale e l’altro a livello della cute perianale. Le fistole si possono formare spontaneamente o più frequentemente sono secondarie al drenaggio di un ascesso perirettale, per infezione delle ghiandole anali. Il quadro clinico si caratterizza per intenso dolore e presenza di secrezione intermittente o continua, purulenta, ematica o di tipo misto.

La celiachia non rappresenta un fattore di rischio per lo sviluppo della fistola perianale.


24 di 25 Domande

Scenario clinico AA127: Il sig. Magistri, 45 anni, si reca presso il pronto soccorso dell’ospedale San Marco di Orvieto, presentando dolore intenso nella zona ano-rettale, associato a febbre. Domanda 4 (riferita allo scenario clinico AA127): quali delle seguenti affermazioni riguardanti la fistulotomia è falsa?














Domanda 4 (riferita allo scenario clinico AA127).

La risposta corretta è la A.

Una fistola di solito non guarisce spontaneamente e diversi sono i trattamenti a seconda delle dimensioni, lunghezza e profondità nel canale anale. La fistulotomia rappresenta il trattamento standard per fistole anali semplici, che presentano un basso rischio di complicanze di incontinenza, mentre per fistole trans-sfinteriche alte o più complesse, dove il rischio di incontinenza è più alto, a causa dell’incisione dei muscoli sfinterici, si prediligono altri approcci. La fistulotomia, comunque, solitamente viene eseguita sotto anestesia generale e consiste nella dissezione dell’intero tragitto fistoloso comprendendo alcuni millimetri di tessuto sano circostante. La ferita chirurgica viene lasciata aperta cosi che possa guarire per seconda intenzione. Tale processo richiede un po’ di tempo e non può essere accelerato. I pazienti devono essere osservati per un minimo di 6 mesi dopo la procedura per valutare la buona riuscita o meno del trattamento. Pertanto, l’esecuzione della fistulotomia sotto anestesia locale è falsa come affermazione.

Le risposte B, C, D ed E non sono corrette.

Tutte le restanti opzioni indicate riguardanti la fistulotomia sono vere.


25 di 25 Domande

Maurizio, 65 anni, si reca dal suo medico curante per astenia progressiva, insorta da circa 2 mesi, che gli impedisce persino di salire le scale. Ha avuto nelle settimane precedenti un rash sulla parte superiore del tronco e del viso, ma non ha mai avuto formicolio, intorpidimento, mal di testa, difficoltà a deglutire o incontinenza. Non assume farmaci. La sua T.C. è di 37.3ºC, la P.A. è di 140/85 mmHg e la F.C. è di 82 bpm/min. L’esame obiettivo è mostrato nell’immagine sottostante. Il dottore visitandolo riscontra una debolezza muscolare prossimale bilaterale, con riduzione dei riflessi tendinei profondi. Le analisi di laboratorio mostrano: Na + 138 mEq / L, Cl- 102 mEq / L, K + 4,4 mEq / L, HCO3- 25 mEq / L, creatina chinasi 30.000 ng / mL, anticorpi antinucleo positivo. Quale dei seguenti è il passo successivo più adatto nella gestione del caso?

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La risposta corretta è la A.

La dermatomiosite (DM) è una miopatia infiammatoria autoimmune. La DM presenta due picchi di maggiore incidenza fra i 5 e i 15 anni e dopo i 40 anni.

Il sospetto nasce nei pazienti con progressiva debolezza muscolare, in particolare quando riguarda la muscolatura prossimale (tipicamente difficoltà ad alzarsi da una sedia e difficoltà a salire le scale).

Dal punto di vista clinico ritroviamo il rash eliotropo (come si vede in questo paziente), le papule di Gottron, l’eruzione cutanea con una distribuzione a mantellina e l’eritroderma generalizzato.

Inoltre, possiamo riscontrare debolezza muscolare, infiammazione dei muscoli faringei, con disturbi della deglutizione, che giustificano il ricovero urgente presso strutture specializzate. Altri sintomi clinici (artralgie, palpitazioni) sono più rari. I livelli sierici di CPK e aldolasi di solito sono elevati e correlano con la gravità della malattia, ma possono sottostimare il grado di disfunzione muscolare.

Gli anticorpi anti-Jo1 sono gli autoanticorpi specifici più comuni nella diagnosi di miosite. Il passo successivo nella gestione del caso dovrebbe essere un elettromiografia, al fine anche di escludere altre cause di debolezza muscolare.

L’elettromiografia (EMG) rivelerà una maggiore irritabilità della membrana muscolare, mostrando una triade di alterazioni classiche, che comprendono:

  • una maggiore attività inserzionale con fibrillazioni spontanee;
  • bassa ampiezza dei picchi;
  • potenziali polifasici motori di breve durata con scariche ripetitive complesse.

Inoltre, talvolta si possono apprezzare anche potenziali d’azione ad alta frequenza.

La risposta B non è corretta.

La ciclosporina è un farmaco immunosoppressore, che agisce deprimendo l’attività del sistema immunitario. Utilizzato nella prevenzione delle reazioni di rigetto in seguito ad intervento di trapianto d’organo, può essere usato anche nella terapia di altri quadri patologici, come uveite, dermatomiosite, psoriasi e sindrome nefrosica, ma non rappresenta il passo successivo più appropriato in tale caso, perché una diagnosi definitiva deve essere fatta tramite l’esame bioptico cutaneo o muscolare.

La risposta C non è corretta.

Il prednisone è un corticosteroide sintetico, che agisce come immunosoppressore, andando a bloccare l’azione degli anticorpi incontrollati del nostro sistema immunitario. Esso, pertanto, rappresenta il farmaco iniziale di scelta per il trattamento della dermatomiosite, ma la diagnosi deve prima essere confermata, quindi non è la risposta corretta. La terapia con steroidi migliora la forza e preserva la funzione muscolare. 

La risposta D non è corretta.

La plasmaferesi terapeutica è una procedura medica, finalizzata ad eliminare gli elementi plasmatici dal sangue. Essa viene utilizzata nelle patologie autoimmuni rapidamente progressive, al fine di eliminare tutti gli elementi plasmatici tossici presenti (crioglobuline, anticorpi anti-membrana basale glomerulare, ecc.). La plasmaferesi, pertanto, è stata utilizzata nei casi di pericolo di vita nei pazienti con dermatomiosite/polimiosite, per i quali tutte le altre opzioni di trattamento hanno fallito. Questo paziente è, però, stabile.

La risposta E non è corretta.

Una biopsia muscolare fornisce una diagnosi definitiva e certa, tuttavia l’EMG viene di solito fatta prima per meglio caratterizzare e differenziare la debolezza muscolare.


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