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1 di 5 Domande

Scenario VV39S: Una donna di 28 anni in buone condizioni di salute vuole iniziare una terapia anticoncezionale con un estroprogestinico. Su consiglio del medico curante si sottopone a una dettagliata valutazione dei fattori di rischio pro-trombotici, in virtù del fatto che la madre, qualche anno prima, aveva avuto una tromboembolia polmonare. Gli esami risultano nei limiti di norma, fatta eccezione per la presenza di resistenza alla proteina C attivata. In quale delle seguenti proteine della coagulazione si verifica una mutazione tipicamente associata a tale dato di laboratorio?














La risposta corretta è la E.
La mutazione del fattore V di Von Leiden rende il fattore V della coagulazione, sia attivo che inattivo, insensibile alle azioni della proteina C attivata, un anticoagulante naturale. Di conseguenza, gli individui che ereditano la mutazione suddetta sono ad aumentato rischio di tromboembolia venosa. 
Il fattore V è un fattore procoagulante che amplifica la produzione di trombina, l'enzima centrale che converte il fibrinogeno in fibrina, che porta alla formazione dei coaguli. Il fattore V viene sintetizzato come un fattore inattivo che circola nel plasma e viene attivato da una piccola quantità di trombina nel sito di una ferita, il fattore così attivato, fattore Va, funge quindi da cofattore nel complesso protrombinasi, che scinde la protrombina per generare più trombina, in un ciclo di feedback positivo. La scissione del fattore procoagulante Va da parte della proteina C determina la degradazione del fattore stesso, mentre la scissione del fattore V da parte della proteina ne migliora la funzione: il fattore V con la mutazione di Von Leiden è insensibile a entrambe queste modificazioni perché manca il sito di clivaggio Arg506.

2 di 5 Domande

La malattia di Christmas:














La risposta corretta è la C.
La malattia di Christmas è una malattia meglio nota con il nome di emofilia B.
Quando si parla di emofilia ci si riferisce tipicamente ad una malattia emorragica ereditaria determinata dalla mancanza di specifici fattori della coagulazione; in particolare si riconoscono 3 tipi di sindromi emofiliache a seconda del fattore carente:
- Emofilia A: malattia recessiva legata all'X dovuta alla carenza ereditaria del fattore VIII:
- Emofilia B: malattia recessiva legata all'X determinata da un’insufficienza ereditaria del fattore IX;
- Emofilia C: malattia autosomica recessiva, chiamata anche sindrome di Rosenthal, dovuta alla carenza ereditaria del fattore XI.
L'emofilia grave è quasi esclusivamente una malattia dei maschi, anche se le femmine possono essere colpite in alcuni rari casi (ad esempio, eterozigosi composta, lyonizzazione distorta, perdita del cromosoma X). Al contrario, l'emofilia lieve è stata riportata in un quarto delle donne portatrici, che sono eterozigoti.
Le manifestazioni cliniche dell'emofilia si riferiscono a emorragie da emostasi alterata, sequele di sanguinamento o complicanze dell'infusione del fattore della coagulazione.

3 di 5 Domande

Quale tra le seguenti condizioni NON e' tra le possibili complicanze della policiremia vera?














La risposta corretta è la E.
La policitemia vera (PV) è una malattia mieloproliferativa acquisita, caratterizzata dall'aumento della massa dei globuli rossi, causato da una proliferazione incontrollata, spesso associata alla produzione incontrollata anche di globuli bianchi e piastrine. Il livello di eritropoietina è basso e la fosfatasi alcalina leucocitaria può essere aumentata. La policitemia vera è più frequentemente diagnosticata in persone tra i 60 e i 75 anni di età. I pazienti lamentano solitamente prurito soprattutto dopo un bagno caldo, pletora facciale e splenomegalia.      
Pertanto la policitemia primaria deve essere sospettata nei seguenti casi:
•con sintomi quali: rossore e prurito (soprattutto dopo una doccia calda), pletora facciale, stanchezza, vertigini;
•con segni quali: splenomegalia (risposta A errata), aumento dell'ematocrito e dell’emoglobina, trombocitosi, diminuzione dell’eritropoietina sierica ed aumento della fosfatasi alcalina leucocitaria;
•con livelli di EPO bassi (nella policitemia secondaria sono alti).
Tra le complicanze associate, troviamo: trombosi (risposta B errata) ed emorragie  (risposta D errata). Quindi, le infezioni gravi e spontanee non sono tra le possibili complicanze della policitemia vera.

4 di 5 Domande

Quale delle seguenti patologie può essere più frequentemente confusa con una leucemia linfoide acuta?














La risposta corretta e' la A
Il virus di Epstein-Barr è un herpesvirus umano che determina più frequentemente il quadro clinico di mononucleosi infettiva. Si tratta di una condizione caratterizzata da febbre, faringodinia, linfoadenopatia, linfocitosi e comparsa nel siero di anticorpi eterofili.
Spesso è asintomatica; se sintomatica, l’esordio della mononucleosi può essere brusco, ma è più spesso preceduto da alcuni giorni di febbricola, malessere, astenia, cefalea retrorbitaria. Nell’85% dei casi è presente faringodinia e si accompagna a importante ipertrofia tonsillare e a essudazione faringea.
La linfoadenopatia superficiale diffusa è presente in quasi tutti i casi; i linfonodi colpiti risultano dolenti alla palpazione anche superficiale, aumentati di dimensione, di consistenza soffice o duro-elastica, mobili sui piani sottostanti.
Più raramente possono presentarsi splenomegalia, epatomegalia, anemia emolitica autoimmune, complicanze neurologiche.
La mononucleosi infettiva spesso è messa in diagnosi differenziale con la leucemia linfatica acuta per il quadro clinico molto simile; tuttavia la LLA si associa a manifestazioni emorragiche, a grave anemia e leucopenia e a uno striscio di sangue periferico caratteristico.



5 di 5 Domande

Una donna di 65 anni e' riferita all'ematologo per astenia progressivamente ingravescente, febbre occasionale e perdita di peso di circa 10 kg negli ultimi sei mesi. All'emocromo: GB 21.200/mm , Hb 9.5 g/dL e PLT 100.000/mm . All'esame obiettivo si rileva splenomegalia palpabile a circa 6 cm dall'arcata costale. All'approfondimento diagnostico: - striscio di sangue venoso periferico: presenza di dacriociti e quadro leucoeritroblastico; - biopsia osteomidollare: midollo ipercellulare con iperplasia megacariocitaria e predominanza di precursori della linea mieloide associata a fibrosi reticolinica di grado 2. Blasti 1%; - analisi molecolare su granulociti del sangue periferico documenta la presenza della mutazione JAK2 V617F. Qual è la diagnosi piu' probabile?














La risposta corretta e' la E
La mielofibrosi primaria (MFP) è una malattia mieloproliferativa cronica caratterizzata da fibrosi midollare, presenza nel sangue periferico di elementi immaturi della linea granulocitaria ed eritroblastica e di dacriociti (emazie a lacrima).
Generalmente si manifesta con dispnea, astenia, palpitazioni, pallore, calo ponderale, sudorazione notturna, prurito soprattutto dopo l’esposizione all’acqua calda, dolorabilità in ipocondrio sinistro.
L’interessamento della milza e del fegato comporta epatosplenomegalia, spesso apprezzabile all’esame obiettivo.
Agli esami di laboratorio si possono osservare anemia (che può essere normocromica normocitica o ipocromica microcitica), piastrinopenia o trombocitosi, leucopenia.
Le alterazioni ematiche tipiche sono osservabili sullo striscio di sangue periferico, mentre all’aspirato midollare spesso si riscontra una punctio sicca o frustoli midollari ipercellulati e di aspetto fibrotico.
La BOM è indispensabile per la diagnosi poiché mette in evidenza la fibrosi midollare e in genere mostra anche un’ipercellularità che riguarda tutte le linee cellulari.
L’esame molecolare evidenzia la mutazione di Jak2 nel 50-60% dei casi; in una significativa percentuale di pazienti che non presenta la mutazione di Jak2 è presente la mutazione di CALR.



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