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1 di 5 Domande

Nei pazienti affetti da Leucemia Mieloide Cronica il cromosoma Philadelphia si riscontra piu' comunemente in:














La risposta corretta è la A.
La leucemia mieloide cronica è una patologia neoplastica che ha origine nel midollo osseo e che riguarda le cellule staminali, o blasti, cioè le cellule immature da cui avranno origine le componenti corpuscolate del sangue quindi i globuli rossi, i globuli bianchi e le piastrine. Vengono coinvolte tutte e tre le linee cellulari ematopoietiche. La Leucemia mieloide cronica è dovuta ad una alterazione cromosomica, di tipo acquisito, che porta alla formazione del cromosoma Philadelphia. Questo cromosoma ibrido è dovuto allo scambio di materiale genomico tra il cromosoma 9 e il cromosoma 22, per una traslocazione, con formazione del gene BCR/ABL1. Il gene neoformato codifica per una proteina, non presente normalmente, con attività tirosinchinasica, responsabile della proliferazione incontrollata di queste cellule staminali. La LMC ha un decorso clinico lento, nella maggior parte dei casi, e spesso asintomatico. La diagnosi può avvenire casualmente. Nei casi sintomatici, i pazienti possono manifestare dolori ossei, febbricola persistente, splenomegalia. La terapia d’elezione è rappresentata dagli inibitori della tirosin chinasi come l’imatinib. Il trapianto di cellule staminali viene considerato in caso di fallimento della terapia farmacologica.
Le risposte B, C, D ed E non sono corrette.
​​​​​​​La leucemia mieloide cronica è una forma neoplastica caratterizzata dalla proliferazione incontrollata delle cellule ematopoietiche. La mutazione cromosomica BCR/ABL può trovarsi sia in precursori immaturi che in cellule mature, in circolo.

2 di 5 Domande

Nella cascata della coagulazione, quale di questi fattori fa parte della via estrinseca?














La risposta corretta è la C.
L'emostasi è il processo di formazione di coaguli di sangue nella sede di una lesione vasale. Quando la parete di un vaso sanguigno viene interrotta, la risposta emostatica deve essere rapida, localizzata e attentamente regolata.
La formazione del coagulo di fibrina è stimolata dalla trombina e mentre la sua lisi è indotta dalla plasmina: quando questi due processi lavorano in modo coordinato, inizialmente viene deposto un coagulo per arrestare il sanguinamento mentre in seguito vi sarà l’eventuale lisi del coagulo e il rimodellamento del tessuto.
Sebbene il processo di coagulazione sia un insieme dinamico e altamente intrecciato di più processi, può essere visto come una successione di fasi, quali:
- Lesione endoteliale e formazione della piastrina, emostasi primaria;
- Propagazione del processo di coagulazione mediante la cascata della coagulazione, emostasi secondaria;
- Cessazione della coagulazione mediante meccanismi di controllo antitrombotici;
- Rimozione del coagulo per fibrinolisi.
Il processo di emostasi secondaria comporta la stabilizzazione del tappo piastrinico mediante l’apposizione di fibrina la cui attivazione si ha grazie all’attività integrata di due vie coagulative, la via intrinseca e quella estrinseca.
La via estrinseca è più rapida in quanto utilizza un numero minore di fattori coagulativi; essa si attiva quando l’endotelio lesionato espone il fattore tissutale che serve come cofattore per l’attivazione del fattore VII (VIIa). Il complesso TF-VIIa attiva il fattore X (Xa) e il fattore V.
Anche la via intrinseca culmina con l’attivazione del fattore X (Xa)

3 di 5 Domande

Quale dei seguenti segni clinici distingue la policitemia vera dalla trombocitemia essenziale?














La risposta corretta e' la C
La policitemia vera è un disordine mieloproliferativo cronico caratterizzato da un’alterazione clonale della cellula staminale con prevalente coinvolgimento dell’eritropoiesi e conseguente espansione della massa eritrocitaria con un aumento dell’emoglobina e dell’ematocrito.
I criteri OMS per la diagnosi di PV sono:
1) criteri maggiori:
- Hb > 18,5 g/dl nell’uomo e 16,5 g/dl nella donna o aumento dell’Hct > 99° percentile del range di riferimento per età, sesso o altitudine del luogo di residenza o aumento della massa > 25% del normale
- Presenza di mutazione Jak2V617F o di mutazione dell’esone 12;
2) criteri minori:
- mieloproliferazione delle tre linee cellulari all’esame istologico midollare
- livello di EPO sierica sotto il range di normalità
- crescita spontanea delle colonie eritroidi in vivo.
La trombocitemia essenziale è un disordine clonale della cellula staminale totipotente a prevalente differenziazione megacariocitaria, caratterizzata da tormbocitosi (>600000/mm3) e iperplasia megacariocitaria nel midollo.
I criteri OMS per la diagnosi di TE sono:
1) criteri maggiori:
- conta piastrinica > 450 x 109/L
- proliferazione di megacariociti maturi e di grandi dimensioni senza proliferazione di granulociti ed eritrociti
- assenza dei criteri OMS per la diagnosi di PV, MFP, LMC BCR-ABL positiva, sindrome mielodisplastica o altre neoplasie mieloidi
- presenza della mutazione Jak2V617F o di altri marcatori clonali o nessuna evidenza di trombocitosi reattiva.
Quindi ciò che differenzia la PV dalla TE è l’ematocrito, che risulta molto elevato nella PV.

4 di 5 Domande

Ad un uomo di 22 anni – con linfoma non-Hodgkin che inizia la chemioterapia – viene prescritto allopurinolo come profilassi di quale condizione?














La risposta corretta e' la C
Entro poche ore dalla somministrazione del trattamento chemioterapico in pazienti con tumori a cinetica elevata, come i linfomi non Hodgkin, si può verificare la sindrome da lisi tumorale (SLT), ovvero un complesso di segni, sintomi e alterazioni laboratoristiche conseguenti alla massiva e sincrona immissione in circolo di sostanze normalmente contenute nel compartimento intracellulare.
Da un punto di vista laboratoristico la SLT si caratterizza per almeno due tra: iperuricemia (> 8 mg/dL), iperpotassiemia (> 6 mEq/dL), iperfosforemia (> 4,5 mg/dL), ipocalcemia (< 7 mg/dL). Mentre, da un punto di vista clinico, le principali complicanze comprendono: insufficienza renale, aritmie cardiache, convulsioni, morte improvvisa.
Il trattamento più efficace della SLT è la prevenzione: i pazienti a rischio per tale complicanza devono essere sottoposti ad adeguata idratazione prima dell’inizio della chemioterapia, trattati con farmaci ipouricemizzanti anche in presenza di valori normali di uricemia e i livelli degli ioni plasmatici devono essere monitorati più volte al giorno, e prontamente corretti in caso compaiano squilibri elettroliti.
La prevenzione dell’iperuricemia e della nefropatia da iperuricemia prevede la somministrazione di allopurinolo a dosi di almeno 300 mg/m2/die; sebbene sia un farmaco efficace nel prevenire l’ulteriore sintesi di acido urico, il suo limite maggiore è legato all’incapacità di rimuovere quello già accumulato.



5 di 5 Domande

Quali elementi compongono la triade di Virchow?














La risposta corretta e' la C
La triade di Virchow definisce le tre principali alterazioni che predispongono alla formazione di un trombo e che sono lesione endoteliale, stasi o turbolenza del flusso ematico e ipercoagulabilità del sangue.
La lesione endoteliale è di particolare importanza nella formazione di trombi a livello del cuore e del circolo arterioso poiché la perdita della membrana superficiale dell’endotelio espone l’ECM subendoteliale che attiva le piastrine e porta alla liberazione di fattore tissutale e alla produzione locale di PGI2 e attivatori del plasminogeno. Tuttavia, per favorire lo sviluppo della trombosi non è necessario che l’endotelio sia fisicamente danneggiato, ma è sufficiente una qualsiasi alterazione dell’equilibrio pro- e antitrombotico.
Per quanto riguarda le alterazioni del flusso ematico, la turbolenza contribuisce alla trombosi arteriosa e cardiaca, mentre la stasi costituisce il fattore più importante nello sviluppo dei trombi venosi. Stasi e turbolenza promuovono l’attivazione dell’endotelio favorendo l’attività procoagulante, interrompono il flusso laminare portando le piastrine a contatto con l’endotelio e impediscono la rimozione e la diluizione dei fattori della coagulazione.
L’ipercoagulabilità contribuisce meno frequentemente allo sviluppo di stati trombotici; è generalmente definita come un’alterazione delle vie della coagulazione che predispone alla trombosi e può essere primaria (genetica) o acquisita (secondaria).

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