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1 di 5 Domande

Scenario clinico AA89: Il Sig. Cesteri, un uomo di 62 anni, si reca presso l’ambulatorio del proprio medico curante, il Dott. Fazzinelli, lamentando la presenza di una protrusione di color rosso vivo in regione anale. L’uomo riferisce che inizialmente tale protrusione si presentava in maniera incostante, con periodi di remissione, ma adesso è costantemente presente. All’anamnesi, inoltre, si palesano anche altri disturbi associati come dolore, stitichezza e senso di fastidio durante la defecazione. Domanda 1 (riferita allo scenario clinico AA19): quale delle seguenti affermazioni riguardante la presentazione clinica del paziente è vera?

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Domanda 1 (riferita allo scenario clinico AA89).

La risposta corretta è la C.

Il prolasso rettale è una condizione clinica, caratterizzata da una protrusione del retto attraverso il canale e l’orifizio anale: si parla di procidenza rettale quando il prolasso rettale è completo ed interessa tutto il retto. Si può verificare in tutte le condizioni che aumentano la pressione intra-addominale (come durante l’atto defecatorio o la deambulazione o la stazione eretta) o essere irriducibile costantemente. Dal punto di vista clinico i pazienti con prolasso rettale, oltre a presentare tale protrusione, evidenziano: disagio addominale e perineale, evacuazione incompleta, incontinenza a feci e muco, talvolta sanguinamento, mentre il dolore è incostante, a meno che non si verifichino complicazioni quali incarcerazione o ischemie. La diagnosi è clinica (per definire con esattezza il grado e la gravità del prolasso, il medico deve esaminare il paziente in piedi o in posizione genupettorale, chiedendogli di aumentare la pressione intra-addominale, ad esempio facendogli compiere uno sforzo defecatorio) e può essere confermata con una sigmoidoscopia, colonscopia o clisma opaco.

La risposta D non è corretta.

Un ascesso anorettale è una condizione clinica, caratterizzata da una raccolta localizzata di pus nello spazio perirettale. Dal punto di vista clinico si caratterizza per la presenza di fastidio loco-regionale, dolore e tumefazione perianale e talvolta, quando più grande, vi possono essere anche dei sintomi sistemici associati quali: febbre, brivido e malessere. La manifestazione mostrata non ha niente a che vedere con ascesso perianale.

La risposta E non è corretta.

Le emorroidi sono vene dilatate del plesso emorroidale nel canale anale. I sintomi comprendono l’irritazione e il sanguinamento. Le emorroidi trombizzate sono dolorose. Si dividono in esterne od interne, a seconda che sono localizzate al di sotto o al di sopra della linea dentata e sono ricoperte da epitelio squamoso o da mucosa rettale. Le emorroidi esterne possono trombizzarsi, determinando un quadro clinico, caratterizzato da una tumefazione dura e violacea, associata ad un intenso dolore e talvolta possono ulcerarsi, provocando piccole emorragie. La manifestazione mostrata non ha niente a che vedere con la malattia emorroidaria.

Fonte Immagine:

AMA Meher S. Complete rectal prolapse vs prolapsed hemorrhoids: points to ponder. Pan Afr Med J. 2016; 24:88. Published 2016 May 27. doi:10.11604/pamj.2016.24.88.9760
MLA Meher, Susanta. “Complete rectal prolapse vs prolapsed hemorrhoids: points to ponder” Pan African medical journal vol. 24 88. 27 May. 2016, doi:10.11604/pamj.2016.24.88.9760
APA Meher S. (2016). Complete rectal prolapse vs prolapsed hemorrhoids: points to ponder. The Pan African medical journal, 24, 88. doi:10.11604/pamj.2016.24.88.9760

2 di 5 Domande

Scenario clinico AA89: Il Sig. Cesteri, un uomo di 62 anni, si reca presso l’ambulatorio del proprio medico curante, il Dott. Fazzinelli, lamentando la presenza di una protrusione di color rosso vivo in regione anale. L’uomo riferisce che inizialmente tale protrusione si presentava in maniera incostante, con periodi di remissione, ma adesso è costantemente presente. All’anamnesi, inoltre, si palesano anche altri disturbi associati come dolore, stitichezza e senso di fastidio durante la defecazione. In un paziente anziano affetto dalla medesima condizione, e con possibili comorbilità, quale delle seguenti procedure chirurgiche dovrebbe essere eseguita?














Domanda 2 (riferita allo scenario clinico AA89).

La risposta corretta è la C.

Ci sono diverse procedure chirurgiche, che a seconda dell’approccio, possono essere suddivise in due filoni principali:

  • procedure con approcci perineali, che si pongono l’obiettivo di correggere il prolasso con una resezione del viscere;
  • procedure con approcci addominali, che si fondano sulla rettopessi.

L’intervento secondo Delorme è riservato a pazienti non candidabili ad alcuna procedura addominale, generalmente anziani, persone defedate e/o con pluri comorbidità importanti: tale procedura, che si segue mediante un approccio perineale-transanale, prevede l’asportazione della mucosa, del retto prolassato con sutura delle due estremità superiori ed inferiori della mucosa residua e plicatura della tonaca muscolare, al fine di riportare il retto nella sua posizione naturale.

Le risposte A, B e C non sono corrette.

Un approccio per via addominale o per via laparoscopica può essere indicato in pazienti selezionati: la maggior parte delle procedure chirurgiche prevede la resezione del tratto rettale prolassato, con successiva rettopessi della rimanente porzione rettale. L’approccio per via addominale è piuttosto invasivo, motivo per cui si stanno perfezionando le tecniche di resezione e rettopessi mediante un approccio laparoscopico minimamente invasivo.

La risposta E non è corretta.

La legatura elastica non rappresenta un intervento per il prolasso rettale.


3 di 5 Domande

Scenario clinico AA89: Il Sig. Cesteri, un uomo di 62 anni, si reca presso l’ambulatorio del proprio medico curante, il Dott. Fazzinelli, lamentando la presenza di una protrusione di color rosso vivo in regione anale. L’uomo riferisce che inizialmente tale protrusione si presentava in maniera incostante, con periodi di remissione, ma adesso è costantemente presente. All’anamnesi, inoltre, si palesano anche altri disturbi associati come dolore, stitichezza e senso di fastidio durante la defecazione.. Quale delle seguenti affermazioni riguardo il sanguinamento rettale è vera?














Domanda 3 (riferita allo scenario clinico AA89).

La risposta corretta è la B.

Si può riscontrare sangue e muco sulla biancheria intima solitamente in presenza delle seguenti condizioni:

  • emorroidi di terzo grado,
  • emorroidi di quarto grado,
  • prolasso rettale,
  • formazione polipomatosa.

Le risposte A ed E non sono corrette.

La presenza di sangue senza muco sulla biancheria intima può essere riscontrata solitamente in presenza delle seguenti condizioni:

  • ematoma perianale ulcerato,
  • carcinoma anale.

Le verruche e condilomi anali si riscontrano solitamente con la presenza di sangue rosso vivo, senza muco, sulla carta igienica.

La risposta C non è corretta.

La presenza di sangue rosso vivo sulla carta igienica può essere riscontrata solitamente in presenza delle seguenti condizioni:

  • emorroidi interne,
  • ragadi anali,
  • fistole perianali,
  • carcinoma anale o rettale basso,
  • verruche e condilomi anali,
  • malattia diverticolare.

La risposta D non è corretta.

La melena può essere riscontrata solitamente in presenza delle seguenti condizioni:

  • sanguinamento gastrointestinale della porzione superiore da: neoplasia (gastrica, duodenale, ecc.), ulcera peptica, varici esofagee, sindrome di Malory-Weiss, angiodisplasie vascolari, diverticolo di Meckel, gastrite, duodenite.

4 di 5 Domande

Scenario clinico AA89: Il Sig. Cesteri, un uomo di 62 anni, si reca presso l’ambulatorio del proprio medico curante, il Dott. Fazzinelli, lamentando la presenza di una protrusione di color rosso vivo in regione anale. L’uomo riferisce che inizialmente tale protrusione si presentava in maniera incostante, con periodi di remissione, ma adesso è costantemente presente. All’anamnesi, inoltre, si palesano anche altri disturbi associati come dolore, stitichezza e senso di fastidio durante la defecazione..Un’ altra paziente giunge all’osservazione del Dott. Fazzinelli con la seguente condizione (visibile nell’immagine sottostante), riferendo che “non è più in grado di riportare tale protrusione internamente”. Qual è il trattamento più appropriato per questa condizione?

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Domanda 4 (riferita allo scenario clinico AA89).

La risposta corretta è la D.

La malattia emorroidaria è una condizione benigna molto frequente e multifattoriale. Le emorroidi sono il risultato di una dilatazione venosa del plesso emorroidale in prossimità del canale anale. Si dividono in esterne od interne, a seconda se sono localizzate al di sotto o al di sopra della linea dentata e se sono ricoperte da epitelio squamoso o da mucosa rettale. Nelle persone che soffrono di questa malattia, si allargano e protrudono all’esterno, generando tumefazioni rosse, congeste, piene di sangue, spesso sanguinanti. Qualche volta si ulcerano, o si trombizzano, ma il sintomo più importante è il sanguinamento. Secondo la distinzione chirurgica si distinguono in quattro gradi:

  • grado I: sono ancora all’interno del canale ano-rettale, ma non protrudono al di fuori di esso;
  • grado II: sono sempre all’interno del canale ano-rettale, protrudono durante la defecazione, ma al termine si riducono spontaneamente;
  • grado III: necessitano di essere manualmente ridotte;
  • grado IV: sono irriducibili e si è verificato un vero e proprio prolasso.

Una delle complicanze più fastidiose per il paziente è la comparsa di un nodulo trombizzato, ovvero la formazione di un trombo nel contesto di un nodulo emorroidario, per lo più esterno.

Per quanto riguarda il trattamento per le forme avanzate, come nel caso presentato, si deve ricorrere alla emorroidectomia radicale, o intervento di Milligan-Morgan: tale intervento, però, deve garantire la presenza di ponti mucosi tra le aree sottoposte ad exeresi chirurgica, cosicché possa avvenire una normale riepitelizzazione. Diffuso è oggi l’intervento di Longo, che consente, mediante l’utilizzo di uno stapler, l’asportazione sia delle emorroidi sia del prolasso sopra di esse, eseguendo una sezione-sutura meccanica con clip al titanio, tra la mucosa al di sopra delle emorroidi e quella all’origine delle emorroidi. In questo modo parte dell’emorroide viene asportata e ciò che ne rimane viene ad essere localizzato nella parte più alta del canale anale dove, sotto la pressione del retto, si appiattisce, senza più dare sintomatologia.

Le risposte A, B ed E non sono corrette.

Per quanto riguarda il trattamento delle emorroidi di grado I o II, se sono ancora al di sopra della linea dentata, possono essere trattate con sistemi mininvasivi, tra cui:

  • la coagulazione a infrarossi, che comporta l’applicazione diretta di infrarossi ai tessuti emorroidali;
  • la scleroterapia che è utile per il trattamento dei pazienti con emorroidi interne sanguinanti di stadio I e II e dei pazienti trattati con anticoagulanti;
  • l’applicazione di corrente bipolare, luce laser o sonde a freddo per causare coagulazione e necrosi, che porta alla fibrosi nello strato sub-mucosale.

La risposta C non è corretta.

Per quanto riguarda il trattamento delle emorroidi di grado II o III può essere eseguita la legatura elastica per via proctoscopica con anello di neoprene.

Fonte Immagine:

AMA Spanos CP, Tsapas A, Abatzis-Papadopoulos M, Theodorakou E, Marakis GN. Medical student recognition of benign anorectal conditions: the effect of attending the outpatient colorectal clinic. BMC Surg. 2014; 14:95. Published 2014 Nov 19. doi: 10.1186/1471-2482-14-95
MLA Spanos, Constantine P et al. “Medical student recognition of benign anorectal conditions: the effect of attending the outpatient colorectal clinic” BMC surgery vol. 14 95. 19 Nov. 2014, doi:10.1186/1471-2482-14-95
APA Spanos, C. P., Tsapas, A., Abatzis-Papadopoulos, M., Theodorakou, E., & Marakis, G. N. (2014). Medical student recognition of benign anorectal conditions: the effect of attending the outpatient colorectal clinic. BMC surgery, 14, 95. doi: 10.1186/1471-2482-14-95

5 di 5 Domande

Scenario clinico AA86: Melania, una ragazza di 25 anni, si reca presso il reparto di dermatologia dell’ospedale San Benedetto di Roma. La giovane riferisce di essere preoccupata per una macchia scura localizzata a livello della coscia. Afferma, inoltre, di non averla mai notata in precedenza e che è comparsa improvvisamente. Dall’anamnesi emerge che la paziente si reca abbastanza frequentemente in un centro estetico per sottoporsi a sedute di lampade abbronzanti e che alla madre in passato è stato diagnosticato un melanoma. Domanda 1 (riferita allo scenario clinico AA86): Quale è la diagnosi iniziale più probabile?

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Domanda 1 (riferita allo scenario clinico AA86).

La risposta corretta è la D.

La lesione illustrata nella foto è un melanoma maligno, una lesione neoplastica, che ha origine dai melanociti presenti in una zona pigmentata. Il melanoma, che rappresenta il 4-5% di tutti i tumori maligni, ha una incidenza di 13 su 100.000, in evidente aumento, soprattutto nella razza caucasica. Ha un picco di incidenza tra i 30 ed i 50 anni, ma è relativamente frequente anche in età giovanile (non rari sono i pazienti con età inferiore a 20 anni). La sua genesi è multifattoriale, ma tra i fattori di rischio il principale risulta essere l’esposizione solare ai raggi ultravioletti di media intensità (UVB), con lunghezze d’onda subito inferiori a 320 nm. Esistono condizioni genetiche predisponenti, che comportano un maggiore rischio di sviluppare melanomi, quali lo xeroderma pigmentoso e la sindrome del nevo displastico. Altri fattori sono la scarsa pigmentazione cutanea, il fenotipo con pelle chiara, occhi chiari e capelli rossi o biondi, le scottature in età infantile, la presenza di numerosi nevi e/o displastici, l’assunzione di ormoni steroidei. Si distinguono 4 tipi principali:

  • melanoma a diffusione superficiale (rappresenta circa il 70% dei melanomi, essendo il più comune),
  • melanoma nodulare (il più aggressivo, rappresenta il 10-15% dei melanomi),
  • lentigo maligna,
  • melanoma acrale-lentigginoso.

Per il riconoscimento si utilizza il criterio ABCDE (che non è utile però per determinare la prognosi):

  • asimmetria nella forma;
  • bordi irregolari e indistinti;
  • colore variabile (ovvero con sfumature diverse all’interno del neo-stesso);
  • dimensioni (vengono considerati a rischio i nevi sopra i 6 mm di diametro);
  • evoluzione (quando, nell’arco di poche settimane o mesi si verificano modificazioni nella forma, nel colore, nelle dimensioni del nevo o quando la lesione cutanea diviene rilevata e palpabile).

Se il melanoma invade il derma, può dare metastasi ed in questo caso la prognosi è infausta (la prognosi dipende dalla profondità dell’invasione dermica).

La diagnosi di natura si esegue con l’esame clinico, la valutazione dell’aspetto macroscopico e con l’esame ad epiluminescenza. Per la diagnosi di estensione e, quindi, per la stadiazione del tumore si ricorre, invece, ad esami di primo livello, comprendenti, innanzitutto, la valutazione dell’estensione del melanoma e la valutazione dello stato linfonodale e in particolare del linfonodo sentinella, la radiografia del torace, l’ecografia addome per lo studio in particolare del fegato, la TC total body con mdc e la scintigrafia ossea.

Fonte Immagine:

AMA

Bristow IR, Bowling J. Dermoscopy as a technique for the early identification of foot melanoma. J Foot Ankle Res. 2009; 2:14. Published 2009 May 12. doi: 10.1186/1757-1146-2-14

MLA

Bristow, Ivan R and Jonathan Bowling. “Dermoscopy as a technique for the early identification of foot melanoma” Journal of foot and ankle research vol. 2 14. 12 May. 2009, doi: 10.1186/1757-1146-2-14

APA

Bristow, I. R., & Bowling, J. (2009). Dermoscopy as a technique for the early identification of foot melanoma. Journal of foot and ankle research, 2, 14. doi: 10.1186/1757-1146-2-14

La risposta A non è corretta.

Il carcinoma squamocellulare è un tumore maligno, che origina dai cheratinociti e invade il derma; solitamente si sviluppa in zone foto-esposte ed è il secondo tumore della pelle per diffusione. Le lesioni sono a forma di papula, placche squamose o noduli, di consistenza dura, che non generano un’area di avvallamento centrale, quando vengono compressi i margini. Localmente può avere un comportamento molto aggressivo. Può svilupparsi su tessuto sano, su una cheratosi attinica preesistente, oppure su una placca di leucoplachia orale, o su una cicatrice da ustione.

La risposta B non è corretta.

Il carcinoma basocellulare (basalioma) è la più diffusa neoplasia maligna cutanea. I carcinomi basocellulari derivano da cheratinociti vicini allo strato basale, che possono essere definiti cheratinociti basaloidi. Circa il 95% delle diagnosi vengono effettuate in individui di età compresa tra 40 e 80 anni di età. L’incidenza è circa del 30% più elevata negli uomini rispetto alle donne. Quasi il 90% di essi si sviluppa a livello della testa o del collo. Le zone maggiormente colpite sono il viso e il collo (70% dei casi), soprattutto il naso, la fronte, la regione periorbitaria, e la regione temporale; rari sono i casi a livello del tronco. Il principale fattore di rischio è l’esposizione prolungata ai raggi UV. Da un punto di visto istopatologico esistono 4 tipi di carcinoma basocellulare:

  • il tipo superficiale;
  • l’istotipo nodulare;
  • l’istotipo infiltrante;
  • l’istotipo piano-cicatriziale o sclerodermiforme.

La metastasi è rara, ma la crescita locale può essere molto distruttiva: generalmente rimane circoscritto al distretto anatomico, in cui ha avuto origine senza generare metastasi, ma può invadere le strutture circostanti, interessando nervi e ossa. La diagnosi viene formulata mediante biopsia. Il trattamento del carcinoma basocellulare varia in base alle dimensioni, agli strati cutanei interessati e alla localizzazione.

La risposta C non è corretta.

I nevi displastici sono dei nei atipici benigni, che possono somigliare ai melanomi. Benché la diagnosi di certezza è istologica e può essere difficile differenziare, soprattutto nelle fasi iniziali, un nevo displastico da un melanoma, si propende in tal caso verso questa ultima diagnosi in virtù dell’evoluzione piuttosto rapida della lesione e della sua localizzazione.

La risposta E non è corretta.

Il cheratoacantoma è una neoplasia benigna, che si manifesta come una lesione nodulariforme, normopigmentata, di consistenza dura, sollevata ed a margini solitamente netti e con una tipica depressione centrale, contenente materiale cheratinico.

 


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