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1 di 5 Domande

Il sig. Alati, 50 anni, si rivolge al dott. Mazzi, per una visita. Lamenta un problema di congestione nasale associato a rinorrea e tosse secca, che si presenta in maniera ricorrente. Ha utilizzato spesso farmaci antistaminici da banco con modesto beneficio, ma il disturbo continua a ripresentarsi frequentemente e perciò chiede se è il caso che assuma degli antibiotici. Il medico procede con la visita non riscontrando alterazioni della pressione arteriosa e della temperatura corporea e, nel frattempo, dialogando con il paziente, apprende che da bambino aveva sofferto di eczema. L’uomo nega patologie respiratorie, così come abitudini voluttuarie di fumo e alcool, ma attualmente lamenta solo difficoltà di concentrazione. All’esame obiettivo il Dott. Mazzi riscontra un solco nasale trasversale, turbinati pallidi ed ipertrofici con secrezione sierosa ed ipertrofia del tessuto linfatico faringeo. Il seno mascellare non è dolorabile ed all’auscultazione toracica si rileva un fisiologico murmure vescicolare. Qual è la terapia più idonea per il problema presentato dal paziente?














La risposta corretta è la B.

Il quadro presentato dal paziente è riferibile a rinite allergica, una sindrome nasale, indotta da allergeni, con una prevalenza nella popolazione generale stimata tra 10% e 20%.

Può manifestarsi stagionalmente o per tutto l’anno e gli allergeni scatenanti sono molto spesso di origine vegetale. I sintomi sono prurito al naso, agli occhi o alla bocca, starnuti, rinorrea, ostruzione nasale, ostruzione sinusale e tosse. I segni riscontrabili sono: edema congiuntivale, ipertrofia e pallore dei turbinati, piega allergica trasversale al di sopra del lobulo nasale. Il contatto con elevate concentrazioni di allergeni nei periodi stagionali di picco può portare a manifestazioni sistemiche più gravi, nei soggetti maggiormente sensibili, di tipo febbrile o neuropsichico come stanchezza, irritabilità.

La prevenzione consiste nell’evitare il contatto con gli allergeni responsabili (spesso impossibile da attuare per ovvie ragioni).

La terapia della rinite allergica si avvale di glucocorticoidi, dimostratisi efficaci, per uso topico intranasale (come mometasone e fluticasone), che danno sollievo entro poche ore dall’applicazione, ma i benefici maggiori si riscontrano dopo un trattamento prolungato per alcuni giorni o settimane. Antistaminici orali non sedativi per via sistemica (come loratadina e cetirizina) o per uso topico (come azelastina e cromoglicato) possono essere utili per ridurre i sintomi, ma sono meno efficaci dei glucocorticoidi.

La risposta A non è corretta.

Non ci sono evidenze cliniche suggestive di una condizione infettiva sostenuta da batteri; all’esame fisico non c’è dolorabilità dei seni paranasali o febbre a sostenere tale ipotesi, quindi la prescrizione di antibiotici non è appropriata.

La risposta C non è corretta.

Il processo infiammatorio della rinite allergica è in parte mediato da leucotrieni; i farmaci inibitori dei leucotrieni come montelukast possono essere utilizzati nella terapia sintomatica di questo disturbo oltre che nell’asma. Tuttavia, siccome meno efficaci dei glucocorticoidi, possono esser presi in considerazione in caso di effetti avversi, provocati da questi ultimi.

La risposta D non è corretta.

I beta-2-agonisti fungono da agonisti dei recettori beta 2 adrenergici della muscolatura liscia bronchiale, essendo così responsabili del suo rilassamento e della conseguente broncodilatazione; sono quindi indicati nella terapia dell’asma.

La risposta E non è corretta.

I decongestionanti nasali hanno un effetto terapeutico limitato alla capacità di indurre vasocostrizione con riduzione dell’edema della mucosa; tuttavia, se utilizzati per periodi prolungati, tra gli altri effetti indesiderati, possono causare rinite medicamentosa. Sono quindi da preferire i corticosteroidi.


2 di 5 Domande

La Giberti, una donna di mezza età, circa da 1 anno non presenta mestruazioni e soffre di vampate di calore intermittenti, che le disturbano il sonno; è spesso afflitta da emicrania, che si riduce con l’assunzione di paracetamolo. Si rivolge quindi alla dott.ssa Cataldi, medico ginecologo, chiedendo se è possibile effettuare una terapia ormonale sostitutiva (TOS), di cui le hanno parlato delle amiche. Nell’anamnesi riporta una torsione annessiale destra, trattata con ooforectomia in età giovanile; non riferisce allergie a farmaci, né altri eventi patologici di rilievo in passato. Quale tra le seguenti informazioni che si possono fornire alla paziente è corretta?














La risposta corretta è la B.

La terapia ormonale sostitutiva (TOS) consiste nella somministrazione di ormoni estrogeni (a volte in associazione con progestinici), che sostituiscono gli ormoni non più prodotti dall’ovaio con la menopausa. La menopausa, definita come assenza di mestruazioni da 1 anno, può manifestarsi con sintomi come vampate di calore, sudorazione notturna, dispareunia con secchezza vulvare, ansia e irritabilità. In passato si riteneva che la TOS offrisse diversi benefici per la salute della donna in post-menopausa; più recentemente attraverso studi prospettici randomizzati controllati è stato dimostrato che la TOS è correlata all’aumentato rischio di sviluppare cancro della mammella, infarti, tromboembolia venosa ed ictus. Il beneficio per la paziente presentata nel caso è la riduzione delle vampate di calore; quindi la loro prescrizione deve essere ben ponderata dal medico, in accordo con la paziente, valutandone l’effettiva necessità ed il rapporto rischio-beneficio.

La risposta A non è corretta.

Un’indagine condotta su circa 27.000 donne, denominata Women’s Health Initiative ha riportato un aumento del rischio di eventi cardiovascolari nelle donne sottoposte a TOS rispetto a quelle trattate con placebo. Tuttavia, sulla scorta dei dati ottenuti da altri RCT non è possibile affermare che la TOS può essere usata nella prevenzione delle malattie coronariche.

Le risposte C ed E non sono corrette.

Studi osservazionali hanno riportato un aumentato rischio di trombosi di solito nel primo anno d’impiego di TOS. Il rischio è dose-dipendente, aumenta con l’età, l’obesità, nelle donne fumatrici e con trombofilia. Nelle donne che assumono TOS si è riscontrato anche un’aumentata incidenza di ictus ischemici.

La risposta D non è corretta.

Gli estrogeni sono direttamente implicati nella crescita e nella progressione del tumore mammario, sia attraverso un’azione diretta sulle cellule, che mediante fattori di crescita, recettori ed oncogeni. Gli studi, condotti per ricercare correlazione tra TOS e lo sviluppo del carcinoma mammario, riportano che durante la terapia TOS con soli estrogeni l’aumento del rischio è minimo, mentre con l’associazione di estrogeni e progestinici il rischio è effettivamente aumentato. Quindi, prima della prescrizione di TOS è necessario avere a disposizione una mammografia, eseguita da non oltre 12 mesi, e, se si riscontra una densità mammaria aumentata, lo screening deve essere ripetuto entro 2 mesi dalla sospensione della TOS. È controindicata in soggetti con pregresso carcinoma mammario.


3 di 5 Domande

La signora Cardo, donna anziana affetta da diabete mellito di tipo II, viene portata al Pronto Soccorso a causa di un abbassamento con latero-deviazione della commessura labiale verso destra, comparsa da circa 12 ore e difficoltà nella deglutizione del cibo, con uno stato febbrile, che perdura da alcuni giorni. Viene visitata dal dott. Belotti, al quale la donna riferisce di avvertire dolore all’orecchio destro. Nega faringodinia, congestione nasale, tosse o dolore toracico. È affetta da ipertensione arteriosa e dislipidemia oltre che da diabete non gestito per scarsa compliance alla dieta e terapia da parte della paziente. Mediante esame otoscopico dell’orecchio destro si riscontra la presenza di materiale purulento maleodorante e tessuto di granulazione. La temperatura corporea è di 39°C. Tra i seguenti qual è l’agente patogeno piu’ probabilmente responsabile del disturbo?














La risposta corretta è la A.

La paziente è verosimilmente affetta da otite esterna maligna, una patologia infiammatoria del condotto uditivo esterno con evoluzione necrotizzante delle strutture uditive e dell’osso temporale, sostenuta principalmente da Pseudomonas Aeruginosa. L’otite esterna maligna colpisce principalmente soggetti immunocompromessi e anziani con patologia diabetica. Il quadro sintomatologico include forte otalgia, esacerbata durante la notte, associata a otorrea purulenta maleodorante, spesso ipoacusia e comparsa di tessuto di granulazione o osso esposto nel condotto uditivo. Quando l’infezione si estende fino alla base del cranio, può causare una paralisi del nervo facciale e dei nervi cranici inferiori (IX, X, o XI), condizione probabilmente sopraggiunta nel caso della sig.ra Cardo, che manifesta deviazione della rima labiale e difficoltà nella masticazione/deglutizione. La diagnosi si basa sulla TC o RM dell’osso temporale, che può mostrare un’opacizzazione mastoidea e un erosione di alcune aree ossee dell’orecchio medio. Il trattamento deve essere a base di antibiotici per via sistemica, efficaci contro p. aeruginosa, come la ciprofloxacina, mentre i trattamenti antimicrobici topici non hanno efficacia.

La risposta B non è corretta.

Il virus varicella-zoster può causare la sindrome di Ramsay Hunt tipo II, denominata anche herpes zoster oticus. Il virus si insedia a livello del ganglio genicolato. Provoca la paralisi del nervo facciale e la comparsa di vescicole nel canale uditivo e nel padiglione auricolare.

Le risposte C ed E non sono corrette.

L’agente patogeno più frequentemente responsabile dell’otite esterna maligna è pseudomonas aeruginosa; molto raramente è sostenuta da staphylococcus aureus o da aspergillus flavus e fumigatus.

La risposta D non è corretta.

I miceti, appartenenti al genere Rhizopus, sono dotati di scarsissima attivitĂ  patogena e si impiantano esclusivamente in soggetti gravemente compromessi nelle capacitĂ  di difesa (inclusi diabetici con scarso controllo della malattia).

Provocano mucormicosi generalmente di tipo rinocerebrale, che comporta lesioni necrotiche della mucosa nasale con progressiva estensione a setto nasale, palato e seni. I sintomi includono secrezione nasale purulenta, febbre e cellulite orbitale.


4 di 5 Domande

I genitori di Christian, un bambino in età prescolare, notano che il figlio da alcuni mesi si presenta affaticato, si ferma spesso quando passeggia e nel camminare tende a poggiarsi sulla gamba sinistra; riscontrano anche febbre intermittente, che si risolve spontaneamente e frequenti episodi di epistassi. Decidono quindi di portarlo dalla dott.ssa Fraticelli, pediatra di libera scelta; che, dopo aver ascoltato le informazioni fornite dai genitori, procede all’esame obiettivo del bambino e rileva linfoadenopatia laterocervicale e alla palpazione dell’addome epatomegalia e splenomegalia. Vengono richiesti esami ematici che riportano 27.000/mm3 leucociti, 8,9 g/dL di emoglobina e piastrinopenia. Il percorso diagnostico prosegue con la biopsia osteomidollare, che evidenzia aumentata cellularità con prevalenza di linfoblasti. Sulla scorta delle informazioni fornite è possibile risalire alla diagnosi; delle affermazioni seguenti soltanto una è vera riferibile alla patologia diagnosticata. Quale?














La risposta corretta è la B.

La biopsia osteomidollare effettuata su Christian offre dei dati compatibili con la diagnosi di leucemia linfoblastica acuta (LLA), una patologia ematologica, dovuta all’incontrollata proliferazione di una cellula progenitrice emopoietica anormalmente differenziata, che porta a un numero elevato di blasti circolanti, alla sostituzione del midollo normale da parte di cellule maligne e a volte alla infiltrazione leucemica del sistema nervoso centrale e degli organi addominali.

Il picco di incidenza si riscontra nei bambini di età compresa tra 2 e 5 anni e negli adulti oltre i 45 anni, ma può insorgere in qualunque età. I bambini con sindrome di Down presentano un rischio più elevato di sviluppare tale patologia e si è anche visto che hanno una più alta incidenza cumulativa di recidiva a 8 anni; questi, inoltre, presentano una mortalità aumentata correlata al trattamento della LLA, rispetto ai soggetti con LLA non portatori di trisomia 21. L’anemia di Fanconi e l’atassia-teleangectasia costituiscono delle condizioni, in cui si verifica LLA con più frequenza.

La risposta A non è corretta.

La terapia antineoplastica chemioterapica con daunorubicina, L-asparaginasi, vincristina, prednisone consente di ottenere buoni risultati nei bambini affetti da LLA con un tasso di sopravvivenza stimato del 75%; diversamente, gli adulti hanno un tasso di sopravvivenza minore (tra il 35% e il 40%).

La risposta D non è corretta.

Nel 95% dei casi di LLA l’immuno-fenotipizzazione rileva deossinucleotidil-transferasi terminale, un enzima espresso nelle cellule pre-B e pre-T. Un sottoinsieme presenta positività citogenetica al cromosoma Philadelphia (circa il 20% dei casi), dovuto alla traslocazione dei cromosomi 9 e 22, correlata ad una cattiva prognosi. Per questi pazienti è disponibile il trattamento imatinib mesilato.

La risposta C non è corretta.

La sindrome da lisi tumorale acuta è caratterizzata da un liberazione repentina di elementi intracellulari a livello ematico come conseguenza della lisi massiva delle cellule neoplastiche; può essere spontanea o indotta da trattamenti chemio e/o radioterapici. È una situazione di emergenza che può verificarsi in tutti i pazienti oncologici ed in questo caso determinato dalla lisi di cellule leucemiche.

La risposta E non è corretta.

Il SNC in particolare le meningi sono una sede importante di infiltrazione leucemica; la profilassi e il trattamento possono comprendere metotrexato per via intratecale, citarabina e corticosteroidi. In genere vengono somministrati dopo rachicentesi, utile ad escludere metastasi del SNC.


5 di 5 Domande

Un uomo di 58 anni presenta arresto da fibrillazione ventricolare (VF); si è riusciti a ristabilire il ritmo sinusale alla terza scarica elettrica e la sua P.A. è di 110/70 mmHg. È un fumatore con significativa malattia vascolare periferica, angina stabile e ha subito un innesto di bypass femorale-popliteo il giorno precedente. Un elettrocardiogramma post-arresto (ECG) è allegato. Quale è l’arteria responsabile del quadro?

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La risposta corretta è la C.
In base ai reperti clinico-anamnestici e all’elettrocardiogramma, sono probabilmente interessate sia la arteria discendente anteriore sinistra che quella circonflessa: infatti, l’ECG mostra caratteristiche tipiche dello STEMI anterolaterale.

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