Simulazione

Cliccando in alto a destra sul pulsante 2 è possibile "Consegnare", "Salvare e Interrompere", "Salvare e Continuare" il compito.

1 di 5 Domande

La Signora Crisci, 60 anni, in menopausa, si reca presso l’ambulatorio del suo medico curante, il Dott. Zeni, riferendo che da circa 1 mese ha un’ematuria indolore. Lavora come parrucchiere, beve molti caffè al giorno ed è una ex fumatrice. L’esame obiettivo risulta nella norma. Quale dei seguenti esami sarebbe meglio effettuare per arrivare ad una diagnosi?














La risposta corretta è la D.

L’ematuria è un segno clinico che si caratterizza per la presenza di eritrociti nelle urine; si può distinguere una ematuria macroscopica (con un’urina francamente ematica) o microscopica (con un’urina di colore solo lievissimamente alterato).

Un’ematuria senza una causa apparente in un soggetto oltre i 40 anni d’età, senza altri reperti patologici induce a considerare come ipotesi più probabile quella di cancro della vescica fino a prova contraria.

La paziente, inoltre, presenta anche numerosi fattori di rischio che fanno sospettare tale patologia, come la sua storia di fumo, l’esposizione a sostanze tossiche per tinture (vista la professione) e l’uso consistente di caffè.

La cistoscopia è la metodica di scelta per la diagnosi e la stadiazione del cancro della vescica: un cistoscopio viene inserito nella vescica, in modo tale che qualsiasi tumore può essere bioptizzato e resecato.

La risposta A non è corretta.

Il dosaggio della CPK è il test più importante per la valutazione di un quadro di sospetta rabdomiolisi, condizione caratterizzata dalla rottura delle cellule del muscolo striato con conseguente rilascio nel sangue delle sostanze in esse contenute. Il quadro clinico della paziente non è correlabile a rabdomiolisi, data l’assenza di dolore o una storia di traumi recenti.

La risposta B non è corretta.

L’ecografia può essere utile nella valutazione delle porzioni superiori delle vie urinarie, come lo studio del parenchima renale o idronefrosi, tuttavia non è in grado di determinare l’eventuale grado di infiltrazione di una lesione neoplastica e non è utile nella diagnosi di cancro della vescica.

La risposta C non è corretta.

La TC pelvica non è né sensibile né specifica per la diagnosi del cancro della vescica, tuttavia si rende necessaria come metodica di imaging, se la diagnosi di cancro vescicale venisse confermata alla cistoscopia.

La risposta E non è corretta.

L’urinocoltura può aiutare a stabilire se vi è un’infezione alla base dell’ematuria; tuttavia, la mancanza di piuria, febbre e dolore rende poco probabile tale ipotesi in questo caso.


2 di 5 Domande

Il Sig. Deli, 40 anni, HIV+, viene portato da alcuni amici presso il pronto soccorso del Policlinico di Foggia, lamentando da circa 15 giorni tosse secca, febbre e dispnea sotto sforzo. Non assume farmaci e non ha allergie. Non ha una storia di infezioni opportunistiche precedenti. La sua T.C. è di 38.7ºC, la P.A. è di 125/70 mmHg, la F.C. è di 115 bpm/min e la F.R. è di 25 atti/min. Il Dott. Brodi del PS riscontra crepitii respiratori bilateralmente in corrispondenza dei campi polmonari superiori. Viene effettuata una radiografia del torace, che mostra la presenza bilateralmente di diffusi infiltrati interstiziali. La sua conta dei linfociti T CD4 + è di 122/mm3, l’emogas-analisi mostra un pH di 7.39, pCO2 35 mm Hg e pO2 77 mmHg in aria ambiente. Quale terapia farmacologica è più appropriata?














La risposta corretta è la A.

Questo paziente ha una polmonite da P. jiroveci (o P. Carinii), una causa frequente di polmonite nei pazienti immunodepressi, in particolare nei soggetti HIV positivi. Il sospetto di tale condizione è plausibile nei pazienti affetti da HIV, che hanno una conta CD4 + <200 cellule / mL.

Tale patologia può essere classificata, in base ai valori dell’emogas-analisi, come moderata se pO2>70 mm Hg e gradiente alveolo-arterioso dell’ossigeno <35 mmHg o grave se pO2 <70 mm Hg e/o gradiente alveolo-arterioso dell’ossigeno > 35 mm Hg. Come è evidente dalle analisi di laboratorio il paziente del caso è affetto da una forma lieve, per cui la terapia con trimetoprim-sulfametossazolo (TMP-SMX) per os è raccomandata come terapia di prima linea. Questo paziente deve anche ricevere la terapia antiretrovirale (HAART), a causa della sua bassa conta di CD4 +. Le potenziali complicanze di tale terapia includono le interazioni farmacologiche e la sindrome infiammatoria da ricostituzione immunitaria: tuttavia studi recenti hanno dimostrato che i benefici di un inizio precoce della terapia HAART superano i rischi.

La risposta B non è corretta.

TMP-SMX endovena e prednisone orale è il trattamento di prima linea per i pazienti che hanno una polmonite da P. jiroveci grave.

La risposta C non è corretta.

La pentamidina è un antibiotico inibitore della sintesi degli acidi nucleici; è indicata nei soggetti con infezione da HIV con polmonite da Pneumocystis jiroveci, in caso di intolleranza al trimetoprim sulfametossazolo (terapia di scelta) o che non abbiano risposto a questo farmaco.

La risposta D non è corretta.

La somministrazione di TMP-SMX per os da sola non rappresenta un regime terapeutico appropriato. Un ritardo nell’impostazione di una terapia HAART in pazienti con polmonite da P. jiroveci danneggia il paziente, a meno che non ci sono altre controindicazioni, questo paziente dovrebbe iniziare la terapia HAART entro 15 giorni.

La risposta E non è corretta.

Il dapsone orale è un antibatterico antimetabolita, che inibisce la sintesi batterica dell’acido diidrofolico tramite competizione con l’acido paraminobenzoico nel sito attivo della diidropteroato sintetasi, inibendo quindi la sintesi dei folati: questo meccanismo d’azione è simile ai sulfamidici. Il dapsone è una terapia alternativa per i pazienti allergici al TMP-SMX.


3 di 5 Domande

Mario, 4 anni, viene portato dai genitori presso l’ambulatorio del Dott. Fusco, per un dolore all’orecchio sinistro. Ha avuto una rinorrea la settimana prima e febbricola. Sembra avere problemi dell’udito in quanto continua a girare la testa verso destra quando viene chiamato e si tocca spesso l’orecchio sinistro. Il bambino ha effettuato tutte le vaccinazioni consigliate e da poco ha iniziato l’asilo. La sua T.C. è di 38,3ºC, la P.A. è di 115/62 mm Hg e la F.C. è di 113 bpm/min. Si riscontra all’esame otoscopico un rigonfiamento ed eritema della membrana timpanica sinistra, che è immobile ed estremamente dolorosa all’insufflazione pneumatica. Invece, la membrana timpanica destra, il canale uditivo, ed entrambi i padiglioni auricolari appaiono normali. La sua mucosa nasale appare leggermente iperemica ed è presente rinorrea. I seni mascellari e frontali sono non dolenti. Qual è la diagnosi più probabile in questo paziente?














La risposta corretta è la D.

La presentazione clinica di questo paziente è compatibile con l’otite media acuta. L’otite media è un’infezione batterica o virale dell’orecchio medio, che in genere accompagna un’infezione delle alte vie respiratorie. È una condizione estremamente comune nei bambini dai 6 ai 36 mesi di età, dato che le tube di Eustachio sono corte e possono facilmente intasarsi di secrezioni purulente. Soprattutto nei bambini è presente otalgia, eritema e/o mobilità limitata della membrana timpanica, spesso accompagnata da sintomi sistemici, quali febbre, nausea, vomito e diarrea. La diagnosi si basa sull’otoscopia con ridotta mobilità e edema della membrana timpanica all’insufflazione pneumatica.

Ma la presentazione clinica di questa paziente è più coerente con otite media acuta, innescata probabilmente da un’infezione virale delle vie respiratorie superiori (come la congestione nasale che contribuisce all’infiammazione delle tube di Eustachio, secrezioni nell’orecchio medio, ed infezione della membrana timpanica). 

L’eritema della membrana timpanica e la febbre sono anche reperti flogistici comuni in tale quadro, benché aspecifici.

La risposta A non è corretta.

L’otite esterna è un’infezione acuta, ad eziologia genericamente batterica (lo Pseudomonas è l’agente eziologico più comune), che coinvolge il condotto uditivo esterno. Si verifica, spesso, dopo il nuoto in fonti d’acqua esterne, a causa della macerazione della pelle ed il passaggio di batteri gram-negativi nel condotto uditivo. L’otite esterna può verificarsi negli adulti, ma è più comune nei bambini e negli adolescenti. Il quadro clinico si caratterizza per dolore, secrezione, ipoacusia (se il condotto uditivo è edematoso e stenotico e la manovra di trazione del padiglione auricolare provoca intenso dolore), reperti non presenti in questo caso clinico.

La diagnosi è otomicroscopica e la terapia consiste nella pulizia del condotto uditivo e nella somministrazione a livello topico di antibiotici, corticosteroidi e acido acetico, anche combinati fra loro.

La risposta B non è corretta.

La miringite bollosa rappresenta una rara complicanza dell’otite media acuta, che consiste nella infiammazione del timpano e della cute adiacente con formazione di bolle sierose o ematiche. Sono caratteristiche le emorragie sottocutanee di tipo petecchiale, che si sviluppano in corrispondenza delle basi delle bolle. L’assenza di bolle timpaniche all’esame otoscopico esclude questa diagnosi.

La risposta C non è corretta.

L’otite media cronica suppurativa è la conseguenza di un’infezione persistente o ricorrente dell’orecchio medio, che di solito si associa alla perforazione timpanica ed alla presenza di secrezione purulenta irregolare. Rappresenta un problema pediatrico comune, in cui i sintomi tipici sono: la perdita di udito, la perforazione della membrana timpanica ed otorrea per più di 6 settimane. Essa può essere distinta da un’otite media acuta per la mancanza di febbre e dolore alle orecchie, nonché per la durata prolungata dei sintomi.

La risposta E non è corretta.

L’ otite media con secrezione può essere distinta dall’otite media acuta per la mancanza di segni flogistici acuti (ad esempio febbre e edema della membrana timpanica). I bambini che recuperano dall’otite media acuta hanno spesso secrezioni persistenti per settimane, ma non richiedono un trattamento antibiotico.


4 di 5 Domande

Mara, una giovane madre di 25 anni, si reca presso il pediatra di suo figlio Mirko, bambino di 20 mesi, per una visita di routine. La madre riferisce al Dott. Zini che il bambino circa 10 giorni prima è tornato a casa a causa di un occhio rosso, ma nessuno degli altri bambini sembrano presentare lo stesso disturbo. Il Dott. Zini visitandolo rivela segni vitali normali, curve di crescita appropriati per altezza e peso, ma riscontra che ha un riflesso bianco nell’occhio sinistro senza evidenza di secrezioni. Quale dei seguenti è l’iter più appropriato in tal caso?














La risposta corretta è la C.

La leucocoria (un riflesso bianco nella pupilla) in un bambino solleva il sospetto di retinoblastoma, un tumore che origina dalla retina immatura, che è responsabile di circa il 2% di tutte le neoplasie maligne infantili (soprattutto nei bambini con età inferiore ai 2 anni). Il quadro clinico si caratterizza per la presenza di leucocoria, strabismo e talvolta deficit visivo. Se la leucocoria è unilaterale e di nuova insorgenza, bisogna sospettare la diagnosi di retinoblastoma fino a prova contraria. Questo tumore è così mortale che la diagnosi e il trattamento immediato sono di importanza fondamentale. Il primo passo è una consulenza oftalmologica urgente: gli occhi vengono esaminati in dilatazione pupillare, rivelando una massa retinica bianco-grigio con una consistenza morbida e friabile.  Dopo l’esame oftalmologico una TC o una RM encefalica può essere eseguita per effettuare una stadiazione della malattia, mentre invece non è indicato effettuare una biopsia, perché potrebbe determinare un seeding del tumore. 

Il trattamento consiste nell’enucleazione, radioterapia esterna, crioterapia o fotocoagulazione laser. Dopo aver determinato la presenza e l’entità del tumore, deve essere programmato un intervento chirurgico oftalmologico urgente.

La risposta E non è corretta.

Se il riflesso bianco è bilaterale e presente alla nascita, è più probabilmente di natura congenita. Se il riflesso bianco è unilaterale o insorto dopo la nascita, è più probabile maligno.

Le risposte A, B e D non sono corrette.

Ignorare il reperto anomalo riscontrato e mandare il bambino a semplice follow-up, potrebbe rivelarsi letale, come la consulenza genetica per la ricerca di elementi di albinismo in famiglia o prescrivere una terapia antibiotica per un’inesistente infezione agli occhi.

 


5 di 5 Domande

Quale delle seguenti misure sarebbe più efficace nel ridurre la trasmissione di E. coli O157:H7 durante un’epidemia di diarrea causata da questo organismo?














La risposta corretta è la B.

L’Escherichia Coli è una delle numerose specie batteriche di cui è composta la normale flora intestinale: è un batterio appartenente alla famiglia degli enterobatteri, gram-negativo, asporigeno, mobile per ciglia peritriche, catalasi positivo e ossidasi negativo. I diversi ceppi possono essere classificati sulla base di tre principali antigeni di superficie: somatico (antigene O), flagellare (antigene H), capsulare (antigene K). Nell’ambito della specie sono presenti diversi ceppi, dotati di fattori di virulenza e associati a ben definite patologie sia intestinali che extra-intestinali:

  • Coli enterotossigeno (acronimo ETEC);
  • Coli enteroinvasivo (EIEC);
  • Coli enteropatogeno (EPEC);
  • Coli enteroaderente (EAEC);
  • Coli produttore di verotossine (VTEC);
  • Coli enteroemorragico (EHEC, ceppi enteroemorragici sono un sottogruppo dei VTEC).
  1. coli O157:H7 fu descritto per la prima volta nel 1982 negli USA come causa nel corso di una indagine su focolai di diarrea emorragica, associati al consumo di hamburger in ristoranti appartenenti alla stessa catena di fast-food. Siccome, i bovini sono un importante serbatoio di Escherichia coli O157:H7 e la carne contaminata è la fonte più comune di contaminazione ed infezione, la carne cruda deve essere separata dagli alimenti cotti e pronti al consumo e le mani dovrebbero essere lavate sempre ed accuratamente dopo averla manipolata.

Dopo 3-4 giorni dall’ingestione del cibo contaminato, si hanno crampi addominali e solitamente dopo altri 1-2 giorni si sviluppa diarrea emorragica senza febbre.

La patologia si risolve nel 95% dei casi, invece, si può esitare nel 5% dei casi in una sindrome emolitico-uremica (questa condizione può determinare morte, proteinuria, IRC o guarigione).

Per la diagnosi è importante la coprocoltura e il test fecale rapido per la tossina Shiga. Il caposaldo della terapia è il supporto: gli antibiotici non sono indicati di routine e i pazienti dovrebbero essere istruiti sull’igiene personale.

Le risposte A, C, D ed E non sono corrette.

Tutte le opzioni indicate non rappresentano misure efficaci nel prevenire e ridurre la trasmissione di tale infezione.


Consegna il compito!


Tempo Rimasto 5 minuti!

Dottore, non aggiorni questa pagina prima del completamento della correzione.
Clicchi su "Consegna il Compito" per ottenere la correzione del compito.

consegna v3 il compito