Dal 1861 al 1876 il nascente Regno è presieduto da un governo di destra. I primi provvedimenti sono volti ad arginare il problema del brigantaggio che colpisce il meridione, la stabilizzazione dei confini dello Stato pontificio, il ritiro delle truppe francesi da Roma e lo spostamento della capitale del Regno da Torino a Firenze. Dal 19 giugno al 12 agosto 1886 si intraprende la terza guerra di indipendenza. L’Italia stringe alleanza con la Prussia contro l’Austria. Con la Pace di Vienna del 3 ottobre il Veneto viene ceduto all’Italia. Nella penisola Garibaldi tenta una liberazione di Roma provocando un’insurrezione e nell’ottobre 1867, a Mentana, subisce una sconfitta. Il 20 settembre 1870, agli ordini del generale Raffaello Cadorna, il corpo di spedizione italiano entra in Roma attraverso la Breccia di Porta Pia. L’epiSodio sancisce l’annessione di Roma al Regno d’Italia, decretando la fine dello Stato Pontificio e del potere temporale dei Papi. Nel 1876 sale al potere la Sinistra con il governo di Agostino Depretis. In questi anni si giunge a garantire l’istruzione elementare obbligatoria laica e gratuita, l’ampliamento del suffragio e l’abolizione della tassa sul macinato. Nel 1882 si assiste a una svolta moderata, con la fase del Trasformismo, caratterizzata da una politica interna protezionistica. Nello stesso anno l’Italia sottoscrive la Triplice Alleanza con Germania e Austria. Al governo Depretis, nel 1887, segue quello di Crispi. Egli attua una riforma amministrativa dello Stato che prevede l’abolizione della pena di morte e il diritto allo sciopero. In politica estera viene rafforzata la Triplice Alleanza, sancito il Trattato di Uccialli tra l’Italia e l’Etiopia e nel 1890 si giunge alla colonizzazione di Eritrea e Somalia. Il successivo Ministero Giolitti, 1892-1893, è improntato su ideali democratici nella convinzione che possano favorire lo sviluppo economico e culturale del Paese. Tale direzione subisce un arresto nel 1893 con il secondo Ministero Crispi il quale sostiene una politica autoritaria e repressiva specialmente nei confronti dei moti di protesta in Sicilia e Lunigiana. Gli ultimi anni del secolo sono un periodo difficile per il Regno d’Italia. Nel 1896, con la Pace di Addis Abeba, l’Italia rinuncia all’Abissinia. In seguito ai rincari nel Paese scoppiano una serie di rivolte. Il Ministero Pelloux, 1898-1900, interviene limitando la libertà di stampa e di associazione. Il 29 luglio 1900, durante il governo Saracco, il re Umberto I viene ucciso a Monza. Il nuovo re, Vittorio Emanuele III, si dimostra più attento ai mutamenti che coinvolgono la nazione, inaugurando un corso politico decisamente più democratico. Egli chiama al governo Giuseppe Zanardelli, sostituito nel 1903 da Giovanni Giolitti. Il programma politico giolittiano comprende numerose riforme. In campo sociale avvia provvedimenti che limitano lo sfruttamento del lavoro minorile e nel 1912 viene varato il suffragio universale. Nella sfera politica compie un avvicinamento ai socialisti riformisti e nel 1913, con il patto Gentiloni, si raggiunge un accordo tra Stato e Chiesa. In questi anni l’Italia vive un periodo di fioritura economica, vengono ultimate infrastrutture e raddoppiata la produzione industriale, con un conseguente miglioramento delle condizioni di vita. Il meridione tuttavia deve affrontare una serie di difficoltà che impediscono il rapido sviluppo. Giolitti per la prima volta affronta la questione del Mezzogiorno con un complesso di leggi speciali e di aiuti economici in vista di una riabilitazione delle aree più arretrate. Nell’ambito della politica estera si assiste a un miglioramento dei rapporti con la Francia. L’Italia ottiene la possibilità di espandersi in Libia e lascia il Marocco alla Francia. In questo periodo in Italia si sviluppa un sentimento nazionalista di rivalsa. Nel 1910 nasce l’Associazione nazionalista italiana che sostiene fortemente l’espansione in terra africana. Il Paese si risolve dunque ad inviare un contingente in Libia incontrando le resistenze turche. Nel 1912 si conclude la Pace di Losanna che sancisce il protettorato italiano sulla Libia. L’operazione ha un costo molto elevato e non produce consistenti vantaggi economici. Il governo viene dunque messo in discussione, nel 1914 Giolitti rassegna le proprie dimissioni e al suo posto sale il liberal conservatore Antonio Salandra. Le tensioni sociali tuttavia crescono e sfociano nella “settimana rossa”, nelle Marche e in Romagna scoppiano violente rivolte.