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1 di 15 Domande

Quale complicanza clinica NON si riscontra nell'IRC terminale?














La risposta corretta è la B

Nell’IRC terminale non si riscontra come complicanza l’artrite. La malattia renale cronica è classificata in 5 stadi: Stadio 1: velocità di filtrazione glomerulare normale (?90 mL/min/1,73 m²) con albuminuria persistente o malattia renale strutturale o ereditaria; Stadio 2: 60-89 mL/min/1,73 m²; Stadio 3a: 45-59 mL/min/1,73 m²; Stadio 3b: 30-44 mL/min/1,73 m²; Stadio 4: 15-29 mL/min/1,73 m²; Stadio 5: <15 mL/min/1,73 m². La velocità di filtrazione glomerulare può essere stimata tramite l’equazione CKD-EPI: 141 × (creatinina sierica)^-1,209 × 0,993^età, moltiplicata per 1,018 se donna e 1,159 se afroamericano (1,1799 per donne afroamericane). Questo calcolo è poco accurato negli anziani sedentari, obesi o molto magri. In alternativa, si può usare l’equazione di Cockcroft-Gault per stimare la clearance della creatinina, che tende a sovrastimare del 10-40%. Le complicanze comprendono quelle neurologiche (neuropatia periferica), ematologiche (anemia da ridotta produzione di eritropoietina), scheletriche (osteodistrofia, risposte C-D-E errate) e pericardite nel 20% dei pazienti con insufficienza renale (risposta A errata).


2 di 15 Domande

Nella brucellosi acuta qual e' il titolo minimo per la diagnosi:














La risposta corretta è la C.

La brucellosi (nota anche come "febbre ondulante", "febbre mediterranea" o "febbre maltese") è un’infezione zoonotica trasmessa all’uomo da animali infetti (bovini, ovini, caprini, cammelli, suini o altri) attraverso l’ingestione di prodotti alimentari non pastorizzati, in particolare lattiero-caseari, oppure per contatto diretto con tessuti o fluidi contaminati. Va sospettata in pazienti con febbre, malessere, sudorazione notturna e artralgie in presenza di esposizione epidemiologica significativa, come consumo di prodotti caseari non pastorizzati, contatto con animali in aree endemiche o esposizione professionale. Una diagnosi presuntiva può essere formulata sulla base di:

  • titolo anticorpale totale anti-Brucella ?1:160 mediante test di agglutinazione in provetta standard su siero prelevato dopo l’insorgenza dei sintomi;
  • rilevazione del DNA di Brucella in un campione clinico tramite reazione a catena della polimerasi (PCR).

3 di 15 Domande

In figura è rappresentato uno schema della sequenza genica che costituisce l’operone Lac (sequenza genica che regola la produzione delle lattasi) dei procarioti. Si tratta di una sequenza regolatrice che determina la produzione di lattasi, quando?

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La risposta corretta è la B

La domanda chiede quando l’operone lac, sequenza regolatrice della produzione di lattasi, induce l’espressione: la risposta corretta è “Quando è presente lattosio nel mezzo di coltura”. Nel sistema lac dei procarioti, in assenza di lattosio il repressore LacI si lega all’operatore e impedisce all’RNA polimerasi di trascrivere i geni lacZYA; quando è presente lattosio, una parte viene isomerizzata in allolattosio che funge da induttore legandosi a LacI, causandone il distacco dall’operatore e consentendo l’avvio della trascrizione, inclusa la sintesi di ?-galattosidasi (lattasi). L’espressione è massima se il glucosio è basso perché il complesso cAMP-CAP facilita il reclutamento dell’RNA polimerasi, ma la condizione chiave che rimuove la repressione è la presenza di lattosio. In sintesi, il lattosio segnala alla cellula di esprimere gli enzimi necessari al suo metabolismo attivando l’operone lac.


4 di 15 Domande

Un bambino di 2 anni di origine africana si presenta con tumefazioni dolorose della mani e piedi. Dati di laboratorio mettono in evidenza una emoglobina di 9g/dl, una conta dei globuli bianchi di 11500/mm3 ed una conta delle piastrine di 250000/mm3. Quale dei seguenti esami di laboratorio dara' supporto alla tua diagnosi?














La risposta corretta è la B

Il quadro clinico descritto è compatibile con anemia falciforme o drepanocitosi, un’emoglobinopatia caratterizzata dalla produzione di catene globiniche quantitativamente normali ma qualitativamente alterate. La causa della deformazione dei globuli rossi è una sostituzione amminoacidica (Glu ? Val) che favorisce l’aggregazione delle molecole di Hb con formazione di polimeri simili a pali nel citoplasma eritrocitario. La polimerizzazione, che avviene soprattutto nello stato deossigenato, determina deformazione e la caratteristica forma a falce dei globuli rossi. Questa condizione provoca squilibri che riducono elasticità e vitalità cellulare. I globuli rossi danneggiati rappresentano il principale trigger delle crisi vaso-occlusive, responsabili di fenomeni infartuali a livello del microcircolo, che spesso si manifestano con tumefazioni dolorose di mani e piedi. La prima manifestazione clinica è l’emolisi cronica con pallore, subittero o ittero, astenia, litiasi della colecisti e segni della deplezione di ossido nitrico. A livello arterioso si osserva diatesi trombotica per disfunzione endoteliale. L’emolisi cronica rappresenta uno stato di equilibrio, interrotto più o meno frequentemente da crisi vaso-occlusive. Tra le manifestazioni vaso-occlusive, tipica è l’ostruzione dei vasi retinici, che porta a cecità parziale o totale e determina cicatrici corio-retiniche, una delle manifestazioni retiniche più comuni e patognomoniche dell’anemia falciforme. Dal punto di vista laboratoristico, si osserva riduzione dell’Hb; la diagnosi è confermata da striscio periferico, test di solubilità ed elettroforesi dell’emoglobina, che evidenzia le anomalie strutturali.


5 di 15 Domande

Il Sig. Versici, un uomo di circa 70 anni, si reca presso l’ ambulatorio del proprio medico curante, Il Dott. Mancini, per un fastidio al polso destro. Anamnesi patologica prossima: lamenta dolore al polso destro da circa due giorni.

Anamnesi patologica prossima: positiva per due interventi di chirurgia sostitutiva dell'anca, due precedenti episodi di gotta in entrambe le prime articolazioni metatarso-falangee ed ipertensione. Esame obiettivo: il Dott. Mancini visitandolo riscontra la presenza di rossore e gonfiore sul versante dorsale del polso. La sintomatologia dolorosa viene esacerbata da movimenti di flesso-estensione completi. Gli vengono prescritti 80 mg di aspirina al giorno. Due giorni dopo il gonfiore però è aumentato sul versante dorsale del polso ed a livello della mano. La flessione del polso risulta limitata dell' 80% con dolore severo, pertanto il Sig. Versici si reca nuovamente presso l’ ambulatorio del Dott. Mancini, che rivisitandolo nota che evoca un dolore sordo alla palpazione dello scafoide e pertanto nel sospetto di frattura gli prescrive un esame radiografico del polso/mano. Esami strumentali-laboratoristici: evidenza di alterazioni riconducibili ad un quadro di artrite gottosa. Quale tipo di citochine sono coinvolte in questo processo?

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La risposta corretta è la C.

La flogosi è un meccanismo di difesa di tipo aspecifico: risponde all’agente lesivo di tipo fisico-meccanico, radiazioni, batteri o sostanze chimiche. È quindi la risposta al danno tissutale ed è un processo reattivo (diverso dalla necrosi che è regressiva), aspecifico (contro tutto ciò che causa danno), stereotipato (stessi meccanismi principali a prescindere dalla causa, con vie diverse secondo lo stimolo), e procede indipendentemente dalla causa (una volta innescato, continua anche se lo stimolo è rimosso). Nella fase acuta si ha aumento del flusso ematico e della permeabilità vascolare, con accumulo di fluidi, leucociti e mediatori come le citochine. Vari fattori solubili favoriscono il reclutamento dei leucociti aumentando l’espressione di molecole di adesione e di fattori chemiotattici. Le citochine chiave sono IL-1, TNF-?, IL-6, IL-8 e altre chemochine; IL-1 e TNF-? sono particolarmente potenti, inducono febbre promuovendo la sintesi di PGE2 nell’endotelio ipotalamico. L’IL-1 è prodotta da macrofagi, neutrofili, cellule endoteliali ed epiteliali: a basse concentrazioni induce adesione leucocitaria, ad alte induce febbre e proteine di fase acuta. Diversamente dal TNF-?, non causa da sola shock settico. Inoltre stimola i mastociti al rilascio di istamina, con vasodilatazione precoce e aumento della permeabilità.

Durante l’infiammazione avvengono: (1) modificazioni di flusso e calibro vascolare con aumento del flusso sanguigno, (2) modificazioni del microcircolo e formazione dell’essudato, (3) richiamo chemiotattico dei leucociti, (4) fagocitosi. Dopo lo stimolo lesivo si ha vasocostrizione transitoria seguita da vasodilatazione intensa (iperemia attiva, responsabile di rubor e calor). Successivamente si verifica rallentamento della circolazione (iperemia passiva o stasi), dovuto ad aumentata permeabilità capillare con essudazione proteica e aumento della viscosità ematica. Il modello tipico dell’infiammazione acuta comprende: alterazioni di flusso e calibro, iperemia attiva e passiva, permeabilizzazione endoteliale con essudato, migrazione leucocitaria e chemiotassi, fagocitosi.

La chemiotassi è movimento orientato lungo un gradiente chimico; gli stimoli possono essere esogeni (prodotti batterici) o endogeni (complemento, leucotrieni, citochine). Durante la stasi i neutrofili si dispongono lungo l’endotelio (marginazione). Segue l’adesione: i leucociti rotolano con legami labili, poi aderiscono stabilmente formando la “pavimentazione”. Successivamente attraversano l’endotelio (diapedesi) e migrano verso lo stimolo. L’endotelio normalmente è continuo e liscio, ma nell’infiammazione aumenta la permeabilità ed esprime molecole di adesione preformate (es. P-selectina dai corpi di Weibel-Palade).

Le principali molecole di adesione sono: selectine (E sull’endotelio, P sull’endotelio in infiammazione, L sui leucociti, legano zuccheri); immunoglobuline (ICAM-1 e VCAM-1, interagiscono con integrine leucocitarie, le ICAM-1 si legano alle integrine ?2); VCAM-2 proprie dell’endotelio; integrine (già presenti sui leucociti, ma con bassa affinità: aumentano l’avidità a seguito di stimoli chemiokinici e dell’induzione di ICAM/VCAM-1). Le citochine IL-1 e TNF inducono fortemente la sintesi di ICAM-1 e VCAM-2, molecole implicate nei legami forti, la cui espressione richiede più tempo.


6 di 15 Domande

Il Sig. Mariani, un uomo di 78 anni si reca presso il PS del Policlinico Torvergata di Roma, a causa di un episodio di dispnea acuta. Anamnesi patologica prossima: lamenta comparsa di episodi di tosse produttiva, gonfiore degli arti inferiori e dei piedi, astenia, che perdurano da 3 settimane. Inoltre, da due mesi a questa parte, si sono presentate crisi di dispnea da sforzo ingravescente. Anamnesi patologica remota: una decina di anni prima è stato sottoposto ad un intervento di chirurgia sostitutiva per impianto di protesi valvolare di suino, a causa di un rigurgito della valvola mitrale di grado severo. Il paziente è affetto da coronaropatia, diabete mellito di tipo 2 ed ipertensione. Anamnesi fisiologica: ha fumato per 55 anni un pacchetto di sigarette al giorno e abitualmente beve una birra al giorno. Anamnesi farmacologica Attualmente prende diversi farmaci tra cui cardioaspirina, simvastatina, ramipril, metoprololo, metformina e idroclorotiazide. Esame obiettivo: si presenta dall’ aspetto pallido. L’ uomo è alto 181 cm e pesa 128 kg, con una BMI di circa 41 kg/m2. Ha una temperatura corporea di 37.3 °C , frequenza respiratoria di 23 atti/min, frequenza cardiaca di 97 bpm, e pressione arteriosa di 148/95 mm Hg. All’ auscultazione del torace si riscontra la presenza di rantoli alle basi polmonari bilateralmente. L’ esame obiettivo del cuore rivela la presenza di un battito apicale dislocato lateralmente e la presenza, a livello dell’ apice, di un soffio diastolico 3/6 di intensità decrescente. Inoltre si osserva la presenza di edemi improntabili bilateralmente a livello dei piedi e delle caviglie. Il resto dell’ esame obiettivo non mostra altre anomalie. Quale tra le seguenti è la causa più probabile dei sintomi di questo paziente?

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La risposta D è corretta.

Il paziente circa 10 anni fa si era sottoposto a un intervento di sostituzione protesica con impianto di protesi valvolare suina per severo rigurgito mitralico. Il trattamento di una valvulopatia, a meno che non sia di grado medio-elevato e clinicamente significativa, richiede solo un controllo periodico, mentre l’intervento chirurgico è indicato in presenza di una lesione moderata o grave responsabile di sintomi e/o disfunzione cardiaca. Le opzioni vanno dalla valvuloplastica alla riparazione fino alla sostituzione, che può essere effettuata con protesi meccaniche (preferite nei pazienti <65 anni o con lunga aspettativa di vita, ma richiedono anticoagulazione cronica con warfarin per prevenire tromboembolismo) o biologiche (suine o bovine, più soggette a deterioramento sclero-fibrotico, con durata media 10-15 anni). Una complicanza possibile delle protesi biologiche è l’ostruzione/stenosi o il rigurgito, entrambi responsabili di scompenso cardiaco.

L’endocardite infettiva insorge in presenza di una predisposizione endocardica (patologie congenite, reumatiche, valvole bicuspidi calcifiche, prolasso mitralico, cardiomiopatia ipertrofica, precedente endocardite). Fattori predisponenti sono protesi valvolari, tossicodipendenza, diabete, uso cronico di anticoagulanti o steroidi, età avanzata. Agenti più comuni sono streptococchi e stafilococchi (80-90%), seguiti da enterococchi e microrganismi HACEK. Clinicamente si manifesta con febbre, nuovo soffio o modifica di un soffio preesistente, può causare scompenso cardiaco e, all’ecocardiogramma, vegetazioni. Segni caratteristici: petecchie congiuntivali, macchie di Roth, lesioni di Janeway, nodi di Osler, emorragie subungueali a scheggia. La diagnosi si basa sui criteri di Duke (diagnosi rigettata, possibile o certa). In assenza di emocolture disponibili, e senza rischio per MRSA, la terapia empirica si effettua con un ?-lattamico + amminoglicoside. Sebbene questo paziente presenti soffio e segni di scompenso, non ha febbre né criteri di Duke: l’endocardite è improbabile (risposta A errata).

La BPCO è una malattia polmonare cronica non reversibile, con ostruzione bronchiale persistente (VEMS/CVF <0,7), spesso correlata a fumo e caratterizzata da progressione, riacutizzazioni infettive, dispnea, tosse produttiva cronica, tachipnea, cianosi e ipertensione polmonare nelle fasi avanzate. All’auscultazione: respiro sibilante e fase espiratoria prolungata. Nonostante il paziente sia fumatore con tosse, i sintomi durano solo da 3 settimane e non vi sono segni obiettivi di ostruzione: la diagnosi di BPCO è errata (risposta B errata).

La polmonite è un’infiammazione acuta polmonare (batterica, virale, fungina, parassitaria) diagnosticata con RX torace e reperti clinici. Può essere comunitaria (più spesso da Streptococcus pneumoniae, Mycoplasma pneumoniae) o nosocomiale. Clinicamente: febbre, tosse, dispnea, astenia, ipossia; nella forma tipica: esordio acuto con febbre, tosse produttiva, crepitii e rumori bronchiali; nella forma atipica: esordio graduale con tosse secca, dispnea e pochi segni obiettivi. È indicato esame colturale di sangue/escreato. Questo paziente presenta tosse produttiva ma non febbre, e all’auscultazione rantoli basali bilaterali: più compatibili con scompenso cardiaco che con polmonite (risposta C errata).

L’embolia polmonare è occlusione di arterie polmonari da trombi (arti inferiori/pelvi). Presentazione acuta con sintomi aspecifici: dolore toracico pleuritico, tosse, sincope, dispnea, arresto cardiorespiratorio nei casi gravi; segni: tachipnea, tachicardia, ipotensione. Fattori di rischio: immobilizzazione, trombofilie, gravidanza, chirurgia recente. In questo paziente tosse e dispnea possono mimarla, ma anamnesi negativa per immobilizzazione e presenza di stenosi mitralica con edemi declivi bilaterali fanno propendere per scompenso cardiaco congestizio piuttosto che embolia polmonare (risposta E errata).


7 di 15 Domande

Il Sig. Verci, un uomo di circa 60 anni si reca, presso l’ ambulatorio del proprio medico curante, il Dott. Briga, per dispnea. Anamnesi patologica prossima: lamenta una dispnea ingravescente da circa un mese. Inizialmente era in grado di salire 3 rampe di scale fino al suo appartamento, ma ora necessita di effettuare numerose pause per recuperare il fiato. Non lamenta dolore al petto. Anamnesi patologica remota: l'uomo è affetto da cardiopatia reumatica e diabete mellito di tipo 2. Anamnesi fisiologica: è emigrato dall'India circa 20 anni prima. Anamnesi farmacologica: assume carvedilolo, torasemide e insulina. Esame obiettivo: il Dott. Briga visita il Sig. Verci riscontrando una temperatura corporea di 37.2 °C, una frequenza cardiaca di 74 bpm, una frequenza respiratoria di 19 atti/min ed una pressione arteriosa di 135/80 mm Hg. La pulsossimetria mostra una saturazione d'ossigeno del 96% in aria ambiente. L'auscultazione del torace rivela la presenza di crepitii alle basi polmonari bilateralmente. All’ auscultazione cardiaca si riscontra la presenza di un soffio d'apertura seguito da un soffio diastolico di bassa tonalità , a livello del quanto spazio intercostale di sinistra in corrispondenza della linea medio-claveare. Esami strumentali-laboratoristici: il Dott. Briga decide di far eseguire una radiografia del torace al Sig. Verci, che mostra una dilatazione dell'atrio di sinistra, con stiramento del margine cardiaco di sinistra, ed un’ aumentata trama vascolare. Quale tra i seguenti rappresenta l'intervento di prima scelta per migliorare la sintomatologia del paziente?

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La risposta corretta è la D.

La malattia reumatica è la causa più frequente di stenosi mitralica non complicata. È caratterizzata da fibrosi, calcificazione dei lembi valvolari e parziale fusione delle commissure, con conseguente riduzione dell’ostio valvolare (normalmente 4-6 cm²) fino a valori <1 cm². A causa di questo restringimento, l’unico modo per garantire il passaggio di sangue dall’atrio sinistro al ventricolo sinistro durante la diastole è aumentare le pressioni atriali. Questo incremento si trasmette a monte, con aumento della pressione nelle vene e nei capillari polmonari: ecco la causa della dispnea. Se le pressioni aumentano ulteriormente, soprattutto acutamente, può verificarsi la trasudazione di liquido negli alveoli con conseguente edema polmonare. Il nostro paziente all’auscultazione presenta anche crepitii basali bilaterali. Il gradiente diastolico transvalvolare è proporzionale al grado di stenosi ed è sensibile ad aumenti di portata e frequenza cardiaca: maggiore la portata/frequenza, maggiore il gradiente. Per questo un soggetto asintomatico a riposo può diventare sintomatico anche per sforzi lievi. L’evoluzione della stenosi mitralica è rappresentata dallo sviluppo di ipertensione polmonare arteriosa, secondaria a quella venosa, che provoca vasocostrizione arteriolare inizialmente funzionale e reversibile, successivamente irreversibile per ipertrofia della tonaca media e fibrosi dell’intima. Le elevate resistenze arteriolari del circolo polmonare causano sovraccarico pressorio del ventricolo destro con dilatazione, ipertrofia, disfunzione contrattile e segni di scompenso destro e bassa gittata. Nell’insufficienza mitralica, invece, la pressione atriale sinistra, molto più bassa di quella aortica, fa sì che il sangue refluisca in atrio già durante la contrazione isometrica ventricolare. Nell’insufficienza mitralica cronica l’atrio sinistro si adatta dilatandosi, per cui la pressione a monte non aumenta significativamente; nell’insufficienza acuta, invece, l’atrio non ha tempo di adattarsi e subisce un brusco aumento pressorio con ripercussioni sulla pressione venosa polmonare. Il ventricolo sinistro, sottoposto a sovraccarico di volume, si dilata: inizialmente la frazione di eiezione rimane conservata, poi si riduce progressivamente perché il rigurgito in atrio riduce il volume sistolico effettivo. Una frazione di eiezione <60% è indicativa di compromissione ventricolare sinistra. Nel nostro paziente, per segni, sintomi e reperti auscultatori, è probabile un coinvolgimento valvolare mitralico, in particolare stenosi o steno-insufficienza. L’intervento di scelta, nella stenosi mitralica clinicamente significativa (area ?1,5 cm²) o sintomatica, e nei pazienti con controindicazioni alla chirurgia, è la valvuloplastica percutanea con palloncino: una “dilatazione controllata” eseguita con un palloncino ad alta resistenza gonfiato in prossimità della valvola, introdotto tramite catetere da vena femorale destra. È una tecnica mini-invasiva che riduce morbilità e mortalità perioperatorie, con buona efficacia a lungo termine (sopravvivenza libera da eventi nel 30-70% dei casi), sebbene non siano rare le restenosi. Non può essere eseguita in presenza di calcificazioni valvolari, per cui è indicata la sostituzione valvolare.


8 di 15 Domande

La Dott.ssa Giaccone, una pediatra del reparto di neonatologia del “ Gemelli” di Roma, è preoccupata perché un neonato ha avuto un episodio di vomito con mancata emissione di meconio. Esame obiettivo: rileva una frequenza cardiaca è di 122 bpm, una pressione arteriosa di 80/50 mm Hg, una frequenza respiratoria di 42 atti/min e una temperatura corporea di 37.2 °C. L’ esame obiettivo non evidenzia alterazioni di rilievo ad eccezione di un addome notevolmente disteso. Esami strumentali-laboratoristici: richiede un Rx addome, i cui reperti sono mostrati nell’ immagine sottostante.

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La risposta corretta è la B

Il neonato presentato nel caso presenta un ileo da meconio, condizione che si verifica principalmente nei neonati affetti da fibrosi cistica, manifestandosi in circa il 10% dei casi. La fibrosi cistica è una malattia genetica a trasmissione autosomica recessiva, con un’ incidenza di 1:2500 nati, dovuta alla mutazione del gene CFTR, codificante per la “ cystic fibrosis transmembrane conductance regulator” e posizionato sul braccio lungo del cromosoma 7. Sono state identificate oltre 1200 variazioni nella sequenza del gene CFTR che possono ledere alla funzionalità del gene. Questo è da considerare soprattutto dal punto di vista dello screening prenatale, in quanto basta che anche uno solo dei due genitori abbia alterazione non rilevabile dai normali test affinché lo stesso risulti falsamente negativo e poi il bambino nasca magari affetto dalla patologia. La proteina CFTR alterata nella fibrosi cistica, è localizzata sulla membrana apicale delle cellule epiteliali di: vie aeree, intestino, dotti deferenti, dotti pancreatici e ghiandole sudoripare. Il deficit della proteina comporta un alterato trasporto del cloro con riassorbimento intracellulare abnorme di sodio e acqua. Ciò a sua volta consegue in una insufficiente idratazione delle superfici mucose determinando secrezioni disidratate e maggiormente dense. Tutta la malattia e ciò che ne consegue dipende tutto dalla densità delle secrezioni. Come tante altre malattie genetiche, ci possono essere varie sfumature con cui essa si manifesta nei singoli pazienti: ci può essere il bambino con l’ ileo da meconio alla nascita, che manifesta da subito la malattia, e che è quasi patognomonico per la fibrosi cistica; come ci può essere il ragazzo trentenne che conduce una vita pressoché normale finché non gli viene diagnosticata la malattia per problemi di infertilità e che, inoltre, a differenza delle forme di fibrosi cistica conclamate, non vive le complicanze più temibili, quali per esempio le infezioni batteriche delle vie aree, che possono essere veramente destruenti e di difficile gestione. Per arrivare alle possibili ripercussioni della malattia basta pensare ai singoli organi in cui è presente mucosa e che quindi sono colpiti dalla mutazione di CFTR e dalle conseguenze della stessa: 1) seni paranasali: sinusiti, riniti e poliposi nasale (nel caso della fibrosi cistica, la frequenza della poliposi nasale è piuttosto variabile ma risulta di raro riscontro nei pazienti senza la patologia); tra i sintomi tipici si riscontrano sinusiti (spesso associate a cefalea), febbre e tosse dovuta all’ irritazione provocata dallo scolo retronasale. 2) polmoni:muco denso e viscoso con sovrainfezioni batteriche; 3)pelle: produzione di sudore ricco di “ salsedine” , che di per se non crea particolari problemi ma, anzi, spesso aiuta molto nella diagnosi; 4) fegato: ostruzione dei dotti biliari; 5) pancreas: alterazioni sia a livello del pancreas esocrino che quello endocrino; 6) intestino: malassorbimento; 7) gonadi (soprattutto nei maschi): difficoltà nel concepimento. Le manifestazioni cliniche polmonari della malattia rappresentano le maggiori cause di morbilità e mortalità del paziente con fibrosi cistica. Le principali sono: – nei primi mesi di vita: bronchioliti, – successivamente: ripetute bronchiti e broncopolmoniti batteriche. Le manifestazioni cliniche gastro-intestinali della malattia sono per lo più rappresentate da un’ insufficienza pancreatica da ricondurre ad un’ ostruzione dei dotti pancreatici. Se a questo ci si aggiunge la possibile ostruzione anche della componente duttale biliare, otteniamo una mal digestione di: lipidi, proteine e polisaccaridi. A tutto questo bisogna aggiungerci il malassorbimento intestinale, per le problematiche intrinseche della mucosa proprie della malattia. Da un punto di vista sintomatologico avremo: steatorrea, diarrea cronica con feci abbondanti e maleodoranti, appetito vorace, addome meteorico, ipotrofismo muscolare, ipoproteinemia, deficit plurivitaminico (soprattutto vitamine liposolubili). Nel bambino avremo un vero e proprio arresto della crescita: questi sono bambini che, in assenza di supplementi con enzimi pancreatici, supplementi vitaminici (soprattutto vitamine liposolubili), oligoelementi e diete iperproteiche, non di rado si presentano al medico al di sotto del 3 ° percentile. Dopo l’ instaurazione di una buona dieta la maggior parte rientra più o meno in un range di normalità . Le complicanze del suddetto quadro gastro-intestinale sono: – ileo da meconio; – ostruzione intestinale; – prolasso rettale; – reflusso gastro-esofageo; – pancreatiti acute e subacute. La fibrosi cistica si presenta spesso nelle prime 24-48 ore di vita con distensione addominale, vomito e mancata emissione di meconio (le prime feci dopo la nascita). L’ ileo da meconio è quasi patognomonico per la fibrosi cistica (FC) (oltre il 90% dei neonati che presentano ileo da meconio sono affetti da FC, pertanto è considerato patognomonico di FC fino a prova contraria), ma può essere meno comunemente causato dal volvolo, pseudostruzione intestinale, o più raramente da cause di insufficienza pancreatica. La FC è particolarmente probabile in questo caso,con una famiglia in cui vi è storia  positiva per un fratello con ileo da  meconio. L’ileo da meconio si verifica nella FC, a causa di una deficienza nelle secrezioni pancreatiche, per cui il meconio diventa mucoso e viscido, e resta attaccato alle pareti dell’intestino. L’ ileo da meconio si presenta in maniera simile all’ occlusione intestinale, con la presenza spesso di vomito. L’ostruzione si verifica a livello dell’ileo terminale: distalmente all’ostruzione ileale, il colon appare di collabito (microcolon) e contiene piccole quantità di grumi di meconio secco. I neonati presentano segni di occlusione intestinale, tra cui vomito biliare e distensione addominale. Le anse intestinali distese possono talvolta essere palpate attraverso la parete addominale ed essere riconosciute per la caratteristica pastosità . La peritonite da meconio, il distress respiratorio e l’ ascite possono essere una conseguenza della perforazione. La radiografia addominale mostra tipicamente delle anse intestinali dilatate con presenza di livelli idro-aerei e frequentemente l’ aspetto “ a vetro smerigliato” nei quadranti centro-inferiori dell’ addome, dovuto a piccole bolle d’aria mescolate con il meconio: è un segno diagnostico di ileo da meconio. L’ostruzione può essere trattata, in assenza di complicanze, mediante clisma con mezzo di contrasto diluito con N-acetilcisteina sotto controllo fluoroscopico; il mezzo di contrasto ipertonico può causare una grande perdita di acqua dal tratto gastrointestinale, che richiede una reidratazione endovenosa. Se il clisma non risolve l’ostruzione, si ricorre alla laparotomia. Spesso sono necessari un’ ileostomia a doppia canna e ripetuti lavaggi con N-acetilcisteina delle anse intestinali , sia prossimali che distali,  per liquefare e rimuovere il meconio, così da risolvere l’ostruzione.   La risposta A non è corretta. La sindrome di Edwards è una trisomia, causata da una mancata disgiunzione meiotica del cromosoma 18. Tra i fattori di rischio vi è l’ età materna >35 anni. Le caratteristiche cliniche includono basso peso alla nascita, sterno corto, microcefalia con occipite prominente, ritardo mentale, micrognatia, orecchie ad impianto basso, anomalie delle dita che appaiono serrate, un caratteristico atteggiamento della mano a pugno chiuso con il dito indice sovrapposto al terzo dito e il quinto dito sovrapposto al quarto, piedi in equino-varismo con tallone prominente, prominenza dell’ occipite, soffi cardiaci indicativi di cardiopatie congenite, malformazioni renali e gastro-intestinali. L’ ileo da meconio, tuttavia, non è associata solitamente a tale sindrome.   La risposta C non è corretta. La sindrome di Williams è causata da una microdelezione del cromosoma 7q11.23. E’ caratterizzata da disturbi dello sviluppo, associati, molto frequentemente a cardiopatie (soprattutto stenosi sopravalvolare dell’aorta), una facies caratteristica con viso tondo con labbra slargate e guance prominenti, setto nasale schiacciato, epicanto, iride stellata, strabismo, grado variabile di ritardo mentale, malformazioni cardiache (stenosi sopravalvolare aortica) e una personalità particolarmente amichevole. La sindrome non è caratterizzata da manifestazioni gastro-intestinali, compreso l’ ileo da meconio.   La risposta D non è corretta. Il diverticolo di Meckel è un residuo vestigiale del sacco vitellino embrionale, noto anche come dotto onfalo-mesenterico, ed è un’estroflessione dell’ileo. Questi diverticoli in genere si manifestano con dei sintomi e segni prevalentemente durante i primi 2 anni di vita, anche se diventano generalmente manifesti durante la prima decade: la manifestazione principale consiste in un enterorragia intermittente ed indolente entro i primi 2 anni di vita, secondaria ad un’ ulcerazione mucosa da parte del tessuto gastrico ectopico, presente all’interno del diverticolo. Tale condizione può anche determinare diverticolite o ostruzione intestinale da intussuscezione o volvolo. E’ la più comune anomalia congenita del tratto gastro-intestinale.   La risposta E non è corretta. La trisomia 21 o sindrome di Down è causata da una mancata disgiunzione meiotica o da una traslocazione del cromosoma 21. Si presenta classicamente con: ipotonia, difetti di crescita, profilo facciale appiattito, evidenti pieghe epicantali, maculata (macchie di Brushfield), solco unico palmare, cardiopatie congenite e ritardo mentale. Si può osservare atresia intestinale, mentre l’ ileo da meconio non è tipicamente associato alla sindrome.


9 di 15 Domande

Un ragazzo di 20 anni presenta il seguente ECG. Cosa si nota all'ECG?

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La risposta esatta è la A.

Le derivazioni da V1 a V6, chiamate derivazioni precordiali, esprimono l’attività elettrica del cuore sul piano orizzontale: V1-V2 esplorano il setto interventricolare, V3-V4 la parete anteriore del ventricolo sinistro, V5-V6 la parete laterale del ventricolo sinistro. L’onda P indica la depolarizzazione atriale, il complesso QRS e l’onda T indicano rispettivamente la depolarizzazione e la ripolarizzazione ventricolare, mentre la ripolarizzazione atriale non è visibile poiché avviene durante la depolarizzazione ventricolare. In età giovanile, dopo la pubertà, il vettore di ripolarizzazione ventricolare rende le T positive in tutte le derivazioni precordiali, tranne V1 e raramente V2; in casi eccezionali, la negatività può coinvolgere anche V3 e V4 (onda T giovanile). Dopo la pubertà, la presenza di onde T invertite ?2 mm in due o più derivazioni contigue del ventricolo destro può indicare cardiopatia congenita con sovraccarico di pressione o volume (cardiomiopatia aritmogena del ventricolo destro) oppure, più raramente, patologie ereditarie dei canali del sodio o potassio. L’ECG descritto mostra ritmo sinusale, alterazioni diffuse della ripolarizzazione con T negativa da V1 a V5, R alta in V1 e asse spostato a destra: reperti suggestivi di ipertrofia ventricolare destra a carattere aritmogeno. La cardiomiopatia aritmogena del ventricolo destro è spesso familiare, più frequentemente a trasmissione autosomica dominante, e coinvolge prevalentemente ma non esclusivamente il ventricolo destro. Nel 10-20% dei casi è presente una mutazione nei geni che codificano proteine del desmosoma. Istologicamente si osserva progressiva sostituzione del miocardio con tessuto fibro-adiposo, che genera aree di discinesia e dilatazione soprattutto nel tratto di afflusso, efflusso e apice del ventricolo destro (triangolo della displasia), ma può estendersi all’intera parete ventricolare destra o anche al ventricolo sinistro. Questa condizione, per le alterazioni morfologiche e funzionali, è causa frequente di aritmie ventricolari e morte improvvisa, soprattutto in età giovanile durante o subito dopo l’attività fisica. In presenza di un ECG di questo tipo è quindi indicato eseguire un ecocardiogramma per rilevare eventuali alterazioni strutturali cardiache.


10 di 15 Domande

La signora Rettori, una donna di 45 anni, si reca dal proprio medico curante, il Dott. Pressi, per malessere. Anamnesi patologica prossima: comparsa di febbre, disuria e dolore alla schiena. Il Dott. Pressi consiglia alla paziente di recarsi in ospedale per ulteriori accertamenti; qui la donna verrà successivamente ricoverata con una sospetta diagnosi di pielonefrite. La paziente viene sottoposta a terapia con antibiotici ad ampio spettro, che determinano un significativo miglioramento della sintomatologia. Tuttavia, durante il quarto giorno di ricovero, la donna presenta nuovamente febbre, con leucocitosi e profusa diarrea acquosa. Esami strumentali: viene effettuata una colonscopia, visibile nell’ immagine sottostante.

Quale è la terapia per il trattamento di questo disturbo?

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La risposta corretta è la D.

La paziente presenta una colite pseudomembranosa causata da Clostridium difficile, un batterio appartenente alla famiglia Clostridiaceae, patogeno per l’uomo, Gram+ anaerobio. Il C. difficile è virulento in quanto possiede due tossine: la tossina A, un’enterotossina che si lega alle cellule della mucosa e causa un’ipersecrezione di liquido determinando diarrea acquosa; la tossina B, una citotossina che provoca gravi danni alla mucosa determinandone l’aspetto pseudomembranoso. Il Clostridium difficile causa colite associata ad antibiotici, tipicamente in ambiente ospedaliero. Fa parte normalmente del microbiota umano; tuttavia, quando si utilizzano antibiotici per lungo tempo, questi possono distruggere anche i batteri che tengono “sotto controllo” il Clostridium. Quando il C. difficile diviene dominante, si possono avere crampi addominali, colite pseudomembranosa, diarrea (talora ematica), raramente sepsi e addome acuto. I sintomi insorgono alcuni giorni dopo l’inizio della terapia antibiotica e includono diarrea acquosa o scariche di feci non formate, crampi addominali, raramente nausea e vomito. Per la diagnosi è importante l’identificazione della tossina nelle feci. Il trattamento consiste nell’interrompere la terapia antibiotica; se la sintomatologia è grave è possibile utilizzare vancomicina o metronidazolo (nel nostro caso, non essendo la vancomicina tra le opzioni, la risposta corretta è la D).


11 di 15 Domande

Una paziente di 58 anni si presenta presso il reparto di nutrizione clinica. La donna presenta BMI 20,9, circonferenza vita 88 cm, analisi ematochimiche (in allegato) in cui si presenta colesterolo LDL fuori range e glicemia a digiuno elevata.

In seguito ai valori di glicemia a digiuno riscontrati, si richiede curva da carico orale di glucosio (OGTT). In base ai risultati sopra riportati, la paziente presenta:

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La risposta corretta è la B.

Il diabete è un gruppo di alterazioni caratterizzate da elevati livelli di glicemia, legati a un’alterata secrezione insulinica o a una ridotta sensibilità all’insulina. Questa alterata secrezione può variare da forme severe, in cui la produzione di insulina è nulla o quasi (diabete di tipo I, pancreasectomia), a forme intermedie modulate dall’insulino-resistenza.

L’insulino-resistenza da sola non è in grado di slatentizzare un diabete mellito: è necessario un danno della secrezione. Le alterazioni del metabolismo del glucosio si associano inoltre a modifiche del metabolismo lipidico e proteico, predisponendo a complicanze vascolari: microvascolari (rene, arti inferiori, retina) e macrovascolari (cuore, cervello, arterie degli arti inferiori).

Il diabete si classifica in due tipologie principali:

– diabete mellito di tipo I (insulino-dipendente), che può avere cause immuno-mediate o idiopatiche;

– diabete mellito di tipo II (non insulino-dipendente), malattia metabolica caratterizzata da iperglicemia in un contesto di insulino-resistenza e deficienza insulinica relativa, nella maggior parte dei casi senza necessità di insulina.

Esiste poi il diabete gestazionale, che compare in gravidanza e regredisce dopo il parto.

Tra le sindromi secondarie ricordiamo:

– pancreasectomia (oggi non più praticata nelle pancreatiti, ma solo nei tumori),

– patologie del pancreas esocrino (es. pancreatite),

– patologie endocrine (acromegalia, sindrome di Cushing, feocromocitoma, poiché l’insulina è l’unico ormone ipoglicemizzante),

– tossicità da farmaci o sostanze chimiche (glucocorticoidi, tiazidici, ecc.).

Il diabete può rimanere a lungo silente. Si stima che, a fronte di una prevalenza diagnosticata del 4%, un ulteriore 4% resti non diagnosticato.

Per la diagnosi, le misurazioni della glicemia prevedono:

– glicemia a digiuno (da almeno 12 ore): due rilevazioni ?126 mg/dl;

– glicemia random >200 mg/dl, ma solo in paziente sintomatico (polidipsia, poliuria, nicturia, ecc.);

– curva da carico con 75 g di glucosio in 200-250 ml d’acqua: il test si esegue solo se la glicemia basale è <126 mg/dl, e la diagnosi si pone se a 2 ore la glicemia è >200 mg/dl.


12 di 15 Domande

La signora Bellini è una giovane donna ricoverata nel reparto di ginecologia ed ostetricia dopo un parto complicato da una rottura prematura delle membrane amnio-coriali ed un prolungato travaglio. Anamnesi patologica prossima: In seconda giornata sviluppa febbre con brivido associata ad ipotensione e intenso dolore addominale che fanno sospettare un’ endometrite purperale. Il Dott. Lanfranchi decide di sottoporre la paziente ad una radiografia del torace e decide di avviare la terapia antibiotica e reidratante con 4.000 ml di soluzione salina nelle successive 24 ore ma l’ ipertermia persiste e si ottiene un lieve incremento della pressione arteriosa. Improvvisamente la sig.ra Bellini presenta dispnea. Esame obiettivo: viene rilevata una SpO2 dell’ 82% che non aumenta anche con ossigenoterapia con FiO2 del 100%. Il Dott. Lanfranchi decide quindi di intubare la paziente e si eroga una FiO2 del 100%. Non si rileva turgore giugulare, all’ auscultazione polmonare si apprezzano crepitii diffusi bilateralmente. Esami di laboratorio-strumentali: viene rapidamente inviato in laboratorio un campione di sangue arterioso che evidenzia PaO2 di 62 mmHg e PaCO2 di 33 mmHg. L’ ECG mostra tachicardia sinusale. Viene effettuato un nuovo RX del torace che mostra un quadro polmonare modificato rispetto a quanto si era visto nel precedente. Sulla base dei dati forniti quale tra le seguenti è la diagnosi più probabile?

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La risposta corretta è la B.

Questo paziente molto probabilmente ha una ARDS e il rapporto PaO2/FiO2 è <200: la paziente ha un rapporto di 60 (FiO2 = 1 ovvero 100% e PaO2 di 60 mmHg: necessita di ossigeno al 100% per mantenere una pressione di PaO2 accettabile). La RX torace mostra infiltrati polmonari diffusi non riconducibili a eziologia cardiogena. L’EO evidenzia dispnea ingravescente a insorgenza improvvisa, con crepitii diffusi bilateralmente. La paziente presentata nel caso è verosimilmente affetta da ARDS in seguito a sepsi da endometrite postpartum.

La sindrome da distress respiratorio acuto (ARDS) è una grave malattia acuta polmonare. I fattori scatenanti sono numerosi: polmonite, shock, gravi traumi, sepsi, aspirazione di alimenti (ab ingestis), pancreatite. È caratterizzata da danno diffuso della membrana alveolo-capillare, con edema polmonare non cardiogenico (ricco di proteine) e insufficienza respiratoria acuta (ARF). Si osserva reclutamento di neutrofili nei capillari alveolari e formazione di membrane ialine. I neutrofili rilasciano chemochine (che richiamano istiociti), producono ROS, proteasi, leucotrieni, fattore di attivazione piastrinica, prostaglandine e altre molecole che danneggiano le barriere tra capillari e spazi aerei. Gli alveoli e l’interstizio si riempiono di proteine, detriti cellulari e liquido, con distruzione del surfattante, collasso alveolare e mismatch ventilazione/perfusione.

L’ARDS determina grave ipossiemia refrattaria all’ossigenoterapia. I criteri diagnostici comprendono:

– Opacità bilaterali alla RX non spiegabili da versamento, atelettasia o noduli.

– PaO2/FiO2 ?200 mmHg.

– Assenza di evidenza clinica di aumentata pressione atriale sinistra o insufficienza cardiaca (PCWP <18 mmHg). Una pressione di incuneamento capillare polmonare >18 mmHg orienta invece verso edema polmonare cardiogeno.

Secondo la “Definizione di Berlino 2012” l’ARDS si classifica in:

– Lieve: PaO2/FiO2 ?200 mmHg.

– Moderata: PaO2/FiO2 ?100 mmHg.

– Grave: PaO2/FiO2 ?100 mmHg.


13 di 15 Domande

Una paziente di 58 anni si presenta presso il reparto di nutrizione clinica. La donna presenta BMI 20,9, circonferenza vita 88 cm, analisi ematochimiche (in allegato) in cui si presenta colesterolo LDL fuori range e glicemia a digiuno elevata.

Per il paziente diabetico è essenziale assumere cibi a basso indice glicemico. Qual è tra i seguenti alimenti quello che presenta il più basso indice glicemico?

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La risposta corretta è la A.

Il diabete è un gruppo di alterazioni caratterizzate da elevati livelli di glicemia, legati a un’alterata secrezione insulinica o a una ridotta sensibilità all’insulina. Questa alterata secrezione può variare da forme severe, in cui la produzione di insulina è nulla o quasi (diabete di tipo I, pancreasectomia), a forme intermedie modulate dall’insulino-resistenza. L’insulino-resistenza da sola non è in grado di slatentizzare un diabete mellito: serve un danno della secrezione. Le alterazioni del metabolismo del glucosio si accompagnano anche ad alterazioni del metabolismo lipidico e proteico, predisponendo a complicanze vascolari: microvascolari (rene, retina, arti inferiori) e macrovascolari (cuore, cervello, arterie periferiche). Il diabete si classifica in due tipologie principali: diabete mellito di tipo I (insulino-dipendente), con cause immuno-mediate o idiopatiche; diabete mellito di tipo II (non insulino-dipendente), malattia metabolica caratterizzata da iperglicemia in un contesto di insulino-resistenza e relativa deficienza insulinica, che nella maggior parte dei casi non richiede terapia insulinica. Esiste anche il diabete gestazionale, che si manifesta in gravidanza e regredisce dopo il parto. Tra le forme secondarie: pancreasectomia (oggi non più praticata nelle pancreatiti, ma solo nei tumori), patologie del pancreas esocrino (es. pancreatite), patologie endocrine (acromegalia, sindrome di Cushing, feocromocitoma, poiché l’insulina è l’unico ormone ipoglicemizzante), tossicità da farmaci o sostanze (glucocorticoidi, tiazidici, ecc.). Il diabete può progredire a lungo senza sintomi. Si calcola che, a fronte di una prevalenza diagnosticata del 4%, un ulteriore 4% rimane non diagnosticato. Per la diagnosi: glicemia a digiuno ?126 mg/dl in due misurazioni, glicemia random >200 mg/dl in presenza di sintomi (poliuria, polidipsia, nicturia), curva da carico con 75 g di glucosio (diagnosi se glicemia >200 mg/dl a 2 ore). Prima del test, la glicemia basale deve essere <126 mg/dl. Il test va eseguito in pazienti non ricoverati, in buone condizioni cliniche, dopo dieta abituale (non ridotta in carboidrati), a digiuno dalla mezzanotte, senza febbre, stress o fumo. Indicazioni alla curva da carico: glicemia alterata a digiuno (100–125 mg/dl), familiarità per diabete dai 30-40 anni, obesità, complicanze cardiovascolari (TIA, angina, claudicatio), soprattutto se obesi e fumatori, infezioni urinarie o cutanee ricorrenti con glicemia alterata. Il 90% dei casi è di tipo II, storicamente detto diabete dell’adulto (esordio >40 anni), ma oggi è sempre più precoce (anche a 18 anni), correlato all’obesità, in particolare infantile (Italia con alta prevalenza, soprattutto nel centro-sud). Nei gemelli monozigoti la concordanza è ~100% nel tipo II, mentre nel tipo I, pur avendo componente genetica, è solo del 50% per il ruolo di fattori ambientali. Anche nei monozigoti separati alla nascita la concordanza del tipo II rimane elevata, a dimostrazione della forte componente genetica, ancora non del tutto chiarita.


14 di 15 Domande

Matteo, un bambino di 13 anni, studente della Scuola Primaria, viene accompagnato dai genitori presso la clinica in cui è seguito per eseguire degli esami di controllo. Anamnesi patologica prossima: presenta una sindrome mielodisplastica. Anamnesi patologica remota: diagnosi, alcuni anni prima, di osteosarcoma in corrispondenza dell’ arto inferiore di sinistra e trattato con chemioterapia dopo aver manifestato dolore e gonfiore a livello della coscia.
Anamnesi familiare: positiva per carcinoma mammario bilaterale da parte della madre e sorella e due zie sono morte per tumore cerebrale. Esami strumentali-laboratoristici: effettua un esame emocromocitometrico completo per follow-up routinario, che rivela un’ anomalia riconducibile ad una sindrome mielodisplastica. Nel giro di alcune settimane il ragazzo sviluppa una forma refrattaria di leucemia mieloide acuta, rapidamente fatale. Quale delle seguenti sindromi ha causato più probabilmente questa evoluzione del quadro clinico descritto?

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La risposta corretta è la A.

La sindrome Li-Fraumeni è una patologia autosomica dominante legata a mutazione/delezione di una copia del gene onco-soppressore p53.

I gene è localizzato in 17p12 ed il p53 è un oncosoppressore che fisiologicamente viene espresso in tutti i tessuti e che ha il ruolo di prevenire i danni al DNA, oltre che fungere da inibitore dell’ apoptosi. Quindi praticamente il suo ruolo è quello di riparare ciò che è estraneo alla cellula. Una mutazione su questa proteina la rende pro tumorale ed aggressiva conducendo a fenomeni di proliferazione incontrollata.

I livelli citosolici di questa proteina aumentano quando viene rilevato un danno al DNA ed essa agisce come fattore di trascrizione per alcuni geni che codificano per proteine in grado di arrestare il ciclo cellulare in G1 in modo che il danno, se possibile, venga riparato. Nel caso in cui la riparazione vada a buon fine, essa viene degradata e il blocco del ciclo cellulare viene rimosso. In caso contrario, essa induce la trascrizione di geni pro-apoptotici.

Viene considerata un oncosoppressore o oncogene recessivo, in quanto è necessaria la perdita omozigote per annullare la sua funzione.

La sindrome è una forma di predisposizione e di fragilità verso molte neoplasie (sarcomi, tumori del sistema nervoso centrale e carcinomi) ma non è una condizione sufficiente per svilupparle, in quanto è necessaria la seconda mutazione che di norma è acquisita. In questi pazienti, tipicamente, l’insorgenza di neoplasie è più precoce che negli altri, per questo lo screening risulta un elemento necessario per la prevenzione.

La sindrome Li-Fraumeni è una sindrome curiosa nota anche con l’ acronimo SBLA dove ogni lettera è l’ iniziale di una o due neoplasie: sarcomi; b-brain/breast; l-leukemia/lung; a-adrenal. Fra queste neoplasie elencate polmone e mammella sono frequenti,le altre più rare,è quindi ovvio che il sospetto non viene quando nella stessa famiglia ci sono carcinomi del polmone e mammella poiché questi sono talmente frequenti che è probabile che possano presentarsi nella stessa famiglia,ma quando io ho per esempio nella stessa famiglia, un tumore del cervello e un sarcoma dei tessuti molli o un tumore surrenalico. Qui nasce il sospetto che possa essere una sindrome di Li Fraumeni. Tuttavia rappresenta una condizione molto rara in cui c’ è la presenza di tumori molto diversi (tumori dello spettro: sarcomi dei tessuti molli, osteosarcomi, leucemie, k cerebrali, k mammella e K surrene), i cui criteri diagnostici sono:

1) Probando affetto da un sarcoma ad una età <45aa

2) Parente di I grado con un k dello spettro insorto ad una età <45aa

3) Parente di II grado con k <45aa o un sarcoma a qualunque età .

I pazienti hanno un rischio 100 volte maggiore di contrarre leucemia mieloide acuta (LMA) da farmaci in seguito a trattamento con chemioterapici. Si tratta di una forma leucemica refrattaria a tutte le terapie conosciute.

 

La risposta B non è corretta.

La sindrome di Wiskott-Aldrich è una malattia a trasmissione autosomica recessiva rara, legata al cromosoma X, dovuta alla mutazione del gene WAS che codifica per la proteina WASP, coinvolta nell’organizzazione strutturale del citoscheletro delle cellule ematopoietiche. Tale sindrome deriva da un difetto combinato dei linfociti B e T ed è caratterizzata dal punto di vista clinico da trombocitopenia, eczema, infezioni ricorrenti. I pazienti hanno un aumentato rischio di leucemia e/o linfoma (specialmente il linfoma di Burkitt).

 

La risposta C non è corretta.

L’ atassia telangiectasia è una patologia autosomica recessiva caratterizzata da una atassia cerebellare, da una teleangiectasia oculocutanea e una immunodepressione.

Questi pazienti hanno un’alta incidenza di leucemie linfoidi, esistono 6 varianti genetiche e il gene coinvolto è il ATM (Atassia-teleangiectasia Mutated Gene); anche in questo caso questo gene codifica per un enzima di riparazione del DNA e, quindi, questo meccanismo spiega l’importanza del sistema di riparazione nella prevenzione o nella patogenesi dei tumori della cute indotti da radiazioni.

 

La risposta D non è corretta.

La sindrome di Von Hippel-Lindau è una malattia autosomica dominante con mutazione del gene VHL sul cromosoma 3p25, lo stesso gene che è mutato nel carcinoma a cellule renali sporadico. La sindrome di Von Hippel-Lindau nasce da un deficit di produzione della proteina VHL e comprende una serie di neoplasie, fra cui la neoplasia renale, nella fattispecie neoplasie multiple e bilaterali, in quanto la mutazione è presente in tutte le cellule del parenchima renale: il 40-70% dei pazienti con la mutazione sviluppano un carcinoma renale. Quindi di fronte a neoplasie multiple e bilaterali bisogna richiedere una ricerca di questa mutazione e va fatta una visita oculistica perché presentano anche angiomatosi retinica.

Dal punto di vista clinico è caratterizzata da emangioblastomi della retina e del sistema nervoso centrale e sono comuni la presenza di cisti renali bilaterali.

 

La risposta E  non è corretta.

Lo xeroderma pigmentoso è una malattia autosomica recessiva caratterizzata da un’ipersensibilità cutanea alla luce e dalla predisposizione a sviluppare carcinomi e melanomi della cute, contraddistinta dalla mutazione di un gene chiamato XP, che codifica per uno degli enzimi del sistema di riparazione del DNA. Quindi l’associazione tra mutazione genica e l’elevata predisposizione ai tumori cutanei ha evidenziato l’importanza dei sistemi di riparazione nella patogenesi di tumori cutanei: questi pazienti hanno un alto rischio di sviluppare carcinomi basocellulari e squamocellulari, nonché melanomi.


15 di 15 Domande

Una donna di 65 anni, tabagista cronica, esegue una radiografia del torace in elezione, in previsione di un intervento chirurgico. La paziente ha eseguito un controllo emogas analitico arterioso: pH 7.40, paO 69 mmHg, paCO 52 mmHg, HCO 31.7 mmol/l, BE +7.1. Alla luce di questi valori, quale diagnosi riterreste più verosimile?

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La diagnosi più probabile in questa paziente è la broncopneumopatia cronico ostruttiva (BPCO), una malattia polmonare reversibile, caratterizzata da ostruzione bronchiale persistente spesso associata a significativi effetti extrapolmonari.

Con il termine di broncopneumopatia cronica ostruttiva si intende un quadro patologico in cui il flusso aereo viene compromesso; comprende la bronchite cronica ostruttiva e l’ enfisema. E’ spesso correlata all’ esposizione professionale e al fumo di sigaretta; può insorgere in soggetti con carenza di α1-antitripsina. Lo sviluppo della BPCO avviene nel corso del tempo e, quando conclamata, i soggetti affetti presentano respiro sibilante, prolungamento della fase espiratoria ed attenuazione del murmure vescicolare.

L’ ostruzione bronchiale ha in genere un andamento progressivo ed è accompagnata da un’ abnorme risposta infiammatoria broncopolmonare a inquinanti ambientali in particolare il fumo.

Questa paziente ha un’ anamnesi fisiologica positiva per essere stata una fumatrice e probabilmente soffre di una malattia polmonare cronica ostruttiva (BPCO) non diagnosticata.

La BPCO deriva da un’ostruzione del flusso d’aria polmonare, che porta ad un intrappolamento dell’ aria nei polmoni con conseguente aumento del volume residuo (VR), della capacità funzionale residua (FRC) e della capacità polmonare totale (TLC). L’ ostruzione bronchiale viene definita in base al rapporto VEMS/CVF inferiore a 0,7 (detto anche coefficiente di Tiffeneau, rapporto che valuta il grado di ostruzione bronchiale nelle malattie respiratorie come la BPCO e l’asma, dove il VEMS è il volume espiratorio massimo al primo secondo e corrisponde al FEV1, mentre la CVF è la capacità vitale forzata).  Questo sta a significare che, di tutta l’ aria mobilizzabile in una manovra espiratoria completa, meno del 70% viene mobilizzata nel primo secondo.

Le prove di funzionalità respiratoria mostrano una drastica riduzione della VEMS più che della CVF,con conseguente diminuzione del loro rapporto sotto 0.7 o sotto il 5% del limite normale e spostamento della curva flusso-volume verso sinistra.

Caratteristica, peculiare nella BPCO è che questa ostruzione, a differenza di quella presente nei pazienti con asma bronchiale, non è completamente reversibile dopo somministrazione di un broncodilatatore.

L’esame obiettivo è positivo per dispnea, tachipnea, distress respiratorio ed uso dei muscoli respiratori accessori per la respirazione.

E’ spesso correlata all’ esposizione professionale e al fumo di sigaretta; può insorgere in soggetti con carenza di α1-antitripsina. Lo sviluppo della BPCO avviene nel corso del tempo e, quando conclamata, i soggetti affetti presentano respiro sibilante, prolungamento della fase espiratoria ed attenuazione del murmure vescicolare.

La BPCO è una patologia che si manifesta con uno spettro, un continuum tra due estremi che coesistono con una presenza variabile. L’ enfisema ostruttivo (il paziente aveva un torace a botte) in questo caso prevale l’ ostruzione bronchiale e la distruzione del parenchima. Il paziente enfisematoso, classico enfisema A, (pink puffer “ sbuffatore rosa” , fenotipo panlobulare), si presenta con un habitus cachettico e masse muscolari ridotte, problemi nutrizionali e quindi problematiche anche ai muscoli respiratori, soprattutto il diaframma; nella sua storia naturale è costretto a compensare per evitare un’ insufficienza respiratoria conclamata principalmente iperventilando per evitare un’ ipossia grave. Dal punto di vista clinico pertanto si presenta più magro, più anziano, esordisce con dispnea ingravescente, tosse scarsa e prevale la componente ostruttiva; ha una scarsa ipercapnia, poliglobulia e lieve ipossia. Al contrario, il bronchitico cronico (blue bloater, enfisema B, acinare prossimale o centrolobulare), siccome ha ancora gran parte degli alveoli e quindi gran parte dei capillari,  può compensare dal punto di vista ematico con il trasporto dei gas. Non è detto che debba per forza iperventilare, perché oltre al compenso respiratorio possono intervenire compensi di tipo emodinamico(poliglobulia, aumento di gittata cardiaca) quindi anche se l’ emogasanalisi è compromessa con  bassa pO2 e alta CO2 il trasporto sistemico dei gas è salvaguardato. Dal punto di vista clinico il paziente si presenta più pletorico, più giovane, ha una lunga storia di tosse produttiva senza dispnea, con severa ipossia e ipercapnia, con conseguente poliglobulia.

Il fumo è maggiormente associato alla variante enfisematosa centroacinare di tipo “ pink puffer” della BPCO, caratterizzata dalla distruzione della parete alveolare, che porta ad una riduzione della DLCO (Diffusione alveolo-capillare del monossido di carbonio). Tutto ciò esita in una riduzione degli scambi gassosi con un aumento della pCO2 ed una riduzione della pO2 (come osservabile nell’emogasanalisi di questa paziente). Inoltre l’aumentata attività dell’ enzima elastasi conduce ad una perdita di fibre elastiche ed aumentata compliance polmonare.

L’ RX del torace effettuato nella nostra paziente mostra una accentuazione della trama polmonare, un’ orizzontalizzazione delle coste con aumento dello spazio fra le stesse, un parenchima polmonare maggiormente iperdiafano ed un appianamento del diaframma: tutti segni radiologici compatibili con una condizione di broncopneumopatia cronica ostruttiva.

L’ ipotesi della insufficienza respiratoria la possiamo escludere in virtù del valore della p02 all’ emogasanalisi che risulta essere superiore a 60 mmHg.


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