Simulazione

Cliccando in alto a destra sul pulsante 2 è possibile "Consegnare", "Salvare e Interrompere", "Salvare e Continuare" il compito.

1 di 17 Domande

Quale complicanza clinica NON si riscontra nell'IRC terminale?














La risposta corretta è la B

Nell’IRC terminale non si riscontra come complicanza l’artrite. La malattia renale cronica è classificata in 5 stadi: Stadio 1: velocità di filtrazione glomerulare normale (?90 mL/min/1,73 m²) con albuminuria persistente o malattia renale strutturale o ereditaria; Stadio 2: 60-89 mL/min/1,73 m²; Stadio 3a: 45-59 mL/min/1,73 m²; Stadio 3b: 30-44 mL/min/1,73 m²; Stadio 4: 15-29 mL/min/1,73 m²; Stadio 5: <15 mL/min/1,73 m². La velocità di filtrazione glomerulare può essere stimata tramite l’equazione CKD-EPI: 141 × (creatinina sierica)^-1,209 × 0,993^età, moltiplicata per 1,018 se donna e 1,159 se afroamericano (1,1799 per donne afroamericane). Questo calcolo è poco accurato negli anziani sedentari, obesi o molto magri. In alternativa, si può usare l’equazione di Cockcroft-Gault per stimare la clearance della creatinina, che tende a sovrastimare del 10-40%. Le complicanze comprendono quelle neurologiche (neuropatia periferica), ematologiche (anemia da ridotta produzione di eritropoietina), scheletriche (osteodistrofia, risposte C-D-E errate) e pericardite nel 20% dei pazienti con insufficienza renale (risposta A errata).


2 di 17 Domande

Nella brucellosi acuta qual e' il titolo minimo per la diagnosi:














La risposta corretta è la C.

La brucellosi (nota anche come "febbre ondulante", "febbre mediterranea" o "febbre maltese") è un’infezione zoonotica trasmessa all’uomo da animali infetti (bovini, ovini, caprini, cammelli, suini o altri) attraverso l’ingestione di prodotti alimentari non pastorizzati, in particolare lattiero-caseari, oppure per contatto diretto con tessuti o fluidi contaminati. Va sospettata in pazienti con febbre, malessere, sudorazione notturna e artralgie in presenza di esposizione epidemiologica significativa, come consumo di prodotti caseari non pastorizzati, contatto con animali in aree endemiche o esposizione professionale. Una diagnosi presuntiva può essere formulata sulla base di:

  • titolo anticorpale totale anti-Brucella ?1:160 mediante test di agglutinazione in provetta standard su siero prelevato dopo l’insorgenza dei sintomi;
  • rilevazione del DNA di Brucella in un campione clinico tramite reazione a catena della polimerasi (PCR).

3 di 17 Domande

In figura è rappresentato uno schema della sequenza genica che costituisce l’operone Lac (sequenza genica che regola la produzione delle lattasi) dei procarioti. Si tratta di una sequenza regolatrice che determina la produzione di lattasi, quando?

product image













La risposta corretta è la B

La domanda chiede quando l’operone lac, sequenza regolatrice della produzione di lattasi, induce l’espressione: la risposta corretta è “Quando è presente lattosio nel mezzo di coltura”. Nel sistema lac dei procarioti, in assenza di lattosio il repressore LacI si lega all’operatore e impedisce all’RNA polimerasi di trascrivere i geni lacZYA; quando è presente lattosio, una parte viene isomerizzata in allolattosio che funge da induttore legandosi a LacI, causandone il distacco dall’operatore e consentendo l’avvio della trascrizione, inclusa la sintesi di ?-galattosidasi (lattasi). L’espressione è massima se il glucosio è basso perché il complesso cAMP-CAP facilita il reclutamento dell’RNA polimerasi, ma la condizione chiave che rimuove la repressione è la presenza di lattosio. In sintesi, il lattosio segnala alla cellula di esprimere gli enzimi necessari al suo metabolismo attivando l’operone lac.


4 di 17 Domande

Un bambino di 2 anni di origine africana si presenta con tumefazioni dolorose della mani e piedi. Dati di laboratorio mettono in evidenza una emoglobina di 9g/dl, una conta dei globuli bianchi di 11500/mm3 ed una conta delle piastrine di 250000/mm3. Quale dei seguenti esami di laboratorio dara' supporto alla tua diagnosi?














La risposta corretta è la B

Il quadro clinico descritto è compatibile con anemia falciforme o drepanocitosi, un’emoglobinopatia caratterizzata dalla produzione di catene globiniche quantitativamente normali ma qualitativamente alterate. La causa della deformazione dei globuli rossi è una sostituzione amminoacidica (Glu ? Val) che favorisce l’aggregazione delle molecole di Hb con formazione di polimeri simili a pali nel citoplasma eritrocitario. La polimerizzazione, che avviene soprattutto nello stato deossigenato, determina deformazione e la caratteristica forma a falce dei globuli rossi. Questa condizione provoca squilibri che riducono elasticità e vitalità cellulare. I globuli rossi danneggiati rappresentano il principale trigger delle crisi vaso-occlusive, responsabili di fenomeni infartuali a livello del microcircolo, che spesso si manifestano con tumefazioni dolorose di mani e piedi. La prima manifestazione clinica è l’emolisi cronica con pallore, subittero o ittero, astenia, litiasi della colecisti e segni della deplezione di ossido nitrico. A livello arterioso si osserva diatesi trombotica per disfunzione endoteliale. L’emolisi cronica rappresenta uno stato di equilibrio, interrotto più o meno frequentemente da crisi vaso-occlusive. Tra le manifestazioni vaso-occlusive, tipica è l’ostruzione dei vasi retinici, che porta a cecità parziale o totale e determina cicatrici corio-retiniche, una delle manifestazioni retiniche più comuni e patognomoniche dell’anemia falciforme. Dal punto di vista laboratoristico, si osserva riduzione dell’Hb; la diagnosi è confermata da striscio periferico, test di solubilità ed elettroforesi dell’emoglobina, che evidenzia le anomalie strutturali.


5 di 17 Domande

Il Sig. Versici, un uomo di circa 70 anni, si reca presso l’ ambulatorio del proprio medico curante, Il Dott. Mancini, per un fastidio al polso destro. Anamnesi patologica prossima: lamenta dolore al polso destro da circa due giorni.

Anamnesi patologica prossima: positiva per due interventi di chirurgia sostitutiva dell'anca, due precedenti episodi di gotta in entrambe le prime articolazioni metatarso-falangee ed ipertensione. Esame obiettivo: il Dott. Mancini visitandolo riscontra la presenza di rossore e gonfiore sul versante dorsale del polso. La sintomatologia dolorosa viene esacerbata da movimenti di flesso-estensione completi. Gli vengono prescritti 80 mg di aspirina al giorno. Due giorni dopo il gonfiore però è aumentato sul versante dorsale del polso ed a livello della mano. La flessione del polso risulta limitata dell' 80% con dolore severo, pertanto il Sig. Versici si reca nuovamente presso l’ ambulatorio del Dott. Mancini, che rivisitandolo nota che evoca un dolore sordo alla palpazione dello scafoide e pertanto nel sospetto di frattura gli prescrive un esame radiografico del polso/mano. Esami strumentali-laboratoristici: evidenza di alterazioni riconducibili ad un quadro di artrite gottosa. Quale tipo di citochine sono coinvolte in questo processo?

product image













La risposta corretta è la C.

La flogosi è un meccanismo di difesa di tipo aspecifico: risponde all’agente lesivo di tipo fisico-meccanico, radiazioni, batteri o sostanze chimiche. È quindi la risposta al danno tissutale ed è un processo reattivo (diverso dalla necrosi che è regressiva), aspecifico (contro tutto ciò che causa danno), stereotipato (stessi meccanismi principali a prescindere dalla causa, con vie diverse secondo lo stimolo), e procede indipendentemente dalla causa (una volta innescato, continua anche se lo stimolo è rimosso). Nella fase acuta si ha aumento del flusso ematico e della permeabilità vascolare, con accumulo di fluidi, leucociti e mediatori come le citochine. Vari fattori solubili favoriscono il reclutamento dei leucociti aumentando l’espressione di molecole di adesione e di fattori chemiotattici. Le citochine chiave sono IL-1, TNF-?, IL-6, IL-8 e altre chemochine; IL-1 e TNF-? sono particolarmente potenti, inducono febbre promuovendo la sintesi di PGE2 nell’endotelio ipotalamico. L’IL-1 è prodotta da macrofagi, neutrofili, cellule endoteliali ed epiteliali: a basse concentrazioni induce adesione leucocitaria, ad alte induce febbre e proteine di fase acuta. Diversamente dal TNF-?, non causa da sola shock settico. Inoltre stimola i mastociti al rilascio di istamina, con vasodilatazione precoce e aumento della permeabilità.

Durante l’infiammazione avvengono: (1) modificazioni di flusso e calibro vascolare con aumento del flusso sanguigno, (2) modificazioni del microcircolo e formazione dell’essudato, (3) richiamo chemiotattico dei leucociti, (4) fagocitosi. Dopo lo stimolo lesivo si ha vasocostrizione transitoria seguita da vasodilatazione intensa (iperemia attiva, responsabile di rubor e calor). Successivamente si verifica rallentamento della circolazione (iperemia passiva o stasi), dovuto ad aumentata permeabilità capillare con essudazione proteica e aumento della viscosità ematica. Il modello tipico dell’infiammazione acuta comprende: alterazioni di flusso e calibro, iperemia attiva e passiva, permeabilizzazione endoteliale con essudato, migrazione leucocitaria e chemiotassi, fagocitosi.

La chemiotassi è movimento orientato lungo un gradiente chimico; gli stimoli possono essere esogeni (prodotti batterici) o endogeni (complemento, leucotrieni, citochine). Durante la stasi i neutrofili si dispongono lungo l’endotelio (marginazione). Segue l’adesione: i leucociti rotolano con legami labili, poi aderiscono stabilmente formando la “pavimentazione”. Successivamente attraversano l’endotelio (diapedesi) e migrano verso lo stimolo. L’endotelio normalmente è continuo e liscio, ma nell’infiammazione aumenta la permeabilità ed esprime molecole di adesione preformate (es. P-selectina dai corpi di Weibel-Palade).

Le principali molecole di adesione sono: selectine (E sull’endotelio, P sull’endotelio in infiammazione, L sui leucociti, legano zuccheri); immunoglobuline (ICAM-1 e VCAM-1, interagiscono con integrine leucocitarie, le ICAM-1 si legano alle integrine ?2); VCAM-2 proprie dell’endotelio; integrine (già presenti sui leucociti, ma con bassa affinità: aumentano l’avidità a seguito di stimoli chemiokinici e dell’induzione di ICAM/VCAM-1). Le citochine IL-1 e TNF inducono fortemente la sintesi di ICAM-1 e VCAM-2, molecole implicate nei legami forti, la cui espressione richiede più tempo.


6 di 17 Domande

Il Sig. Mariani, un uomo di 78 anni si reca presso il PS del Policlinico Torvergata di Roma, a causa di un episodio di dispnea acuta. Anamnesi patologica prossima: lamenta comparsa di episodi di tosse produttiva, gonfiore degli arti inferiori e dei piedi, astenia, che perdurano da 3 settimane. Inoltre, da due mesi a questa parte, si sono presentate crisi di dispnea da sforzo ingravescente. Anamnesi patologica remota: una decina di anni prima è stato sottoposto ad un intervento di chirurgia sostitutiva per impianto di protesi valvolare di suino, a causa di un rigurgito della valvola mitrale di grado severo. Il paziente è affetto da coronaropatia, diabete mellito di tipo 2 ed ipertensione. Anamnesi fisiologica: ha fumato per 55 anni un pacchetto di sigarette al giorno e abitualmente beve una birra al giorno. Anamnesi farmacologica Attualmente prende diversi farmaci tra cui cardioaspirina, simvastatina, ramipril, metoprololo, metformina e idroclorotiazide. Esame obiettivo: si presenta dall’ aspetto pallido. L’ uomo è alto 181 cm e pesa 128 kg, con una BMI di circa 41 kg/m2. Ha una temperatura corporea di 37.3 °C , frequenza respiratoria di 23 atti/min, frequenza cardiaca di 97 bpm, e pressione arteriosa di 148/95 mm Hg. All’ auscultazione del torace si riscontra la presenza di rantoli alle basi polmonari bilateralmente. L’ esame obiettivo del cuore rivela la presenza di un battito apicale dislocato lateralmente e la presenza, a livello dell’ apice, di un soffio diastolico 3/6 di intensità decrescente. Inoltre si osserva la presenza di edemi improntabili bilateralmente a livello dei piedi e delle caviglie. Il resto dell’ esame obiettivo non mostra altre anomalie. Quale tra le seguenti è la causa più probabile dei sintomi di questo paziente?

product image













La risposta D è corretta.

Il paziente circa 10 anni fa si era sottoposto a un intervento di sostituzione protesica con impianto di protesi valvolare suina per severo rigurgito mitralico. Il trattamento di una valvulopatia, a meno che non sia di grado medio-elevato e clinicamente significativa, richiede solo un controllo periodico, mentre l’intervento chirurgico è indicato in presenza di una lesione moderata o grave responsabile di sintomi e/o disfunzione cardiaca. Le opzioni vanno dalla valvuloplastica alla riparazione fino alla sostituzione, che può essere effettuata con protesi meccaniche (preferite nei pazienti <65 anni o con lunga aspettativa di vita, ma richiedono anticoagulazione cronica con warfarin per prevenire tromboembolismo) o biologiche (suine o bovine, più soggette a deterioramento sclero-fibrotico, con durata media 10-15 anni). Una complicanza possibile delle protesi biologiche è l’ostruzione/stenosi o il rigurgito, entrambi responsabili di scompenso cardiaco.

L’endocardite infettiva insorge in presenza di una predisposizione endocardica (patologie congenite, reumatiche, valvole bicuspidi calcifiche, prolasso mitralico, cardiomiopatia ipertrofica, precedente endocardite). Fattori predisponenti sono protesi valvolari, tossicodipendenza, diabete, uso cronico di anticoagulanti o steroidi, età avanzata. Agenti più comuni sono streptococchi e stafilococchi (80-90%), seguiti da enterococchi e microrganismi HACEK. Clinicamente si manifesta con febbre, nuovo soffio o modifica di un soffio preesistente, può causare scompenso cardiaco e, all’ecocardiogramma, vegetazioni. Segni caratteristici: petecchie congiuntivali, macchie di Roth, lesioni di Janeway, nodi di Osler, emorragie subungueali a scheggia. La diagnosi si basa sui criteri di Duke (diagnosi rigettata, possibile o certa). In assenza di emocolture disponibili, e senza rischio per MRSA, la terapia empirica si effettua con un ?-lattamico + amminoglicoside. Sebbene questo paziente presenti soffio e segni di scompenso, non ha febbre né criteri di Duke: l’endocardite è improbabile (risposta A errata).

La BPCO è una malattia polmonare cronica non reversibile, con ostruzione bronchiale persistente (VEMS/CVF <0,7), spesso correlata a fumo e caratterizzata da progressione, riacutizzazioni infettive, dispnea, tosse produttiva cronica, tachipnea, cianosi e ipertensione polmonare nelle fasi avanzate. All’auscultazione: respiro sibilante e fase espiratoria prolungata. Nonostante il paziente sia fumatore con tosse, i sintomi durano solo da 3 settimane e non vi sono segni obiettivi di ostruzione: la diagnosi di BPCO è errata (risposta B errata).

La polmonite è un’infiammazione acuta polmonare (batterica, virale, fungina, parassitaria) diagnosticata con RX torace e reperti clinici. Può essere comunitaria (più spesso da Streptococcus pneumoniae, Mycoplasma pneumoniae) o nosocomiale. Clinicamente: febbre, tosse, dispnea, astenia, ipossia; nella forma tipica: esordio acuto con febbre, tosse produttiva, crepitii e rumori bronchiali; nella forma atipica: esordio graduale con tosse secca, dispnea e pochi segni obiettivi. È indicato esame colturale di sangue/escreato. Questo paziente presenta tosse produttiva ma non febbre, e all’auscultazione rantoli basali bilaterali: più compatibili con scompenso cardiaco che con polmonite (risposta C errata).

L’embolia polmonare è occlusione di arterie polmonari da trombi (arti inferiori/pelvi). Presentazione acuta con sintomi aspecifici: dolore toracico pleuritico, tosse, sincope, dispnea, arresto cardiorespiratorio nei casi gravi; segni: tachipnea, tachicardia, ipotensione. Fattori di rischio: immobilizzazione, trombofilie, gravidanza, chirurgia recente. In questo paziente tosse e dispnea possono mimarla, ma anamnesi negativa per immobilizzazione e presenza di stenosi mitralica con edemi declivi bilaterali fanno propendere per scompenso cardiaco congestizio piuttosto che embolia polmonare (risposta E errata).


7 di 17 Domande

Il Sig. Verci, un uomo di circa 60 anni si reca, presso l’ ambulatorio del proprio medico curante, il Dott. Briga, per dispnea. Anamnesi patologica prossima: lamenta una dispnea ingravescente da circa un mese. Inizialmente era in grado di salire 3 rampe di scale fino al suo appartamento, ma ora necessita di effettuare numerose pause per recuperare il fiato. Non lamenta dolore al petto. Anamnesi patologica remota: l'uomo è affetto da cardiopatia reumatica e diabete mellito di tipo 2. Anamnesi fisiologica: è emigrato dall'India circa 20 anni prima. Anamnesi farmacologica: assume carvedilolo, torasemide e insulina. Esame obiettivo: il Dott. Briga visita il Sig. Verci riscontrando una temperatura corporea di 37.2 °C, una frequenza cardiaca di 74 bpm, una frequenza respiratoria di 19 atti/min ed una pressione arteriosa di 135/80 mm Hg. La pulsossimetria mostra una saturazione d'ossigeno del 96% in aria ambiente. L'auscultazione del torace rivela la presenza di crepitii alle basi polmonari bilateralmente. All’ auscultazione cardiaca si riscontra la presenza di un soffio d'apertura seguito da un soffio diastolico di bassa tonalità , a livello del quanto spazio intercostale di sinistra in corrispondenza della linea medio-claveare. Esami strumentali-laboratoristici: il Dott. Briga decide di far eseguire una radiografia del torace al Sig. Verci, che mostra una dilatazione dell'atrio di sinistra, con stiramento del margine cardiaco di sinistra, ed un’ aumentata trama vascolare. Quale tra i seguenti rappresenta l'intervento di prima scelta per migliorare la sintomatologia del paziente?

product image













La risposta corretta è la D.

La malattia reumatica è la causa più frequente di stenosi mitralica non complicata. È caratterizzata da fibrosi, calcificazione dei lembi valvolari e parziale fusione delle commissure, con conseguente riduzione dell’ostio valvolare (normalmente 4-6 cm²) fino a valori <1 cm². A causa di questo restringimento, l’unico modo per garantire il passaggio di sangue dall’atrio sinistro al ventricolo sinistro durante la diastole è aumentare le pressioni atriali. Questo incremento si trasmette a monte, con aumento della pressione nelle vene e nei capillari polmonari: ecco la causa della dispnea. Se le pressioni aumentano ulteriormente, soprattutto acutamente, può verificarsi la trasudazione di liquido negli alveoli con conseguente edema polmonare. Il nostro paziente all’auscultazione presenta anche crepitii basali bilaterali. Il gradiente diastolico transvalvolare è proporzionale al grado di stenosi ed è sensibile ad aumenti di portata e frequenza cardiaca: maggiore la portata/frequenza, maggiore il gradiente. Per questo un soggetto asintomatico a riposo può diventare sintomatico anche per sforzi lievi. L’evoluzione della stenosi mitralica è rappresentata dallo sviluppo di ipertensione polmonare arteriosa, secondaria a quella venosa, che provoca vasocostrizione arteriolare inizialmente funzionale e reversibile, successivamente irreversibile per ipertrofia della tonaca media e fibrosi dell’intima. Le elevate resistenze arteriolari del circolo polmonare causano sovraccarico pressorio del ventricolo destro con dilatazione, ipertrofia, disfunzione contrattile e segni di scompenso destro e bassa gittata. Nell’insufficienza mitralica, invece, la pressione atriale sinistra, molto più bassa di quella aortica, fa sì che il sangue refluisca in atrio già durante la contrazione isometrica ventricolare. Nell’insufficienza mitralica cronica l’atrio sinistro si adatta dilatandosi, per cui la pressione a monte non aumenta significativamente; nell’insufficienza acuta, invece, l’atrio non ha tempo di adattarsi e subisce un brusco aumento pressorio con ripercussioni sulla pressione venosa polmonare. Il ventricolo sinistro, sottoposto a sovraccarico di volume, si dilata: inizialmente la frazione di eiezione rimane conservata, poi si riduce progressivamente perché il rigurgito in atrio riduce il volume sistolico effettivo. Una frazione di eiezione <60% è indicativa di compromissione ventricolare sinistra. Nel nostro paziente, per segni, sintomi e reperti auscultatori, è probabile un coinvolgimento valvolare mitralico, in particolare stenosi o steno-insufficienza. L’intervento di scelta, nella stenosi mitralica clinicamente significativa (area ?1,5 cm²) o sintomatica, e nei pazienti con controindicazioni alla chirurgia, è la valvuloplastica percutanea con palloncino: una “dilatazione controllata” eseguita con un palloncino ad alta resistenza gonfiato in prossimità della valvola, introdotto tramite catetere da vena femorale destra. È una tecnica mini-invasiva che riduce morbilità e mortalità perioperatorie, con buona efficacia a lungo termine (sopravvivenza libera da eventi nel 30-70% dei casi), sebbene non siano rare le restenosi. Non può essere eseguita in presenza di calcificazioni valvolari, per cui è indicata la sostituzione valvolare.


8 di 17 Domande

Un ragazzo di 20 anni presenta il seguente ECG. Cosa si nota all'ECG?

product image













La risposta esatta è la A.

Le derivazioni da V1 a V6, chiamate derivazioni precordiali, esprimono l’attività elettrica del cuore sul piano orizzontale: V1-V2 esplorano il setto interventricolare, V3-V4 la parete anteriore del ventricolo sinistro, V5-V6 la parete laterale del ventricolo sinistro. L’onda P indica la depolarizzazione atriale, il complesso QRS e l’onda T indicano rispettivamente la depolarizzazione e la ripolarizzazione ventricolare, mentre la ripolarizzazione atriale non è visibile poiché avviene durante la depolarizzazione ventricolare. In età giovanile, dopo la pubertà, il vettore di ripolarizzazione ventricolare rende le T positive in tutte le derivazioni precordiali, tranne V1 e raramente V2; in casi eccezionali, la negatività può coinvolgere anche V3 e V4 (onda T giovanile). Dopo la pubertà, la presenza di onde T invertite ?2 mm in due o più derivazioni contigue del ventricolo destro può indicare cardiopatia congenita con sovraccarico di pressione o volume (cardiomiopatia aritmogena del ventricolo destro) oppure, più raramente, patologie ereditarie dei canali del sodio o potassio. L’ECG descritto mostra ritmo sinusale, alterazioni diffuse della ripolarizzazione con T negativa da V1 a V5, R alta in V1 e asse spostato a destra: reperti suggestivi di ipertrofia ventricolare destra a carattere aritmogeno. La cardiomiopatia aritmogena del ventricolo destro è spesso familiare, più frequentemente a trasmissione autosomica dominante, e coinvolge prevalentemente ma non esclusivamente il ventricolo destro. Nel 10-20% dei casi è presente una mutazione nei geni che codificano proteine del desmosoma. Istologicamente si osserva progressiva sostituzione del miocardio con tessuto fibro-adiposo, che genera aree di discinesia e dilatazione soprattutto nel tratto di afflusso, efflusso e apice del ventricolo destro (triangolo della displasia), ma può estendersi all’intera parete ventricolare destra o anche al ventricolo sinistro. Questa condizione, per le alterazioni morfologiche e funzionali, è causa frequente di aritmie ventricolari e morte improvvisa, soprattutto in età giovanile durante o subito dopo l’attività fisica. In presenza di un ECG di questo tipo è quindi indicato eseguire un ecocardiogramma per rilevare eventuali alterazioni strutturali cardiache.


9 di 17 Domande

Una paziente di 80 anni giunge in osservazione per cardiopalmo aritmico e dispnea da sforzo, in peggioramento da qualche giorno. Quale è la diagnosi all'ECG?

product image













La risposta esatta è la D.

All’analisi dell’Ecg, il riconoscimento del ritmo sinusale avviene mediante l’individuazione dell’onda P, cioè l’onda di depolarizzazione atriale, che deve essere visibile senza difficoltà in tutte le derivazioni (o quasi) ma soprattutto deve essere positiva in D2 e negativa in aVR.

L’impossibilità nel riconoscere le onde P, e la sostituzione di questa da parte di due o più ondulazioni chiamate onde “ f” , associato alla presenza di complessi ventricolari collocati ad intervalli variabili (intervalli RR variabili), ci permette di fare la diagnosi di fibrillazione atriale.

La fibrillazione atriale è una tachiaritmia che, nella maggior parte dei casi, si presenta in concomitanza di patologie cardiache strutturali.

E’ relativamente frequente nella popolazione anziana; lo è decisamente meno in quella giovane, ma può presentarsi anche in questa, soprattutto in concomitanza di alcune patologie quali ipertiroidismo, ipertensione o diabete.

In questa patologia gli atri vengono eccitati in maniera disorganizzata e caotica, con una frequenza di attivazione che può andare dai 400 sino ai 650 impulsi/minuto. E’ stato documentato che la presenza di questa attività incontrollata è da collegare alla presenza di uno o più foci ectopici, spesso localizzati allo sbocco delle vene polmonari, che scaricano ad alta frequenza. Sono presenti molteplici circuiti di rientro attraverso i quali viaggiano gli impulsi che attivano le cellule atriali, si estinguono, e poi si riformano. Gli impulsi generati arrivano sino al nodo atrio-ventricolare nel quale vengono “ filtrati” , motivo per cui il numero di impulsi che raggiunge i ventricoli, sebbene comunque alto (140-150 impulsi/minuto), è numericamente inferiore rispetto a quelli atriali.

All’Ecg la diagnosi di fibrillazione atriale viene fatta per l’assenza di onde di attivazione atriale (onde P) regolari; di conseguenza, anche i complessi QRS si succedono in maniera irregolare. Si parla di fibrillazione parossistica quando si verifica in crisi episodiche che hanno risoluzione spontanea entro 7 giorni dall’insorgenza, oppure persistente quando si risolve dopo 7 giorni, spesso con l’ausilio di una terapia farmacologica o elettrica. In taluni casi diventa permanente. All’auscultazione i toni sono totalmente aritmici; il I tono varia continuamente di intensità e la pausa tra il I e il II tono è variabile; l’aritmia può essere riscontrata anche al polso radiale, ma questo consente di rilevare solo le sistoli emodinamicamente efficaci.

I pazienti generalmente manifestano una sintomatologia variabile all’insorgenza della fibrillazione, sebbene talvolta possano essere totalmente asintomatici e il suo riscontro possa avvenire casualmente durante l’esecuzione di un Ecg. Di frequente i pazienti, essendo la FA una tachiaritmia ad alta frequenza, hanno la sensazione di avere delle palpitazioni; talvolta invece i sintomi d’esordio sono quelli riconducibili ad uno scompenso cardiaco, con dispnea e/o angina, oppure possono essere i segni di uno scompenso emodinamico, dovuto alla perdita della sistole atriale efficace.

A causa delle alterazione cardiache di tipo strutturale, in particolar modo la dilatazione atriale, e i difetti di cinetica, per la sua contrazione sistolica inefficace, i pazienti con fibrillazione hanno un aumentato rischio di eventi cardiovascolari e di fenomeni tromboembolici (embolie cerebrali dovute alle formazioni trombotiche atriali).

Valutato l’Ecg del nostro paziente, la diagnosi corretta è proprio quella di “ fibrillazione atriale” .

 

La risposta A è errata.

L’extrasistole è una contrazione miocardica che avviene prima rispetto ai tempi previsti dal ritmo sinusale del paziente, alterando quindi la regolare successione dei battiti; è , di fatto, un “ battito in più ” che può essere percepito dal paziente come un battito mancante o un flutter.

A seconda della camera di origine, atriale o ventricolare, si potranno avere extrasistoli atriali o ventricolari.

Nella maggior parte dei casi si tratta di una aritmia benigna che non necessità di alcun trattamento; in altri casi invece può essere sintomo  di una patologia cardiaca importante. Le extrasistoli ventricolari isolate sono abbastanza frequenti nella popolazione generale e possono presentarsi con varie morfologie: ad esempio, nelle extrasistoli ventricolari originate dal fascicolo anteriore o posteriore della branca sinistra avremo un QRS tipo blocco di branca destra associato ad emiblocco anteriore o posteriore sinistro e molto spesso, questa morfologia è associata a forme benigne; nella sindrome di Brugada hanno generalmente una morfologia tipo blocco di branca sinistra, destra o entrambe; nella sindrome dal QT lungo la loro morfologia può essere variabile così come in altre condizioni.

Il nostro paziente non mostra alterazioni Ecg riconducibili ad extrasistoli ventricolari.

 

La risposta B è errata.

La depolarizzazione atriale provoca, all’Ecg, la comparsa dell’onda P; la depolarizzazione del nodo atrio-ventricolare porta alla comparsa di un tratto isolelettrico tra la fine dell’onda P e l’inizio del QRS.

Il tratto che va dall’inizio dell’onda P sino all’inizio del complesso ventricolare prende il nome di “ intervallo PQ” . La normale durata del tratto PQ è di 0,14-0,16 secondi: 0,08 secondi è la durata dell’onda P invece 0,06-0,08 secondi è la durata del tratto isoelettrico. Si parla di blocco atrio-ventricolare di I grado (BAVI) quando il PQ è > 0,20 secondi.

Per fare diagnosi di BAVI  è sufficiente individuare le onde P, che risultano seguite dal normale complesso ventricolare (onde P condotte), ma la durata dell’intervallo PQ è maggiore di 0,20 secondi, cioè , all’Ecg, più di 5 quadratini piccoli. Generalmente questo allungamento del PQ è dovuto ad un rallentamento nella conduzione a livello del nodo atrioventricolare.

Il nostro paziente non ha un BAV di I grado.

 

La risposta C è errata.

Il flutter atriale è una tachiaritmia, caratterizzata da una attivazione atriale molto rapida (frequenza superiore a 240 impulsi/minuto), dovuta ad alterazioni anatomiche e funzionali riguardanti principalmente l’atrio destro che provocano un meccanismo di rientro intra-atriale.

Il fronte d’onda del circuito di rientro segue generalmente un percorso in senso antiorario con partenza dal basso e attivazione dell’atrio verso la parete laterale, seguendo il tetto e il setto interatriale . In alcuni casi la progressione del fronte d’onda può avvenire in maniera non comune, in senso orario. In altri casi più sporadici, il circuito di rientro segue percorsi più complessi o attiva zone atriali normalmente non interessate.

E’ una aritmia associata generalmente ad anomalie strutturali della parete atriale, in particolar modo alla dilatazione atriale,  provocata da varie forme di cardiopatie come miocardiopatie, cardiopatie congenite, scompenso cardiaco, valvulopatie, oppure processi infiammatori o infiltrativi, embolia polmonare, cuore polmonare cronico, broncopneumopatia.

All’Ecg l’aspetto del flutter atriale è facilmente riconoscibile: si assiste ad una regolare successione di onde dall’aspetto costante “ onde F” , visibili in particolar modo nelle derivazioni D2, D3, aVF e V1. Nel flutter tipico comune le onde F sono positive in V1 e negative nelle derivazioni inferiori e, succedendosi senza essere separate da tratti isoelettrici, configurano l’aspetto a denti di sega del tracciato. Invece, nel flutter non comune, le onde F sono negative in V1 e positive nelle derivazioni inferiori.


10 di 17 Domande

La signora Rettori, una donna di 45 anni, si reca dal proprio medico curante, il Dott. Pressi, per malessere. Anamnesi patologica prossima: comparsa di febbre, disuria e dolore alla schiena. Il Dott. Pressi consiglia alla paziente di recarsi in ospedale per ulteriori accertamenti; qui la donna verrà successivamente ricoverata con una sospetta diagnosi di pielonefrite. La paziente viene sottoposta a terapia con antibiotici ad ampio spettro, che determinano un significativo miglioramento della sintomatologia. Tuttavia, durante il quarto giorno di ricovero, la donna presenta nuovamente febbre, con leucocitosi e profusa diarrea acquosa. Esami strumentali: viene effettuata una colonscopia, visibile nell’ immagine sottostante.

Quale è la terapia per il trattamento di questo disturbo?

product image













La risposta corretta è la D.

La paziente presenta una colite pseudomembranosa causata da Clostridium difficile, un batterio appartenente alla famiglia Clostridiaceae, patogeno per l’uomo, Gram+ anaerobio. Il C. difficile è virulento in quanto possiede due tossine: la tossina A, un’enterotossina che si lega alle cellule della mucosa e causa un’ipersecrezione di liquido determinando diarrea acquosa; la tossina B, una citotossina che provoca gravi danni alla mucosa determinandone l’aspetto pseudomembranoso. Il Clostridium difficile causa colite associata ad antibiotici, tipicamente in ambiente ospedaliero. Fa parte normalmente del microbiota umano; tuttavia, quando si utilizzano antibiotici per lungo tempo, questi possono distruggere anche i batteri che tengono “sotto controllo” il Clostridium. Quando il C. difficile diviene dominante, si possono avere crampi addominali, colite pseudomembranosa, diarrea (talora ematica), raramente sepsi e addome acuto. I sintomi insorgono alcuni giorni dopo l’inizio della terapia antibiotica e includono diarrea acquosa o scariche di feci non formate, crampi addominali, raramente nausea e vomito. Per la diagnosi è importante l’identificazione della tossina nelle feci. Il trattamento consiste nell’interrompere la terapia antibiotica; se la sintomatologia è grave è possibile utilizzare vancomicina o metronidazolo (nel nostro caso, non essendo la vancomicina tra le opzioni, la risposta corretta è la D).


11 di 17 Domande

Una paziente di 58 anni si presenta presso il reparto di nutrizione clinica. La donna presenta BMI 20,9, circonferenza vita 88 cm, analisi ematochimiche (in allegato) in cui si presenta colesterolo LDL fuori range e glicemia a digiuno elevata.

In seguito ai valori di glicemia a digiuno riscontrati, si richiede curva da carico orale di glucosio (OGTT). In base ai risultati sopra riportati, la paziente presenta:

product image













La risposta corretta è la B.

Il diabete è un gruppo di alterazioni caratterizzate da elevati livelli di glicemia, legati a un’alterata secrezione insulinica o a una ridotta sensibilità all’insulina. Questa alterata secrezione può variare da forme severe, in cui la produzione di insulina è nulla o quasi (diabete di tipo I, pancreasectomia), a forme intermedie modulate dall’insulino-resistenza.

L’insulino-resistenza da sola non è in grado di slatentizzare un diabete mellito: è necessario un danno della secrezione. Le alterazioni del metabolismo del glucosio si associano inoltre a modifiche del metabolismo lipidico e proteico, predisponendo a complicanze vascolari: microvascolari (rene, arti inferiori, retina) e macrovascolari (cuore, cervello, arterie degli arti inferiori).

Il diabete si classifica in due tipologie principali:

– diabete mellito di tipo I (insulino-dipendente), che può avere cause immuno-mediate o idiopatiche;

– diabete mellito di tipo II (non insulino-dipendente), malattia metabolica caratterizzata da iperglicemia in un contesto di insulino-resistenza e deficienza insulinica relativa, nella maggior parte dei casi senza necessità di insulina.

Esiste poi il diabete gestazionale, che compare in gravidanza e regredisce dopo il parto.

Tra le sindromi secondarie ricordiamo:

– pancreasectomia (oggi non più praticata nelle pancreatiti, ma solo nei tumori),

– patologie del pancreas esocrino (es. pancreatite),

– patologie endocrine (acromegalia, sindrome di Cushing, feocromocitoma, poiché l’insulina è l’unico ormone ipoglicemizzante),

– tossicità da farmaci o sostanze chimiche (glucocorticoidi, tiazidici, ecc.).

Il diabete può rimanere a lungo silente. Si stima che, a fronte di una prevalenza diagnosticata del 4%, un ulteriore 4% resti non diagnosticato.

Per la diagnosi, le misurazioni della glicemia prevedono:

– glicemia a digiuno (da almeno 12 ore): due rilevazioni ?126 mg/dl;

– glicemia random >200 mg/dl, ma solo in paziente sintomatico (polidipsia, poliuria, nicturia, ecc.);

– curva da carico con 75 g di glucosio in 200-250 ml d’acqua: il test si esegue solo se la glicemia basale è <126 mg/dl, e la diagnosi si pone se a 2 ore la glicemia è >200 mg/dl.


12 di 17 Domande

La signora Bellini è una giovane donna ricoverata nel reparto di ginecologia ed ostetricia dopo un parto complicato da una rottura prematura delle membrane amnio-coriali ed un prolungato travaglio. Anamnesi patologica prossima: In seconda giornata sviluppa febbre con brivido associata ad ipotensione e intenso dolore addominale che fanno sospettare un’ endometrite purperale. Il Dott. Lanfranchi decide di sottoporre la paziente ad una radiografia del torace e decide di avviare la terapia antibiotica e reidratante con 4.000 ml di soluzione salina nelle successive 24 ore ma l’ ipertermia persiste e si ottiene un lieve incremento della pressione arteriosa. Improvvisamente la sig.ra Bellini presenta dispnea. Esame obiettivo: viene rilevata una SpO2 dell’ 82% che non aumenta anche con ossigenoterapia con FiO2 del 100%. Il Dott. Lanfranchi decide quindi di intubare la paziente e si eroga una FiO2 del 100%. Non si rileva turgore giugulare, all’ auscultazione polmonare si apprezzano crepitii diffusi bilateralmente. Esami di laboratorio-strumentali: viene rapidamente inviato in laboratorio un campione di sangue arterioso che evidenzia PaO2 di 62 mmHg e PaCO2 di 33 mmHg. L’ ECG mostra tachicardia sinusale. Viene effettuato un nuovo RX del torace che mostra un quadro polmonare modificato rispetto a quanto si era visto nel precedente. Sulla base dei dati forniti quale tra le seguenti è la diagnosi più probabile?

product image













La risposta corretta è la B.

Questo paziente molto probabilmente ha una ARDS e il rapporto PaO2/FiO2 è <200: la paziente ha un rapporto di 60 (FiO2 = 1 ovvero 100% e PaO2 di 60 mmHg: necessita di ossigeno al 100% per mantenere una pressione di PaO2 accettabile). La RX torace mostra infiltrati polmonari diffusi non riconducibili a eziologia cardiogena. L’EO evidenzia dispnea ingravescente a insorgenza improvvisa, con crepitii diffusi bilateralmente. La paziente presentata nel caso è verosimilmente affetta da ARDS in seguito a sepsi da endometrite postpartum.

La sindrome da distress respiratorio acuto (ARDS) è una grave malattia acuta polmonare. I fattori scatenanti sono numerosi: polmonite, shock, gravi traumi, sepsi, aspirazione di alimenti (ab ingestis), pancreatite. È caratterizzata da danno diffuso della membrana alveolo-capillare, con edema polmonare non cardiogenico (ricco di proteine) e insufficienza respiratoria acuta (ARF). Si osserva reclutamento di neutrofili nei capillari alveolari e formazione di membrane ialine. I neutrofili rilasciano chemochine (che richiamano istiociti), producono ROS, proteasi, leucotrieni, fattore di attivazione piastrinica, prostaglandine e altre molecole che danneggiano le barriere tra capillari e spazi aerei. Gli alveoli e l’interstizio si riempiono di proteine, detriti cellulari e liquido, con distruzione del surfattante, collasso alveolare e mismatch ventilazione/perfusione.

L’ARDS determina grave ipossiemia refrattaria all’ossigenoterapia. I criteri diagnostici comprendono:

– Opacità bilaterali alla RX non spiegabili da versamento, atelettasia o noduli.

– PaO2/FiO2 ?200 mmHg.

– Assenza di evidenza clinica di aumentata pressione atriale sinistra o insufficienza cardiaca (PCWP <18 mmHg). Una pressione di incuneamento capillare polmonare >18 mmHg orienta invece verso edema polmonare cardiogeno.

Secondo la “Definizione di Berlino 2012” l’ARDS si classifica in:

– Lieve: PaO2/FiO2 ?200 mmHg.

– Moderata: PaO2/FiO2 ?100 mmHg.

– Grave: PaO2/FiO2 ?100 mmHg.


13 di 17 Domande

Una paziente di 58 anni si presenta presso il reparto di nutrizione clinica. La donna presenta BMI 20,9, circonferenza vita 88 cm, analisi ematochimiche (in allegato) in cui si presenta colesterolo LDL fuori range e glicemia a digiuno elevata.

Per il paziente diabetico è essenziale assumere cibi a basso indice glicemico. Qual è tra i seguenti alimenti quello che presenta il più basso indice glicemico?

product image













La risposta corretta è la A.

Il diabete è un gruppo di alterazioni caratterizzate da elevati livelli di glicemia, legati a un’alterata secrezione insulinica o a una ridotta sensibilità all’insulina. Questa alterata secrezione può variare da forme severe, in cui la produzione di insulina è nulla o quasi (diabete di tipo I, pancreasectomia), a forme intermedie modulate dall’insulino-resistenza. L’insulino-resistenza da sola non è in grado di slatentizzare un diabete mellito: serve un danno della secrezione. Le alterazioni del metabolismo del glucosio si accompagnano anche ad alterazioni del metabolismo lipidico e proteico, predisponendo a complicanze vascolari: microvascolari (rene, retina, arti inferiori) e macrovascolari (cuore, cervello, arterie periferiche). Il diabete si classifica in due tipologie principali: diabete mellito di tipo I (insulino-dipendente), con cause immuno-mediate o idiopatiche; diabete mellito di tipo II (non insulino-dipendente), malattia metabolica caratterizzata da iperglicemia in un contesto di insulino-resistenza e relativa deficienza insulinica, che nella maggior parte dei casi non richiede terapia insulinica. Esiste anche il diabete gestazionale, che si manifesta in gravidanza e regredisce dopo il parto. Tra le forme secondarie: pancreasectomia (oggi non più praticata nelle pancreatiti, ma solo nei tumori), patologie del pancreas esocrino (es. pancreatite), patologie endocrine (acromegalia, sindrome di Cushing, feocromocitoma, poiché l’insulina è l’unico ormone ipoglicemizzante), tossicità da farmaci o sostanze (glucocorticoidi, tiazidici, ecc.). Il diabete può progredire a lungo senza sintomi. Si calcola che, a fronte di una prevalenza diagnosticata del 4%, un ulteriore 4% rimane non diagnosticato. Per la diagnosi: glicemia a digiuno ?126 mg/dl in due misurazioni, glicemia random >200 mg/dl in presenza di sintomi (poliuria, polidipsia, nicturia), curva da carico con 75 g di glucosio (diagnosi se glicemia >200 mg/dl a 2 ore). Prima del test, la glicemia basale deve essere <126 mg/dl. Il test va eseguito in pazienti non ricoverati, in buone condizioni cliniche, dopo dieta abituale (non ridotta in carboidrati), a digiuno dalla mezzanotte, senza febbre, stress o fumo. Indicazioni alla curva da carico: glicemia alterata a digiuno (100–125 mg/dl), familiarità per diabete dai 30-40 anni, obesità, complicanze cardiovascolari (TIA, angina, claudicatio), soprattutto se obesi e fumatori, infezioni urinarie o cutanee ricorrenti con glicemia alterata. Il 90% dei casi è di tipo II, storicamente detto diabete dell’adulto (esordio >40 anni), ma oggi è sempre più precoce (anche a 18 anni), correlato all’obesità, in particolare infantile (Italia con alta prevalenza, soprattutto nel centro-sud). Nei gemelli monozigoti la concordanza è ~100% nel tipo II, mentre nel tipo I, pur avendo componente genetica, è solo del 50% per il ruolo di fattori ambientali. Anche nei monozigoti separati alla nascita la concordanza del tipo II rimane elevata, a dimostrazione della forte componente genetica, ancora non del tutto chiarita.


14 di 17 Domande

Il sign. Anichi, un uomo di 65 anni, viene trasferito d’ urgenza dal reparto di psichiatria dell’ Ospedale di Ancona, presso il pronto soccorso dello stesso ospedale, per intenso dolore addominale e costipazione. Anamnesi patologica remota: il paziente non è in grado di fornire una storia medica personale significante e le uniche informazioni che vengono fornite sono scritte su un foglio dove sono prescritti diversi farmaci psichiatrici e lassativi. Esame obiettivo: si apprezza un addome disteso ma poco dolente e alla percussione si riscontra un suono iper-timpanico. Esami strumentali: i medici decidono di sottoporre il paziente ad un RX diretto dell’ addome. Quale è la diagnosi?

product image













La risposta corretta è la A.

Il volvolo intestinale è una torsione assiale di un segmento del tenue o del colon su sé stesso o sul proprio mesentere che produce un’ ostruzione sia prossimale che distale del lume;

La torsione determina anche una compressione vascolare (prima venosa e in un secondo tempo anche arteriosa), che a sua volta determina alterazione dei meccanismi di assorbimento, ischemia e nei casi gravi anche necrosi e gangrena dell’ ansa in torsione.

Si ha ovviamente alvo chiuso a feci e gas, dolori addominali, nausea, vomito, addome disteso.

Si ha peritonite se vi è necrosi- gangrena-perforazione.

Radiologicamente il primo esame da eseguire, a meno che non ci siano condizioni di estrema urgenza, anche per la velocità di esecuzione, è un RX diretta dell’addome, che mostra una sovradistensione abnorme delle anse coinvolte con il tipico aspetto a “coffee sign”, ovvero a chicco di caffè (come mostrato in figura).

In casi selezionati, può essere tentata una derotazione dell’ ansa per via endoscopica.

Tuttavia, solitamente la terapia è chirurgica:

– Se non sono presenti segni di sofferenza ischemica, si effettua una semplice derotazione,

– Se sono presenti segni di sofferenza ischemica, si una resezione segmentaria.

Il volvolo del sigma può presentarsi con distensione addominale associata a dolore intenso, vomito e costipazione.

La colectomia sigmoidea rappresenta l’intervento di resezione del sigma e può essere eseguito sia per via laparotomica che laparoscopica, ma rappresenta il trattamento di seconda linea per il volvolo sigmoideo dopo la sigmoidoscopia, che invece è quello di prima linea.


15 di 17 Domande

Dati i risultati della spirometria riportata, quale ulteriore chiarimento diagnostico è da ritenere opportuno per chiarire l'ipotesi diagnostica?

product image













La risposta esatta è la C.

Il test più frequentemente utilizzato per la misura dei volumi statici e dinamici è la spirometria che, con l’applicazione del principio di Venturi, misura la quantità di aria inspirata ed espirata.

I volumi polmonari vengono espressi in litri, a pressione ambientale satura di vapore acqueo a 37 °C. Distinguiamo i volumi polmonari statici (Vt o volume corrente; VRI o volume di riserva inspiratoria; VRE o volume di riserva espiratoria; VR o volume residuo) e dinamici (VEMS o volume espiratorio massimo al secondo o FEV1; CVF o capacità vitale forzata; MVV o massima ventilazione volontaria).

Le capacità polmonari includono CV o capacità vitale, CI o capacità inspiratoria, CFR o capacità funzionale residua e CPT o capacità polmonare totale. Andiamo ad analizzare i risultati del nostro esame spirografico partendo da alcuni presupposti (non tutti i parametri sottoelencati sono riportati nel nostro esame spirografico, ma li citiamo per completezza): la FVC indica il volume totale di aria che viene espulsa in una espirazione forzata, partendo da una inspirazione massimale; la FEV1 è il volume di aria espirata nel 1 ° secondo di una espirazione forzata, partendo da una piena inspirazione; il MEF esprime la velocità massima che viene data all’aria durante l’esecuzione di una espirazione forzata iniziata dopo una inspirazione completa (convenzionalmente si valutano i massimi flussi al 25%, al 50% e al 75% della CVF); il rapporto FEV1/FVC (FEV1% o indice di Tiffenau) è la percentuale di CV espirata nel primo secondo; il FEF 25-75% è il flusso medio di aria espirata durante una espirazione forzata (viene solitamente misurato dal punto in cui il 25% sino al 75% della CVF è stato espirato).

Nel caso da noi considerato notiamo in particolare una VEMS (o FEV1) bassa e un basso rapporto FEV1/CVF (rapporto valori assoluti, che risulta essere inferiore a 70): questi risultati sono tipici dei pattern ostruttivi intrapolmonari come nel caso di asma bronchiale, BPCO e nelle bronchiectasie.

Per chiarire la natura di questa condizione è indicato eseguire alcuni esami integrativi come il test di reversibilità , o test di broncodilatazione (risposta C corretta). Lo scopo di questa prova è di valutare la regressione dell’ostruzione delle vie aeree con la somministrazione di un broncodilatatore così da differenziare l’asma bronchiale dalla BPCO. In seguito alla spirometria basale si fa inalare al paziente una dose di 200-400 mcg di un ß 2 agonista (es. salbutamolo) e dopo circa 10-20 minuti si ripete la spirometria che verrà confrontata con quella precedente.

La risposta viene valutata sulla base dell’aumento percentuale della FEV1. Si possono ottenere tre risultati:

-aumento della FEV1 di più del 12% o di 200 ml rispetto al valore basale con ritorno a valori normali (>80% del predetto): il deficit respiratorio ostruttivo è reversibile quindi il pattern depone per asma bronchiale

-aumento della FEV1 del 12% o di 200 ml rispetto al valore basale ma comunque rimane < all’80% del teorico e il rapporto FEV1/CVF è < a 70%: il deficit ostruttivo è parzialmente reversibile e può essere compatibile con BPCO o asma bronchiale.

-aumento della FEV1 inferiore al 12% o meno di 200 ml rispetto al valore basale: il deficit ostruttivo non è reversibile; è tipico della BPCO ma può essere presente anche nell’asma bronchiale grave persistente.

 

La risposta A è errata.

La scintigrafia ventilatoria è una procedura diagnostica nucleare che, mediante l’utilizzo di composti radioattivi (generalmente l’albumina marcata con tecnezio 99 metastabile), viene impiegata nello studio delle anomalie del rapporto ventilazione perfusione.

Può essere impiegata nello studio delle patologie polmonari ma rappresenta un esame di secondo o terzo livello, motivo per cui il quadro clinico del nostro paziente deve essere prima valutato da esami di più facile esecuzione, minor costo, e minore possibilità di danno biologico.

 

La risposta B è errata.

La Tc (tomografia computerizzata) è tipo di esame radiodiagnostico, che utilizza i raggi X, grazie al quale è possibile riprodurre immagini di sezioni o strati corporei, ultrasottili e dettagliati, in un tempo estremamente breve.

Normalmente viene considerato un esame di secondo livello, utile a dirimere dubbi diagnostici di particolare rilevanza clinica.

Con angioTc si intende l’ integrazione dell’ esame basale, con lo studio dell’ albero vascolare (soprattutto i vasi arteriosi) tramite l’ iniezione endovenosa di un mezzo di contrasto. L’ angioTc viene appunto utilizzata per la rilevazione di anomalie vascolari come, ad esempio, aneurismi, dissecazioni, stenosi.

Dato il sospetto diagnostico, non è l’esame più adatto per l’approfondimento del quadro clinico.

 

La risposta D è errata.

L’ ecografica è una metodica che utilizza gli ultrasuoni. Ogni tessuto possiede una sua impedenza acustica, funzione della densità del tessuto stesso; il punto di passaggio tra due tessuti a diversa impedenza acustica si definisce interfaccia acustica. Quando gli ultrasuoni, prodotti dalla sonda ecografica, penetrano nei tessuti ed incontrano una interfaccia acustica, una parte di questo fascio ultrasonoro viene riflessa indietro e va a costituire quello che prende il nome di “ eco” . L’ eco viene quindi rilevato dai cristalli piezoelettrici della sonda e attraverso l’ analisi di frequenza e lunghezza d’ onda verranno poi prodotte le immagini. Le varie interfacce acustiche incontrate dagli ultrasuoni hanno una diversa ecogenicità . L’ ecogenicità di una interfaccia acustica è data dalla differenza di impedenza acustica fra i due tessuti. Se due tessuti hanno la stessa impedenza, l’ interfaccia sarà scarsamente ecogena e quindi il fascio ultrasonoro riflettuto sarà ridotto. Al contrario, per tessuti con grande differenza di impedenza, avremo una interfaccia molto iperecogena e quindi il fascio riflesso sarà maggiore.

L’ aria è l’ interfaccia più ecogena presente nei sistemi biologici poiché è in grado di riflettere quasi il 100% del fascio ultrasonoro (immagine estremamente iperecogena). L’ acqua, o i liquidi limpidi in generale, al contrario, non riflettono il fascio ultrasonoro perché lo assorbono (immagine ipoecogena).

Detto questo, l’ ecografia risulta essere la metodica meno idonea ad esplorare il parenchima polmonare poiché l’ aria alveolare non permette il passaggio delle onde meccaniche, motivo per cui la sospetta patologia del nostro paziente deve essere esplorata in prima battuta con altri esami clinici e diagnostici e non con l’ecografia.


16 di 17 Domande

Viene riscontrato il seguente quadro radiologico in una donna di 30 anni, che è stata sottoposta ad una TC total body in seguito ad un incidente stradale. Cosa mostra la TC?

product image













La risposta corretta è la B

Nell'immagine (a) la TC ha evidenziato enfisema sottocutaneo delle palpebre destre (freccia). Nell'immagine (b) è stato osservato enfisema nell’orbita destra (cerchio). È stato inoltre riscontrato enfisema sottocutaneo nell’area della guancia (freccia). Non vi era presenza evidente di aria nello spazio intracranico né fratture della parete o del pavimento orbitario.


17 di 17 Domande

La signora Boggi, una donna di 70 anni, si reca dal medico curante, il Dott. Candi, lamentando dolore al braccio, insorto dopo essere scivolata sul ghiaccio, cadendo in avanti sulle sue mani. Quale è la diagnosi radiologica?

product image













La risposta corretta è la D.

Dalla radiografia mostrata si può apprezzare una frattura a tutto spessore carico della porzione meta-epifisaria distale del radio, evidenziabile come una stria di radiotrasparenza che interrompe la corticale ossea, probabilmente provocata da un arto iper-esteso verso l’ esterno che cerca di parare una caduta: si tratta di una frattura completa, spostata e angolata dorsalmente a livello del radio distale. Quando tale tipo di frattura si associa alla frattura anche dello stiloide ulnare si parla di frattura di Colles. Le altre strutture ossee in esame indicate nelle opzioni non appaiono interessate da eventi fratturativi-traumatici (le risposte A, B, C ed E non sono corrette)


Consegna il compito!


Tempo Rimasto 3 minuti!

Dottore, non aggiorni questa pagina prima del completamento della correzione.
Clicchi su "Consegna il Compito" per ottenere la correzione del compito.

consegna v3 il compito