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1 di 37 Domande

Quale complicanza clinica NON si riscontra nell'IRC terminale?














La risposta corretta è la B

Nell’IRC terminale non si riscontra come complicanza l’artrite. La malattia renale cronica è classificata in 5 stadi: Stadio 1: velocità di filtrazione glomerulare normale (?90 mL/min/1,73 m²) con albuminuria persistente o malattia renale strutturale o ereditaria; Stadio 2: 60-89 mL/min/1,73 m²; Stadio 3a: 45-59 mL/min/1,73 m²; Stadio 3b: 30-44 mL/min/1,73 m²; Stadio 4: 15-29 mL/min/1,73 m²; Stadio 5: <15 mL/min/1,73 m². La velocità di filtrazione glomerulare può essere stimata tramite l’equazione CKD-EPI: 141 × (creatinina sierica)^-1,209 × 0,993^età, moltiplicata per 1,018 se donna e 1,159 se afroamericano (1,1799 per donne afroamericane). Questo calcolo è poco accurato negli anziani sedentari, obesi o molto magri. In alternativa, si può usare l’equazione di Cockcroft-Gault per stimare la clearance della creatinina, che tende a sovrastimare del 10-40%. Le complicanze comprendono quelle neurologiche (neuropatia periferica), ematologiche (anemia da ridotta produzione di eritropoietina), scheletriche (osteodistrofia, risposte C-D-E errate) e pericardite nel 20% dei pazienti con insufficienza renale (risposta A errata).


2 di 37 Domande

Nella brucellosi acuta qual e' il titolo minimo per la diagnosi:














La risposta corretta è la C.

La brucellosi (nota anche come "febbre ondulante", "febbre mediterranea" o "febbre maltese") è un’infezione zoonotica trasmessa all’uomo da animali infetti (bovini, ovini, caprini, cammelli, suini o altri) attraverso l’ingestione di prodotti alimentari non pastorizzati, in particolare lattiero-caseari, oppure per contatto diretto con tessuti o fluidi contaminati. Va sospettata in pazienti con febbre, malessere, sudorazione notturna e artralgie in presenza di esposizione epidemiologica significativa, come consumo di prodotti caseari non pastorizzati, contatto con animali in aree endemiche o esposizione professionale. Una diagnosi presuntiva può essere formulata sulla base di:

  • titolo anticorpale totale anti-Brucella ?1:160 mediante test di agglutinazione in provetta standard su siero prelevato dopo l’insorgenza dei sintomi;
  • rilevazione del DNA di Brucella in un campione clinico tramite reazione a catena della polimerasi (PCR).

3 di 37 Domande

In figura è rappresentato uno schema della sequenza genica che costituisce l’operone Lac (sequenza genica che regola la produzione delle lattasi) dei procarioti. Si tratta di una sequenza regolatrice che determina la produzione di lattasi, quando?

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La risposta corretta è la B

La domanda chiede quando l’operone lac, sequenza regolatrice della produzione di lattasi, induce l’espressione: la risposta corretta è “Quando è presente lattosio nel mezzo di coltura”. Nel sistema lac dei procarioti, in assenza di lattosio il repressore LacI si lega all’operatore e impedisce all’RNA polimerasi di trascrivere i geni lacZYA; quando è presente lattosio, una parte viene isomerizzata in allolattosio che funge da induttore legandosi a LacI, causandone il distacco dall’operatore e consentendo l’avvio della trascrizione, inclusa la sintesi di ?-galattosidasi (lattasi). L’espressione è massima se il glucosio è basso perché il complesso cAMP-CAP facilita il reclutamento dell’RNA polimerasi, ma la condizione chiave che rimuove la repressione è la presenza di lattosio. In sintesi, il lattosio segnala alla cellula di esprimere gli enzimi necessari al suo metabolismo attivando l’operone lac.


4 di 37 Domande

Un bambino di 2 anni di origine africana si presenta con tumefazioni dolorose della mani e piedi. Dati di laboratorio mettono in evidenza una emoglobina di 9g/dl, una conta dei globuli bianchi di 11500/mm3 ed una conta delle piastrine di 250000/mm3. Quale dei seguenti esami di laboratorio dara' supporto alla tua diagnosi?














La risposta corretta è la B

Il quadro clinico descritto è compatibile con anemia falciforme o drepanocitosi, un’emoglobinopatia caratterizzata dalla produzione di catene globiniche quantitativamente normali ma qualitativamente alterate. La causa della deformazione dei globuli rossi è una sostituzione amminoacidica (Glu ? Val) che favorisce l’aggregazione delle molecole di Hb con formazione di polimeri simili a pali nel citoplasma eritrocitario. La polimerizzazione, che avviene soprattutto nello stato deossigenato, determina deformazione e la caratteristica forma a falce dei globuli rossi. Questa condizione provoca squilibri che riducono elasticità e vitalità cellulare. I globuli rossi danneggiati rappresentano il principale trigger delle crisi vaso-occlusive, responsabili di fenomeni infartuali a livello del microcircolo, che spesso si manifestano con tumefazioni dolorose di mani e piedi. La prima manifestazione clinica è l’emolisi cronica con pallore, subittero o ittero, astenia, litiasi della colecisti e segni della deplezione di ossido nitrico. A livello arterioso si osserva diatesi trombotica per disfunzione endoteliale. L’emolisi cronica rappresenta uno stato di equilibrio, interrotto più o meno frequentemente da crisi vaso-occlusive. Tra le manifestazioni vaso-occlusive, tipica è l’ostruzione dei vasi retinici, che porta a cecità parziale o totale e determina cicatrici corio-retiniche, una delle manifestazioni retiniche più comuni e patognomoniche dell’anemia falciforme. Dal punto di vista laboratoristico, si osserva riduzione dell’Hb; la diagnosi è confermata da striscio periferico, test di solubilità ed elettroforesi dell’emoglobina, che evidenzia le anomalie strutturali.


5 di 37 Domande

Il Sig. Versici, un uomo di circa 70 anni, si reca presso l’ ambulatorio del proprio medico curante, Il Dott. Mancini, per un fastidio al polso destro. Anamnesi patologica prossima: lamenta dolore al polso destro da circa due giorni.

Anamnesi patologica prossima: positiva per due interventi di chirurgia sostitutiva dell'anca, due precedenti episodi di gotta in entrambe le prime articolazioni metatarso-falangee ed ipertensione. Esame obiettivo: il Dott. Mancini visitandolo riscontra la presenza di rossore e gonfiore sul versante dorsale del polso. La sintomatologia dolorosa viene esacerbata da movimenti di flesso-estensione completi. Gli vengono prescritti 80 mg di aspirina al giorno. Due giorni dopo il gonfiore però è aumentato sul versante dorsale del polso ed a livello della mano. La flessione del polso risulta limitata dell' 80% con dolore severo, pertanto il Sig. Versici si reca nuovamente presso l’ ambulatorio del Dott. Mancini, che rivisitandolo nota che evoca un dolore sordo alla palpazione dello scafoide e pertanto nel sospetto di frattura gli prescrive un esame radiografico del polso/mano. Esami strumentali-laboratoristici: evidenza di alterazioni riconducibili ad un quadro di artrite gottosa. Quale tipo di citochine sono coinvolte in questo processo?

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La risposta corretta è la C.

La flogosi è un meccanismo di difesa di tipo aspecifico: risponde all’agente lesivo di tipo fisico-meccanico, radiazioni, batteri o sostanze chimiche. È quindi la risposta al danno tissutale ed è un processo reattivo (diverso dalla necrosi che è regressiva), aspecifico (contro tutto ciò che causa danno), stereotipato (stessi meccanismi principali a prescindere dalla causa, con vie diverse secondo lo stimolo), e procede indipendentemente dalla causa (una volta innescato, continua anche se lo stimolo è rimosso). Nella fase acuta si ha aumento del flusso ematico e della permeabilità vascolare, con accumulo di fluidi, leucociti e mediatori come le citochine. Vari fattori solubili favoriscono il reclutamento dei leucociti aumentando l’espressione di molecole di adesione e di fattori chemiotattici. Le citochine chiave sono IL-1, TNF-?, IL-6, IL-8 e altre chemochine; IL-1 e TNF-? sono particolarmente potenti, inducono febbre promuovendo la sintesi di PGE2 nell’endotelio ipotalamico. L’IL-1 è prodotta da macrofagi, neutrofili, cellule endoteliali ed epiteliali: a basse concentrazioni induce adesione leucocitaria, ad alte induce febbre e proteine di fase acuta. Diversamente dal TNF-?, non causa da sola shock settico. Inoltre stimola i mastociti al rilascio di istamina, con vasodilatazione precoce e aumento della permeabilità.

Durante l’infiammazione avvengono: (1) modificazioni di flusso e calibro vascolare con aumento del flusso sanguigno, (2) modificazioni del microcircolo e formazione dell’essudato, (3) richiamo chemiotattico dei leucociti, (4) fagocitosi. Dopo lo stimolo lesivo si ha vasocostrizione transitoria seguita da vasodilatazione intensa (iperemia attiva, responsabile di rubor e calor). Successivamente si verifica rallentamento della circolazione (iperemia passiva o stasi), dovuto ad aumentata permeabilità capillare con essudazione proteica e aumento della viscosità ematica. Il modello tipico dell’infiammazione acuta comprende: alterazioni di flusso e calibro, iperemia attiva e passiva, permeabilizzazione endoteliale con essudato, migrazione leucocitaria e chemiotassi, fagocitosi.

La chemiotassi è movimento orientato lungo un gradiente chimico; gli stimoli possono essere esogeni (prodotti batterici) o endogeni (complemento, leucotrieni, citochine). Durante la stasi i neutrofili si dispongono lungo l’endotelio (marginazione). Segue l’adesione: i leucociti rotolano con legami labili, poi aderiscono stabilmente formando la “pavimentazione”. Successivamente attraversano l’endotelio (diapedesi) e migrano verso lo stimolo. L’endotelio normalmente è continuo e liscio, ma nell’infiammazione aumenta la permeabilità ed esprime molecole di adesione preformate (es. P-selectina dai corpi di Weibel-Palade).

Le principali molecole di adesione sono: selectine (E sull’endotelio, P sull’endotelio in infiammazione, L sui leucociti, legano zuccheri); immunoglobuline (ICAM-1 e VCAM-1, interagiscono con integrine leucocitarie, le ICAM-1 si legano alle integrine ?2); VCAM-2 proprie dell’endotelio; integrine (già presenti sui leucociti, ma con bassa affinità: aumentano l’avidità a seguito di stimoli chemiokinici e dell’induzione di ICAM/VCAM-1). Le citochine IL-1 e TNF inducono fortemente la sintesi di ICAM-1 e VCAM-2, molecole implicate nei legami forti, la cui espressione richiede più tempo.


6 di 37 Domande

Il Sig. Mariani, un uomo di 78 anni si reca presso il PS del Policlinico Torvergata di Roma, a causa di un episodio di dispnea acuta. Anamnesi patologica prossima: lamenta comparsa di episodi di tosse produttiva, gonfiore degli arti inferiori e dei piedi, astenia, che perdurano da 3 settimane. Inoltre, da due mesi a questa parte, si sono presentate crisi di dispnea da sforzo ingravescente. Anamnesi patologica remota: una decina di anni prima è stato sottoposto ad un intervento di chirurgia sostitutiva per impianto di protesi valvolare di suino, a causa di un rigurgito della valvola mitrale di grado severo. Il paziente è affetto da coronaropatia, diabete mellito di tipo 2 ed ipertensione. Anamnesi fisiologica: ha fumato per 55 anni un pacchetto di sigarette al giorno e abitualmente beve una birra al giorno. Anamnesi farmacologica Attualmente prende diversi farmaci tra cui cardioaspirina, simvastatina, ramipril, metoprololo, metformina e idroclorotiazide. Esame obiettivo: si presenta dall’ aspetto pallido. L’ uomo è alto 181 cm e pesa 128 kg, con una BMI di circa 41 kg/m2. Ha una temperatura corporea di 37.3 °C , frequenza respiratoria di 23 atti/min, frequenza cardiaca di 97 bpm, e pressione arteriosa di 148/95 mm Hg. All’ auscultazione del torace si riscontra la presenza di rantoli alle basi polmonari bilateralmente. L’ esame obiettivo del cuore rivela la presenza di un battito apicale dislocato lateralmente e la presenza, a livello dell’ apice, di un soffio diastolico 3/6 di intensità decrescente. Inoltre si osserva la presenza di edemi improntabili bilateralmente a livello dei piedi e delle caviglie. Il resto dell’ esame obiettivo non mostra altre anomalie. Quale tra le seguenti è la causa più probabile dei sintomi di questo paziente?

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La risposta D è corretta.

Il paziente circa 10 anni fa si era sottoposto a un intervento di sostituzione protesica con impianto di protesi valvolare suina per severo rigurgito mitralico. Il trattamento di una valvulopatia, a meno che non sia di grado medio-elevato e clinicamente significativa, richiede solo un controllo periodico, mentre l’intervento chirurgico è indicato in presenza di una lesione moderata o grave responsabile di sintomi e/o disfunzione cardiaca. Le opzioni vanno dalla valvuloplastica alla riparazione fino alla sostituzione, che può essere effettuata con protesi meccaniche (preferite nei pazienti <65 anni o con lunga aspettativa di vita, ma richiedono anticoagulazione cronica con warfarin per prevenire tromboembolismo) o biologiche (suine o bovine, più soggette a deterioramento sclero-fibrotico, con durata media 10-15 anni). Una complicanza possibile delle protesi biologiche è l’ostruzione/stenosi o il rigurgito, entrambi responsabili di scompenso cardiaco.

L’endocardite infettiva insorge in presenza di una predisposizione endocardica (patologie congenite, reumatiche, valvole bicuspidi calcifiche, prolasso mitralico, cardiomiopatia ipertrofica, precedente endocardite). Fattori predisponenti sono protesi valvolari, tossicodipendenza, diabete, uso cronico di anticoagulanti o steroidi, età avanzata. Agenti più comuni sono streptococchi e stafilococchi (80-90%), seguiti da enterococchi e microrganismi HACEK. Clinicamente si manifesta con febbre, nuovo soffio o modifica di un soffio preesistente, può causare scompenso cardiaco e, all’ecocardiogramma, vegetazioni. Segni caratteristici: petecchie congiuntivali, macchie di Roth, lesioni di Janeway, nodi di Osler, emorragie subungueali a scheggia. La diagnosi si basa sui criteri di Duke (diagnosi rigettata, possibile o certa). In assenza di emocolture disponibili, e senza rischio per MRSA, la terapia empirica si effettua con un ?-lattamico + amminoglicoside. Sebbene questo paziente presenti soffio e segni di scompenso, non ha febbre né criteri di Duke: l’endocardite è improbabile (risposta A errata).

La BPCO è una malattia polmonare cronica non reversibile, con ostruzione bronchiale persistente (VEMS/CVF <0,7), spesso correlata a fumo e caratterizzata da progressione, riacutizzazioni infettive, dispnea, tosse produttiva cronica, tachipnea, cianosi e ipertensione polmonare nelle fasi avanzate. All’auscultazione: respiro sibilante e fase espiratoria prolungata. Nonostante il paziente sia fumatore con tosse, i sintomi durano solo da 3 settimane e non vi sono segni obiettivi di ostruzione: la diagnosi di BPCO è errata (risposta B errata).

La polmonite è un’infiammazione acuta polmonare (batterica, virale, fungina, parassitaria) diagnosticata con RX torace e reperti clinici. Può essere comunitaria (più spesso da Streptococcus pneumoniae, Mycoplasma pneumoniae) o nosocomiale. Clinicamente: febbre, tosse, dispnea, astenia, ipossia; nella forma tipica: esordio acuto con febbre, tosse produttiva, crepitii e rumori bronchiali; nella forma atipica: esordio graduale con tosse secca, dispnea e pochi segni obiettivi. È indicato esame colturale di sangue/escreato. Questo paziente presenta tosse produttiva ma non febbre, e all’auscultazione rantoli basali bilaterali: più compatibili con scompenso cardiaco che con polmonite (risposta C errata).

L’embolia polmonare è occlusione di arterie polmonari da trombi (arti inferiori/pelvi). Presentazione acuta con sintomi aspecifici: dolore toracico pleuritico, tosse, sincope, dispnea, arresto cardiorespiratorio nei casi gravi; segni: tachipnea, tachicardia, ipotensione. Fattori di rischio: immobilizzazione, trombofilie, gravidanza, chirurgia recente. In questo paziente tosse e dispnea possono mimarla, ma anamnesi negativa per immobilizzazione e presenza di stenosi mitralica con edemi declivi bilaterali fanno propendere per scompenso cardiaco congestizio piuttosto che embolia polmonare (risposta E errata).


7 di 37 Domande

Il Sig. Verci, un uomo di circa 60 anni si reca, presso l’ ambulatorio del proprio medico curante, il Dott. Briga, per dispnea. Anamnesi patologica prossima: lamenta una dispnea ingravescente da circa un mese. Inizialmente era in grado di salire 3 rampe di scale fino al suo appartamento, ma ora necessita di effettuare numerose pause per recuperare il fiato. Non lamenta dolore al petto. Anamnesi patologica remota: l'uomo è affetto da cardiopatia reumatica e diabete mellito di tipo 2. Anamnesi fisiologica: è emigrato dall'India circa 20 anni prima. Anamnesi farmacologica: assume carvedilolo, torasemide e insulina. Esame obiettivo: il Dott. Briga visita il Sig. Verci riscontrando una temperatura corporea di 37.2 °C, una frequenza cardiaca di 74 bpm, una frequenza respiratoria di 19 atti/min ed una pressione arteriosa di 135/80 mm Hg. La pulsossimetria mostra una saturazione d'ossigeno del 96% in aria ambiente. L'auscultazione del torace rivela la presenza di crepitii alle basi polmonari bilateralmente. All’ auscultazione cardiaca si riscontra la presenza di un soffio d'apertura seguito da un soffio diastolico di bassa tonalità , a livello del quanto spazio intercostale di sinistra in corrispondenza della linea medio-claveare. Esami strumentali-laboratoristici: il Dott. Briga decide di far eseguire una radiografia del torace al Sig. Verci, che mostra una dilatazione dell'atrio di sinistra, con stiramento del margine cardiaco di sinistra, ed un’ aumentata trama vascolare. Quale tra i seguenti rappresenta l'intervento di prima scelta per migliorare la sintomatologia del paziente?

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La risposta corretta è la D.

La malattia reumatica è la causa più frequente di stenosi mitralica non complicata. È caratterizzata da fibrosi, calcificazione dei lembi valvolari e parziale fusione delle commissure, con conseguente riduzione dell’ostio valvolare (normalmente 4-6 cm²) fino a valori <1 cm². A causa di questo restringimento, l’unico modo per garantire il passaggio di sangue dall’atrio sinistro al ventricolo sinistro durante la diastole è aumentare le pressioni atriali. Questo incremento si trasmette a monte, con aumento della pressione nelle vene e nei capillari polmonari: ecco la causa della dispnea. Se le pressioni aumentano ulteriormente, soprattutto acutamente, può verificarsi la trasudazione di liquido negli alveoli con conseguente edema polmonare. Il nostro paziente all’auscultazione presenta anche crepitii basali bilaterali. Il gradiente diastolico transvalvolare è proporzionale al grado di stenosi ed è sensibile ad aumenti di portata e frequenza cardiaca: maggiore la portata/frequenza, maggiore il gradiente. Per questo un soggetto asintomatico a riposo può diventare sintomatico anche per sforzi lievi. L’evoluzione della stenosi mitralica è rappresentata dallo sviluppo di ipertensione polmonare arteriosa, secondaria a quella venosa, che provoca vasocostrizione arteriolare inizialmente funzionale e reversibile, successivamente irreversibile per ipertrofia della tonaca media e fibrosi dell’intima. Le elevate resistenze arteriolari del circolo polmonare causano sovraccarico pressorio del ventricolo destro con dilatazione, ipertrofia, disfunzione contrattile e segni di scompenso destro e bassa gittata. Nell’insufficienza mitralica, invece, la pressione atriale sinistra, molto più bassa di quella aortica, fa sì che il sangue refluisca in atrio già durante la contrazione isometrica ventricolare. Nell’insufficienza mitralica cronica l’atrio sinistro si adatta dilatandosi, per cui la pressione a monte non aumenta significativamente; nell’insufficienza acuta, invece, l’atrio non ha tempo di adattarsi e subisce un brusco aumento pressorio con ripercussioni sulla pressione venosa polmonare. Il ventricolo sinistro, sottoposto a sovraccarico di volume, si dilata: inizialmente la frazione di eiezione rimane conservata, poi si riduce progressivamente perché il rigurgito in atrio riduce il volume sistolico effettivo. Una frazione di eiezione <60% è indicativa di compromissione ventricolare sinistra. Nel nostro paziente, per segni, sintomi e reperti auscultatori, è probabile un coinvolgimento valvolare mitralico, in particolare stenosi o steno-insufficienza. L’intervento di scelta, nella stenosi mitralica clinicamente significativa (area ?1,5 cm²) o sintomatica, e nei pazienti con controindicazioni alla chirurgia, è la valvuloplastica percutanea con palloncino: una “dilatazione controllata” eseguita con un palloncino ad alta resistenza gonfiato in prossimità della valvola, introdotto tramite catetere da vena femorale destra. È una tecnica mini-invasiva che riduce morbilità e mortalità perioperatorie, con buona efficacia a lungo termine (sopravvivenza libera da eventi nel 30-70% dei casi), sebbene non siano rare le restenosi. Non può essere eseguita in presenza di calcificazioni valvolari, per cui è indicata la sostituzione valvolare.


8 di 37 Domande

Un ragazzo di 20 anni presenta il seguente ECG. Cosa si nota all'ECG?

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La risposta esatta è la A.

Le derivazioni da V1 a V6, chiamate derivazioni precordiali, esprimono l’attività elettrica del cuore sul piano orizzontale: V1-V2 esplorano il setto interventricolare, V3-V4 la parete anteriore del ventricolo sinistro, V5-V6 la parete laterale del ventricolo sinistro. L’onda P indica la depolarizzazione atriale, il complesso QRS e l’onda T indicano rispettivamente la depolarizzazione e la ripolarizzazione ventricolare, mentre la ripolarizzazione atriale non è visibile poiché avviene durante la depolarizzazione ventricolare. In età giovanile, dopo la pubertà, il vettore di ripolarizzazione ventricolare rende le T positive in tutte le derivazioni precordiali, tranne V1 e raramente V2; in casi eccezionali, la negatività può coinvolgere anche V3 e V4 (onda T giovanile). Dopo la pubertà, la presenza di onde T invertite ?2 mm in due o più derivazioni contigue del ventricolo destro può indicare cardiopatia congenita con sovraccarico di pressione o volume (cardiomiopatia aritmogena del ventricolo destro) oppure, più raramente, patologie ereditarie dei canali del sodio o potassio. L’ECG descritto mostra ritmo sinusale, alterazioni diffuse della ripolarizzazione con T negativa da V1 a V5, R alta in V1 e asse spostato a destra: reperti suggestivi di ipertrofia ventricolare destra a carattere aritmogeno. La cardiomiopatia aritmogena del ventricolo destro è spesso familiare, più frequentemente a trasmissione autosomica dominante, e coinvolge prevalentemente ma non esclusivamente il ventricolo destro. Nel 10-20% dei casi è presente una mutazione nei geni che codificano proteine del desmosoma. Istologicamente si osserva progressiva sostituzione del miocardio con tessuto fibro-adiposo, che genera aree di discinesia e dilatazione soprattutto nel tratto di afflusso, efflusso e apice del ventricolo destro (triangolo della displasia), ma può estendersi all’intera parete ventricolare destra o anche al ventricolo sinistro. Questa condizione, per le alterazioni morfologiche e funzionali, è causa frequente di aritmie ventricolari e morte improvvisa, soprattutto in età giovanile durante o subito dopo l’attività fisica. In presenza di un ECG di questo tipo è quindi indicato eseguire un ecocardiogramma per rilevare eventuali alterazioni strutturali cardiache.


9 di 37 Domande

La signora Rettori, una donna di 45 anni, si reca dal proprio medico curante, il Dott. Pressi, per malessere. Anamnesi patologica prossima: comparsa di febbre, disuria e dolore alla schiena. Il Dott. Pressi consiglia alla paziente di recarsi in ospedale per ulteriori accertamenti; qui la donna verrà successivamente ricoverata con una sospetta diagnosi di pielonefrite. La paziente viene sottoposta a terapia con antibiotici ad ampio spettro, che determinano un significativo miglioramento della sintomatologia. Tuttavia, durante il quarto giorno di ricovero, la donna presenta nuovamente febbre, con leucocitosi e profusa diarrea acquosa. Esami strumentali: viene effettuata una colonscopia, visibile nell’ immagine sottostante.

Quale è la terapia per il trattamento di questo disturbo?

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La risposta corretta è la D.

La paziente presenta una colite pseudomembranosa causata da Clostridium difficile, un batterio appartenente alla famiglia Clostridiaceae, patogeno per l’uomo, Gram+ anaerobio. Il C. difficile è virulento in quanto possiede due tossine: la tossina A, un’enterotossina che si lega alle cellule della mucosa e causa un’ipersecrezione di liquido determinando diarrea acquosa; la tossina B, una citotossina che provoca gravi danni alla mucosa determinandone l’aspetto pseudomembranoso. Il Clostridium difficile causa colite associata ad antibiotici, tipicamente in ambiente ospedaliero. Fa parte normalmente del microbiota umano; tuttavia, quando si utilizzano antibiotici per lungo tempo, questi possono distruggere anche i batteri che tengono “sotto controllo” il Clostridium. Quando il C. difficile diviene dominante, si possono avere crampi addominali, colite pseudomembranosa, diarrea (talora ematica), raramente sepsi e addome acuto. I sintomi insorgono alcuni giorni dopo l’inizio della terapia antibiotica e includono diarrea acquosa o scariche di feci non formate, crampi addominali, raramente nausea e vomito. Per la diagnosi è importante l’identificazione della tossina nelle feci. Il trattamento consiste nell’interrompere la terapia antibiotica; se la sintomatologia è grave è possibile utilizzare vancomicina o metronidazolo (nel nostro caso, non essendo la vancomicina tra le opzioni, la risposta corretta è la D).


10 di 37 Domande

Una paziente di 58 anni si presenta presso il reparto di nutrizione clinica. La donna presenta BMI 20,9, circonferenza vita 88 cm, analisi ematochimiche (in allegato) in cui si presenta colesterolo LDL fuori range e glicemia a digiuno elevata.

In seguito ai valori di glicemia a digiuno riscontrati, si richiede curva da carico orale di glucosio (OGTT). In base ai risultati sopra riportati, la paziente presenta:

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La risposta corretta è la B.

Il diabete è un gruppo di alterazioni caratterizzate da elevati livelli di glicemia, legati a un’alterata secrezione insulinica o a una ridotta sensibilità all’insulina. Questa alterata secrezione può variare da forme severe, in cui la produzione di insulina è nulla o quasi (diabete di tipo I, pancreasectomia), a forme intermedie modulate dall’insulino-resistenza.

L’insulino-resistenza da sola non è in grado di slatentizzare un diabete mellito: è necessario un danno della secrezione. Le alterazioni del metabolismo del glucosio si associano inoltre a modifiche del metabolismo lipidico e proteico, predisponendo a complicanze vascolari: microvascolari (rene, arti inferiori, retina) e macrovascolari (cuore, cervello, arterie degli arti inferiori).

Il diabete si classifica in due tipologie principali:

– diabete mellito di tipo I (insulino-dipendente), che può avere cause immuno-mediate o idiopatiche;

– diabete mellito di tipo II (non insulino-dipendente), malattia metabolica caratterizzata da iperglicemia in un contesto di insulino-resistenza e deficienza insulinica relativa, nella maggior parte dei casi senza necessità di insulina.

Esiste poi il diabete gestazionale, che compare in gravidanza e regredisce dopo il parto.

Tra le sindromi secondarie ricordiamo:

– pancreasectomia (oggi non più praticata nelle pancreatiti, ma solo nei tumori),

– patologie del pancreas esocrino (es. pancreatite),

– patologie endocrine (acromegalia, sindrome di Cushing, feocromocitoma, poiché l’insulina è l’unico ormone ipoglicemizzante),

– tossicità da farmaci o sostanze chimiche (glucocorticoidi, tiazidici, ecc.).

Il diabete può rimanere a lungo silente. Si stima che, a fronte di una prevalenza diagnosticata del 4%, un ulteriore 4% resti non diagnosticato.

Per la diagnosi, le misurazioni della glicemia prevedono:

– glicemia a digiuno (da almeno 12 ore): due rilevazioni ?126 mg/dl;

– glicemia random >200 mg/dl, ma solo in paziente sintomatico (polidipsia, poliuria, nicturia, ecc.);

– curva da carico con 75 g di glucosio in 200-250 ml d’acqua: il test si esegue solo se la glicemia basale è <126 mg/dl, e la diagnosi si pone se a 2 ore la glicemia è >200 mg/dl.


11 di 37 Domande

La signora Bellini è una giovane donna ricoverata nel reparto di ginecologia ed ostetricia dopo un parto complicato da una rottura prematura delle membrane amnio-coriali ed un prolungato travaglio. Anamnesi patologica prossima: In seconda giornata sviluppa febbre con brivido associata ad ipotensione e intenso dolore addominale che fanno sospettare un’ endometrite purperale. Il Dott. Lanfranchi decide di sottoporre la paziente ad una radiografia del torace e decide di avviare la terapia antibiotica e reidratante con 4.000 ml di soluzione salina nelle successive 24 ore ma l’ ipertermia persiste e si ottiene un lieve incremento della pressione arteriosa. Improvvisamente la sig.ra Bellini presenta dispnea. Esame obiettivo: viene rilevata una SpO2 dell’ 82% che non aumenta anche con ossigenoterapia con FiO2 del 100%. Il Dott. Lanfranchi decide quindi di intubare la paziente e si eroga una FiO2 del 100%. Non si rileva turgore giugulare, all’ auscultazione polmonare si apprezzano crepitii diffusi bilateralmente. Esami di laboratorio-strumentali: viene rapidamente inviato in laboratorio un campione di sangue arterioso che evidenzia PaO2 di 62 mmHg e PaCO2 di 33 mmHg. L’ ECG mostra tachicardia sinusale. Viene effettuato un nuovo RX del torace che mostra un quadro polmonare modificato rispetto a quanto si era visto nel precedente. Sulla base dei dati forniti quale tra le seguenti è la diagnosi più probabile?

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La risposta corretta è la B.

Questo paziente molto probabilmente ha una ARDS e il rapporto PaO2/FiO2 è <200: la paziente ha un rapporto di 60 (FiO2 = 1 ovvero 100% e PaO2 di 60 mmHg: necessita di ossigeno al 100% per mantenere una pressione di PaO2 accettabile). La RX torace mostra infiltrati polmonari diffusi non riconducibili a eziologia cardiogena. L’EO evidenzia dispnea ingravescente a insorgenza improvvisa, con crepitii diffusi bilateralmente. La paziente presentata nel caso è verosimilmente affetta da ARDS in seguito a sepsi da endometrite postpartum.

La sindrome da distress respiratorio acuto (ARDS) è una grave malattia acuta polmonare. I fattori scatenanti sono numerosi: polmonite, shock, gravi traumi, sepsi, aspirazione di alimenti (ab ingestis), pancreatite. È caratterizzata da danno diffuso della membrana alveolo-capillare, con edema polmonare non cardiogenico (ricco di proteine) e insufficienza respiratoria acuta (ARF). Si osserva reclutamento di neutrofili nei capillari alveolari e formazione di membrane ialine. I neutrofili rilasciano chemochine (che richiamano istiociti), producono ROS, proteasi, leucotrieni, fattore di attivazione piastrinica, prostaglandine e altre molecole che danneggiano le barriere tra capillari e spazi aerei. Gli alveoli e l’interstizio si riempiono di proteine, detriti cellulari e liquido, con distruzione del surfattante, collasso alveolare e mismatch ventilazione/perfusione.

L’ARDS determina grave ipossiemia refrattaria all’ossigenoterapia. I criteri diagnostici comprendono:

– Opacità bilaterali alla RX non spiegabili da versamento, atelettasia o noduli.

– PaO2/FiO2 ?200 mmHg.

– Assenza di evidenza clinica di aumentata pressione atriale sinistra o insufficienza cardiaca (PCWP <18 mmHg). Una pressione di incuneamento capillare polmonare >18 mmHg orienta invece verso edema polmonare cardiogeno.

Secondo la “Definizione di Berlino 2012” l’ARDS si classifica in:

– Lieve: PaO2/FiO2 ?200 mmHg.

– Moderata: PaO2/FiO2 ?100 mmHg.

– Grave: PaO2/FiO2 ?100 mmHg.


12 di 37 Domande

Una paziente di 58 anni si presenta presso il reparto di nutrizione clinica. La donna presenta BMI 20,9, circonferenza vita 88 cm, analisi ematochimiche (in allegato) in cui si presenta colesterolo LDL fuori range e glicemia a digiuno elevata.

Per il paziente diabetico è essenziale assumere cibi a basso indice glicemico. Qual è tra i seguenti alimenti quello che presenta il più basso indice glicemico?

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La risposta corretta è la A.

Il diabete è un gruppo di alterazioni caratterizzate da elevati livelli di glicemia, legati a un’alterata secrezione insulinica o a una ridotta sensibilità all’insulina. Questa alterata secrezione può variare da forme severe, in cui la produzione di insulina è nulla o quasi (diabete di tipo I, pancreasectomia), a forme intermedie modulate dall’insulino-resistenza. L’insulino-resistenza da sola non è in grado di slatentizzare un diabete mellito: serve un danno della secrezione. Le alterazioni del metabolismo del glucosio si accompagnano anche ad alterazioni del metabolismo lipidico e proteico, predisponendo a complicanze vascolari: microvascolari (rene, retina, arti inferiori) e macrovascolari (cuore, cervello, arterie periferiche). Il diabete si classifica in due tipologie principali: diabete mellito di tipo I (insulino-dipendente), con cause immuno-mediate o idiopatiche; diabete mellito di tipo II (non insulino-dipendente), malattia metabolica caratterizzata da iperglicemia in un contesto di insulino-resistenza e relativa deficienza insulinica, che nella maggior parte dei casi non richiede terapia insulinica. Esiste anche il diabete gestazionale, che si manifesta in gravidanza e regredisce dopo il parto. Tra le forme secondarie: pancreasectomia (oggi non più praticata nelle pancreatiti, ma solo nei tumori), patologie del pancreas esocrino (es. pancreatite), patologie endocrine (acromegalia, sindrome di Cushing, feocromocitoma, poiché l’insulina è l’unico ormone ipoglicemizzante), tossicità da farmaci o sostanze (glucocorticoidi, tiazidici, ecc.). Il diabete può progredire a lungo senza sintomi. Si calcola che, a fronte di una prevalenza diagnosticata del 4%, un ulteriore 4% rimane non diagnosticato. Per la diagnosi: glicemia a digiuno ?126 mg/dl in due misurazioni, glicemia random >200 mg/dl in presenza di sintomi (poliuria, polidipsia, nicturia), curva da carico con 75 g di glucosio (diagnosi se glicemia >200 mg/dl a 2 ore). Prima del test, la glicemia basale deve essere <126 mg/dl. Il test va eseguito in pazienti non ricoverati, in buone condizioni cliniche, dopo dieta abituale (non ridotta in carboidrati), a digiuno dalla mezzanotte, senza febbre, stress o fumo. Indicazioni alla curva da carico: glicemia alterata a digiuno (100–125 mg/dl), familiarità per diabete dai 30-40 anni, obesità, complicanze cardiovascolari (TIA, angina, claudicatio), soprattutto se obesi e fumatori, infezioni urinarie o cutanee ricorrenti con glicemia alterata. Il 90% dei casi è di tipo II, storicamente detto diabete dell’adulto (esordio >40 anni), ma oggi è sempre più precoce (anche a 18 anni), correlato all’obesità, in particolare infantile (Italia con alta prevalenza, soprattutto nel centro-sud). Nei gemelli monozigoti la concordanza è ~100% nel tipo II, mentre nel tipo I, pur avendo componente genetica, è solo del 50% per il ruolo di fattori ambientali. Anche nei monozigoti separati alla nascita la concordanza del tipo II rimane elevata, a dimostrazione della forte componente genetica, ancora non del tutto chiarita.


13 di 37 Domande

Un uomo di 38 anni con storia di diabete di tipo 1, lamenta dolore meccanico che perdura da 3-4 mesi, senza precedente trauma, riferito alla zona inguinale e alla parte anteriore di entrambe le cosce. Più intenso sul lato sinistro. All’ esame fisico dei fianchi il dolore si accentua in particolare con l’ intrarotazione dell'anca, che appare anche discretamente limitata. Alla radiografia si apprezza a livello dell’ anca sinistra una immagine radiotrasparente subcondrale. Quale dei seguenti sarebbe il comportamento diagnostico più corretto?














La risposta corretta è la C
Un diabetico che lamenta dolore meccanico cronico all’ inguine e alla parte anteriore di entrambe le cosce, che si accentua con l’ intrarotazione dell’ anca, è fortemente suggestivo di necrosi avascolare dell’ anca per la cui conferma diagnostica è necessaria l’ esecuzione di una RMN di entrambe le anche dopo il referto compatibile di radiotrasparenza subcondrale ottenuto con l’ RX.
Al contrario, la scintigrafia è indicata in caso di malattia reumatica, che si manifesta con un dolore infiammatorio (a riposo e migliora col movimento) soprattutto a livello del gluteo e della coscia posteriore (risposta A errata). All’ opposto, le metastasi ossee di solito si riscontrano in pazienti di età maggiore potendosi presentare come lesioni osteolitiche o osteoaddensanti (risposta B errata). Infine, l’ osteoporosi transitoria dell'anca va in diagnosi differenziale con l’ osteonecrosi e alla RMN è possibile osservare il coinvolgimento della testa, del collo del femore, della regione intertrocanterica e del bacino (risposta D errata).

14 di 37 Domande

Quale delle seguenti NON è un'indicazione di vertebroplastica?














La risposta corretta è la C
Non è un’ indicazione di vertebroplastica, cioè l’ iniezione diretta di cemento biocompatibile nel corpo vertebrale, una frattura “ da scoppio” della cerniera toraco-lombare, per la quale invece, è indicata la cifoplastica, che prevede l’ inserimento di un palloncino espandibile o dello Spine-Jack in titanio in uno spazio precedentemente creato nel corpo vertebrale e solo successivamente l’ iniezione del cemento.
Questi sono interventi mini-invasivi di radiologia interventistica realizzati per via percutanea, in particolare le indicazioni per la vertebroplastica sono:
- frattura vertebrale osteoporotica dolorosa (risposta A errata), meglio se realizzata prima di 2 anni (risposta D errata);
- metastasi vertebrali dolorose o lesioni da mieloma (risposta B errata);
- malattia cistica di Krü mmell;
- emangioma vertebrale (risposta E errata);
- fratture vertebrali per le quali non è indicato un trattamento conservativo.
Al contrario, le indicazioni per la cifoplastica sono:
- fratture della cerniera toraco-lombare;
- fratture “ da scoppio” , con numerosi frammenti che possono danneggiare il midollo spinale;
- fratture da compressione anteriore con angolo sagittale maggiore di 30 °;
- osteonecrosi ischemica del corpo vertebrale.

15 di 37 Domande

Paziente di 50 anni con storia di gotta e uso cronico di corticosteroidi. Viene portato al pronto soccorso per incapacità di deambulare dovuta a un deficit di estensione del ginocchio. La radiografia mostra una diminuita altezza rotulea in relazione al ginocchio controlaterale. Qual è il sospetto diagnostico?














La risposta corretta è la D
Nel caso di deficit estensorio dell’ articolazione del ginocchio associato a diminuzione dell’ altezza rotulea il sospetto diagnostico è quello di rottura del tendine del quadricipite, che sarà confermato dall’ esame ecografico e dalla RMN. In particolare, alla base di questa lesione possono esserci: fratture, calcificazioni tendinee, gotta, terapie prolungate con corticosteroidi, malattia renale cronica, iperparatiroidismo, processi infettivi, neoplastici e degenerazione grassa.
Al contrario, la rottura del tendine rotuleo si asscocia ad un aumento dell’ altezza della rotula (risposta C errata). All’ opposto, nel caso di osteonecrosi del ginocchio, che può coinvolgere rotula, tuberosità anteriore e condili femorali ed associarsi anch’ essa ad una terapia prolungata con corticosteroidi, sarebbe presente dolore ma non incapacità deambulatoria o variazione dell’ altezza rotulea (risposta A errata).  Infine, l’ artite gottosa del ginocchio è molto dolorosa e determina un deficit parziale deambulatorio ma non va ad alterare la normale altezza della rotula (risposta B errata).

16 di 37 Domande

In una paziente di 50 anni, obesa, ipertesa e con insufficienza renale terminale, ictus un anno prima, si sta procedendo a posizionare un catetere per emodialisi nella vena succlavia destra, dopo profilassi con cefalosporina 2 g iv. Nella regione è stata somministrata mepivacaina. Sono stati effettuati due tentativi di perforazione falliti. La paziente è molto ansiosa, dice che sente molto dolore, il suo battito cardiaco sale a 125 bpm e preferirebbe che l’ addormentassero con l'anestesia generale. Il medico ha problemi a far rimanere ferma la paziente per poter continuare con la procedura. Ogni minuto che passa diventa sempre meno gestibile, lamenta vertigini e peggioramento dell’ udito, si muove senza coordinazione. Togliendo i teli sterili, si osserva una leggera midriasi bilaterale e movimenti non coordinati. Come agiresti davanti a questa situazione?














La risposta corretta è la D
La paziente del caso clinico, dopo la somministrazione di un anestetico locale, presenta uno stato di agitazione con vertigini, alterazione dell’ udito, incoordinazione e midriasi bilaterale, inducendo il sospetto di assorbimento sistemico del farmaco. In particolare, in una prima fase dell’ intossicazione da anestetico locale abbiamo manifestazioni eccitatorie come brividi, spasmi muscolari e tremori che compaiono precocemente a livello dei muscoli della faccia, mani e piedi, fino ad arrivare a vere e proprie convulsioni tonico-cloniche generalizzate. In base all’ entità dell’ intossicazione e alla rapidità con cui la concentrazione dell’ anestetico aumenta nel sangue il quadro evolve verso una depressione generalizzata del SNC con midriasi, depressione respiratoria. Allo stesso modo le manifestazioni cardiovascolari, dovute all’ inibizione dei canali del sodio dei miocardiociti, delineano prima un quadro iperdinamico con aumento della pressione arteriosa, della frequenza cardiaca, aritmie ventricolari, per poi virare verso un quadro ipodinamico con diminuzione della pressione arteriosa, frequenza cardiaca e asistolia. Il trattamento prevede l’ interruzione della somministrazione dell’ anestetico ed inizio di terapia di supporto cardiovascolare, diazepam ed ossigeno. Al contrario, lo shock anafilattico comprende ipotensione ed alterazione della frequennza cardiaca, ostruzione delle vie aeree per broncospasmo ed edema della mucosa, rash cutaneo ed edema facciale, prurito, nausea e vomito (risposta A errata). All’ opposto, in caso di sospetto ictus avremmo manifestazioni neurologiche come paresi, parestesie, cefalea mentre in caso di pneumotorace avremmo soprattutto dispnea e dolore pleurico (risposte B e C errate).

17 di 37 Domande

Paziente di 90 anni controllata a casa con frequenti richieste di assistenza domiciliare. In questa occasione si richiede un consulto per malessere generale, nausea, perdita di appetito, dolori addominali non specifici, affaticamento, lieve peggioramento della dispnea e rilevamento di bradisfigmia quando l’ assistente sanitaria ha controllato la pressione sanguigna a casa questa mattina. Diagnosi di doppia lesione aortica, fibrillazione atriale, insufficienza cardiaca, ischemia dovuta a embolia nella gamba sinistra e ipertensione. In trattamento con furosemide 40 mg, due compresse al mattino, integratori di potassio, digossina 5 compresse da 0,25 mg a settimana, bisoprololo 1,5 mg/giorno, acenocumarolo 1 mg/giorno e losartan 100 mg/giorno. All'esame obiettivo, eupnoico a riposo, saturazione di O2 transcutanea del 95%, PA 143/58 mmHg, FC 48 battiti al minuto, con bigeminismo. Leggero edema malleolare, auscultazione polmonare normale, all’ auscultazione cardiaca soffio sistolico in focolaio aortico. Temperatura e pulsazioni distali non alterate, normale palpazione addominale. Quale delle affermazioni proposte pensi sia la più probabile?














La risposta corretta è la B
La paziente di 90 anni del caso clinico con scompenso cardiaco cronico, ipertensione in trattamento con diuretici, bisoprololo, acenocumarolo e digossina presenta un quadro che comprende dispepsia, lieve aumento della dispnea, bradicardia e bigeminismo compatibile con quello di un’ intossicazione digitalica.
Al contrario, in caso di peggioramneto dello scompenso cardiaco avremo un notevole peggioramento della dispnea e degli edemi periferici e polmonare con alterazioni rilevabili all’ auscultazione polmonare e alla misurazione della Sp02 (risposta A errata). All’ opposto, il quadro clinico non è compatbile con una dispepsia funzionale da polimedicazione e neanche con un disturbo d’ ansia (risposte C e D errate)

18 di 37 Domande

Paziente di 60 anni, impiantato di pacemaker VVI perché in fibrillazione atriale al momento del ricovero per il PM, esegue ECG che evidenzia questo quadro. Quale situazione è più plausibile ?

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La risposta esatta è D.
Il paziente, in base ai reperti clinico anamnestici e all’ elettrocardiogramma, presenta stimolazione ventricolare con attività atriale spontanea sinusale e non sentita. Il pacamaker, essendo in modalità VVI (o ancora più semplicemente mancando il catetere atriale) stimola il ventricolo senza poter sentire l’ atrio per bloccarsi, ciò non impedisce all’ attività spontanea atriale (+ lenta della stimolazione ventricolare) di realizzarsi, andando ad incidersi all’ inizio della T del QRS elettroindotto. Infatti, il referto mostra: “ Ritmo da PM in modalità VVI a FC 60 bpm. Ritmo sinusale sottostante a FC 55 bpm in assenza di stimolazione ventricolare spontanea. Anomalie secondarie del recupero”

19 di 37 Domande

Uomo di 80 anni cosciente e in apparenti buone condizioni generali. Viene trasferito al Pronto Soccorso per aver subito una scossa elettrica dopo aver toccato accidentalmente un cavo ad alta tensione. L'esame fisico mostra una ustione di terzo grado alla mano destra, pari allo 0,2% della superficie corporea totale e una lesione sulla punta del primo dito del piede destro di diametro inferiore a un centimetro. Indica la risposta corretta:














La risposta corretta è la B
Nel caso di un paziente che abbia subito una scarica elettrica ad alta tensione è opportuno che venga trasferito urgentemente, con un'ambulanza medicalizzata, in un centro grandi ustionati, dopo stabilizzazione dei parametri vitali nel pronto soccorso, in quanto è necessario considerare:
- eventuale caduta o convulsioni associate alla folgorazione, per ciò va trattato come un politraumatizzato;
- la possibile comparsa di disturbi del ritmo, per cui, in caso di paziente con rischio cardiovascolare, va monitorato per 24h con l’ ECG;
- l’ ipotesi di una rabdomiolisi, per cui è necessario un attento monitoraggio della funzionalità renale;
- valutazione dell’ estensione e della profondità delle ustioni.
Al contrario, le sole applicazioni giornaliere di sulfadiazina d'argento e la rivalutazione del chirurgo plastico in 48h non comprendono il monitoraggio della funzionalità cardiaca e renale necessario in questo caso (risposta A errata). All’ opposto, un monitoraggio di sole 8 h risulta insufficiente, oltre al fatto che le ustioni del paziente comunque necessiteranno di trattamento chirurgico (risposta C errata). Infine, il debridement del primo dito ferito non ha i caratteri dell’ urgenza, mentre l’ apertura del tunnel carpale della mano destra sarebbe indicata solo in caso compaia sintomatologia da compressione del nervo mediano, restando comunque non soddisfatta la necessità di sorvegliare la funzionalità cardiaca e renale (risposta D errata).

20 di 37 Domande

Quale di queste misure NON sarebbe indicata nel trattamento di emergenza di un paziente che ha una ustione di secondo grado profonda con il 50% della superficie corporea ustionata?














La risposta corretta è la C
Nel trattamento di emergenza di un paziente che ha una ustione di secondo grado profonda che si estende al 50% della superficie corporea non è indicata la somministrazione profilattica di antibiotici per via endovenosa. Al contrario, il paziente va trasportato in una unità grandi ustionati e vanno intraprese nell’ immediato misure come:
- reintegrazione di liquidi con somministrazione di ringer lattato secondo la formula di Parkland: 4 ml x peso in Kg x % superficie corporea ustionata, da somministrare una metà nelle prime 8 h e l’ altra metà nelle successive 16 h (risposta B errata);
- dieta assoluta e terapia per contrastare la formazione di ulcere da stress (risposte A ed E);
- somministrazione di eparina per profilassi antitrombotica (risposta D errata).

21 di 37 Domande

Una donna di 75 anni senza storia patologica rilevante richiede un consulto per una diminuzione del tempo totale di sonno, con difficolta' ad addormentarsi per piu' di 1 ora, indicando che si alza di notte più di due volte e impiega più di 30 minuti per addormentarsi di nuovo. Durante il giorno presenta una normale attivita' con tendenza a fare piccoli riposi diurni. Quale delle seguenti affermazioni ritieni sia corretta, considerando che l'esame fisico è normale e che il paziente presenta un Mini-Mental-State-Examination (MMSE) di 31/35?














La risposta corretta è la A
La paziente del caso clinico, senza storia patologica d’ interesse, che presenta una diminuzione del tempo totale di sonno, con difficoltà ad addormentarsi e risvegli notturni presenta una variazione del pattern del sonno fisiologica per l’ invecchiamento, per il quale diminuisce in proporzione l’ entità del sonno profondo con onde lente e REM. Al contrario, mancano elementi clinici suggestivi di distiroidismo o di disturbo depressivo (risposte B e C). Infine, non può trattarsi di sonnolenza idiopatica in quanto la paziente durante il giorno svolge attività in maniera normale non lamentando sonnolenza costante (risposta D errata).

22 di 37 Domande

Tra le scale di valutazione geriatrica, l'indice di Barthel è una scala di valutazione funzionale che misura la capacità di svolgere attività della vita quotidiana, tra le quali sono incluse tutte le seguenti, tranne:














La risposta corretta è la D
L'indice di Barthel è una scala di valutazione funzionale che misura l’ autosufficienza del paziente nell’ esecuzione di dieci comuni attività della vita quotidiana, tra cui non rientra la capacità di gestire i propri farmaci. Al contrario, fanno parte dell’ indice di Barthel le seguenti attività :
- alimentarsi (risposta C errata);
- fare il bagno;
- igiene personale;
- vestirsi (risposta A errata);
- controllo del retto;
- controllo della vescica;
- trasferimenti nel bagno (risposta B errata);
- trasferimenti sedia/letto;
- deambulazione (risposta E errata);
- salire le scale.

23 di 37 Domande

In relazione al trattamento di un paziente fumatore affetto da cancro del polmone non a piccole cellule di 4 cm di diametro, localizzato nella regione periferica del lobo superiore destro, che invade la pleura viscerale ed è accompagnato da coinvolgimento linfonodale ilare ipsilaterale. Quale delle seguenti opzioni terapeutiche è più appropriata?














La risposta corretta è la D
Un carcinoma polmonare non a piccole cellule di 4 cm di diametro, localizzato nella regione periferica del lobo superiore destro, che invade la pleura viscerale ed è accompagnato da coinvolgimento linfonodale ilare ipsilaterale corrisponde ad uno stadio IIB (T2N1M0), per cui l’ opzione terapeutica più appropriata è la chirurgia seguita o meno dalla chemioterapia adiuvante.



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24 di 37 Domande

Qual e' la tecnica diagnostica di scelta per individuare l'origine del tumore primitivo e la sua estensione nei pazienti con sindrome carcinoide?














La risposta corretta è la C
La tecnica diagnostica di scelta per individuare l'origine del tumore neuroendocrino primitivo e la sua estensione nei pazienti con sindrome carcinoide è la scintigrafia con octreotide. In particolare, questa sindrome, che comprende flushing, crampi addominali e diarrea, si ha a causa della secrezione di sostanze vasoattive (serotonina, istamina, bradichinina) da parte delle cellule del tumore che tipicamente è ileale metastatizzato al fegato. Inoltre, la diagnosi, dopo il sospetto clinico, viene confermata dimostrando un'aumentata escrezione urinaria del metabolita della serotonina, cioè l’ acido 5-idrossiindolacetico

25 di 37 Domande

Uomo di 59 anni, fumatore attivo, con storia di ipertensione, dislipidemia e alcolismo. Mostra quadro progressivo negli ultimi 2 anni di difficoltà nel salire le scale con debolezza agli arti inferiori e superiori che fluttua durante il giorno e migliora leggermente con l'esercizio prolungato. Occasionalmente ha presentato episodi di diplopia. Si è aggiunta una tosse secca persistente. Come parte dello studio viene eseguita un’ elettromiografia che mostra aumenti incrementali nel potenziale di azione muscolare in risposta alla stimolazione nervosa ripetitiva. Una TC del torace mostra una linfoadenopatia sottocarenale e un nodulo di 3,1 cm nel lobo inferiore sinistro. Questi risultati sono coerenti con la neoplasia polmonare primaria. Qual è la diagnosi del quadro clinico associato?














La risposta corretta è la D
Il quadro clinico neurologico del paziente del caso clinico risulta compatibile con quello della sindrome di Eaton-Lambert, sindrome paraneoplastica immunomediata di tipo presinaptico causata da un deficit di liberazione di acetilcolina dalle terminazioni nervose.
Prevede:
- affaticabilita, astenia che migliora leggermente dopo l’ esercizio prolungato, dolore della muscolatura prossimale degli arti;
- parestesie periferiche;
- secchezza delle fauci, tosse secca persistente, disturbi dell'erezione e ptosi palpebrale;
- aumenti incrementali nel potenziale di azione muscolare, in risposta alla stimolazione nervosa ripetitiva, misurati all’ elettromiografia;

26 di 37 Domande

Un uomo di 65 anni, senza altre malattie associate e con buone condizioni generali, presenta una recidiva metastatica epatica di un adenocarcinoma del colon per il quale era stato operato 3 anni fa. La TC mostra che le lesioni epatiche sono multiple e interessano tutti i segmenti. Lo studio molecolare della biopsia epatica mostra mutazioni di K-ras. Quale trattamento iniziale è considerato il più appropriato per il paziente?














La risposta corretta è la C
Nel caso di recidiva metastatica epatica di un adenocarcinoma del colon, operato tre anni prima, con lesioni che coinvolgono tutti i segmenti epatici e positività a K-ras è indicata la chemioterapia con protocollo FOLFOX, che comprende:
- acido folinico (“ FOL” );
- 5-fluorouracile (“ F” );
- oxaliplatino ("OX").
A questo regime chemioterapico può essere aggiunto anche la terapia biologica con bevacizumab (anti-VEGF) ad azione anti-angiogenetica. Al contrario, il trapianto di fegato è un’ opzione terapeutica indicata solo in particolari casi di carcinoma epatico. All’ opposto, non è indicata l’ associazione tra chemioterapia e cetuximab (anticorpo anti-EGFR) in quanto lo studio molecolare della biopsia epatica mostra mutazioni di K-ras (risposta B errata). Infine, il trattamento palliativo non è indicato date le buone condizioni generali del paziente (risposta D errata).

27 di 37 Domande

Per migliorare il controllo dei sintomi nella medicina palliativa, vengono utilizzati farmaci con diversi meccanismi di azione. Indicare il gruppo di farmaci che non viene utilizzato come analgesico o coadiuvante nel controllo del dolore.














La risposta corretta è la C
Il gruppo di farmaci che non viene utilizzato come analgesico o coadiuvante nel controllo del dolore è quello degli agonisti dopaminergici, i quali invece, sono indicati nel morbo di Parkinson, nell’ acromegalia e nell’ iperprolattinemia.
Al contrario, i farmaci di scelta nella terapia palliativa sono gli oppiacei (risposta A errata), mentre gli antidepressivi triciclici e gli anticonvulsivanti svolgono un ruolo coadiuvante nella terapia del dolore neuropatico (risposte B e D errate).

28 di 37 Domande

Ad una donna di 89 anni è stato diagnosticato un adenocarcinoma del colon con metastasi epatiche. Tre settimane dopo la diagnosi lamenta stipsi da tre giorni senza nausea o vomito. All'esame clinico, l'addome è trattabile con presenza di borborigmi. Il paziente assume 20 mg di morfina cloridrato al giorno dalla diagnosi, con dolore addominale controllato. Quale ritieni sia l'atteggiamento terapeutico più appropriato?














La risposta corretta è la B
La paziente del caso clinico ha una stipsi causata dalla terapia con morfina che va trattata con lassativi osmotici verificando, con l’ esplorazione digito-rettale che non si sia sviluppato un fecaloma. Al contrario, se l’ unica reazione avversa agli oppiacei è la stipsi non è necessario interrompere la terapia o ridurne la dose, opzione da considerare invece, nel caso in cui compaiano alterazioni della coscienza come delirium insieme a mioclonie e vomito incoercibile (risposte A ed E errate). Inoltre, non ci sono gli estremi per richiedere una TC di urgenza per sospetto di ostruzione intestinale in quanto l’ addome risulta trattabile con presenza di borborigmi (risposta D errata).

29 di 37 Domande

Pietro, un uomo di 42 anni, si consulta con il suo medico di famiglia per un controllo periodico dell'ipertensione diagnosticata due anni fa. Il medico apprende che il paziente è fumatore di 15 sigarette al giorno e propone al paziente l'abbandono dell'abitudine tabagica. Chiede al paziente se ha preso in considerazione la possibilità di smettere prima, se ci è riuscito ed è ricaduto in qualche occasione. Dopo aver ascoltato il punto di vista del paziente in relazione alla cessazione dell’ abitudine tabagica, identifica l'ambivalenza del paziente in relazione al suo comportamento e negozia con lui un piano per raggiungere l'obiettivo dichiarato. Il colloquio clinico condotto dal medico di famiglia si chiama:














La risposta corretta è la C
Il colloquio clinico condotto dal medico di famiglia del caso clinico è di tipo motivazionale, col quale, tramite il rapporto fiduciario e di collaborazione tra medico e paziente si decide insieme, stimolando le motivazioni personali del paziente e rispettando la sua autonomia, una determinata terapia o, come in questo caso, una modificazione dello stile di vita.
Al contrario, il colloquio semiologico va ad indagare la presenza di elementi clinici utili ai fini diagnostici (risposta A errata). All’ opposto, il colloquio informativo è orientato a raccogliere una determinata informazione (risposta B errata). Infine, nel colloquio operativo sia il medico che il paziente sono già a conoscenza del contenuto del colloquio (risposta D errata).

30 di 37 Domande

Una donna di 80 anni e' ricoverata in ospedale per anemia dopo essere stata portata dai suoi figli al pronto soccorso a causa di sanguinamento rettale e decadimento fisico. Clinicamente e' stabile. Le viene diagnosticato un deterioramento cognitivo, con ideazione e giudizio spesso incoerenti e alterazioni comportamentali, per le quali lei assume risperidone. Si sospetta una neoplasia maligna del colon e viene proposta una colonscopia. Si attesta che il paziente non è in grado di comprendere adeguatamente ciò che viene spiegato su questo esame, la sua natura, gli obiettivi, le possibili complicanze o le sue conseguenze diagnostiche ed eventualmente terapeutiche. In tal caso:














La risposta corretta è la C
Nel caso della paziente del caso clinico, non capace di decidere autonomamente per deterioremento cognitivo, il consenso informato per l’ esecuzione della colonscopia, per sospetto carcinoma del colon, deve essere firmato dai suoi familiari, in quanto la forma scritta è la più sicura giuridicamente. In particolare, il consenso scritto del paziente è necessario in caso di chirurgia o radiologia interventistica, di test diagnostici e/o terapeutici invasivi come l’ endoscopia ed in generale per tutte le procedure associate ad un certo rischio.

31 di 37 Domande

Un paziente di 76 anni, ha ricevuto circa 18 mesi fa una diagnosi di adenocarcinoma dello stomaco non resecabile, con estensione locoregionale ed è in trattamento con chemioterapia. È stato ricoverato per alterazione dell’ ingestione dovuta a vomito ripetuto, febbre e dispnea. Si osserva radiologicamente la progressione della malattia tumorale e una broncopneumopatia bilaterale con insufficienza respiratoria, deterioramento della funzionalità renale e coagulopatia. Si è deciso di iniziare la terapia antibiotica ad ampio spettro e la nutrizione e idratazione per via parenterale, ma il paziente esprime il suo rifiuto a tutto questo. In questo caso specifico:














La risposta corretta è la C
Nel caso del paziente oncologico del caso clinico che rifiuta la terapia antibiotica e la nutrizione parenterale prescritte a causa dell’ aggravamento delle sue condizioni, il medico deve informare il paziente sui pro e i contro della sua decisione ma rispettare la sua scelta, anche se potrebbe portare ad un esito fatale. In particolare, il paziente ha la libertà di scegliere tra le varie opzioni terapeutiche proposte dal medico, che deve informarlo sugli aspetti negativi e positivi di ogni alternativa, ma può anche rifiutare ogni trattamento tranne nel caso in cui rappresenti un pericolo per la salute pubblica, come ad esempio in caso di epidemia.

32 di 37 Domande

Donna di 60 anni, svenuta a casa con sensazione precedente di palpitazioni, ed attualmente astenia e leggera precordialgia. PA 80/60 mmHg, SpO2 91%, FC 100 bpm. All’ ECG il quadro soprastante. Qual e' il vaso probabilmente occluso ?

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La risposta esatta è A.
Il paziente, in base ai reperti clinico anamnestici e all’ elettrocardiogramma, presenta Occlusione della coronaria dx, come si evidenzia dal sopraslivellamento maggiore in inferiori ed in particolar modo in III>II e nelle precordiali in V2 più che in V3, sottendendo un maggior interessamento delle sezioni dx. Infatti, il referto mostra: “ Ritmo sinusale a FC  100 bpm. Anomalie dell’ atriogramma come da ingrossamento atriale dx. BAV I grado (PR 240 ms). Emiblocco anteriore sx. STEMI infero-antero-settale. QS in inferiori ed in V1-2. Sottoslivellamento speculare in I e AVL. Anomalie secondarie del recupero.”

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Un ragazzo di 23 anni presenta un improvviso dolore acuto all'emitorace sinistro accompagnato da dispnea progressiva. Decide di andare al pronto soccorso dell'ospedale più vicino. Il medico che lo sta visitando osserva che è in stato confusionale, cianotico, con tachipnea e l’ esame fisico risulta compatibile con uno pneumotorace poi confermato dalla radiografia del torace. La saturazione di ossigeno è del 70%. Il medico ritiene che dovrebbe essere eseguito un drenaggio toracico. Qual è l'atteggiamento corretto?














La risposta corretta è la B
Il paziente del caso clinico con dispnea ingravescente, dolore all’ emitorace sinistro, presenta uno pneumotorace, responsabile dell’ insufficienza respiratoria e instabilità emodinamica, che sta mettendo a rischio la sua sopravvivenza, per cui deve essere realizzato un’ immediato drenaggio toracico anche senza aver raccolto il consenso informato del paziente.
In particolare, il medico è esente dal raccogliere il consenso informato del paziente riguardo ad una procedura invasiva soltanto quando:
- il mancato intervento rappresenterebbe un rischio per la salute pubblica;
- il paziente è incapace di prendere decisioni autonomamente (ed in quel caso bisognerà raccogliere il consenso dei familiari);
- è a rischio la soppravivenza del paziente ed ogni perdita di tempo potrebbe essere fatale.

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Quale delle seguenti affermazioni NON e' corretta riguardo ai principi base della Bioetica?














La risposta corretta è la D
Secondo i principi base della Bioetica non è corretto affermare che il principio di giustizia si riferisce al risarcimento dovuto ai pazienti per possibili casi di malasanità , in quanto esso rivendica invece, un trattamento uguale per tutti senza distinzione sociale, culturale, economica o ideologica garantendo un’ equa allocazione delle risorse.
In particolare, la Bioetica è una disciplina che analizza razionalmente le questioni morali che emergono nell’ ambito delle scienze biomediche, con il fine di definire criteri e limiti di liceità alla pratica medica e alla ricerca scientifica, per garantire che il progresso avvenga nel rispetto di ogni persona umana e della sua dignità . Al contrario, è corretto affermare che i principi base della Bioetica rappresentano la fonte da cui scaturiscono poi le linee guida per l'azione, i doveri e le regole della pratica medica e della ricerca scientifica (risposta A errata). All’ opposto, la capacità di comprensione e la mancanza di coercizione esterna sono fondamentali nell'esercizio dell'autonomia che, nella pratica medica, si concretizza nel consenso informato che deve firmare il paziente per tutte quelle procedure diagnostiche e/o terapeutiche associate ad un determinato rischio (risposta B errata). Inoltre, per il principio di beneficialità il dovere della medicina è promuovere il bene del paziente ponendolo al centro di ogni servizio, accogliendolo e rispondendo olisticamente ai suoi bisogni. Vero è che i principi di beneficialità e di autonomia talvolta possono essere in conflitto, ad esempio, in un pronto soccorso ospedaliero, come ci si dovrebbe comportare di fronte ad un adepto dei “ Testimoni di Geova” che necessita con urgenza di una trasfusione per un’ anemia gravissima, ma la rifiuta in nome della sua fede religiosa? (risposta C errata).

35 di 37 Domande

La comunicazione nella pratica clinica ha come obiettivo principale:














La risposta corretta è la C
La comunicazione nella pratica clinica ha come obiettivo principale servire i bisogni del paziente, in quanto non solo rappresenta un metodo fondamentale con cui raccogliere informazioni cliniche, ma possiede già in sé una funzione terapeutica. Al contrario, la gratificazione professionale, il progresso scientifico, la precisione diagnostica e il benessere psicofisico del professionista non sono obiettivi principali della comunicazione nella pratica clinica (risposte A, B, D ed E errate).

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La massima efficacia del colloquio tra il medico e il paziente si ottiene quando il medico:














La risposta corretta è la C
La massima efficacia del colloquio tra il medico e il paziente si ottiene quando il medico comprende ciò che il paziente spiega senza che si creino fraintendimenti che possano poi inficiare la validità della strategia terapeutica che deve essere condivisa in toto dal paziente. Al contrario, la comunicazione deve essere bidirezionale con contributo di entrambi, medico e paziente, evitando sia che il professionista prenda l'iniziativa per ottenere risposte concrete, sia che si mostri troppo passivo lasciando completamente spazio al paziente (risposte A ed E errate). Inoltre, il medico deve mostrare empatia manifestando vicinanza al paziente (risposta B errata), mantenendo però , sempre la capacità di ascolto attivo e di assertività funzionale all’ esigenze del proprio ruolo (risposta D errata).

37 di 37 Domande

Un'ambulanza medicalizzata viene mobilitata per prendersi cura di un giovane politraumatizzato dopo un incidente stradale. All'esame fisico, anisocoria destra con pupilla midriatica arreativa, coma con 4 punti G.C.S. (risposta oculare 1, risposta motoria 2, risposta verbale 1), pressione sanguigna 180/100 mmHg, frequenza cardiaca 56 battiti al minuto, frequenza respiratoria 8 respiri al minuto, saturazione di ossigeno mediante pulsossimetria 90% respirando aria ambiente. Quale dovrebbe essere la prima azione dell’ equipe di emergenza?














La risposta corretta è la C
In caso di paziente politraumatizzato con G.C.S. pari a 4, anisocoria e una sp02 che si è abbassata al 90% il primo step che l’ equipe d’ emergenza deve eseguire è una intubazione endotracheale per garantire supporto ventilatorio, sempre con controllo del rachide cervicale per evitare di determinare lesioni maggiori. Al contario, la maschera laringea è un dispositivo associato ad un maggiore rischio di broncoaspirazione (risposta A errata). All’ opposto, il posizionamento di un catetere venoso periferico sarà successivo al ripristino della sp02 (risposta B errata). Infine, l’ ossigenoterapia con maschera tipo ventimask, richiedendo il controllo delle vie aeree, non è adatta al paziente del caso clinico che ha un G.C.S. pari a 4 (risposta D errata).

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