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1 di 22 Domande

Quale complicanza clinica NON si riscontra nell'IRC terminale?














La risposta corretta è la B

Nell’IRC terminale non si riscontra come complicanza l’artrite. La malattia renale cronica è classificata in 5 stadi: Stadio 1: velocità di filtrazione glomerulare normale (?90 mL/min/1,73 m²) con albuminuria persistente o malattia renale strutturale o ereditaria; Stadio 2: 60-89 mL/min/1,73 m²; Stadio 3a: 45-59 mL/min/1,73 m²; Stadio 3b: 30-44 mL/min/1,73 m²; Stadio 4: 15-29 mL/min/1,73 m²; Stadio 5: <15 mL/min/1,73 m². La velocità di filtrazione glomerulare può essere stimata tramite l’equazione CKD-EPI: 141 × (creatinina sierica)^-1,209 × 0,993^età, moltiplicata per 1,018 se donna e 1,159 se afroamericano (1,1799 per donne afroamericane). Questo calcolo è poco accurato negli anziani sedentari, obesi o molto magri. In alternativa, si può usare l’equazione di Cockcroft-Gault per stimare la clearance della creatinina, che tende a sovrastimare del 10-40%. Le complicanze comprendono quelle neurologiche (neuropatia periferica), ematologiche (anemia da ridotta produzione di eritropoietina), scheletriche (osteodistrofia, risposte C-D-E errate) e pericardite nel 20% dei pazienti con insufficienza renale (risposta A errata).


2 di 22 Domande

Nella brucellosi acuta qual e' il titolo minimo per la diagnosi:














La risposta corretta è la C.

La brucellosi (nota anche come "febbre ondulante", "febbre mediterranea" o "febbre maltese") è un’infezione zoonotica trasmessa all’uomo da animali infetti (bovini, ovini, caprini, cammelli, suini o altri) attraverso l’ingestione di prodotti alimentari non pastorizzati, in particolare lattiero-caseari, oppure per contatto diretto con tessuti o fluidi contaminati. Va sospettata in pazienti con febbre, malessere, sudorazione notturna e artralgie in presenza di esposizione epidemiologica significativa, come consumo di prodotti caseari non pastorizzati, contatto con animali in aree endemiche o esposizione professionale. Una diagnosi presuntiva può essere formulata sulla base di:

  • titolo anticorpale totale anti-Brucella ?1:160 mediante test di agglutinazione in provetta standard su siero prelevato dopo l’insorgenza dei sintomi;
  • rilevazione del DNA di Brucella in un campione clinico tramite reazione a catena della polimerasi (PCR).

3 di 22 Domande

In figura è rappresentato uno schema della sequenza genica che costituisce l’operone Lac (sequenza genica che regola la produzione delle lattasi) dei procarioti. Si tratta di una sequenza regolatrice che determina la produzione di lattasi, quando?

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La risposta corretta è la B

La domanda chiede quando l’operone lac, sequenza regolatrice della produzione di lattasi, induce l’espressione: la risposta corretta è “Quando è presente lattosio nel mezzo di coltura”. Nel sistema lac dei procarioti, in assenza di lattosio il repressore LacI si lega all’operatore e impedisce all’RNA polimerasi di trascrivere i geni lacZYA; quando è presente lattosio, una parte viene isomerizzata in allolattosio che funge da induttore legandosi a LacI, causandone il distacco dall’operatore e consentendo l’avvio della trascrizione, inclusa la sintesi di ?-galattosidasi (lattasi). L’espressione è massima se il glucosio è basso perché il complesso cAMP-CAP facilita il reclutamento dell’RNA polimerasi, ma la condizione chiave che rimuove la repressione è la presenza di lattosio. In sintesi, il lattosio segnala alla cellula di esprimere gli enzimi necessari al suo metabolismo attivando l’operone lac.


4 di 22 Domande

Un bambino di 2 anni di origine africana si presenta con tumefazioni dolorose della mani e piedi. Dati di laboratorio mettono in evidenza una emoglobina di 9g/dl, una conta dei globuli bianchi di 11500/mm3 ed una conta delle piastrine di 250000/mm3. Quale dei seguenti esami di laboratorio dara' supporto alla tua diagnosi?














La risposta corretta è la B

Il quadro clinico descritto è compatibile con anemia falciforme o drepanocitosi, un’emoglobinopatia caratterizzata dalla produzione di catene globiniche quantitativamente normali ma qualitativamente alterate. La causa della deformazione dei globuli rossi è una sostituzione amminoacidica (Glu ? Val) che favorisce l’aggregazione delle molecole di Hb con formazione di polimeri simili a pali nel citoplasma eritrocitario. La polimerizzazione, che avviene soprattutto nello stato deossigenato, determina deformazione e la caratteristica forma a falce dei globuli rossi. Questa condizione provoca squilibri che riducono elasticità e vitalità cellulare. I globuli rossi danneggiati rappresentano il principale trigger delle crisi vaso-occlusive, responsabili di fenomeni infartuali a livello del microcircolo, che spesso si manifestano con tumefazioni dolorose di mani e piedi. La prima manifestazione clinica è l’emolisi cronica con pallore, subittero o ittero, astenia, litiasi della colecisti e segni della deplezione di ossido nitrico. A livello arterioso si osserva diatesi trombotica per disfunzione endoteliale. L’emolisi cronica rappresenta uno stato di equilibrio, interrotto più o meno frequentemente da crisi vaso-occlusive. Tra le manifestazioni vaso-occlusive, tipica è l’ostruzione dei vasi retinici, che porta a cecità parziale o totale e determina cicatrici corio-retiniche, una delle manifestazioni retiniche più comuni e patognomoniche dell’anemia falciforme. Dal punto di vista laboratoristico, si osserva riduzione dell’Hb; la diagnosi è confermata da striscio periferico, test di solubilità ed elettroforesi dell’emoglobina, che evidenzia le anomalie strutturali.


5 di 22 Domande

Il Sig. Versici, un uomo di circa 70 anni, si reca presso l’ ambulatorio del proprio medico curante, Il Dott. Mancini, per un fastidio al polso destro. Anamnesi patologica prossima: lamenta dolore al polso destro da circa due giorni.

Anamnesi patologica prossima: positiva per due interventi di chirurgia sostitutiva dell'anca, due precedenti episodi di gotta in entrambe le prime articolazioni metatarso-falangee ed ipertensione. Esame obiettivo: il Dott. Mancini visitandolo riscontra la presenza di rossore e gonfiore sul versante dorsale del polso. La sintomatologia dolorosa viene esacerbata da movimenti di flesso-estensione completi. Gli vengono prescritti 80 mg di aspirina al giorno. Due giorni dopo il gonfiore però è aumentato sul versante dorsale del polso ed a livello della mano. La flessione del polso risulta limitata dell' 80% con dolore severo, pertanto il Sig. Versici si reca nuovamente presso l’ ambulatorio del Dott. Mancini, che rivisitandolo nota che evoca un dolore sordo alla palpazione dello scafoide e pertanto nel sospetto di frattura gli prescrive un esame radiografico del polso/mano. Esami strumentali-laboratoristici: evidenza di alterazioni riconducibili ad un quadro di artrite gottosa. Quale tipo di citochine sono coinvolte in questo processo?

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La risposta corretta è la C.

La flogosi è un meccanismo di difesa di tipo aspecifico: risponde all’agente lesivo di tipo fisico-meccanico, radiazioni, batteri o sostanze chimiche. È quindi la risposta al danno tissutale ed è un processo reattivo (diverso dalla necrosi che è regressiva), aspecifico (contro tutto ciò che causa danno), stereotipato (stessi meccanismi principali a prescindere dalla causa, con vie diverse secondo lo stimolo), e procede indipendentemente dalla causa (una volta innescato, continua anche se lo stimolo è rimosso). Nella fase acuta si ha aumento del flusso ematico e della permeabilità vascolare, con accumulo di fluidi, leucociti e mediatori come le citochine. Vari fattori solubili favoriscono il reclutamento dei leucociti aumentando l’espressione di molecole di adesione e di fattori chemiotattici. Le citochine chiave sono IL-1, TNF-?, IL-6, IL-8 e altre chemochine; IL-1 e TNF-? sono particolarmente potenti, inducono febbre promuovendo la sintesi di PGE2 nell’endotelio ipotalamico. L’IL-1 è prodotta da macrofagi, neutrofili, cellule endoteliali ed epiteliali: a basse concentrazioni induce adesione leucocitaria, ad alte induce febbre e proteine di fase acuta. Diversamente dal TNF-?, non causa da sola shock settico. Inoltre stimola i mastociti al rilascio di istamina, con vasodilatazione precoce e aumento della permeabilità.

Durante l’infiammazione avvengono: (1) modificazioni di flusso e calibro vascolare con aumento del flusso sanguigno, (2) modificazioni del microcircolo e formazione dell’essudato, (3) richiamo chemiotattico dei leucociti, (4) fagocitosi. Dopo lo stimolo lesivo si ha vasocostrizione transitoria seguita da vasodilatazione intensa (iperemia attiva, responsabile di rubor e calor). Successivamente si verifica rallentamento della circolazione (iperemia passiva o stasi), dovuto ad aumentata permeabilità capillare con essudazione proteica e aumento della viscosità ematica. Il modello tipico dell’infiammazione acuta comprende: alterazioni di flusso e calibro, iperemia attiva e passiva, permeabilizzazione endoteliale con essudato, migrazione leucocitaria e chemiotassi, fagocitosi.

La chemiotassi è movimento orientato lungo un gradiente chimico; gli stimoli possono essere esogeni (prodotti batterici) o endogeni (complemento, leucotrieni, citochine). Durante la stasi i neutrofili si dispongono lungo l’endotelio (marginazione). Segue l’adesione: i leucociti rotolano con legami labili, poi aderiscono stabilmente formando la “pavimentazione”. Successivamente attraversano l’endotelio (diapedesi) e migrano verso lo stimolo. L’endotelio normalmente è continuo e liscio, ma nell’infiammazione aumenta la permeabilità ed esprime molecole di adesione preformate (es. P-selectina dai corpi di Weibel-Palade).

Le principali molecole di adesione sono: selectine (E sull’endotelio, P sull’endotelio in infiammazione, L sui leucociti, legano zuccheri); immunoglobuline (ICAM-1 e VCAM-1, interagiscono con integrine leucocitarie, le ICAM-1 si legano alle integrine ?2); VCAM-2 proprie dell’endotelio; integrine (già presenti sui leucociti, ma con bassa affinità: aumentano l’avidità a seguito di stimoli chemiokinici e dell’induzione di ICAM/VCAM-1). Le citochine IL-1 e TNF inducono fortemente la sintesi di ICAM-1 e VCAM-2, molecole implicate nei legami forti, la cui espressione richiede più tempo.


6 di 22 Domande

Il Sig. Mariani, un uomo di 78 anni si reca presso il PS del Policlinico Torvergata di Roma, a causa di un episodio di dispnea acuta. Anamnesi patologica prossima: lamenta comparsa di episodi di tosse produttiva, gonfiore degli arti inferiori e dei piedi, astenia, che perdurano da 3 settimane. Inoltre, da due mesi a questa parte, si sono presentate crisi di dispnea da sforzo ingravescente. Anamnesi patologica remota: una decina di anni prima è stato sottoposto ad un intervento di chirurgia sostitutiva per impianto di protesi valvolare di suino, a causa di un rigurgito della valvola mitrale di grado severo. Il paziente è affetto da coronaropatia, diabete mellito di tipo 2 ed ipertensione. Anamnesi fisiologica: ha fumato per 55 anni un pacchetto di sigarette al giorno e abitualmente beve una birra al giorno. Anamnesi farmacologica Attualmente prende diversi farmaci tra cui cardioaspirina, simvastatina, ramipril, metoprololo, metformina e idroclorotiazide. Esame obiettivo: si presenta dall’ aspetto pallido. L’ uomo è alto 181 cm e pesa 128 kg, con una BMI di circa 41 kg/m2. Ha una temperatura corporea di 37.3 °C , frequenza respiratoria di 23 atti/min, frequenza cardiaca di 97 bpm, e pressione arteriosa di 148/95 mm Hg. All’ auscultazione del torace si riscontra la presenza di rantoli alle basi polmonari bilateralmente. L’ esame obiettivo del cuore rivela la presenza di un battito apicale dislocato lateralmente e la presenza, a livello dell’ apice, di un soffio diastolico 3/6 di intensità decrescente. Inoltre si osserva la presenza di edemi improntabili bilateralmente a livello dei piedi e delle caviglie. Il resto dell’ esame obiettivo non mostra altre anomalie. Quale tra le seguenti è la causa più probabile dei sintomi di questo paziente?

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La risposta D è corretta.

Il paziente circa 10 anni fa si era sottoposto a un intervento di sostituzione protesica con impianto di protesi valvolare suina per severo rigurgito mitralico. Il trattamento di una valvulopatia, a meno che non sia di grado medio-elevato e clinicamente significativa, richiede solo un controllo periodico, mentre l’intervento chirurgico è indicato in presenza di una lesione moderata o grave responsabile di sintomi e/o disfunzione cardiaca. Le opzioni vanno dalla valvuloplastica alla riparazione fino alla sostituzione, che può essere effettuata con protesi meccaniche (preferite nei pazienti <65 anni o con lunga aspettativa di vita, ma richiedono anticoagulazione cronica con warfarin per prevenire tromboembolismo) o biologiche (suine o bovine, più soggette a deterioramento sclero-fibrotico, con durata media 10-15 anni). Una complicanza possibile delle protesi biologiche è l’ostruzione/stenosi o il rigurgito, entrambi responsabili di scompenso cardiaco.

L’endocardite infettiva insorge in presenza di una predisposizione endocardica (patologie congenite, reumatiche, valvole bicuspidi calcifiche, prolasso mitralico, cardiomiopatia ipertrofica, precedente endocardite). Fattori predisponenti sono protesi valvolari, tossicodipendenza, diabete, uso cronico di anticoagulanti o steroidi, età avanzata. Agenti più comuni sono streptococchi e stafilococchi (80-90%), seguiti da enterococchi e microrganismi HACEK. Clinicamente si manifesta con febbre, nuovo soffio o modifica di un soffio preesistente, può causare scompenso cardiaco e, all’ecocardiogramma, vegetazioni. Segni caratteristici: petecchie congiuntivali, macchie di Roth, lesioni di Janeway, nodi di Osler, emorragie subungueali a scheggia. La diagnosi si basa sui criteri di Duke (diagnosi rigettata, possibile o certa). In assenza di emocolture disponibili, e senza rischio per MRSA, la terapia empirica si effettua con un ?-lattamico + amminoglicoside. Sebbene questo paziente presenti soffio e segni di scompenso, non ha febbre né criteri di Duke: l’endocardite è improbabile (risposta A errata).

La BPCO è una malattia polmonare cronica non reversibile, con ostruzione bronchiale persistente (VEMS/CVF <0,7), spesso correlata a fumo e caratterizzata da progressione, riacutizzazioni infettive, dispnea, tosse produttiva cronica, tachipnea, cianosi e ipertensione polmonare nelle fasi avanzate. All’auscultazione: respiro sibilante e fase espiratoria prolungata. Nonostante il paziente sia fumatore con tosse, i sintomi durano solo da 3 settimane e non vi sono segni obiettivi di ostruzione: la diagnosi di BPCO è errata (risposta B errata).

La polmonite è un’infiammazione acuta polmonare (batterica, virale, fungina, parassitaria) diagnosticata con RX torace e reperti clinici. Può essere comunitaria (più spesso da Streptococcus pneumoniae, Mycoplasma pneumoniae) o nosocomiale. Clinicamente: febbre, tosse, dispnea, astenia, ipossia; nella forma tipica: esordio acuto con febbre, tosse produttiva, crepitii e rumori bronchiali; nella forma atipica: esordio graduale con tosse secca, dispnea e pochi segni obiettivi. È indicato esame colturale di sangue/escreato. Questo paziente presenta tosse produttiva ma non febbre, e all’auscultazione rantoli basali bilaterali: più compatibili con scompenso cardiaco che con polmonite (risposta C errata).

L’embolia polmonare è occlusione di arterie polmonari da trombi (arti inferiori/pelvi). Presentazione acuta con sintomi aspecifici: dolore toracico pleuritico, tosse, sincope, dispnea, arresto cardiorespiratorio nei casi gravi; segni: tachipnea, tachicardia, ipotensione. Fattori di rischio: immobilizzazione, trombofilie, gravidanza, chirurgia recente. In questo paziente tosse e dispnea possono mimarla, ma anamnesi negativa per immobilizzazione e presenza di stenosi mitralica con edemi declivi bilaterali fanno propendere per scompenso cardiaco congestizio piuttosto che embolia polmonare (risposta E errata).


7 di 22 Domande

Il Sig. Verci, un uomo di circa 60 anni si reca, presso l’ ambulatorio del proprio medico curante, il Dott. Briga, per dispnea. Anamnesi patologica prossima: lamenta una dispnea ingravescente da circa un mese. Inizialmente era in grado di salire 3 rampe di scale fino al suo appartamento, ma ora necessita di effettuare numerose pause per recuperare il fiato. Non lamenta dolore al petto. Anamnesi patologica remota: l'uomo è affetto da cardiopatia reumatica e diabete mellito di tipo 2. Anamnesi fisiologica: è emigrato dall'India circa 20 anni prima. Anamnesi farmacologica: assume carvedilolo, torasemide e insulina. Esame obiettivo: il Dott. Briga visita il Sig. Verci riscontrando una temperatura corporea di 37.2 °C, una frequenza cardiaca di 74 bpm, una frequenza respiratoria di 19 atti/min ed una pressione arteriosa di 135/80 mm Hg. La pulsossimetria mostra una saturazione d'ossigeno del 96% in aria ambiente. L'auscultazione del torace rivela la presenza di crepitii alle basi polmonari bilateralmente. All’ auscultazione cardiaca si riscontra la presenza di un soffio d'apertura seguito da un soffio diastolico di bassa tonalità , a livello del quanto spazio intercostale di sinistra in corrispondenza della linea medio-claveare. Esami strumentali-laboratoristici: il Dott. Briga decide di far eseguire una radiografia del torace al Sig. Verci, che mostra una dilatazione dell'atrio di sinistra, con stiramento del margine cardiaco di sinistra, ed un’ aumentata trama vascolare. Quale tra i seguenti rappresenta l'intervento di prima scelta per migliorare la sintomatologia del paziente?

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La risposta corretta è la D.

La malattia reumatica è la causa più frequente di stenosi mitralica non complicata. È caratterizzata da fibrosi, calcificazione dei lembi valvolari e parziale fusione delle commissure, con conseguente riduzione dell’ostio valvolare (normalmente 4-6 cm²) fino a valori <1 cm². A causa di questo restringimento, l’unico modo per garantire il passaggio di sangue dall’atrio sinistro al ventricolo sinistro durante la diastole è aumentare le pressioni atriali. Questo incremento si trasmette a monte, con aumento della pressione nelle vene e nei capillari polmonari: ecco la causa della dispnea. Se le pressioni aumentano ulteriormente, soprattutto acutamente, può verificarsi la trasudazione di liquido negli alveoli con conseguente edema polmonare. Il nostro paziente all’auscultazione presenta anche crepitii basali bilaterali. Il gradiente diastolico transvalvolare è proporzionale al grado di stenosi ed è sensibile ad aumenti di portata e frequenza cardiaca: maggiore la portata/frequenza, maggiore il gradiente. Per questo un soggetto asintomatico a riposo può diventare sintomatico anche per sforzi lievi. L’evoluzione della stenosi mitralica è rappresentata dallo sviluppo di ipertensione polmonare arteriosa, secondaria a quella venosa, che provoca vasocostrizione arteriolare inizialmente funzionale e reversibile, successivamente irreversibile per ipertrofia della tonaca media e fibrosi dell’intima. Le elevate resistenze arteriolari del circolo polmonare causano sovraccarico pressorio del ventricolo destro con dilatazione, ipertrofia, disfunzione contrattile e segni di scompenso destro e bassa gittata. Nell’insufficienza mitralica, invece, la pressione atriale sinistra, molto più bassa di quella aortica, fa sì che il sangue refluisca in atrio già durante la contrazione isometrica ventricolare. Nell’insufficienza mitralica cronica l’atrio sinistro si adatta dilatandosi, per cui la pressione a monte non aumenta significativamente; nell’insufficienza acuta, invece, l’atrio non ha tempo di adattarsi e subisce un brusco aumento pressorio con ripercussioni sulla pressione venosa polmonare. Il ventricolo sinistro, sottoposto a sovraccarico di volume, si dilata: inizialmente la frazione di eiezione rimane conservata, poi si riduce progressivamente perché il rigurgito in atrio riduce il volume sistolico effettivo. Una frazione di eiezione <60% è indicativa di compromissione ventricolare sinistra. Nel nostro paziente, per segni, sintomi e reperti auscultatori, è probabile un coinvolgimento valvolare mitralico, in particolare stenosi o steno-insufficienza. L’intervento di scelta, nella stenosi mitralica clinicamente significativa (area ?1,5 cm²) o sintomatica, e nei pazienti con controindicazioni alla chirurgia, è la valvuloplastica percutanea con palloncino: una “dilatazione controllata” eseguita con un palloncino ad alta resistenza gonfiato in prossimità della valvola, introdotto tramite catetere da vena femorale destra. È una tecnica mini-invasiva che riduce morbilità e mortalità perioperatorie, con buona efficacia a lungo termine (sopravvivenza libera da eventi nel 30-70% dei casi), sebbene non siano rare le restenosi. Non può essere eseguita in presenza di calcificazioni valvolari, per cui è indicata la sostituzione valvolare.


8 di 22 Domande

Un ragazzo di 20 anni presenta il seguente ECG. Cosa si nota all'ECG?

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La risposta esatta è la A.

Le derivazioni da V1 a V6, chiamate derivazioni precordiali, esprimono l’attività elettrica del cuore sul piano orizzontale: V1-V2 esplorano il setto interventricolare, V3-V4 la parete anteriore del ventricolo sinistro, V5-V6 la parete laterale del ventricolo sinistro. L’onda P indica la depolarizzazione atriale, il complesso QRS e l’onda T indicano rispettivamente la depolarizzazione e la ripolarizzazione ventricolare, mentre la ripolarizzazione atriale non è visibile poiché avviene durante la depolarizzazione ventricolare. In età giovanile, dopo la pubertà, il vettore di ripolarizzazione ventricolare rende le T positive in tutte le derivazioni precordiali, tranne V1 e raramente V2; in casi eccezionali, la negatività può coinvolgere anche V3 e V4 (onda T giovanile). Dopo la pubertà, la presenza di onde T invertite ?2 mm in due o più derivazioni contigue del ventricolo destro può indicare cardiopatia congenita con sovraccarico di pressione o volume (cardiomiopatia aritmogena del ventricolo destro) oppure, più raramente, patologie ereditarie dei canali del sodio o potassio. L’ECG descritto mostra ritmo sinusale, alterazioni diffuse della ripolarizzazione con T negativa da V1 a V5, R alta in V1 e asse spostato a destra: reperti suggestivi di ipertrofia ventricolare destra a carattere aritmogeno. La cardiomiopatia aritmogena del ventricolo destro è spesso familiare, più frequentemente a trasmissione autosomica dominante, e coinvolge prevalentemente ma non esclusivamente il ventricolo destro. Nel 10-20% dei casi è presente una mutazione nei geni che codificano proteine del desmosoma. Istologicamente si osserva progressiva sostituzione del miocardio con tessuto fibro-adiposo, che genera aree di discinesia e dilatazione soprattutto nel tratto di afflusso, efflusso e apice del ventricolo destro (triangolo della displasia), ma può estendersi all’intera parete ventricolare destra o anche al ventricolo sinistro. Questa condizione, per le alterazioni morfologiche e funzionali, è causa frequente di aritmie ventricolari e morte improvvisa, soprattutto in età giovanile durante o subito dopo l’attività fisica. In presenza di un ECG di questo tipo è quindi indicato eseguire un ecocardiogramma per rilevare eventuali alterazioni strutturali cardiache.


9 di 22 Domande

La signora Rettori, una donna di 45 anni, si reca dal proprio medico curante, il Dott. Pressi, per malessere. Anamnesi patologica prossima: comparsa di febbre, disuria e dolore alla schiena. Il Dott. Pressi consiglia alla paziente di recarsi in ospedale per ulteriori accertamenti; qui la donna verrà successivamente ricoverata con una sospetta diagnosi di pielonefrite. La paziente viene sottoposta a terapia con antibiotici ad ampio spettro, che determinano un significativo miglioramento della sintomatologia. Tuttavia, durante il quarto giorno di ricovero, la donna presenta nuovamente febbre, con leucocitosi e profusa diarrea acquosa. Esami strumentali: viene effettuata una colonscopia, visibile nell’ immagine sottostante.

Quale è la terapia per il trattamento di questo disturbo?

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La risposta corretta è la D.

La paziente presenta una colite pseudomembranosa causata da Clostridium difficile, un batterio appartenente alla famiglia Clostridiaceae, patogeno per l’uomo, Gram+ anaerobio. Il C. difficile è virulento in quanto possiede due tossine: la tossina A, un’enterotossina che si lega alle cellule della mucosa e causa un’ipersecrezione di liquido determinando diarrea acquosa; la tossina B, una citotossina che provoca gravi danni alla mucosa determinandone l’aspetto pseudomembranoso. Il Clostridium difficile causa colite associata ad antibiotici, tipicamente in ambiente ospedaliero. Fa parte normalmente del microbiota umano; tuttavia, quando si utilizzano antibiotici per lungo tempo, questi possono distruggere anche i batteri che tengono “sotto controllo” il Clostridium. Quando il C. difficile diviene dominante, si possono avere crampi addominali, colite pseudomembranosa, diarrea (talora ematica), raramente sepsi e addome acuto. I sintomi insorgono alcuni giorni dopo l’inizio della terapia antibiotica e includono diarrea acquosa o scariche di feci non formate, crampi addominali, raramente nausea e vomito. Per la diagnosi è importante l’identificazione della tossina nelle feci. Il trattamento consiste nell’interrompere la terapia antibiotica; se la sintomatologia è grave è possibile utilizzare vancomicina o metronidazolo (nel nostro caso, non essendo la vancomicina tra le opzioni, la risposta corretta è la D).


10 di 22 Domande

Una paziente di 58 anni si presenta presso il reparto di nutrizione clinica. La donna presenta BMI 20,9, circonferenza vita 88 cm, analisi ematochimiche (in allegato) in cui si presenta colesterolo LDL fuori range e glicemia a digiuno elevata.

In seguito ai valori di glicemia a digiuno riscontrati, si richiede curva da carico orale di glucosio (OGTT). In base ai risultati sopra riportati, la paziente presenta:

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La risposta corretta è la B.

Il diabete è un gruppo di alterazioni caratterizzate da elevati livelli di glicemia, legati a un’alterata secrezione insulinica o a una ridotta sensibilità all’insulina. Questa alterata secrezione può variare da forme severe, in cui la produzione di insulina è nulla o quasi (diabete di tipo I, pancreasectomia), a forme intermedie modulate dall’insulino-resistenza.

L’insulino-resistenza da sola non è in grado di slatentizzare un diabete mellito: è necessario un danno della secrezione. Le alterazioni del metabolismo del glucosio si associano inoltre a modifiche del metabolismo lipidico e proteico, predisponendo a complicanze vascolari: microvascolari (rene, arti inferiori, retina) e macrovascolari (cuore, cervello, arterie degli arti inferiori).

Il diabete si classifica in due tipologie principali:

– diabete mellito di tipo I (insulino-dipendente), che può avere cause immuno-mediate o idiopatiche;

– diabete mellito di tipo II (non insulino-dipendente), malattia metabolica caratterizzata da iperglicemia in un contesto di insulino-resistenza e deficienza insulinica relativa, nella maggior parte dei casi senza necessità di insulina.

Esiste poi il diabete gestazionale, che compare in gravidanza e regredisce dopo il parto.

Tra le sindromi secondarie ricordiamo:

– pancreasectomia (oggi non più praticata nelle pancreatiti, ma solo nei tumori),

– patologie del pancreas esocrino (es. pancreatite),

– patologie endocrine (acromegalia, sindrome di Cushing, feocromocitoma, poiché l’insulina è l’unico ormone ipoglicemizzante),

– tossicità da farmaci o sostanze chimiche (glucocorticoidi, tiazidici, ecc.).

Il diabete può rimanere a lungo silente. Si stima che, a fronte di una prevalenza diagnosticata del 4%, un ulteriore 4% resti non diagnosticato.

Per la diagnosi, le misurazioni della glicemia prevedono:

– glicemia a digiuno (da almeno 12 ore): due rilevazioni ?126 mg/dl;

– glicemia random >200 mg/dl, ma solo in paziente sintomatico (polidipsia, poliuria, nicturia, ecc.);

– curva da carico con 75 g di glucosio in 200-250 ml d’acqua: il test si esegue solo se la glicemia basale è <126 mg/dl, e la diagnosi si pone se a 2 ore la glicemia è >200 mg/dl.


11 di 22 Domande

La signora Bellini è una giovane donna ricoverata nel reparto di ginecologia ed ostetricia dopo un parto complicato da una rottura prematura delle membrane amnio-coriali ed un prolungato travaglio. Anamnesi patologica prossima: In seconda giornata sviluppa febbre con brivido associata ad ipotensione e intenso dolore addominale che fanno sospettare un’ endometrite purperale. Il Dott. Lanfranchi decide di sottoporre la paziente ad una radiografia del torace e decide di avviare la terapia antibiotica e reidratante con 4.000 ml di soluzione salina nelle successive 24 ore ma l’ ipertermia persiste e si ottiene un lieve incremento della pressione arteriosa. Improvvisamente la sig.ra Bellini presenta dispnea. Esame obiettivo: viene rilevata una SpO2 dell’ 82% che non aumenta anche con ossigenoterapia con FiO2 del 100%. Il Dott. Lanfranchi decide quindi di intubare la paziente e si eroga una FiO2 del 100%. Non si rileva turgore giugulare, all’ auscultazione polmonare si apprezzano crepitii diffusi bilateralmente. Esami di laboratorio-strumentali: viene rapidamente inviato in laboratorio un campione di sangue arterioso che evidenzia PaO2 di 62 mmHg e PaCO2 di 33 mmHg. L’ ECG mostra tachicardia sinusale. Viene effettuato un nuovo RX del torace che mostra un quadro polmonare modificato rispetto a quanto si era visto nel precedente. Sulla base dei dati forniti quale tra le seguenti è la diagnosi più probabile?

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La risposta corretta è la B.

Questo paziente molto probabilmente ha una ARDS e il rapporto PaO2/FiO2 è <200: la paziente ha un rapporto di 60 (FiO2 = 1 ovvero 100% e PaO2 di 60 mmHg: necessita di ossigeno al 100% per mantenere una pressione di PaO2 accettabile). La RX torace mostra infiltrati polmonari diffusi non riconducibili a eziologia cardiogena. L’EO evidenzia dispnea ingravescente a insorgenza improvvisa, con crepitii diffusi bilateralmente. La paziente presentata nel caso è verosimilmente affetta da ARDS in seguito a sepsi da endometrite postpartum.

La sindrome da distress respiratorio acuto (ARDS) è una grave malattia acuta polmonare. I fattori scatenanti sono numerosi: polmonite, shock, gravi traumi, sepsi, aspirazione di alimenti (ab ingestis), pancreatite. È caratterizzata da danno diffuso della membrana alveolo-capillare, con edema polmonare non cardiogenico (ricco di proteine) e insufficienza respiratoria acuta (ARF). Si osserva reclutamento di neutrofili nei capillari alveolari e formazione di membrane ialine. I neutrofili rilasciano chemochine (che richiamano istiociti), producono ROS, proteasi, leucotrieni, fattore di attivazione piastrinica, prostaglandine e altre molecole che danneggiano le barriere tra capillari e spazi aerei. Gli alveoli e l’interstizio si riempiono di proteine, detriti cellulari e liquido, con distruzione del surfattante, collasso alveolare e mismatch ventilazione/perfusione.

L’ARDS determina grave ipossiemia refrattaria all’ossigenoterapia. I criteri diagnostici comprendono:

– Opacità bilaterali alla RX non spiegabili da versamento, atelettasia o noduli.

– PaO2/FiO2 ?200 mmHg.

– Assenza di evidenza clinica di aumentata pressione atriale sinistra o insufficienza cardiaca (PCWP <18 mmHg). Una pressione di incuneamento capillare polmonare >18 mmHg orienta invece verso edema polmonare cardiogeno.

Secondo la “Definizione di Berlino 2012” l’ARDS si classifica in:

– Lieve: PaO2/FiO2 ?200 mmHg.

– Moderata: PaO2/FiO2 ?100 mmHg.

– Grave: PaO2/FiO2 ?100 mmHg.


12 di 22 Domande

Una paziente di 58 anni si presenta presso il reparto di nutrizione clinica. La donna presenta BMI 20,9, circonferenza vita 88 cm, analisi ematochimiche (in allegato) in cui si presenta colesterolo LDL fuori range e glicemia a digiuno elevata.

Per il paziente diabetico è essenziale assumere cibi a basso indice glicemico. Qual è tra i seguenti alimenti quello che presenta il più basso indice glicemico?

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La risposta corretta è la A.

Il diabete è un gruppo di alterazioni caratterizzate da elevati livelli di glicemia, legati a un’alterata secrezione insulinica o a una ridotta sensibilità all’insulina. Questa alterata secrezione può variare da forme severe, in cui la produzione di insulina è nulla o quasi (diabete di tipo I, pancreasectomia), a forme intermedie modulate dall’insulino-resistenza. L’insulino-resistenza da sola non è in grado di slatentizzare un diabete mellito: serve un danno della secrezione. Le alterazioni del metabolismo del glucosio si accompagnano anche ad alterazioni del metabolismo lipidico e proteico, predisponendo a complicanze vascolari: microvascolari (rene, retina, arti inferiori) e macrovascolari (cuore, cervello, arterie periferiche). Il diabete si classifica in due tipologie principali: diabete mellito di tipo I (insulino-dipendente), con cause immuno-mediate o idiopatiche; diabete mellito di tipo II (non insulino-dipendente), malattia metabolica caratterizzata da iperglicemia in un contesto di insulino-resistenza e relativa deficienza insulinica, che nella maggior parte dei casi non richiede terapia insulinica. Esiste anche il diabete gestazionale, che si manifesta in gravidanza e regredisce dopo il parto. Tra le forme secondarie: pancreasectomia (oggi non più praticata nelle pancreatiti, ma solo nei tumori), patologie del pancreas esocrino (es. pancreatite), patologie endocrine (acromegalia, sindrome di Cushing, feocromocitoma, poiché l’insulina è l’unico ormone ipoglicemizzante), tossicità da farmaci o sostanze (glucocorticoidi, tiazidici, ecc.). Il diabete può progredire a lungo senza sintomi. Si calcola che, a fronte di una prevalenza diagnosticata del 4%, un ulteriore 4% rimane non diagnosticato. Per la diagnosi: glicemia a digiuno ?126 mg/dl in due misurazioni, glicemia random >200 mg/dl in presenza di sintomi (poliuria, polidipsia, nicturia), curva da carico con 75 g di glucosio (diagnosi se glicemia >200 mg/dl a 2 ore). Prima del test, la glicemia basale deve essere <126 mg/dl. Il test va eseguito in pazienti non ricoverati, in buone condizioni cliniche, dopo dieta abituale (non ridotta in carboidrati), a digiuno dalla mezzanotte, senza febbre, stress o fumo. Indicazioni alla curva da carico: glicemia alterata a digiuno (100–125 mg/dl), familiarità per diabete dai 30-40 anni, obesità, complicanze cardiovascolari (TIA, angina, claudicatio), soprattutto se obesi e fumatori, infezioni urinarie o cutanee ricorrenti con glicemia alterata. Il 90% dei casi è di tipo II, storicamente detto diabete dell’adulto (esordio >40 anni), ma oggi è sempre più precoce (anche a 18 anni), correlato all’obesità, in particolare infantile (Italia con alta prevalenza, soprattutto nel centro-sud). Nei gemelli monozigoti la concordanza è ~100% nel tipo II, mentre nel tipo I, pur avendo componente genetica, è solo del 50% per il ruolo di fattori ambientali. Anche nei monozigoti separati alla nascita la concordanza del tipo II rimane elevata, a dimostrazione della forte componente genetica, ancora non del tutto chiarita.


13 di 22 Domande

Scenario clinico AA125:
La sig.ra Marini, una donna di 27 anni, si reca insieme al proprio figlioletto Giovanni, di 8 settimane, presso lo studio medico del Dott. Rienzo, pediatra del piccolo. La donna è preoccupata in quanto teme che il figlio abbia sviluppato un eczema atopico, essendo anche lei affetta dalla medesima condizione da tantissimi anni. Inoltre, essendo anche un soggetto asmatico, si rivolge al Dott. Rienzo per chiedergli se esistono dei trattamenti, oltre che per l’ eczema, anche per prevenire l’ insorgenza dell’ asma nel piccolo. Domanda 2 (riferita allo scenario clinico AA125): quale tra le seguenti affermazioni riguardanti la correlazione tra allattamento e sindromi atopiche è falsa?














La risposta corretta è la C.

In un gruppo di bambini seguiti dalla nascita all’età di 17 anni, l’allattamento al seno prolungato (> 6 mesi con pesci e agrumi non assunti dalla madre nei primi 12 mesi) si è rivelato protettivo contro le malattie atopiche, compresi l’eczema atopico, l’allergia alimentare e l’allergia respiratoria.

Una piccola quantità di proteine ingerite dalla madre viene secreta immutata nel latte materno ed in questo modo, il cibo potenzialmente allergenico mangiato dalla madre, può essere trasferito al neonato e può causare sensibilizzazione. Questa restrizione alimentare materna durante l’allattamento può essere un fattore importante per i neonati a rischio.

L’eczema è meno comune e più lieve nei bambini allattati esclusivamente al seno per 6 mesi e le cui madri seguono una dieta limitata (evitando prodotti a base di latte, uova, pesce, arachidi e soia).

Altri fattori che hanno dimostrato di contribuire alla malattia atopica sono l’esposizione ai peli e squame di animali domestici nell’infanzia, il fumo da parte dei genitori, l’esposizione agli acari della polvere domestica e l’introduzione precoce di cibi solidi.


14 di 22 Domande

Scenario clinico AA125:
La sig.ra Marini, una donna di 27 anni, si reca insieme al proprio figlioletto Giovanni, di 8 settimane, presso lo studio medico del Dott. Rienzo, pediatra del piccolo. La donna è preoccupata in quanto teme che il figlio abbia sviluppato un eczema atopico, essendo anche lei affetta dalla medesima condizione da tantissimi anni. Inoltre, essendo anche un soggetto asmatico, si rivolge al Dott. Rienzo per chiedergli se esistono dei trattamenti, oltre che per l’ eczema, anche per prevenire l’ insorgenza dell’ asma nel piccolo. Domanda 3 (riferita allo scenario clinico AA125): quale delle seguenti affermazioni riguardanti le allergie alimentari nei bambini è falsa?














La risposta corretta è la B.

Uno studio ha dimostrato che i bambini esposti a 4 o più tipi diversi di alimenti solidi prima dei 4 mesi di vita, presentavano rischi di eczema ricorrente che erano circa 3 volte superiori a quelli dei bambini che non erano esposti ad un’alimentazione precoce con cibi solidi.

L’allattamento esclusivo al seno per 6 mesi con un’attenta introduzione di cibi solidi e la continuazione dell’allattamento al seno oltre i 6 mesi è protettivo contro la malattia atopica.

Le allergie alimentari più comuni nell’infanzia sono correlate all’ ingestione di uova, arachidi e latte vaccino. I bambini tendono a superare l’allergia alle uova e al latte vaccino entro i 2 anni di età . Poiché è probabile che l’allergia alle arachidi persista fino all’età adulta, è saggio evitare le arachidi, compresa la pasta di arachidi e l’olio nella dieta della madre durante l’allattamento e nella dieta del bambino quando inizia a mangiare cibi solidi.


15 di 22 Domande

Scenario clinico AA125:
La sig.ra Marini, una donna di 27 anni, si reca insieme al proprio figlioletto Giovanni, di 8 settimane, presso lo studio medico del Dott. Rienzo, pediatra del piccolo. La donna è preoccupata in quanto teme che il figlio abbia sviluppato un eczema atopico, essendo anche lei affetta dalla medesima condizione da tantissimi anni. Inoltre, essendo anche un soggetto asmatico, si rivolge al Dott. Rienzo per chiedergli se esistono dei trattamenti, oltre che per l’ eczema, anche per prevenire l’ insorgenza dell’ asma nel piccolo. Domanda 4 (riferita allo scenario clinico AA125): quale tra le seguenti affermazioni, riguardanti l’ introduzione di tipi diversi di cibo nella dieta dei soggetti in età pediatrica, è vera?














La risposta corretta è la B.

È stato suggerito di ritardare l’introduzione di alimenti considerati altamente allergenici (ad esempio uova, pesce, arachidi, noccioline, noci) oltre i 4-6 mesi di vita al fine di prevenire la malattia atopica nei bambini ad alto rischio (quelli con un parente di primo grado con malattia allergica documentata); tuttavia, vari studi non hanno dimostrato prove convincenti che questo abbia un ruolo effettivamente protettivo.


16 di 22 Domande

Il Dott. Rossino, pediatra dell’ Ospedale Gemelli, trovando il caso di Angelo interessante, effettua una fotografia della lesione presentata dal bambino, per chiedere una consulenza ad un dermatologo. Quale diagnosi tra le seguenti descrive il problema presentato?

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La risposta corretta è la D.

Questo soggetto presenta un emangioma superficiale infantile, il tumore vascolare benigno più comune in età pediatrica. Gli emangiomi infantili (EI), i tumori infantili vascolari benigni più diffusi, colpiscono il 10-12% dei neonati entro il primo anno di vita. Sono lesioni vascolari rilevate, di colore rosso o purpureo, iperplastiche con bordi ben delineati, che compaiono nel

primo anno di vita e inizialmente crescono

rapidamente.

La maggior parte dei tumori regrediscono spontaneamente entro il secondo anno di vita; però , quelli che ostacolano la vista, le vie aeree o altre strutture necessitano di trattamento. Possono essere riscontrati anche in tessuti profondi e nei visceri come ad esempio nel fegato. Una minoranza può avere delle conseguenze estetiche, ulcerarsi o provocare forme invalidanti (come strabismo da emangioma palpebrale) e talvolta lesioni delle vie respiratorie come quelle tracheali.

La risposta A non è corretta.

L’emangioma capillare (nevo a fragola) è uno dei tumori infantili più comuni; è tre volte più comune nei maschi rispetto alla popolazione femminile.

Solitamente, svanisce spontaneamente entro i due anni di vita (a volte delle lesioni a livello del collo possono persistere senza complicanze).

Dal punto di vista clinico si presenta poco dopo la nascita sotto forma di lesione unilaterale, in rilievo, di colore rosso chiaro (solitamente a livello della palpebra, sulla glabella o sulla linea mediana della nuca), oppure, se si presenta come una lesione più profonda, appare di colore violaceo.

La risposta B non è corretta.

L’igroma cistico del collo (o linfangioma cistico) è un tumore congenito del collo, caratterizzato da cavità pluri-concamerate a contenuto liquido di tipo linfatico (una massa di consistenza soffice, indolore e comprimibile, solitamente traslucida alla transilluminazione). Generalmente, si risconta alla nascita, è asintomatico e caratterizzato da una massa a consistenza elastica; necessita di asportazione chirurgica. Nei casi più gravi può causare un grave distress respiratorio per le importanti dimensioni che raggiunge e per la conseguente dislocazione delle strutture del collo.

La risposta C non è corretta.

L’ emangioma cavernoso, o semplicemente cavernoma, è una forma di angioma, una lesione vascolare a carattere benigno, cioè una massa di vasi sanguigni di forma sinusoidale dilatati e irregolari, localizzata a livello cerebrale o nel midollo spinale.

La scelta E non è corretta.

Un angioma rubino è un tumore benigno, a localizzazione cutanea, che trae origine da una cellula endoteliale di un vaso sanguigno.

Dal punto di vista clinico si presenta come una chiazza o una papula di colore rosso-purpureo con dimensioni che oscillano tra i 3 e i 5 millimetri; raramente raggiunge il centimetro.

Fonte Immagine:

AMA

Luo Q, Zhao F. The effects of Bleomycin A5 on infantile maxillofacial haemangioma. Head & Face Medicine. 2011; 7:11. doi: 10.1186/1746-160X-7-11.

MLA

Luo, Quan-feng, and Fu-yun Zhao. “ The Effects of Bleomycin A5 on Infantile Maxillofacial Haemangioma.” Head& Face Medicine 7 (2011): 11. PMC. Web. 6 Feb. 2018.

APA

Luo, Q., & Zhao, F. (2011). The effects of Bleomycin A5 on infantile maxillofacial haemangioma. Head & Face Medicine, 7, 11. http://doi.org/10.1186/1746-160X-7-11


17 di 22 Domande

Un uomo, programmatore informatico, si presenta presso l’ ambulatorio del proprio medico curante per una visita di controllo. Non lamenta alcun disturbo particolare, ma riferisce solamente di aver notato da circa un anno una piccola protuberanza sulla cute del volto, che sanguina alle sollecitazioni meccaniche e non regredisce. Ha una ipertensione controllata attraverso dieta e farmaci antipertensivi. Inoltre, assume farmaci antipertensivi (non meglio precisati). Trascorre la sua vita lavorativa al chiuso al computer e non svolge attività fisica. Si rileva una lesione che si presenta come una papula di 7 mm normo-pigmentata, con teleangectasie e che centralmente presenta una crosta. Quale tra le seguenti è l'evoluzione che ci si potrebbe aspettare da questa lesione?

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La risposta corretta è la B.

Il paziente presenta un tipico carcinoma basocellulare, la più diffusa neoplasia maligna cutanea. Il carcinoma basocellulare deriva da cheratinociti vicini allo strato basale, che possono essere definiti come cheratinociti basaloidi.

Circa il 95% delle diagnosi di BCC vengono effettuate in individui di età compresa tra i 40 e i 79 anni di età . L’incidenza è circa del 30% più elevata negli uomini rispetto alle donne. Quasi il 90% dei BCC si sviluppa a livello della testa o del collo.

Il BCC ha una crescita lenta con distruzione del tessuto circostante; può estendersi fino alle strutture nervose fino a penetrare nel sistema nervoso centrale. La metastasi è rara, ma la crescita locale può essere molto distruttiva: generalmente rimane circoscritto al distretto anatomico, in cui ha avuto origine senza generare metastasi, ma può invadere le strutture circostanti interessando nervi e ossa.

La diagnosi viene formulata mediante biopsia. Da un punto di visto istopatologico esistono 4 tipi di BCC: il tipo superficiale, l’ istotipo nodulare, l’ istotipo infiltrante, l’ istotipo piano-cicatriziale o sclerodermiforme.

Il quadro clinico, l’estensione, la sede e il sottotipo istologico condizionano la scelta terapeutica, curettage, diatermocoagulazione, rimozione chirurgica, crioterapia, chemioterapia topica (imiquimod o 5-fluorouracile) e terapia fotodinamica, oppure, occasionalmente, la terapia radiante.

La risposta A non è corretta.

Il carcinoma basocellulare è la più comune neoplasia maligna cutanea, caratterizzata da un basso potenziale metastatico; tuttavia il potenziale metastatico è sicuramente presente.

La risposta C non è corretta.

Questa descrizione è correlabile con un melanoma maligno, non presente nel nostro paziente.

La risposta D ed E non sono corrette.

Il BCC è una neoplasia che richiede sicuramente un trattamento e solo successivamente uno stretto follow-up.

Fonte Immagine:

AMA Tilkorn D-J, Lehnhardt M, Hauser J, et al. Merkel cell carcinoma metastasis and dermatofibrosarcoma protuberans presenting as a collision tumour: a case report and review of the literature. Journal of Medical Case Reports. 2009; 3:7493. doi:10.4076/1752-1947-3-7493.
MLA Tilkorn, Daniel-Johannes et al. “ Merkel Cell Carcinoma Metastasis and Dermatofibrosarcoma Protuberans Presenting as a Collision Tumour: A Case Report and Review of the Literature.” Journal of Medical Case Reports 3 (2009): 7493. PMC. Web. 6 Feb. 2018.
APA Tilkorn, D.-J., Lehnhardt, M., Hauser, J., Daigler, A., Homann, H., Steinau, H., & Kuhnen, C. (2009). Merkel cell carcinoma metastasis and dermatofibrosarcoma protuberans presenting as a collision tumour: a case report and review of the literature. Journal of Medical Case Reports, 3, 7493. http://doi.org/10.4076/1752-1947-3-7493

18 di 22 Domande

Il signor Ponti, un commerciante di mezz’ età , si rivolge presso il servizio di dermatologia del Policlinico “ San Matteo” di Pavia. Lamenta un’ eruzione cutanea pruriginosa estesa sulla caviglia sinistra. Il disturbo è insorto da circa 40 giorni: ha applicato preparazioni per uso topico a base di ossido di zinco ed antistaminici senza trarne beneficio. Soffre di ipertensione arteriosa, diabete mellito di tipo 2, BPCO. Per quanto riguarda la anamnesi farmacologica assume metformina, lisinopril, atorvastatina, paracetamolo al bisogno per lombalgia ricorrente. I parametri vitali sono nella norma. L'eruzione che si evidenzia all'esame visivo è riportata nell'immagine qui sotto. Quale diagnosi tra quelle riportate di seguito è corretta?

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La risposta corretta è la B.

Questo soggetto presenta un’ eruzione coerente con la diagnosi di tinea corporis, le cui eruzioni sono generalmente di forma tondeggiante od ovoidale.

Le dermatofitosi sono infezioni fungine, che interessano la porzione cheratinizzata di cute e annessi, la cui sintomatologia è varia. Le infezioni umane sono causate da Epidermophyton, Microsporum, e Trichophyton spp. La trasmissione avviene da persona a persona, da animale a persona. La maggior parte degli individui non sviluppa clinicamente l’ infezione, la quale si può avere più frequentemente nei pazienti che hanno una immunosopressione. La tinea corporis è caratterizzata da chiazze anulari di colore dal rosa al rosso, con bordi desquamati rilevati, che possono confluire così da formare chiazze estese di forma irregolare. Nei pazienti immunocompromessi la tinea corporis può estendersi, dando origine ad eruzioni di dimensioni considerevoli.

L’agente patogeno, che più frequentemente scatena questa condizione patologica, è Trichophyton Rubrum, ma sono frequenti anche le tigne provocate da qualunque altro dermatofito.

La diagnosi si basa sull’aspetto clinico e sull’esame delle scarificazioni cutanee in un preparato a fresco con idrossido di potassio: con l’ osservazione al microscopio ottico si distinguono così le caratteristiche ife segmentate e le artrospore.

Casi di tigna di gravità lieve-moderata sono trattati con antimicotici topici azolici in primis, ma, quando la terapia topica non è risolutiva o le dimensioni della lesione sono particolarmente estese, è necessaria la terapia sistemica; i casi con eruzioni più estese e gravi possono richiedere una terapia sistemica invece sin da subito: in questi casi la terapia più efficace è l’itraconazolo, terbinafina, fluconazolo o griseofulvina.

La risposta A non è corretta.

La pitiriasi rosea è una patologia infiammatoria auto-limitante, di incerta eziologia, caratterizzata dall’eruzione di papule o placche di tipo eritematoso-desquamativo. Insorge solitamente tra 10-35 anni e colpisce di più le donne. La causa può essere un’infezione virale (forse dovuta a herpes virus umani 6, 7, e 8) o svilupparsi dopo l’ uso di alcuni farmaci che possono causare eruzioni cutanee simil-pitiriasi rosea. Le lesioni hanno una caratteristica desquamazione centrale con bordo leggermente rialzato (collaretto) e possono somigliare a una tigna (tinea corporis). La maggior parte dei pazienti avverte prurito, soltanto occasionalmente di grado grave.

In una minoranza di pazienti precedono le lesioni cefalea e/o artralgia.

La risposta C non è corretta.

L’ eritema polimorfo o multiforme è una patologia dermatologica, caratterizzata da una o più lesioni “ a coccarda” sulla cute con aspetto simile a un bersaglio.

Si chiama polimorfo o multiforme perché l’ area centrale delle singole coccarde può avere caratteristiche diverse (es. papula, erosione, vescicola, bolla, etc.) in base allo stato evolutivo.

L’ eritema polimorfo si verifica a causa di un iperreattività della cute o delle mucose nei confronti di svariati agenti scatenanti: molti pazienti sviluppano tale patologia, subito prima, durante o dopo un’ infezione da herpes virus.

Questo paziente non manifesta queste caratteristiche e sintomi

La risposta D non è corretta.

La psoriasi è una patologia infiammatoria, che nella maggior parte dei casi si manifesta con papule e placche di color salmone ben circoscritte, eritematose e ricoperte da squame argentee.

Colpisce circa l’1-5% della popolazione mondiale (le persone di carnagione chiara sono a maggior rischio, i neri sono a rischio più basso).

L’eziologia è multifattoriale e include la predisposizione genetica. È una patologia infiammatoria che insorge in seguito a traumi, uso di farmaci, infezioni in soggetti predisposti.

Vi sono 5 maggiori varianti cliniche di psoriasi:

  • a placche;
  • psoriasi guttata;
  • psoriasi inversa (si manifesta in concomitanza alla psoriasi a placche, o in maniera isolata);
  • psoriasi eritrodermica;
  • psoriasi pustolosa.

La diagnosi si basa sull’aspetto e sulla distribuzione delle lesioni che di solito si manifestano sulle superfici estensorie (gomiti e ginocchia).

La diagnosi è prevalentemente clinica e si basa sull’anamnesi e sull’esame obiettivo. Non esistono analisi di laboratorio per la sua diagnosi.

La biopsia cutanea, anche se non patognomonica, presenta caratteristiche coerenti con la psoriasi e aiuta a escludere altre condizioni simili.

Il trattamento può comprendere l’utilizzo di emollienti, farmaci topici, fototerapia e, nelle forme gravi, di farmaci sistemici.

La risposta E non è corretta.

La sifilide è un patologia causata dalla Spirocheta Treponema pallidum, caratterizzata da 3 fasi cliniche e sintomatiche, sequenziali ma distinte.

Il T. pallidum, una spirocheta che non può sopravvivere a lungo all’esterno del corpo umano e che penetra nel corpo attraverso le mucose o la cute, raggiunge i linfonodi periferici nel giro di poche ore, e rapidamente si diffonde in tutto l’organismo.

In questo paziente nulla ci suggerisce una tale eziologia.

Fonte Immagine:

AMA

 

Sentamilselvi G, Janaki C, Murugusundram S. Trichomycoses. International Journal of Trichology. 2009;1(2):100-107. doi:10.4103/0974-7753.58552.

MLA

 

Sentamilselvi, G, C Janaki, and Sundaram Murugusundram. “ Trichomycoses.” International Journal of Trichology 1.2 (2009): 100– 107. PMC. Web. 6 Feb. 2018.

APA

 

Sentamilselvi, G., Janaki, C., & Murugusundram, S. (2009). Trichomycoses. International Journal of Trichology, 1(2), 100– 107. http://doi.org/10.4103/0974-7753.58552


19 di 22 Domande

Scenario clinico AA11: La signora Publito si reca presso l’ ambulatorio del Dott. Trecci, pediatra di famiglia, per far visitare la propria figlia Anna, di 10 anni, in seguito alla comparsa di macchie pruriginose e lievemente dolorose a livello della gamba sinistra. Dalla anamnesi emerge che recentemente la famiglia è stata in gita in campeggio, mentre all’ esame obiettivo il Dott. Trecci rileva la presenza di macchie edematose ed eritematose. Domanda 1 (riferita allo scenario clinico AA11): Qual è sospetto diagnostico?

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Domanda 1 (riferita allo scenario clinico AA11).

La risposta corretta è la C.

La dermatite allergica da contatto è una reazione da ipersensibilità di tipo IV, che si sviluppa in 2 fasi: inizialmente vi è la sensibilizzazione ad un Ag, successivamente vi è una reazione allergica dopo la riesposizione (l’ antigene viene presentato ai linfociti sensibilizzati, che scatenano una risposta infiammatoria in poche ore). Pertanto, è una risposta di ipersensibilità ritardata agli agenti esterni, mediata dalle cellule T, che si traduce in una lesione geometrica corrispondente alla regione di contatto.

Le cause di dermatite allergica da contatto sono molto numerose.

Dal punto di vista clinico il sintomo principale è il prurito, mentre il dolore è di solito causato dal infezione o dal grattamento. Le lesioni cutanee possono variare da semplice eritema fino alla formazione di vescicole. Inoltre, nei casi di grave allergia, vi possono essere edema, bolle, ulcerazioni, croste e lichenificazione. Le mani, il viso o le palpebre, che comunemente entrano in contatto con l’ambiente, sono più spesso coinvolte.

La risposta A non è corretta.

La dermatite atopica è una patologia infiammatoria autoimmune, ad eziologia multifattoriale, attribuita sia a componenti genetiche (immunologiche e di proprietà barriera della cute), sia ad esposizione ambientale, diagnosticabile sulla base delle informazioni anamnestiche e sull’ esame obiettivo.

Si manifesta di solito prima dei 7 anni ed è spesso associata ad una storia di asma o rinite allergica. Il prurito è il sintomo primario e si palesa con desquamazione, placche eritematose, cute secca ed escoriazioni; le lesioni cutanee vanno dall’eritema lieve alla lichenificazione grave. Nei bambini più grandi e negli adulti le zone flessorie (ma non l’inguine) sono più frequentemente coinvolte, mentre nei neonati e nei bambini, le superfici estensorie, la regione posteriore del cuoio capelluto e la faccia sono tipicamente coinvolte, mentre la regione del pannolino è risparmiata. 

La dermatite atopica cronica si manifesta con pelle ispessita ed escoriata e con la presenza di papule diffuse.

Quando compare in età pediatrica, spesso tende a regredire totalmente o parzialmente in età adulta.

Tale patologia non è compatibile con le alterazioni cutanee presenti in questa paziente.     

La risposta B non è corretta.

Le infezioni da dermatofiti, comuni in tutto il mondo, sono le cause prevalenti di infezione fungina della pelle, dei capelli e delle unghie.

Portano ad una varietà di manifestazioni cliniche: tinea pedis, tinea corporis, tinea cruris, granuloma di Majocchi, tinea capitis e tinea unguium (dermatofitia onicomicosi). I dermatofiti responsabili sono funghi filamentosi nei generi Trichophyton, Microsporum e Epidermophyton.

Le eruzioni di tinea corporis sono generalmente di forma tondeggiante od ovoidale. La trasmissione avviene da persona a persona, da animale a persona. La maggior parte delle persone non sviluppa clinicamente l’ infezione, la quale si può avere più frequentemente nei pazienti che hanno una immunosopressione.

La tinea corporis è una dermatofitosi, caratterizzata da chiazze anulari di colore dal rosa al rosso con bordi desquamati rilevati; le chiazze possono confluire così da formare chiazze estese di forma irregolare. Tale patologia non è compatibile con le alterazioni cutanee presenti in questa paziente.  

La risposta D non è corretta.

L’impetigine può essere bollosa o non bollosa. Si caratterizzata per la presenza di croste o bolle.

Colpisce più frequentemente volto e arti.

I due patogeni più comuni sono: lo Staphylococcus aureus e lo Streptococcus beta-emolitico di gruppo A. Lo Staphylococcus aureus è la causa prevalente di impetigine non-bollosa ed di ogni impetigine bollosa (la formazione delle bolle è dovuta alla azione della tossina esfoliativa prodotta dagli stafilococchi). L’impetigine non bollosa si caratterizza per la presenza di gruppi di vescicole o pustole, che tendono ad andare incontro a rottura e danno origine a una crosta che ricopre le lesioni. L’impetigine bollosa è simile, tranne per il fatto che le vescicole tendono a formare delle bolle, che si rompono e tendono a ricoprirsi di una patina o crosta color miele. Tale patologia non è compatibile con le alterazioni cutanee, presenti in questa paziente.       

La risposta E non è corretta.

L’eritema nodoso è una forma specifica di pannicolite, caratterizzata da noduli sottocutanei palpabili, morbidi e dolenti, non isolati, di colore rosso o violaceo, che compaiono in sede pretibiale e occasionalmente in altre sedi. Tuttavia, queste lesioni solitamente non si ulcerano e si risolvono dopo 2-8 settimane senza cicatrici. Tale patologia non è compatibile con le alterazioni cutanee, presenti in questa paziente.       

Fonte Immagine:

AMA Baysak S, Gö nü l M, Atacan D, Ergin C. A Case Report of Allergic Contact Dermatitis due to Mandragora Radix. Case Reports Immunol. 2015; 2015:591438.
MLA Baysak, Sevim et al. “ A Case Report of Allergic Contact Dermatitis due to Mandragora Radix” Case reports in immunology vol. 2015 (2015): 591438.
APA Baysak, S., Gö nü l, M., Atacan, D., & Ergin, C. (2015). A Case Report of Allergic Contact Dermatitis due to Mandragora Radix. Case reports in immunology, 2015, 591438.

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Scenario clinico AA11: La signora Publito si reca presso l’ ambulatorio del Dott. Trecci, pediatra di famiglia, per far visitare la propria figlia Anna, di 10 anni, in seguito alla comparsa di macchie pruriginose e lievemente dolorose a livello della gamba sinistra. Dalla anamnesi emerge che recentemente la famiglia è stata in gita in campeggio, mentre all’ esame obiettivo il Dott. Trecci rileva la presenza di macchie edematose ed eritematose. Domanda 2 (riferita allo scenario clinico AA11): quale tra i seguenti test rappresenta il gold standard nei pazienti affetti da dermatite da contatto cronica?

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Domanda 2 (riferita allo scenario clinico AA11.

La risposta corretta è la B.

Il Patch test (o test epicutaneo) è un test diagnostico in ambito allergologico, che rappresenta il test gold standard per l’identificazione di un allergene da contatto, dato che riproduce nel paziente, in maniera attenuata, la stessa patologia oggetto di accertamento diagnostico. Tale test è indicato in tutti i pazienti con dermatite cronica, eczematosa o lichenificata, se si sospetta una sottostante dermatite allergica da contatto. La sensibilità e la specificità raggiungono l’80%. Di norma il paziente viene saggiato con una serie standard di apteni preordinati (detta serie SIDAPA), posizionati su delle cellette, applicate sulla schiena del paziente. I criteri di valutazione usati per l’interpretazione del Patch test sono:

  • una reazione negativa;
  • una reazione debolmente positiva, che si manifesta con: eritema, edema ed accenno a formazioni di vescicole cutanee (+),
  • una reazione positiva, con evidenza di: eritema, edema e vescicole più evidenti (++),
  • una reazione fortemente positiva, con evidenza di: eritema, edema e vescicole molto rappresentate (+++).

La risposta A non è corretta.

Il preparato di idrossido di potassio non viene utilizzato per la dermatite da contatto, ma è utile, se si sospetta un’infezione da tinea o da candida. In caso di tinea all’esame delle scarificazioni cutanee in un preparato a fresco con idrossido di potassio si apprezzano al microscopio ottico le caratteristiche ife segmentate e le artrospore.

La risposta C non è corretta.

Il Prick test si esegue mettendo una goccia di allergene sulla cute dell’ avambraccio e pungendo poi delicatamente la pelle del paziente, che deve aver sospeso la terapia antistaminica. Dopo 15 minuti, se il soggetto è allergico, si forma un pomfo, perché l’ allergene viene captato dalle IgE, che si trovano sulla superficie dei mastociti cutanei (infatti, quando due molecole di allergene formano un ponte con la IgE presente, quest’ ultima stimola la degranulazione del mastocita).

Fra le varie sostanze che si liberano durante questa degranulazione, sicuramente c’ è l’ istamina che, essendo vasodilatatrice, porta alla formazione del pomfo. La grandezza di questo pomfo supera le dimensioni di quello di controllo, provocato applicando la soluzione fisiologica invece dell’ allergene. Questo tipo di “ controllo” viene fatto perché ci sono soggetti in cui la semplice puntura genera la reazione cutanea, e questo potrebbe portare ad una diagnosi errata. Il prick test pertanto è usato per l’ipersensibilità di tipo I, che è una risposta allergica IgE-mediata. La dermatite da contatto è , invece, una reazione di ipersensibilità di tipo IV.

La risposta D non è corretta.

Il test immuno-assorbente radio-allergico è anch’ esso usato per l’ipersensibilità di tipo I, una risposta allergica IgE-mediata. La dermatite da contatto è , invece, una reazione di ipersensibilità di tipo IV.

La risposta E non è corretta.

Il Warthin-starry stain di lesioni cutanee può identificare spirochete nella sifilide secondaria ed è anche usato per colorare Helicobacter pylori, ma non ha alcun ruolo nella valutazione della dermatite allergica da contatto.


21 di 22 Domande

Scenario clinico AA11: La signora Publito si reca presso l’ ambulatorio del Dott. Trecci, pediatra di famiglia, per far visitare la propria figlia Anna, di 10 anni, in seguito alla comparsa di macchie pruriginose e lievemente dolorose a livello della gamba sinistra. Dalla anamnesi emerge che recentemente la famiglia è stata in gita in campeggio, mentre all’ esame obiettivo il Dott. Trecci rileva la presenza di macchie edematose ed eritematose. Domanda 3 (riferita allo scenario clinico AA11): quale tra i seguenti trattamenti difficilmente può alterare i risultati del test gold standard indicato nella precedente domanda?

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Domanda 3 (riferita allo scenario clinico AA11).

La risposta corretta è la C.

La difenidramina è un farmaco antistaminico, appartenente alla classe degli H1 antagonisti, capace quindi di inibire le risposte infiammatorie mediate dal legame dell’istamina a questi recettori, presenti soprattutto a livello della muscolatura liscia dell’albero respiratorio, dei vasi e di alcune ghiandole esocrine come quelle bronchiali, salivari e lacrimali, con conseguente attività spasmolitica e antisecretiva. I pazienti immunocompromessi possono mostrare una reattività ridotta o assente alle patch test. Prima di effettuare il test, è necessario sospendere le terapie cortisoniche da possibilmente un paio di settimane perché potrebbero alterare il risultato del test, mentre l’ assunzione di antistaminici non interferisce con il risultato del test. Pertanto, è improbabile che la difenidramina possa influenzare i risultati del patch test.

La risposta A non è corretta.

Il clobetasolo è un corticosteroide, usato per controllare i sintomi di vari disturbi dermatologici, compreso l’eczema e la psoriasi. Esso pertanto, essendo un corticosteroide, influenzerebbe sicuramente i risultati delle patch test.

La risposta B non è corretta.

Il prednisone è un corticosteroide sintetico, che agisce come immunosoppressore, andando a bloccare l’ azione degli anticorpi incontrollati del nostro sistema immunitario. Esso pertanto, essendo un corticosteroide sistemico, influenzerebbe sicuramente i risultati del patch test.

La risposta D non è corretta.

Il pimecrolimus è un immunosoppressore, che agisce inibendo la sintesi e il rilascio di citochine infiammatorie da parte dei linfociti T e il rilascio di mediatori infiammatori dai mastociti. Esso pertanto, essendo un farmaco immunosoppressore, influenzerebbe sicuramente i risultati del patch test.

La risposta E non è corretta.

La ciclosporina è un farmaco immunosoppressore, che agisce deprimendo l’attività del sistema immunitario, inibendo la produzione di IL-2 e la stimolazione dei linfociti T. È un farmaco utilizzato nella prevenzione delle reazioni di rigetto in seguito ad intervento di trapianto d’organo, ma può essere usato anche nella terapia di altri quadri patologici (come uveite, dermatomiosite, psoriasi e sindrome nefrosica). La ciclosporina, analogamente al pimecrolimus, influirebbe sui risultati dei patch test.


22 di 22 Domande

Scenario clinico AA11: La signora Publito si reca presso l’ ambulatorio del Dott. Trecci, pediatra di famiglia, per far visitare la propria figlia Anna, di 10 anni, in seguito alla comparsa di macchie pruriginose e lievemente dolorose a livello della gamba sinistra. Dalla anamnesi emerge che recentemente la famiglia è stata in gita in campeggio, mentre all’ esame obiettivo il Dott. Trecci rileva la presenza di macchie edematose ed eritematose. Domanda 4 (riferita allo scenario clinico AA11): viene confermata la diagnosi di dermatite da contatto. Oltre ad evitare l’ esposizione agli allergeni, quale dei seguenti trattamenti è maggiormente appropriato per questa paziente e rappresenta quello di prima linea?

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Domanda 4 (riferita allo scenario clinico AA11).

La risposta corretta è la D.

Per quanto riguarda la terapia, prima di tutto è necessario evitare l’allergene responsabile e corticosteroidi topici; pertanto il triamcinolone topico rappresenta una scelta appropriata.

La risposta A non è corretta.

Il prednisone è un corticosteroide sintetico. I corticosteroidi orali sono la prima linea di trattamento per la dermatite allergica da contatto (che coinvolge più del 20% della superficie corporea) o per la dermatite allergica da contatto di tipo acuto, che coinvolge il viso, le mani, i piedi o gli organi genitali se si desidera un rapido sollievo (ad esempio in caso di coinvolgimento delle palpebre). Osservando le lesioni localizzate del caso, non sono necessari corticosteroidi sistemici.

La risposta B non è corretta.

La difenidramina è un farmaco antistaminico, appartenente alla classe degli H1 antagonisti, capace quindi di inibire le risposte infiammatorie mediate dal legame dell’istamina ai recettori. La difenidramina per via orale non è generalmente efficace per il prurito associato alla dermatite allergica da contatto.

La risposta C non è corretta.

La lozione di Calamina ha diverse proprietà farmacologiche, tra le quali spiccano la sua azione protettiva, lenitiva ed antipruriginosa sulla cute.

Inoltre, può essere utile nel ridurre il disagio e il prurito nella dermatite allergica da contatto in fase acuta, ma non rappresenta una terapia di prima linea.

La risposta E non è corretta.

La ciclosporina è un farmaco immunosoppressore, che agisce deprimendo l’attività del sistema immunitario. È utilizzata nella prevenzione delle reazioni di rigetto (in seguito ad intervento di trapianto d’organo) e nella terapia di altri quadri patologici (come uveite, dermatomiosite, psoriasi e sindrome nefrosica). Può essere usata solo per la dermatite allergica da contatto resistente ai corticosteroidi e pertanto non rappresenta il trattamento di prima linea.


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