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1 di 24 Domande

Quale complicanza clinica NON si riscontra nell'IRC terminale?














La risposta corretta è la B

Nell’IRC terminale non si riscontra come complicanza l’artrite. La malattia renale cronica è classificata in 5 stadi: Stadio 1: velocità di filtrazione glomerulare normale (?90 mL/min/1,73 m²) con albuminuria persistente o malattia renale strutturale o ereditaria; Stadio 2: 60-89 mL/min/1,73 m²; Stadio 3a: 45-59 mL/min/1,73 m²; Stadio 3b: 30-44 mL/min/1,73 m²; Stadio 4: 15-29 mL/min/1,73 m²; Stadio 5: <15 mL/min/1,73 m². La velocità di filtrazione glomerulare può essere stimata tramite l’equazione CKD-EPI: 141 × (creatinina sierica)^-1,209 × 0,993^età, moltiplicata per 1,018 se donna e 1,159 se afroamericano (1,1799 per donne afroamericane). Questo calcolo è poco accurato negli anziani sedentari, obesi o molto magri. In alternativa, si può usare l’equazione di Cockcroft-Gault per stimare la clearance della creatinina, che tende a sovrastimare del 10-40%. Le complicanze comprendono quelle neurologiche (neuropatia periferica), ematologiche (anemia da ridotta produzione di eritropoietina), scheletriche (osteodistrofia, risposte C-D-E errate) e pericardite nel 20% dei pazienti con insufficienza renale (risposta A errata).


2 di 24 Domande

Nella brucellosi acuta qual e' il titolo minimo per la diagnosi:














La risposta corretta è la C.

La brucellosi (nota anche come "febbre ondulante", "febbre mediterranea" o "febbre maltese") è un’infezione zoonotica trasmessa all’uomo da animali infetti (bovini, ovini, caprini, cammelli, suini o altri) attraverso l’ingestione di prodotti alimentari non pastorizzati, in particolare lattiero-caseari, oppure per contatto diretto con tessuti o fluidi contaminati. Va sospettata in pazienti con febbre, malessere, sudorazione notturna e artralgie in presenza di esposizione epidemiologica significativa, come consumo di prodotti caseari non pastorizzati, contatto con animali in aree endemiche o esposizione professionale. Una diagnosi presuntiva può essere formulata sulla base di:

  • titolo anticorpale totale anti-Brucella ?1:160 mediante test di agglutinazione in provetta standard su siero prelevato dopo l’insorgenza dei sintomi;
  • rilevazione del DNA di Brucella in un campione clinico tramite reazione a catena della polimerasi (PCR).

3 di 24 Domande

In figura è rappresentato uno schema della sequenza genica che costituisce l’operone Lac (sequenza genica che regola la produzione delle lattasi) dei procarioti. Si tratta di una sequenza regolatrice che determina la produzione di lattasi, quando?

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La risposta corretta è la B

La domanda chiede quando l’operone lac, sequenza regolatrice della produzione di lattasi, induce l’espressione: la risposta corretta è “Quando è presente lattosio nel mezzo di coltura”. Nel sistema lac dei procarioti, in assenza di lattosio il repressore LacI si lega all’operatore e impedisce all’RNA polimerasi di trascrivere i geni lacZYA; quando è presente lattosio, una parte viene isomerizzata in allolattosio che funge da induttore legandosi a LacI, causandone il distacco dall’operatore e consentendo l’avvio della trascrizione, inclusa la sintesi di ?-galattosidasi (lattasi). L’espressione è massima se il glucosio è basso perché il complesso cAMP-CAP facilita il reclutamento dell’RNA polimerasi, ma la condizione chiave che rimuove la repressione è la presenza di lattosio. In sintesi, il lattosio segnala alla cellula di esprimere gli enzimi necessari al suo metabolismo attivando l’operone lac.


4 di 24 Domande

Un bambino di 2 anni di origine africana si presenta con tumefazioni dolorose della mani e piedi. Dati di laboratorio mettono in evidenza una emoglobina di 9g/dl, una conta dei globuli bianchi di 11500/mm3 ed una conta delle piastrine di 250000/mm3. Quale dei seguenti esami di laboratorio dara' supporto alla tua diagnosi?














La risposta corretta è la B

Il quadro clinico descritto è compatibile con anemia falciforme o drepanocitosi, un’emoglobinopatia caratterizzata dalla produzione di catene globiniche quantitativamente normali ma qualitativamente alterate. La causa della deformazione dei globuli rossi è una sostituzione amminoacidica (Glu ? Val) che favorisce l’aggregazione delle molecole di Hb con formazione di polimeri simili a pali nel citoplasma eritrocitario. La polimerizzazione, che avviene soprattutto nello stato deossigenato, determina deformazione e la caratteristica forma a falce dei globuli rossi. Questa condizione provoca squilibri che riducono elasticità e vitalità cellulare. I globuli rossi danneggiati rappresentano il principale trigger delle crisi vaso-occlusive, responsabili di fenomeni infartuali a livello del microcircolo, che spesso si manifestano con tumefazioni dolorose di mani e piedi. La prima manifestazione clinica è l’emolisi cronica con pallore, subittero o ittero, astenia, litiasi della colecisti e segni della deplezione di ossido nitrico. A livello arterioso si osserva diatesi trombotica per disfunzione endoteliale. L’emolisi cronica rappresenta uno stato di equilibrio, interrotto più o meno frequentemente da crisi vaso-occlusive. Tra le manifestazioni vaso-occlusive, tipica è l’ostruzione dei vasi retinici, che porta a cecità parziale o totale e determina cicatrici corio-retiniche, una delle manifestazioni retiniche più comuni e patognomoniche dell’anemia falciforme. Dal punto di vista laboratoristico, si osserva riduzione dell’Hb; la diagnosi è confermata da striscio periferico, test di solubilità ed elettroforesi dell’emoglobina, che evidenzia le anomalie strutturali.


5 di 24 Domande

Il Sig. Versici, un uomo di circa 70 anni, si reca presso l’ ambulatorio del proprio medico curante, Il Dott. Mancini, per un fastidio al polso destro. Anamnesi patologica prossima: lamenta dolore al polso destro da circa due giorni.

Anamnesi patologica prossima: positiva per due interventi di chirurgia sostitutiva dell'anca, due precedenti episodi di gotta in entrambe le prime articolazioni metatarso-falangee ed ipertensione. Esame obiettivo: il Dott. Mancini visitandolo riscontra la presenza di rossore e gonfiore sul versante dorsale del polso. La sintomatologia dolorosa viene esacerbata da movimenti di flesso-estensione completi. Gli vengono prescritti 80 mg di aspirina al giorno. Due giorni dopo il gonfiore però è aumentato sul versante dorsale del polso ed a livello della mano. La flessione del polso risulta limitata dell' 80% con dolore severo, pertanto il Sig. Versici si reca nuovamente presso l’ ambulatorio del Dott. Mancini, che rivisitandolo nota che evoca un dolore sordo alla palpazione dello scafoide e pertanto nel sospetto di frattura gli prescrive un esame radiografico del polso/mano. Esami strumentali-laboratoristici: evidenza di alterazioni riconducibili ad un quadro di artrite gottosa. Quale tipo di citochine sono coinvolte in questo processo?

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La risposta corretta è la C.

La flogosi è un meccanismo di difesa di tipo aspecifico: risponde all’agente lesivo di tipo fisico-meccanico, radiazioni, batteri o sostanze chimiche. È quindi la risposta al danno tissutale ed è un processo reattivo (diverso dalla necrosi che è regressiva), aspecifico (contro tutto ciò che causa danno), stereotipato (stessi meccanismi principali a prescindere dalla causa, con vie diverse secondo lo stimolo), e procede indipendentemente dalla causa (una volta innescato, continua anche se lo stimolo è rimosso). Nella fase acuta si ha aumento del flusso ematico e della permeabilità vascolare, con accumulo di fluidi, leucociti e mediatori come le citochine. Vari fattori solubili favoriscono il reclutamento dei leucociti aumentando l’espressione di molecole di adesione e di fattori chemiotattici. Le citochine chiave sono IL-1, TNF-?, IL-6, IL-8 e altre chemochine; IL-1 e TNF-? sono particolarmente potenti, inducono febbre promuovendo la sintesi di PGE2 nell’endotelio ipotalamico. L’IL-1 è prodotta da macrofagi, neutrofili, cellule endoteliali ed epiteliali: a basse concentrazioni induce adesione leucocitaria, ad alte induce febbre e proteine di fase acuta. Diversamente dal TNF-?, non causa da sola shock settico. Inoltre stimola i mastociti al rilascio di istamina, con vasodilatazione precoce e aumento della permeabilità.

Durante l’infiammazione avvengono: (1) modificazioni di flusso e calibro vascolare con aumento del flusso sanguigno, (2) modificazioni del microcircolo e formazione dell’essudato, (3) richiamo chemiotattico dei leucociti, (4) fagocitosi. Dopo lo stimolo lesivo si ha vasocostrizione transitoria seguita da vasodilatazione intensa (iperemia attiva, responsabile di rubor e calor). Successivamente si verifica rallentamento della circolazione (iperemia passiva o stasi), dovuto ad aumentata permeabilità capillare con essudazione proteica e aumento della viscosità ematica. Il modello tipico dell’infiammazione acuta comprende: alterazioni di flusso e calibro, iperemia attiva e passiva, permeabilizzazione endoteliale con essudato, migrazione leucocitaria e chemiotassi, fagocitosi.

La chemiotassi è movimento orientato lungo un gradiente chimico; gli stimoli possono essere esogeni (prodotti batterici) o endogeni (complemento, leucotrieni, citochine). Durante la stasi i neutrofili si dispongono lungo l’endotelio (marginazione). Segue l’adesione: i leucociti rotolano con legami labili, poi aderiscono stabilmente formando la “pavimentazione”. Successivamente attraversano l’endotelio (diapedesi) e migrano verso lo stimolo. L’endotelio normalmente è continuo e liscio, ma nell’infiammazione aumenta la permeabilità ed esprime molecole di adesione preformate (es. P-selectina dai corpi di Weibel-Palade).

Le principali molecole di adesione sono: selectine (E sull’endotelio, P sull’endotelio in infiammazione, L sui leucociti, legano zuccheri); immunoglobuline (ICAM-1 e VCAM-1, interagiscono con integrine leucocitarie, le ICAM-1 si legano alle integrine ?2); VCAM-2 proprie dell’endotelio; integrine (già presenti sui leucociti, ma con bassa affinità: aumentano l’avidità a seguito di stimoli chemiokinici e dell’induzione di ICAM/VCAM-1). Le citochine IL-1 e TNF inducono fortemente la sintesi di ICAM-1 e VCAM-2, molecole implicate nei legami forti, la cui espressione richiede più tempo.


6 di 24 Domande

Il Sig. Mariani, un uomo di 78 anni si reca presso il PS del Policlinico Torvergata di Roma, a causa di un episodio di dispnea acuta. Anamnesi patologica prossima: lamenta comparsa di episodi di tosse produttiva, gonfiore degli arti inferiori e dei piedi, astenia, che perdurano da 3 settimane. Inoltre, da due mesi a questa parte, si sono presentate crisi di dispnea da sforzo ingravescente. Anamnesi patologica remota: una decina di anni prima è stato sottoposto ad un intervento di chirurgia sostitutiva per impianto di protesi valvolare di suino, a causa di un rigurgito della valvola mitrale di grado severo. Il paziente è affetto da coronaropatia, diabete mellito di tipo 2 ed ipertensione. Anamnesi fisiologica: ha fumato per 55 anni un pacchetto di sigarette al giorno e abitualmente beve una birra al giorno. Anamnesi farmacologica Attualmente prende diversi farmaci tra cui cardioaspirina, simvastatina, ramipril, metoprololo, metformina e idroclorotiazide. Esame obiettivo: si presenta dall’ aspetto pallido. L’ uomo è alto 181 cm e pesa 128 kg, con una BMI di circa 41 kg/m2. Ha una temperatura corporea di 37.3 °C , frequenza respiratoria di 23 atti/min, frequenza cardiaca di 97 bpm, e pressione arteriosa di 148/95 mm Hg. All’ auscultazione del torace si riscontra la presenza di rantoli alle basi polmonari bilateralmente. L’ esame obiettivo del cuore rivela la presenza di un battito apicale dislocato lateralmente e la presenza, a livello dell’ apice, di un soffio diastolico 3/6 di intensità decrescente. Inoltre si osserva la presenza di edemi improntabili bilateralmente a livello dei piedi e delle caviglie. Il resto dell’ esame obiettivo non mostra altre anomalie. Quale tra le seguenti è la causa più probabile dei sintomi di questo paziente?

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La risposta D è corretta.

Il paziente circa 10 anni fa si era sottoposto a un intervento di sostituzione protesica con impianto di protesi valvolare suina per severo rigurgito mitralico. Il trattamento di una valvulopatia, a meno che non sia di grado medio-elevato e clinicamente significativa, richiede solo un controllo periodico, mentre l’intervento chirurgico è indicato in presenza di una lesione moderata o grave responsabile di sintomi e/o disfunzione cardiaca. Le opzioni vanno dalla valvuloplastica alla riparazione fino alla sostituzione, che può essere effettuata con protesi meccaniche (preferite nei pazienti <65 anni o con lunga aspettativa di vita, ma richiedono anticoagulazione cronica con warfarin per prevenire tromboembolismo) o biologiche (suine o bovine, più soggette a deterioramento sclero-fibrotico, con durata media 10-15 anni). Una complicanza possibile delle protesi biologiche è l’ostruzione/stenosi o il rigurgito, entrambi responsabili di scompenso cardiaco.

L’endocardite infettiva insorge in presenza di una predisposizione endocardica (patologie congenite, reumatiche, valvole bicuspidi calcifiche, prolasso mitralico, cardiomiopatia ipertrofica, precedente endocardite). Fattori predisponenti sono protesi valvolari, tossicodipendenza, diabete, uso cronico di anticoagulanti o steroidi, età avanzata. Agenti più comuni sono streptococchi e stafilococchi (80-90%), seguiti da enterococchi e microrganismi HACEK. Clinicamente si manifesta con febbre, nuovo soffio o modifica di un soffio preesistente, può causare scompenso cardiaco e, all’ecocardiogramma, vegetazioni. Segni caratteristici: petecchie congiuntivali, macchie di Roth, lesioni di Janeway, nodi di Osler, emorragie subungueali a scheggia. La diagnosi si basa sui criteri di Duke (diagnosi rigettata, possibile o certa). In assenza di emocolture disponibili, e senza rischio per MRSA, la terapia empirica si effettua con un ?-lattamico + amminoglicoside. Sebbene questo paziente presenti soffio e segni di scompenso, non ha febbre né criteri di Duke: l’endocardite è improbabile (risposta A errata).

La BPCO è una malattia polmonare cronica non reversibile, con ostruzione bronchiale persistente (VEMS/CVF <0,7), spesso correlata a fumo e caratterizzata da progressione, riacutizzazioni infettive, dispnea, tosse produttiva cronica, tachipnea, cianosi e ipertensione polmonare nelle fasi avanzate. All’auscultazione: respiro sibilante e fase espiratoria prolungata. Nonostante il paziente sia fumatore con tosse, i sintomi durano solo da 3 settimane e non vi sono segni obiettivi di ostruzione: la diagnosi di BPCO è errata (risposta B errata).

La polmonite è un’infiammazione acuta polmonare (batterica, virale, fungina, parassitaria) diagnosticata con RX torace e reperti clinici. Può essere comunitaria (più spesso da Streptococcus pneumoniae, Mycoplasma pneumoniae) o nosocomiale. Clinicamente: febbre, tosse, dispnea, astenia, ipossia; nella forma tipica: esordio acuto con febbre, tosse produttiva, crepitii e rumori bronchiali; nella forma atipica: esordio graduale con tosse secca, dispnea e pochi segni obiettivi. È indicato esame colturale di sangue/escreato. Questo paziente presenta tosse produttiva ma non febbre, e all’auscultazione rantoli basali bilaterali: più compatibili con scompenso cardiaco che con polmonite (risposta C errata).

L’embolia polmonare è occlusione di arterie polmonari da trombi (arti inferiori/pelvi). Presentazione acuta con sintomi aspecifici: dolore toracico pleuritico, tosse, sincope, dispnea, arresto cardiorespiratorio nei casi gravi; segni: tachipnea, tachicardia, ipotensione. Fattori di rischio: immobilizzazione, trombofilie, gravidanza, chirurgia recente. In questo paziente tosse e dispnea possono mimarla, ma anamnesi negativa per immobilizzazione e presenza di stenosi mitralica con edemi declivi bilaterali fanno propendere per scompenso cardiaco congestizio piuttosto che embolia polmonare (risposta E errata).


7 di 24 Domande

Il Sig. Verci, un uomo di circa 60 anni si reca, presso l’ ambulatorio del proprio medico curante, il Dott. Briga, per dispnea. Anamnesi patologica prossima: lamenta una dispnea ingravescente da circa un mese. Inizialmente era in grado di salire 3 rampe di scale fino al suo appartamento, ma ora necessita di effettuare numerose pause per recuperare il fiato. Non lamenta dolore al petto. Anamnesi patologica remota: l'uomo è affetto da cardiopatia reumatica e diabete mellito di tipo 2. Anamnesi fisiologica: è emigrato dall'India circa 20 anni prima. Anamnesi farmacologica: assume carvedilolo, torasemide e insulina. Esame obiettivo: il Dott. Briga visita il Sig. Verci riscontrando una temperatura corporea di 37.2 °C, una frequenza cardiaca di 74 bpm, una frequenza respiratoria di 19 atti/min ed una pressione arteriosa di 135/80 mm Hg. La pulsossimetria mostra una saturazione d'ossigeno del 96% in aria ambiente. L'auscultazione del torace rivela la presenza di crepitii alle basi polmonari bilateralmente. All’ auscultazione cardiaca si riscontra la presenza di un soffio d'apertura seguito da un soffio diastolico di bassa tonalità , a livello del quanto spazio intercostale di sinistra in corrispondenza della linea medio-claveare. Esami strumentali-laboratoristici: il Dott. Briga decide di far eseguire una radiografia del torace al Sig. Verci, che mostra una dilatazione dell'atrio di sinistra, con stiramento del margine cardiaco di sinistra, ed un’ aumentata trama vascolare. Quale tra i seguenti rappresenta l'intervento di prima scelta per migliorare la sintomatologia del paziente?

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La risposta corretta è la D.

La malattia reumatica è la causa più frequente di stenosi mitralica non complicata. È caratterizzata da fibrosi, calcificazione dei lembi valvolari e parziale fusione delle commissure, con conseguente riduzione dell’ostio valvolare (normalmente 4-6 cm²) fino a valori <1 cm². A causa di questo restringimento, l’unico modo per garantire il passaggio di sangue dall’atrio sinistro al ventricolo sinistro durante la diastole è aumentare le pressioni atriali. Questo incremento si trasmette a monte, con aumento della pressione nelle vene e nei capillari polmonari: ecco la causa della dispnea. Se le pressioni aumentano ulteriormente, soprattutto acutamente, può verificarsi la trasudazione di liquido negli alveoli con conseguente edema polmonare. Il nostro paziente all’auscultazione presenta anche crepitii basali bilaterali. Il gradiente diastolico transvalvolare è proporzionale al grado di stenosi ed è sensibile ad aumenti di portata e frequenza cardiaca: maggiore la portata/frequenza, maggiore il gradiente. Per questo un soggetto asintomatico a riposo può diventare sintomatico anche per sforzi lievi. L’evoluzione della stenosi mitralica è rappresentata dallo sviluppo di ipertensione polmonare arteriosa, secondaria a quella venosa, che provoca vasocostrizione arteriolare inizialmente funzionale e reversibile, successivamente irreversibile per ipertrofia della tonaca media e fibrosi dell’intima. Le elevate resistenze arteriolari del circolo polmonare causano sovraccarico pressorio del ventricolo destro con dilatazione, ipertrofia, disfunzione contrattile e segni di scompenso destro e bassa gittata. Nell’insufficienza mitralica, invece, la pressione atriale sinistra, molto più bassa di quella aortica, fa sì che il sangue refluisca in atrio già durante la contrazione isometrica ventricolare. Nell’insufficienza mitralica cronica l’atrio sinistro si adatta dilatandosi, per cui la pressione a monte non aumenta significativamente; nell’insufficienza acuta, invece, l’atrio non ha tempo di adattarsi e subisce un brusco aumento pressorio con ripercussioni sulla pressione venosa polmonare. Il ventricolo sinistro, sottoposto a sovraccarico di volume, si dilata: inizialmente la frazione di eiezione rimane conservata, poi si riduce progressivamente perché il rigurgito in atrio riduce il volume sistolico effettivo. Una frazione di eiezione <60% è indicativa di compromissione ventricolare sinistra. Nel nostro paziente, per segni, sintomi e reperti auscultatori, è probabile un coinvolgimento valvolare mitralico, in particolare stenosi o steno-insufficienza. L’intervento di scelta, nella stenosi mitralica clinicamente significativa (area ?1,5 cm²) o sintomatica, e nei pazienti con controindicazioni alla chirurgia, è la valvuloplastica percutanea con palloncino: una “dilatazione controllata” eseguita con un palloncino ad alta resistenza gonfiato in prossimità della valvola, introdotto tramite catetere da vena femorale destra. È una tecnica mini-invasiva che riduce morbilità e mortalità perioperatorie, con buona efficacia a lungo termine (sopravvivenza libera da eventi nel 30-70% dei casi), sebbene non siano rare le restenosi. Non può essere eseguita in presenza di calcificazioni valvolari, per cui è indicata la sostituzione valvolare.


8 di 24 Domande

Un ragazzo di 20 anni presenta il seguente ECG. Cosa si nota all'ECG?

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La risposta esatta è la A.

Le derivazioni da V1 a V6, chiamate derivazioni precordiali, esprimono l’attività elettrica del cuore sul piano orizzontale: V1-V2 esplorano il setto interventricolare, V3-V4 la parete anteriore del ventricolo sinistro, V5-V6 la parete laterale del ventricolo sinistro. L’onda P indica la depolarizzazione atriale, il complesso QRS e l’onda T indicano rispettivamente la depolarizzazione e la ripolarizzazione ventricolare, mentre la ripolarizzazione atriale non è visibile poiché avviene durante la depolarizzazione ventricolare. In età giovanile, dopo la pubertà, il vettore di ripolarizzazione ventricolare rende le T positive in tutte le derivazioni precordiali, tranne V1 e raramente V2; in casi eccezionali, la negatività può coinvolgere anche V3 e V4 (onda T giovanile). Dopo la pubertà, la presenza di onde T invertite ?2 mm in due o più derivazioni contigue del ventricolo destro può indicare cardiopatia congenita con sovraccarico di pressione o volume (cardiomiopatia aritmogena del ventricolo destro) oppure, più raramente, patologie ereditarie dei canali del sodio o potassio. L’ECG descritto mostra ritmo sinusale, alterazioni diffuse della ripolarizzazione con T negativa da V1 a V5, R alta in V1 e asse spostato a destra: reperti suggestivi di ipertrofia ventricolare destra a carattere aritmogeno. La cardiomiopatia aritmogena del ventricolo destro è spesso familiare, più frequentemente a trasmissione autosomica dominante, e coinvolge prevalentemente ma non esclusivamente il ventricolo destro. Nel 10-20% dei casi è presente una mutazione nei geni che codificano proteine del desmosoma. Istologicamente si osserva progressiva sostituzione del miocardio con tessuto fibro-adiposo, che genera aree di discinesia e dilatazione soprattutto nel tratto di afflusso, efflusso e apice del ventricolo destro (triangolo della displasia), ma può estendersi all’intera parete ventricolare destra o anche al ventricolo sinistro. Questa condizione, per le alterazioni morfologiche e funzionali, è causa frequente di aritmie ventricolari e morte improvvisa, soprattutto in età giovanile durante o subito dopo l’attività fisica. In presenza di un ECG di questo tipo è quindi indicato eseguire un ecocardiogramma per rilevare eventuali alterazioni strutturali cardiache.


9 di 24 Domande

La signora Rettori, una donna di 45 anni, si reca dal proprio medico curante, il Dott. Pressi, per malessere. Anamnesi patologica prossima: comparsa di febbre, disuria e dolore alla schiena. Il Dott. Pressi consiglia alla paziente di recarsi in ospedale per ulteriori accertamenti; qui la donna verrà successivamente ricoverata con una sospetta diagnosi di pielonefrite. La paziente viene sottoposta a terapia con antibiotici ad ampio spettro, che determinano un significativo miglioramento della sintomatologia. Tuttavia, durante il quarto giorno di ricovero, la donna presenta nuovamente febbre, con leucocitosi e profusa diarrea acquosa. Esami strumentali: viene effettuata una colonscopia, visibile nell’ immagine sottostante.

Quale è la terapia per il trattamento di questo disturbo?

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La risposta corretta è la D.

La paziente presenta una colite pseudomembranosa causata da Clostridium difficile, un batterio appartenente alla famiglia Clostridiaceae, patogeno per l’uomo, Gram+ anaerobio. Il C. difficile è virulento in quanto possiede due tossine: la tossina A, un’enterotossina che si lega alle cellule della mucosa e causa un’ipersecrezione di liquido determinando diarrea acquosa; la tossina B, una citotossina che provoca gravi danni alla mucosa determinandone l’aspetto pseudomembranoso. Il Clostridium difficile causa colite associata ad antibiotici, tipicamente in ambiente ospedaliero. Fa parte normalmente del microbiota umano; tuttavia, quando si utilizzano antibiotici per lungo tempo, questi possono distruggere anche i batteri che tengono “sotto controllo” il Clostridium. Quando il C. difficile diviene dominante, si possono avere crampi addominali, colite pseudomembranosa, diarrea (talora ematica), raramente sepsi e addome acuto. I sintomi insorgono alcuni giorni dopo l’inizio della terapia antibiotica e includono diarrea acquosa o scariche di feci non formate, crampi addominali, raramente nausea e vomito. Per la diagnosi è importante l’identificazione della tossina nelle feci. Il trattamento consiste nell’interrompere la terapia antibiotica; se la sintomatologia è grave è possibile utilizzare vancomicina o metronidazolo (nel nostro caso, non essendo la vancomicina tra le opzioni, la risposta corretta è la D).


10 di 24 Domande

Una paziente di 58 anni si presenta presso il reparto di nutrizione clinica. La donna presenta BMI 20,9, circonferenza vita 88 cm, analisi ematochimiche (in allegato) in cui si presenta colesterolo LDL fuori range e glicemia a digiuno elevata.

In seguito ai valori di glicemia a digiuno riscontrati, si richiede curva da carico orale di glucosio (OGTT). In base ai risultati sopra riportati, la paziente presenta:

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La risposta corretta è la B.

Il diabete è un gruppo di alterazioni caratterizzate da elevati livelli di glicemia, legati a un’alterata secrezione insulinica o a una ridotta sensibilità all’insulina. Questa alterata secrezione può variare da forme severe, in cui la produzione di insulina è nulla o quasi (diabete di tipo I, pancreasectomia), a forme intermedie modulate dall’insulino-resistenza.

L’insulino-resistenza da sola non è in grado di slatentizzare un diabete mellito: è necessario un danno della secrezione. Le alterazioni del metabolismo del glucosio si associano inoltre a modifiche del metabolismo lipidico e proteico, predisponendo a complicanze vascolari: microvascolari (rene, arti inferiori, retina) e macrovascolari (cuore, cervello, arterie degli arti inferiori).

Il diabete si classifica in due tipologie principali:

– diabete mellito di tipo I (insulino-dipendente), che può avere cause immuno-mediate o idiopatiche;

– diabete mellito di tipo II (non insulino-dipendente), malattia metabolica caratterizzata da iperglicemia in un contesto di insulino-resistenza e deficienza insulinica relativa, nella maggior parte dei casi senza necessità di insulina.

Esiste poi il diabete gestazionale, che compare in gravidanza e regredisce dopo il parto.

Tra le sindromi secondarie ricordiamo:

– pancreasectomia (oggi non più praticata nelle pancreatiti, ma solo nei tumori),

– patologie del pancreas esocrino (es. pancreatite),

– patologie endocrine (acromegalia, sindrome di Cushing, feocromocitoma, poiché l’insulina è l’unico ormone ipoglicemizzante),

– tossicità da farmaci o sostanze chimiche (glucocorticoidi, tiazidici, ecc.).

Il diabete può rimanere a lungo silente. Si stima che, a fronte di una prevalenza diagnosticata del 4%, un ulteriore 4% resti non diagnosticato.

Per la diagnosi, le misurazioni della glicemia prevedono:

– glicemia a digiuno (da almeno 12 ore): due rilevazioni ?126 mg/dl;

– glicemia random >200 mg/dl, ma solo in paziente sintomatico (polidipsia, poliuria, nicturia, ecc.);

– curva da carico con 75 g di glucosio in 200-250 ml d’acqua: il test si esegue solo se la glicemia basale è <126 mg/dl, e la diagnosi si pone se a 2 ore la glicemia è >200 mg/dl.


11 di 24 Domande

La signora Bellini è una giovane donna ricoverata nel reparto di ginecologia ed ostetricia dopo un parto complicato da una rottura prematura delle membrane amnio-coriali ed un prolungato travaglio. Anamnesi patologica prossima: In seconda giornata sviluppa febbre con brivido associata ad ipotensione e intenso dolore addominale che fanno sospettare un’ endometrite purperale. Il Dott. Lanfranchi decide di sottoporre la paziente ad una radiografia del torace e decide di avviare la terapia antibiotica e reidratante con 4.000 ml di soluzione salina nelle successive 24 ore ma l’ ipertermia persiste e si ottiene un lieve incremento della pressione arteriosa. Improvvisamente la sig.ra Bellini presenta dispnea. Esame obiettivo: viene rilevata una SpO2 dell’ 82% che non aumenta anche con ossigenoterapia con FiO2 del 100%. Il Dott. Lanfranchi decide quindi di intubare la paziente e si eroga una FiO2 del 100%. Non si rileva turgore giugulare, all’ auscultazione polmonare si apprezzano crepitii diffusi bilateralmente. Esami di laboratorio-strumentali: viene rapidamente inviato in laboratorio un campione di sangue arterioso che evidenzia PaO2 di 62 mmHg e PaCO2 di 33 mmHg. L’ ECG mostra tachicardia sinusale. Viene effettuato un nuovo RX del torace che mostra un quadro polmonare modificato rispetto a quanto si era visto nel precedente. Sulla base dei dati forniti quale tra le seguenti è la diagnosi più probabile?

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La risposta corretta è la B.

Questo paziente molto probabilmente ha una ARDS e il rapporto PaO2/FiO2 è <200: la paziente ha un rapporto di 60 (FiO2 = 1 ovvero 100% e PaO2 di 60 mmHg: necessita di ossigeno al 100% per mantenere una pressione di PaO2 accettabile). La RX torace mostra infiltrati polmonari diffusi non riconducibili a eziologia cardiogena. L’EO evidenzia dispnea ingravescente a insorgenza improvvisa, con crepitii diffusi bilateralmente. La paziente presentata nel caso è verosimilmente affetta da ARDS in seguito a sepsi da endometrite postpartum.

La sindrome da distress respiratorio acuto (ARDS) è una grave malattia acuta polmonare. I fattori scatenanti sono numerosi: polmonite, shock, gravi traumi, sepsi, aspirazione di alimenti (ab ingestis), pancreatite. È caratterizzata da danno diffuso della membrana alveolo-capillare, con edema polmonare non cardiogenico (ricco di proteine) e insufficienza respiratoria acuta (ARF). Si osserva reclutamento di neutrofili nei capillari alveolari e formazione di membrane ialine. I neutrofili rilasciano chemochine (che richiamano istiociti), producono ROS, proteasi, leucotrieni, fattore di attivazione piastrinica, prostaglandine e altre molecole che danneggiano le barriere tra capillari e spazi aerei. Gli alveoli e l’interstizio si riempiono di proteine, detriti cellulari e liquido, con distruzione del surfattante, collasso alveolare e mismatch ventilazione/perfusione.

L’ARDS determina grave ipossiemia refrattaria all’ossigenoterapia. I criteri diagnostici comprendono:

– Opacità bilaterali alla RX non spiegabili da versamento, atelettasia o noduli.

– PaO2/FiO2 ?200 mmHg.

– Assenza di evidenza clinica di aumentata pressione atriale sinistra o insufficienza cardiaca (PCWP <18 mmHg). Una pressione di incuneamento capillare polmonare >18 mmHg orienta invece verso edema polmonare cardiogeno.

Secondo la “Definizione di Berlino 2012” l’ARDS si classifica in:

– Lieve: PaO2/FiO2 ?200 mmHg.

– Moderata: PaO2/FiO2 ?100 mmHg.

– Grave: PaO2/FiO2 ?100 mmHg.


12 di 24 Domande

Una paziente di 58 anni si presenta presso il reparto di nutrizione clinica. La donna presenta BMI 20,9, circonferenza vita 88 cm, analisi ematochimiche (in allegato) in cui si presenta colesterolo LDL fuori range e glicemia a digiuno elevata.

Per il paziente diabetico è essenziale assumere cibi a basso indice glicemico. Qual è tra i seguenti alimenti quello che presenta il più basso indice glicemico?

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La risposta corretta è la A.

Il diabete è un gruppo di alterazioni caratterizzate da elevati livelli di glicemia, legati a un’alterata secrezione insulinica o a una ridotta sensibilità all’insulina. Questa alterata secrezione può variare da forme severe, in cui la produzione di insulina è nulla o quasi (diabete di tipo I, pancreasectomia), a forme intermedie modulate dall’insulino-resistenza. L’insulino-resistenza da sola non è in grado di slatentizzare un diabete mellito: serve un danno della secrezione. Le alterazioni del metabolismo del glucosio si accompagnano anche ad alterazioni del metabolismo lipidico e proteico, predisponendo a complicanze vascolari: microvascolari (rene, retina, arti inferiori) e macrovascolari (cuore, cervello, arterie periferiche). Il diabete si classifica in due tipologie principali: diabete mellito di tipo I (insulino-dipendente), con cause immuno-mediate o idiopatiche; diabete mellito di tipo II (non insulino-dipendente), malattia metabolica caratterizzata da iperglicemia in un contesto di insulino-resistenza e relativa deficienza insulinica, che nella maggior parte dei casi non richiede terapia insulinica. Esiste anche il diabete gestazionale, che si manifesta in gravidanza e regredisce dopo il parto. Tra le forme secondarie: pancreasectomia (oggi non più praticata nelle pancreatiti, ma solo nei tumori), patologie del pancreas esocrino (es. pancreatite), patologie endocrine (acromegalia, sindrome di Cushing, feocromocitoma, poiché l’insulina è l’unico ormone ipoglicemizzante), tossicità da farmaci o sostanze (glucocorticoidi, tiazidici, ecc.). Il diabete può progredire a lungo senza sintomi. Si calcola che, a fronte di una prevalenza diagnosticata del 4%, un ulteriore 4% rimane non diagnosticato. Per la diagnosi: glicemia a digiuno ?126 mg/dl in due misurazioni, glicemia random >200 mg/dl in presenza di sintomi (poliuria, polidipsia, nicturia), curva da carico con 75 g di glucosio (diagnosi se glicemia >200 mg/dl a 2 ore). Prima del test, la glicemia basale deve essere <126 mg/dl. Il test va eseguito in pazienti non ricoverati, in buone condizioni cliniche, dopo dieta abituale (non ridotta in carboidrati), a digiuno dalla mezzanotte, senza febbre, stress o fumo. Indicazioni alla curva da carico: glicemia alterata a digiuno (100–125 mg/dl), familiarità per diabete dai 30-40 anni, obesità, complicanze cardiovascolari (TIA, angina, claudicatio), soprattutto se obesi e fumatori, infezioni urinarie o cutanee ricorrenti con glicemia alterata. Il 90% dei casi è di tipo II, storicamente detto diabete dell’adulto (esordio >40 anni), ma oggi è sempre più precoce (anche a 18 anni), correlato all’obesità, in particolare infantile (Italia con alta prevalenza, soprattutto nel centro-sud). Nei gemelli monozigoti la concordanza è ~100% nel tipo II, mentre nel tipo I, pur avendo componente genetica, è solo del 50% per il ruolo di fattori ambientali. Anche nei monozigoti separati alla nascita la concordanza del tipo II rimane elevata, a dimostrazione della forte componente genetica, ancora non del tutto chiarita.


13 di 24 Domande

Marta è una ragazza di 27 anni alla 20a settimana della sua prima gravidanza. La ragazza chiede di poter viaggiare in Africa e in Asia per lavoro. Ha ricevuto tutte le vaccinazioni infantili e si presenta presso la clinica ostetrica dell’ Ospedale S. Eugenio per delle informazioni sulle vaccinazioni da eseguire in gravidanza. Quale dei seguenti vaccini è controindicato?














La risposta corretta è la C.

Vi sono vari tipi di vaccini:

  • costituiti da virus o batteri attenuati: antimorbillo, rosolia, parotite, varicella, poliomielite (sabin), tubercolosi,
  • costituiti da virus o batteri uccisi: antiepatite A, poliomielite (salk),
  • costituiti da anatossine: antidifterite e tetano.
  • costituiti da antigeni purificati: antitifico, Haemophilus Influenzae tipo B, meningococco, pneumococco.

Il vaccino contro la varicella, essendo un vaccino vivo, è controindicato in gravidanza: le donne in età fertile dovrebbero evitare la gravidanza per 28 giorni dopo la vaccinazione. Le donne, che non hanno sviluppato la varicella, dunque dovrebbero essere vaccinate prima della gravidanza.

La risposta A non è corretta.

È preferibile utilizzare il vaccino inattivato polisaccaridico.

La risposta B non è corretta.

I vaccini, costituiti da anatossine, come quelli per la antidifterite e il tetano, non sono raccomandati di routine; possono essere dati in particolari circostanze, ad esempio in una donna in gravidanza che si ferisce, diventando a rischio per lo sviluppo del tetano.

Le risposte D ed E non sono corrette.

Il vaccino per l’ epatite A è un vaccino con virus inattivati. Invece, il vaccino per l’ epatite B è un vaccino ricombinante. Vengono presi in considerazione, solo quanto la donna è particolarmente a rischio e va valutata caso per caso; la somministrazione non è dannosa per il feto.


14 di 24 Domande

Mara, mamma di Andrea di 6 anni, porta il piccolo dal pediatra, la Dott.ssa Losi, per un problema dermatologico. La mamma afferma che il piccolo è stato agitato negli ultimi giorni ed ha iniziato a presentare una eruzione cutanea sul viso e sul busto; riferisce inoltre che lamenta mal di testa e pensa che forse possa avere la febbre. La Dott.ssa Losi visita il piccolo, ma il suo esame obiettivo è negativo e il bimbo non presenta febbre. L’ eruzione cutanea si estende su tutto il corpo, ad eccezione del palmo delle mani e della pianta dei piedi. Di quale agente infettivo si tratta e quale complicanza può portare nei soggetti immunodepressi?

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La risposta corretta è la D.

Questo bambino presenta la quinta malattia o eritema infettivo, un’ infezione acuta da parvovirus B19. Il nome deriva dalla posizione della provetta della piastra per microtitolazione, dove fu scoperto (colonna B, posizione 19). Il B19 è un piccolo virus, a singola elica di DNA, in cui il genoma contiene 3 geni importanti, che codificano proteine: VP1(proteina strutturale; la risposta immunitaria a questa proteina indica il termine della viremia), VP2 (proteina strutturale) e NSI (proteina non strutturale). La malattia inizialmente può manifestarsi con un quadro poco grave e aspecifico: lieve rialzo della temperatura e cefalea. Durante  l’ infezione il B19 sviluppa una imponente viremia, successivamente una eruzione maculare o maculo-papulare, che si manifesta a livello delle guance (“ malattia delle guance rosse o schiaffeggiate” ) e poi si ha un’ eruzione simmetrica che colpisce il tronco, le braccia e le gambe; solitamente, risparmia i palmi delle mani e le piante dei piedi. La diagnosi è clinica. Solitamente questa patologia si risolve spontaneamente senza alcun trattamento e si ha solo una lieve e temporanea soppressione della eritropoiesi. Tuttavia, nei bambini con emoglobinopatie o con anomalie dei GR o immunocompromessi, il virus può dare una grave anemia aplastica (in questi pazienti si potrebbero somministrare Ig EV).

La risposta A non è corretta.

La parotite è una malattia virale acuta, contagiosa, dovuta al virus della parotite (un paramyxovirus), che viene diffuso attraverso le goccioline di flugge o la saliva. Solitamente provoca una tumefazione dolorosa delle parotidi.

Vi possono essere anche delle complicanze: meningoencefalite, pancreatite, orchite e ooforite. L’ infezione di solito conferisce immunità permanente.

La diagnosi è solitamente clinica. Esiste il vaccino per questa patologia. Il trattamento solitamente è di supporto.

La risposta B non è corretta.

Il linfoma di Burkitt (LB) è un linfoma a cellule B, che si riscontra principalmente nei bambini.

Possiamo distinguerne 3 forme: la forma endemica, correlata all’ immunodeficienza e sporadica. Nella forma endemica abbiamo una stretta associazione con l’ infezione da virus Epstein-Barr. Il linfoma di Burkitt non è dovuto al parvovirus B19.

La risposta C non è corretta.

La leucoencefalopatia multifocale progressiva è una malattia, causata dalla riattivazione del virus JC. Il virus JC, anche conosciuto come virus di John Cunningham, è un virus ubiquitario, che si contrae durante l’ infanzia e rimane probabilmente latente in alcune sedi tipiche (reni, cellule mononucleate e SNC). Il virus si può riattivare in pazienti immunocompromessi (ad esempio, pazienti con HIV). Solitamente questa patologia determina il decesso entro un anno dalla diagnosi (il virus, infatti, causa demielinizzazione subacuta del sistema nervoso centrale, deficit neurologici multifocali e il decesso). Il B19 non causa questa patologia.

La risposta E non è corretta.

Il morbillo è un’ infezione virale molto contagiosa e molto diffusa (infatti infetta circa 20 milioni di persone e provoca circa 200.000 decessi ogni anno prevalentemente fra i bambini). È una malattia umana, che si caratterizza per l’ assenza di un serbatoio animale.

Per quanto riguarda la trasmissione, solitamente, si trasmette da una persona ad un’ altra attraverso goccioline di grandi dimensioni, che vengono emesse con la tosse o attraverso piccole goccioline di aerosol. Una volta iniziata la desquamazione, questa patologia non è più contagiosa. Dal punto di vista clinico si caratterizza per un’ eruzione cutanea maculo-papulare (che ha la caratteristica di estendersi in senso cranio-caudale), congiuntivite, tosse, rinite, macchie di Koplik. Per questa patologia esiste il vaccino e la diagnosi è solitamente clinica. Le complicanze (alquanto rare) sono: polmonite, superinfezione batterica, encefalite, epatite transitoria, porpora trombocitopenica acuta e panencefalite subacuta sclerosante (patologia progressiva e fatale, che si manifesta mesi o anni dopo un episodio di morbillo).

 


15 di 24 Domande

Un ragazzo di 18 anni si presenta al policlinico Federico II per un’ eruzione eritematosa della parte superiore del corpo, che si è diffusa nelle ultime 2-3 settimane. Viene visitato dal dott. Rossi a cui riferisce che l’ eritema è cominciato come una singola lesione nella parte superiore dell’ addome che si è diffuso rapidamente. Riferisce una lieve coriza pochi giorni prima dell’ eruzione esantematica, la cui distribuzione è mostrata nell’ immagine. Quale delle seguenti è la diagnosi più probabile?

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La risposta corretta è la B.

La pitiriasi rosea è una condizione patologica acuta e auto-limitante, caratterizzata dallo sviluppo di placche eritematose multiple, che iniziano con una prima chiazza ‘ madre’ a livello del petto o della porzione superiore dell’ addome che, nelle successive 1-2 settimane, si diffonde al tronco e alle braccia. La risoluzione si ha in circa 3-5 settimane. Prima della comparsa della ‘ chiazza madre’ potrebbero esserci delle malattie prodromiche.


16 di 24 Domande

Marco, un bambino di 6 anni, viene portato dai genitori presso l’ ambulatorio del suo pediatra, il Dott. Verdi. Il piccolo paziente presenta un’ eruzione cutanea, associata a prurito. La madre afferma che tale eruzione è apparsa da circa 20 giorni e che un’ eruzione cutanea simile aveva interessato la faccia quando il bambino aveva circa un anno, ma che poi si era risolta spontaneamente. Il rash è comparso dapprima sul suo braccio sinistro e poi si è diffuso sulla schiena e sulle ginocchia. La mamma ha pensato ad un’ allergia al nuovo detersivo per indumenti utilizzato, ma l’ eruzione non si è risolta, nonostante la sostituzione del detersivo. L’ anamnesi clinica di Marco è positiva per bronchiolite, quando era molto piccolo, per il resto è sempre stato sano. Il Dott. Verdi lo visita e riscontra la presenza di alterazioni cutanee anche in corrispondenza delle superfici flessorie prossimali di entrambi gli arti superiori e dei cavi poplitei bilateralmente; le placche sono eritematose ed asciutte, con papule sparpagliate ed escoriazioni. Quale la diagnosi più probabile?

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La risposta corretta è la D.

Il paziente del caso presenta la dermatite atopica (eczema), una patologia infiammatoria autoimmune, che si manifesta di solito prima dei 7 anni. Il prurito è il sintomo principale e si palesa con desquamazione, placche eritematose, cute secca ed escoriazioni; le lesioni cutanee vanno dall’ eritema lieve alla lichenificazione grave. Nei bambini più grandi e negli adulti le zone flessorie (ma non l’ inguine) sono più frequentemente coinvolte, mentre nei neonati e nei bambini più piccoli, le superfici estensorie, la regione posteriore del cuoio capelluto e la faccia sono tipicamente coinvolte, mentre la regione del pannolino è risparmiata. La dermatite atopica cronica si manifesta con pelle ispessita ed escoriata e con la presenza di papule diffuse. Quando compare in età pediatrica, spesso tende a regredire totalmente o parzialmente in età adulta. La terapia si basa sulla prevenzione all’ esposizione nei confronti di fattori allergenici, cortisonici applicati localmente, immunomodulanti e con il mantenimento dell’ idratazione.

La risposta A non è corretta.

La dermatite seborroica è una patologia infiammatoria, che si manifesta sulle aree cutanee, che presentano una quantità fisiologicamente maggiore di ghiandole sebacee. L’ eziologia è sconosciuta, si ritiene tuttavia che la Malassezia ovale giochi un ruolo nella sua genesi; cause di eziopatogenesi sono anche attribuite a stress, fattori genetici ed ambientali (il clima freddo tende ad esacerbarla). Può essere associata a psoriasi o precederne lo sviluppo. I picchi di incidenza coincidono con i primi 3 mesi di vita e nei soggetti adulti tra 30 e 70 anni.

I segni e sintomi sono desquamazioni untuose di color ocra-giallo, forfora, prurito.

La risposta B non è corretta.

La psoriasi è una patologia infiammatoria, che nella maggior parte dei casi si manifesta con papule e placche di color salmone ben circoscritte, eritematose e ricoperte da squame argentee.

Colpisce circa l’ 1-5% della popolazione mondiale, soprattutto le persone con una carnagione chiara, mentre quelle con una carnagione più scura sono meno a rischio.

L’ eziologia è multifattoriale e include la predisposizione genetica. È una patologia infiammatoria che insorge in seguito a traumi, uso di farmaci, infezioni in soggetti predisposti.

Vi sono 5 maggiori varianti cliniche:

  • a placche: più del 80% dei casi;
  • guttata: circa il 10% dei casi;
  • inversa: si manifesta in concomitanza alla psoriasi a placche, o in maniera isolata;
  • eritrodermica: meno del 3% dei casi;
  • pustolosa: meno del 3% dei casi.

La psoriasi si presenta con placche e papule, che tendono alla desquamazione in aree eritematose, circoscritte, pruriginose. Può evolvere in una forma grave, che coinvolge le articolazioni, detta artrite psoriasica.

Le lesioni di solito si manifestano sulle superfici estensorie (gomiti e ginocchia). Solitamente, i sintomi sono minimi; tuttavia, in casi gravi vi può essere prurito. Ma le implicazioni estetiche possono essere importanti. La diagnosi si basa sull’ aspetto e sulla distribuzione delle lesioni: in questo paziente non abbiamo elementi per sospettare una psoriasi. Il trattamento può comprendere l’ utilizzo di emollienti, farmaci topici, fototerapia e, nelle forme gravi, di farmaci sistemici.

La risposta C non è corretta.

La pitiriasi rosea di Gibert (PR) è una patologia cutanea benigna idiopatica, caratterizzata dalla presenza di papule o placche desquamanti. La PR colpisce entrambi i sessi e tutte le fasce di età (con picco di incidenza tra i 10 e i 35 anni). Esordisce con la tipica chiazza madre (o “ medaglione di Gilbert” ), tondeggiante, ben delimitata e di colore salmone (la chiazza madre può essere preceduta o meno da sintomi e segni prodromici aspecifici: mal di testa, malessere generalizzato, mal di gola, artralgie; anche se spesso è del tutto asintomatica).

Alcuni pazienti avvertono prurito (occasionalmente di grado grave).

La chiazza presenta un bordo ben delimitato e finemente desquamato, mentre, il centro della chiazza viene definito a “ cartina di sigaretta” .

Dopo alcuni giorni, compaiono delle “ chiazze figlie” più piccole della chiazza madre, che si presentano a gittate per circa 2 settimane. Le lesioni figlie si dispongono secondo le linee di tensione della cute (linee parallele di Blaschko) con papule squamose sul tronco e sugli arti superiori, che si diffondono dal collo in giù . Il coinvolgimento del viso è insolito.

Questa disposizione delle chiazze dà luogo al cosiddetto aspetto ad “ albero di Natale” (Christmas tree pattern). Dal punto di vista eziologico probabilmente la causa può essere un’ infezione virale (probabilmente herpes virus umani 6, 7, e 8). Alcuni farmaci possono causare eruzioni cutanee simil-pitiriasi rosea.

Esiste anche una forma particolare detta “ pitiriasi rosea invertita o inversa” , che si manifesta più spesso nei bambini: variante che si localizza in sedi insolite (es: braccia, viso, gambe), risparmiando le sedi classiche (tronco).

La diagnosi si basa sulla anamnesi e sull’ esame obiettivo. In genere non è necessario alcun trattamento, perché le eruzioni cutanee si risolvono entro 2-3 mesi. Gli antistaminici per via orale sono utilizzati solo in caso di prurito molto intenso.

La risposta E non è corretta.

La storia di questo piccolo paziente parla di una esposizione possibile ad un allergene (detersivo per indumenti), ma questa possibilità è poco probabile; inoltre, una dermatite, risultante dall’ esposizione ad un detersivo, si dovrebbe prevalentemente manifestare nelle zone di contatto con gli indumenti e pertanto il coinvolgimento iniziale del volto, in questo caso sarebbe difficile da associare con l’ allergia al detersivo.


17 di 24 Domande

Scenario clinico AA86: Melania, una ragazza di 25 anni, si reca presso il reparto di dermatologia dell’ ospedale San Benedetto di Roma. La giovane riferisce di essere preoccupata per una macchia scura localizzata a livello della coscia. Afferma, inoltre, di non averla mai notata in precedenza e che è comparsa improvvisamente. Dall’ anamnesi emerge che la paziente si reca abbastanza frequentemente in un centro estetico per sottoporsi a sedute di lampade abbronzanti e che alla madre in passato è stato diagnosticato un melanoma. Quale delle seguenti non è una caratteristica del melanoma?














Domanda 2 (riferita allo scenario clinico AA86).

La risposta corretta è la D.

Il melanoma nella maggior parte dei casi è asintomatico.

Le risposte A, B, C ed E non sono corrette.

Tutte le opzioni indicate sono caratteristiche di un melanoma.


18 di 24 Domande

Scenario clinico AA86: Melania, una ragazza di 25 anni, si reca presso il reparto di dermatologia dell’ ospedale San Benedetto di Roma. La giovane riferisce di essere preoccupata per una macchia scura localizzata a livello della coscia. Afferma, inoltre, di non averla mai notata in precedenza e che è comparsa improvvisamente. Dall’ anamnesi emerge che la paziente si reca abbastanza frequentemente in un centro estetico per sottoporsi a sedute di lampade abbronzanti e che alla madre in passato è stato diagnosticato un melanoma. Uno dei segni di maggiore importanza è il cambiamento recente di nei o lentiggini.
Quale delle seguenti descrizioni non è riconducibile al melanoma?














Domanda 3 (riferita allo scenario clinico AA86).

La risposta corretta è la A.

Il melanoma non si presenta come un “ nodulo traslucido dall’ aspetto perlaceo” , caratteristica che, invece, può riscontrarsi nel carcinoma basocellulare.

Le risposte B, C, D ed E non sono corrette.

Tutte le opzioni indicate sono caratteristiche di un melanoma.


19 di 24 Domande

Scenario clinico AA86: Melania, una ragazza di 25 anni, si reca presso il reparto di dermatologia dell’ ospedale San Benedetto di Roma. La giovane riferisce di essere preoccupata per una macchia scura localizzata a livello della coscia. Afferma, inoltre, di non averla mai notata in precedenza e che è comparsa improvvisamente. Dall’ anamnesi emerge che la paziente si reca abbastanza frequentemente in un centro estetico per sottoporsi a sedute di lampade abbronzanti e che alla madre in passato è stato diagnosticato un melanoma. Domanda 1 (riferita allo scenario clinico AA86): Quale è la diagnosi iniziale più probabile?

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Domanda 1 (riferita allo scenario clinico AA86).

La risposta corretta è la D.

La lesione illustrata nella foto è un melanoma maligno, una lesione neoplastica, che ha origine dai melanociti presenti in una zona pigmentata. Il melanoma, che rappresenta il 4-5% di tutti i tumori maligni, ha una incidenza di 13 su 100.000, in evidente aumento, soprattutto nella razza caucasica. Ha un picco di incidenza tra i 30 ed i 50 anni, ma è relativamente frequente anche in età giovanile (non rari sono i pazienti con età inferiore a 20 anni). La sua genesi è multifattoriale, ma tra i fattori di rischio il principale risulta essere l’ esposizione solare ai raggi ultravioletti di media intensità (UVB), con lunghezze d’ onda subito inferiori a 320 nm. Esistono condizioni genetiche predisponenti, che comportano un maggiore rischio di sviluppare melanomi, quali lo xeroderma pigmentoso e la sindrome del nevo displastico. Altri fattori sono la scarsa pigmentazione cutanea, il fenotipo con pelle chiara, occhi chiari e capelli rossi o biondi, le scottature in età infantile, la presenza di numerosi nevi e/o displastici, l’ assunzione di ormoni steroidei. Si distinguono 4 tipi principali:

  • melanoma a diffusione superficiale (rappresenta circa il 70% dei melanomi, essendo il più comune),
  • melanoma nodulare (il più aggressivo, rappresenta il 10-15% dei melanomi),
  • lentigo maligna,
  • melanoma acrale-lentigginoso.

Per il riconoscimento si utilizza il criterio ABCDE (che non è utile però per determinare la prognosi):

  • asimmetria nella forma;
  • bordi irregolari e indistinti;
  • colore variabile (ovvero con sfumature diverse all’ interno del neo-stesso);
  • dimensioni (vengono considerati a rischio i nevi sopra i 6 mm di diametro);
  • evoluzione (quando, nell’ arco di poche settimane o mesi si verificano modificazioni nella forma, nel colore, nelle dimensioni del nevo o quando la lesione cutanea diviene rilevata e palpabile).

Se il melanoma invade il derma, può dare metastasi ed in questo caso la prognosi è infausta (la prognosi dipende dalla profondità dell’ invasione dermica).

La diagnosi di natura si esegue con l’ esame clinico, la valutazione dell’ aspetto macroscopico e con l’ esame ad epiluminescenza. Per la diagnosi di estensione e, quindi, per la stadiazione del tumore si ricorre, invece, ad esami di primo livello, comprendenti, innanzitutto, la valutazione dell’ estensione del melanoma e la valutazione dello stato linfonodale e in particolare del linfonodo sentinella, la radiografia del torace, l’ ecografia addome per lo studio in particolare del fegato, la TC total body con mdc e la scintigrafia ossea.

Fonte Immagine:

AMA

Bristow IR, Bowling J. Dermoscopy as a technique for the early identification of foot melanoma. J Foot Ankle Res. 2009; 2:14. Published 2009 May 12. doi: 10.1186/1757-1146-2-14

MLA

Bristow, Ivan R and Jonathan Bowling. “ Dermoscopy as a technique for the early identification of foot melanoma” Journal of foot and ankle research vol. 2 14. 12 May. 2009, doi: 10.1186/1757-1146-2-14

APA

Bristow, I. R., & Bowling, J. (2009). Dermoscopy as a technique for the early identification of foot melanoma. Journal of foot and ankle research, 2, 14. doi: 10.1186/1757-1146-2-14

La risposta A non è corretta.

Il carcinoma squamocellulare è un tumore maligno, che origina dai cheratinociti e invade il derma; solitamente si sviluppa in zone foto-esposte ed è il secondo tumore della pelle per diffusione. Le lesioni sono a forma di papula, placche squamose o noduli, di consistenza dura, che non generano un’ area di avvallamento centrale, quando vengono compressi i margini. Localmente può avere un comportamento molto aggressivo. Può svilupparsi su tessuto sano, su una cheratosi attinica preesistente, oppure su una placca di leucoplachia orale, o su una cicatrice da ustione.

La risposta B non è corretta.

Il carcinoma basocellulare (basalioma) è la più diffusa neoplasia maligna cutanea. I carcinomi basocellulari derivano da cheratinociti vicini allo strato basale, che possono essere definiti cheratinociti basaloidi. Circa il 95% delle diagnosi vengono effettuate in individui di età compresa tra 40 e 80 anni di età . L’ incidenza è circa del 30% più elevata negli uomini rispetto alle donne. Quasi il 90% di essi si sviluppa a livello della testa o del collo. Le zone maggiormente colpite sono il viso e il collo (70% dei casi), soprattutto il naso, la fronte, la regione periorbitaria, e la regione temporale; rari sono i casi a livello del tronco. Il principale fattore di rischio è l’ esposizione prolungata ai raggi UV. Da un punto di visto istopatologico esistono 4 tipi di carcinoma basocellulare:

  • il tipo superficiale;
  • l’ istotipo nodulare;
  • l’ istotipo infiltrante;
  • l’ istotipo piano-cicatriziale o sclerodermiforme.

La metastasi è rara, ma la crescita locale può essere molto distruttiva: generalmente rimane circoscritto al distretto anatomico, in cui ha avuto origine senza generare metastasi, ma può invadere le strutture circostanti, interessando nervi e ossa. La diagnosi viene formulata mediante biopsia. Il trattamento del carcinoma basocellulare varia in base alle dimensioni, agli strati cutanei interessati e alla localizzazione.

La risposta C non è corretta.

I nevi displastici sono dei nei atipici benigni, che possono somigliare ai melanomi. Benché la diagnosi di certezza è istologica e può essere difficile differenziare, soprattutto nelle fasi iniziali, un nevo displastico da un melanoma, si propende in tal caso verso questa ultima diagnosi in virtù dell’ evoluzione piuttosto rapida della lesione e della sua localizzazione.

La risposta E non è corretta.

Il cheratoacantoma è una neoplasia benigna, che si manifesta come una lesione nodulariforme, normopigmentata, di consistenza dura, sollevata ed a margini solitamente netti e con una tipica depressione centrale, contenente materiale cheratinico.

 


20 di 24 Domande

Scenario clinico AA86: Melania, una ragazza di 25 anni, si reca presso il reparto di dermatologia dell’ ospedale San Benedetto di Roma. La giovane riferisce di essere preoccupata per una macchia scura localizzata a livello della coscia. Afferma, inoltre, di non averla mai notata in precedenza e che è comparsa improvvisamente. Dall’ anamnesi emerge che la paziente si reca abbastanza frequentemente in un centro estetico per sottoporsi a sedute di lampade abbronzanti e che alla madre in passato è stato diagnosticato un melanoma. Domanda 4 (riferita allo scenario clinico AA86): quale tra i seguenti parametri, determinanti la prognosi del melanoma, è falso?














Domanda 4 (riferita allo scenario clinico AA86).

La risposta corretta è la C.

Tra i parametri determinanti la prognosi del melanoma ricordiamo:

  • lo spessore tumorale (spessore di Breslow)
  • il sesso (peggiore nel sesso maschile, dunque risposta C corretta in quanto errata);
  • il sito (peggiore se localizzato a livello di testa, collo, tronco);
  • la presenza di melanoma nodulare, rispetto ad un melanoma superficiale piano;
  • presenza di un’

Le risposte A, B, D ed E non sono corrette.

Tutte le opzioni indicate sono fattori che incidono sulla prognosi di un melanoma.


21 di 24 Domande

Scenario clinico AA87: Maurizio, un ragazzo di 26 anni, si reca presso l’ ambulatorio del Dott. Nestile, preoccupato per la presenza di un rigonfiamento dolente di consistenza dura a livello del polso. Il giovane riferisce che inizialmente non presentava dolore e che negli ultimi mesi tale protuberanza è aumentata notevolmente di volume. Domanda 1 (riferita allo scenario clinico AA87): quale è la diagnosi più probabile?

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Domanda 1 (riferita allo scenario clinico AA87).

La risposta corretta è la B.

Le cisti gangliari sono formazioni, che compaiono solitamente sulle mani, in particolar modo in corrispondenza della regione dorsale dei polsi. L’ eziologia è sconosciuta. Le strutture cistiche sono vicine o attaccate (spesso con un peduncolo) alle guaine tendinee e alle capsule articolari. Normalmente presentano un contenuto idrico di colore chiaro ed ad alta viscosità . Esistono varie localizzazioni: la cisti del versante dorsale del polso nasce dall’ articolazione scafo-lunata (rappresenta circa il 60-70% delle cisti del polso e della mano); la cisti della regione volare del polso origina in corrispondenza del tratto distale del radio (costituisce circa il 25% delle cisti del polso e della mano).

Clinicamente le cisti gangliari possono essere dolorose, soprattutto in condizioni di movimenti continui e sostenuti della mano e del polso e nel tempo possono subire un incremento volumetrico o scomparire spontaneamente, talvolta presentano una tendenza alla ricomparsa. Dal punto di vista obiettivo sono immobili e fisse sui piani profondi e spesso si associano a condizioni di artrite e/o sinovite.

Le risposte A, C, D ed E non sono corrette.

Le cisti gangliari rappresentano la principale causa di tumefazione del polso, pertanto rappresentano l’ ipotesi diagnostica più probabile. Tuttavia, un’ ecografia può essere utile in caso di dubbi sulla diagnosi al fine di definirne meglio le caratteristiche e la natura.


22 di 24 Domande

Scenario clinico AA87: Maurizio, un ragazzo di 26 anni, si reca presso l’ ambulatorio del Dott. Nestile, preoccupato per la presenza di un rigonfiamento dolente di consistenza dura a livello del polso. Il giovane riferisce che inizialmente non presentava dolore e che negli ultimi mesi tale protuberanza è aumentata notevolmente di volume. Domanda 2 (riferita allo scenario clinico AA87): tutte le seguenti opzioni comprendono caratteristiche tipiche di questa condizione, tranne una:














Domanda 2 (riferita allo scenario clinico AA87).

La risposta corretta è la D.

Come detto, le cisti gangliari sono formazioni nodulariformi, che compaiono solitamente sulle mani, in particolar modo in corrispondenza della regione dorsale dei polsi, ma anche sulle dita e sulla superficie dorsale dei piedi. Nel tempo possono subire un incremento volumetrico o scomparire spontaneamente e talvolta presentano una tendenza alla ricomparsa, quindi la loro ricomparsa non è rara.

Dal punto di vista obiettivo esse sono immobili e fisse sui piani profondi e spesso si associano a condizioni di artrite e/o sinovite.

Le risposte A, B, C ed E non sono corrette.

Tutte le opzioni indicate sono caratteristiche proprie delle cisti gangliari.


23 di 24 Domande

Viene riscontrato il seguente quadro radiologico in una donna di 30 anni, che è stata sottoposta ad una TC total body in seguito ad un incidente stradale. Cosa mostra la TC?

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La risposta corretta è la B

Nell'immagine (a) la TC ha evidenziato enfisema sottocutaneo delle palpebre destre (freccia). Nell'immagine (b) è stato osservato enfisema nell’orbita destra (cerchio). È stato inoltre riscontrato enfisema sottocutaneo nell’area della guancia (freccia). Non vi era presenza evidente di aria nello spazio intracranico né fratture della parete o del pavimento orbitario.


24 di 24 Domande

La signora Boggi, una donna di 70 anni, si reca dal medico curante, il Dott. Candi, lamentando dolore al braccio, insorto dopo essere scivolata sul ghiaccio, cadendo in avanti sulle sue mani. Quale è la diagnosi radiologica?

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La risposta corretta è la D.

Dalla radiografia mostrata si può apprezzare una frattura a tutto spessore carico della porzione meta-epifisaria distale del radio, evidenziabile come una stria di radiotrasparenza che interrompe la corticale ossea, probabilmente provocata da un arto iper-esteso verso l’ esterno che cerca di parare una caduta: si tratta di una frattura completa, spostata e angolata dorsalmente a livello del radio distale. Quando tale tipo di frattura si associa alla frattura anche dello stiloide ulnare si parla di frattura di Colles. Le altre strutture ossee in esame indicate nelle opzioni non appaiono interessate da eventi fratturativi-traumatici (le risposte A, B, C ed E non sono corrette)


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