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1 di 21 Domande

Quale complicanza clinica NON si riscontra nell'IRC terminale?














La risposta corretta è la B

Nell’IRC terminale non si riscontra come complicanza l’artrite. La malattia renale cronica è classificata in 5 stadi: Stadio 1: velocità di filtrazione glomerulare normale (?90 mL/min/1,73 m²) con albuminuria persistente o malattia renale strutturale o ereditaria; Stadio 2: 60-89 mL/min/1,73 m²; Stadio 3a: 45-59 mL/min/1,73 m²; Stadio 3b: 30-44 mL/min/1,73 m²; Stadio 4: 15-29 mL/min/1,73 m²; Stadio 5: <15 mL/min/1,73 m². La velocità di filtrazione glomerulare può essere stimata tramite l’equazione CKD-EPI: 141 × (creatinina sierica)^-1,209 × 0,993^età, moltiplicata per 1,018 se donna e 1,159 se afroamericano (1,1799 per donne afroamericane). Questo calcolo è poco accurato negli anziani sedentari, obesi o molto magri. In alternativa, si può usare l’equazione di Cockcroft-Gault per stimare la clearance della creatinina, che tende a sovrastimare del 10-40%. Le complicanze comprendono quelle neurologiche (neuropatia periferica), ematologiche (anemia da ridotta produzione di eritropoietina), scheletriche (osteodistrofia, risposte C-D-E errate) e pericardite nel 20% dei pazienti con insufficienza renale (risposta A errata).


2 di 21 Domande

Nella brucellosi acuta qual e' il titolo minimo per la diagnosi:














La risposta corretta è la C.

La brucellosi (nota anche come "febbre ondulante", "febbre mediterranea" o "febbre maltese") è un’infezione zoonotica trasmessa all’uomo da animali infetti (bovini, ovini, caprini, cammelli, suini o altri) attraverso l’ingestione di prodotti alimentari non pastorizzati, in particolare lattiero-caseari, oppure per contatto diretto con tessuti o fluidi contaminati. Va sospettata in pazienti con febbre, malessere, sudorazione notturna e artralgie in presenza di esposizione epidemiologica significativa, come consumo di prodotti caseari non pastorizzati, contatto con animali in aree endemiche o esposizione professionale. Una diagnosi presuntiva può essere formulata sulla base di:

  • titolo anticorpale totale anti-Brucella ?1:160 mediante test di agglutinazione in provetta standard su siero prelevato dopo l’insorgenza dei sintomi;
  • rilevazione del DNA di Brucella in un campione clinico tramite reazione a catena della polimerasi (PCR).

3 di 21 Domande

Un bambino di 2 anni di origine africana si presenta con tumefazioni dolorose della mani e piedi. Dati di laboratorio mettono in evidenza una emoglobina di 9g/dl, una conta dei globuli bianchi di 11500/mm3 ed una conta delle piastrine di 250000/mm3. Quale dei seguenti esami di laboratorio dara' supporto alla tua diagnosi?














La risposta corretta è la B

Il quadro clinico descritto è compatibile con anemia falciforme o drepanocitosi, un’emoglobinopatia caratterizzata dalla produzione di catene globiniche quantitativamente normali ma qualitativamente alterate. La causa della deformazione dei globuli rossi è una sostituzione amminoacidica (Glu ? Val) che favorisce l’aggregazione delle molecole di Hb con formazione di polimeri simili a pali nel citoplasma eritrocitario. La polimerizzazione, che avviene soprattutto nello stato deossigenato, determina deformazione e la caratteristica forma a falce dei globuli rossi. Questa condizione provoca squilibri che riducono elasticità e vitalità cellulare. I globuli rossi danneggiati rappresentano il principale trigger delle crisi vaso-occlusive, responsabili di fenomeni infartuali a livello del microcircolo, che spesso si manifestano con tumefazioni dolorose di mani e piedi. La prima manifestazione clinica è l’emolisi cronica con pallore, subittero o ittero, astenia, litiasi della colecisti e segni della deplezione di ossido nitrico. A livello arterioso si osserva diatesi trombotica per disfunzione endoteliale. L’emolisi cronica rappresenta uno stato di equilibrio, interrotto più o meno frequentemente da crisi vaso-occlusive. Tra le manifestazioni vaso-occlusive, tipica è l’ostruzione dei vasi retinici, che porta a cecità parziale o totale e determina cicatrici corio-retiniche, una delle manifestazioni retiniche più comuni e patognomoniche dell’anemia falciforme. Dal punto di vista laboratoristico, si osserva riduzione dell’Hb; la diagnosi è confermata da striscio periferico, test di solubilità ed elettroforesi dell’emoglobina, che evidenzia le anomalie strutturali.


4 di 21 Domande

Il Sig. Versici, un uomo di circa 70 anni, si reca presso l’ ambulatorio del proprio medico curante, Il Dott. Mancini, per un fastidio al polso destro. Anamnesi patologica prossima: lamenta dolore al polso destro da circa due giorni.

Anamnesi patologica prossima: positiva per due interventi di chirurgia sostitutiva dell'anca, due precedenti episodi di gotta in entrambe le prime articolazioni metatarso-falangee ed ipertensione. Esame obiettivo: il Dott. Mancini visitandolo riscontra la presenza di rossore e gonfiore sul versante dorsale del polso. La sintomatologia dolorosa viene esacerbata da movimenti di flesso-estensione completi. Gli vengono prescritti 80 mg di aspirina al giorno. Due giorni dopo il gonfiore però è aumentato sul versante dorsale del polso ed a livello della mano. La flessione del polso risulta limitata dell' 80% con dolore severo, pertanto il Sig. Versici si reca nuovamente presso l’ ambulatorio del Dott. Mancini, che rivisitandolo nota che evoca un dolore sordo alla palpazione dello scafoide e pertanto nel sospetto di frattura gli prescrive un esame radiografico del polso/mano. Esami strumentali-laboratoristici: evidenza di alterazioni riconducibili ad un quadro di artrite gottosa. Quale tipo di citochine sono coinvolte in questo processo?

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La risposta corretta è la C.

La flogosi è un meccanismo di difesa di tipo aspecifico: risponde all’agente lesivo di tipo fisico-meccanico, radiazioni, batteri o sostanze chimiche. È quindi la risposta al danno tissutale ed è un processo reattivo (diverso dalla necrosi che è regressiva), aspecifico (contro tutto ciò che causa danno), stereotipato (stessi meccanismi principali a prescindere dalla causa, con vie diverse secondo lo stimolo), e procede indipendentemente dalla causa (una volta innescato, continua anche se lo stimolo è rimosso). Nella fase acuta si ha aumento del flusso ematico e della permeabilità vascolare, con accumulo di fluidi, leucociti e mediatori come le citochine. Vari fattori solubili favoriscono il reclutamento dei leucociti aumentando l’espressione di molecole di adesione e di fattori chemiotattici. Le citochine chiave sono IL-1, TNF-?, IL-6, IL-8 e altre chemochine; IL-1 e TNF-? sono particolarmente potenti, inducono febbre promuovendo la sintesi di PGE2 nell’endotelio ipotalamico. L’IL-1 è prodotta da macrofagi, neutrofili, cellule endoteliali ed epiteliali: a basse concentrazioni induce adesione leucocitaria, ad alte induce febbre e proteine di fase acuta. Diversamente dal TNF-?, non causa da sola shock settico. Inoltre stimola i mastociti al rilascio di istamina, con vasodilatazione precoce e aumento della permeabilità.

Durante l’infiammazione avvengono: (1) modificazioni di flusso e calibro vascolare con aumento del flusso sanguigno, (2) modificazioni del microcircolo e formazione dell’essudato, (3) richiamo chemiotattico dei leucociti, (4) fagocitosi. Dopo lo stimolo lesivo si ha vasocostrizione transitoria seguita da vasodilatazione intensa (iperemia attiva, responsabile di rubor e calor). Successivamente si verifica rallentamento della circolazione (iperemia passiva o stasi), dovuto ad aumentata permeabilità capillare con essudazione proteica e aumento della viscosità ematica. Il modello tipico dell’infiammazione acuta comprende: alterazioni di flusso e calibro, iperemia attiva e passiva, permeabilizzazione endoteliale con essudato, migrazione leucocitaria e chemiotassi, fagocitosi.

La chemiotassi è movimento orientato lungo un gradiente chimico; gli stimoli possono essere esogeni (prodotti batterici) o endogeni (complemento, leucotrieni, citochine). Durante la stasi i neutrofili si dispongono lungo l’endotelio (marginazione). Segue l’adesione: i leucociti rotolano con legami labili, poi aderiscono stabilmente formando la “pavimentazione”. Successivamente attraversano l’endotelio (diapedesi) e migrano verso lo stimolo. L’endotelio normalmente è continuo e liscio, ma nell’infiammazione aumenta la permeabilità ed esprime molecole di adesione preformate (es. P-selectina dai corpi di Weibel-Palade).

Le principali molecole di adesione sono: selectine (E sull’endotelio, P sull’endotelio in infiammazione, L sui leucociti, legano zuccheri); immunoglobuline (ICAM-1 e VCAM-1, interagiscono con integrine leucocitarie, le ICAM-1 si legano alle integrine ?2); VCAM-2 proprie dell’endotelio; integrine (già presenti sui leucociti, ma con bassa affinità: aumentano l’avidità a seguito di stimoli chemiokinici e dell’induzione di ICAM/VCAM-1). Le citochine IL-1 e TNF inducono fortemente la sintesi di ICAM-1 e VCAM-2, molecole implicate nei legami forti, la cui espressione richiede più tempo.


5 di 21 Domande

Il Sig. Mariani, un uomo di 78 anni si reca presso il PS del Policlinico Torvergata di Roma, a causa di un episodio di dispnea acuta. Anamnesi patologica prossima: lamenta comparsa di episodi di tosse produttiva, gonfiore degli arti inferiori e dei piedi, astenia, che perdurano da 3 settimane. Inoltre, da due mesi a questa parte, si sono presentate crisi di dispnea da sforzo ingravescente. Anamnesi patologica remota: una decina di anni prima è stato sottoposto ad un intervento di chirurgia sostitutiva per impianto di protesi valvolare di suino, a causa di un rigurgito della valvola mitrale di grado severo. Il paziente è affetto da coronaropatia, diabete mellito di tipo 2 ed ipertensione. Anamnesi fisiologica: ha fumato per 55 anni un pacchetto di sigarette al giorno e abitualmente beve una birra al giorno. Anamnesi farmacologica Attualmente prende diversi farmaci tra cui cardioaspirina, simvastatina, ramipril, metoprololo, metformina e idroclorotiazide. Esame obiettivo: si presenta dall’ aspetto pallido. L’ uomo è alto 181 cm e pesa 128 kg, con una BMI di circa 41 kg/m2. Ha una temperatura corporea di 37.3 °C , frequenza respiratoria di 23 atti/min, frequenza cardiaca di 97 bpm, e pressione arteriosa di 148/95 mm Hg. All’ auscultazione del torace si riscontra la presenza di rantoli alle basi polmonari bilateralmente. L’ esame obiettivo del cuore rivela la presenza di un battito apicale dislocato lateralmente e la presenza, a livello dell’ apice, di un soffio diastolico 3/6 di intensità decrescente. Inoltre si osserva la presenza di edemi improntabili bilateralmente a livello dei piedi e delle caviglie. Il resto dell’ esame obiettivo non mostra altre anomalie. Quale tra le seguenti è la causa più probabile dei sintomi di questo paziente?

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La risposta D è corretta.

Il paziente circa 10 anni fa si era sottoposto a un intervento di sostituzione protesica con impianto di protesi valvolare suina per severo rigurgito mitralico. Il trattamento di una valvulopatia, a meno che non sia di grado medio-elevato e clinicamente significativa, richiede solo un controllo periodico, mentre l’intervento chirurgico è indicato in presenza di una lesione moderata o grave responsabile di sintomi e/o disfunzione cardiaca. Le opzioni vanno dalla valvuloplastica alla riparazione fino alla sostituzione, che può essere effettuata con protesi meccaniche (preferite nei pazienti <65 anni o con lunga aspettativa di vita, ma richiedono anticoagulazione cronica con warfarin per prevenire tromboembolismo) o biologiche (suine o bovine, più soggette a deterioramento sclero-fibrotico, con durata media 10-15 anni). Una complicanza possibile delle protesi biologiche è l’ostruzione/stenosi o il rigurgito, entrambi responsabili di scompenso cardiaco.

L’endocardite infettiva insorge in presenza di una predisposizione endocardica (patologie congenite, reumatiche, valvole bicuspidi calcifiche, prolasso mitralico, cardiomiopatia ipertrofica, precedente endocardite). Fattori predisponenti sono protesi valvolari, tossicodipendenza, diabete, uso cronico di anticoagulanti o steroidi, età avanzata. Agenti più comuni sono streptococchi e stafilococchi (80-90%), seguiti da enterococchi e microrganismi HACEK. Clinicamente si manifesta con febbre, nuovo soffio o modifica di un soffio preesistente, può causare scompenso cardiaco e, all’ecocardiogramma, vegetazioni. Segni caratteristici: petecchie congiuntivali, macchie di Roth, lesioni di Janeway, nodi di Osler, emorragie subungueali a scheggia. La diagnosi si basa sui criteri di Duke (diagnosi rigettata, possibile o certa). In assenza di emocolture disponibili, e senza rischio per MRSA, la terapia empirica si effettua con un ?-lattamico + amminoglicoside. Sebbene questo paziente presenti soffio e segni di scompenso, non ha febbre né criteri di Duke: l’endocardite è improbabile (risposta A errata).

La BPCO è una malattia polmonare cronica non reversibile, con ostruzione bronchiale persistente (VEMS/CVF <0,7), spesso correlata a fumo e caratterizzata da progressione, riacutizzazioni infettive, dispnea, tosse produttiva cronica, tachipnea, cianosi e ipertensione polmonare nelle fasi avanzate. All’auscultazione: respiro sibilante e fase espiratoria prolungata. Nonostante il paziente sia fumatore con tosse, i sintomi durano solo da 3 settimane e non vi sono segni obiettivi di ostruzione: la diagnosi di BPCO è errata (risposta B errata).

La polmonite è un’infiammazione acuta polmonare (batterica, virale, fungina, parassitaria) diagnosticata con RX torace e reperti clinici. Può essere comunitaria (più spesso da Streptococcus pneumoniae, Mycoplasma pneumoniae) o nosocomiale. Clinicamente: febbre, tosse, dispnea, astenia, ipossia; nella forma tipica: esordio acuto con febbre, tosse produttiva, crepitii e rumori bronchiali; nella forma atipica: esordio graduale con tosse secca, dispnea e pochi segni obiettivi. È indicato esame colturale di sangue/escreato. Questo paziente presenta tosse produttiva ma non febbre, e all’auscultazione rantoli basali bilaterali: più compatibili con scompenso cardiaco che con polmonite (risposta C errata).

L’embolia polmonare è occlusione di arterie polmonari da trombi (arti inferiori/pelvi). Presentazione acuta con sintomi aspecifici: dolore toracico pleuritico, tosse, sincope, dispnea, arresto cardiorespiratorio nei casi gravi; segni: tachipnea, tachicardia, ipotensione. Fattori di rischio: immobilizzazione, trombofilie, gravidanza, chirurgia recente. In questo paziente tosse e dispnea possono mimarla, ma anamnesi negativa per immobilizzazione e presenza di stenosi mitralica con edemi declivi bilaterali fanno propendere per scompenso cardiaco congestizio piuttosto che embolia polmonare (risposta E errata).


6 di 21 Domande

Il Sig. Verci, un uomo di circa 60 anni si reca, presso l’ ambulatorio del proprio medico curante, il Dott. Briga, per dispnea. Anamnesi patologica prossima: lamenta una dispnea ingravescente da circa un mese. Inizialmente era in grado di salire 3 rampe di scale fino al suo appartamento, ma ora necessita di effettuare numerose pause per recuperare il fiato. Non lamenta dolore al petto. Anamnesi patologica remota: l'uomo è affetto da cardiopatia reumatica e diabete mellito di tipo 2. Anamnesi fisiologica: è emigrato dall'India circa 20 anni prima. Anamnesi farmacologica: assume carvedilolo, torasemide e insulina. Esame obiettivo: il Dott. Briga visita il Sig. Verci riscontrando una temperatura corporea di 37.2 °C, una frequenza cardiaca di 74 bpm, una frequenza respiratoria di 19 atti/min ed una pressione arteriosa di 135/80 mm Hg. La pulsossimetria mostra una saturazione d'ossigeno del 96% in aria ambiente. L'auscultazione del torace rivela la presenza di crepitii alle basi polmonari bilateralmente. All’ auscultazione cardiaca si riscontra la presenza di un soffio d'apertura seguito da un soffio diastolico di bassa tonalità , a livello del quanto spazio intercostale di sinistra in corrispondenza della linea medio-claveare. Esami strumentali-laboratoristici: il Dott. Briga decide di far eseguire una radiografia del torace al Sig. Verci, che mostra una dilatazione dell'atrio di sinistra, con stiramento del margine cardiaco di sinistra, ed un’ aumentata trama vascolare. Quale tra i seguenti rappresenta l'intervento di prima scelta per migliorare la sintomatologia del paziente?

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La risposta corretta è la D.

La malattia reumatica è la causa più frequente di stenosi mitralica non complicata. È caratterizzata da fibrosi, calcificazione dei lembi valvolari e parziale fusione delle commissure, con conseguente riduzione dell’ostio valvolare (normalmente 4-6 cm²) fino a valori <1 cm². A causa di questo restringimento, l’unico modo per garantire il passaggio di sangue dall’atrio sinistro al ventricolo sinistro durante la diastole è aumentare le pressioni atriali. Questo incremento si trasmette a monte, con aumento della pressione nelle vene e nei capillari polmonari: ecco la causa della dispnea. Se le pressioni aumentano ulteriormente, soprattutto acutamente, può verificarsi la trasudazione di liquido negli alveoli con conseguente edema polmonare. Il nostro paziente all’auscultazione presenta anche crepitii basali bilaterali. Il gradiente diastolico transvalvolare è proporzionale al grado di stenosi ed è sensibile ad aumenti di portata e frequenza cardiaca: maggiore la portata/frequenza, maggiore il gradiente. Per questo un soggetto asintomatico a riposo può diventare sintomatico anche per sforzi lievi. L’evoluzione della stenosi mitralica è rappresentata dallo sviluppo di ipertensione polmonare arteriosa, secondaria a quella venosa, che provoca vasocostrizione arteriolare inizialmente funzionale e reversibile, successivamente irreversibile per ipertrofia della tonaca media e fibrosi dell’intima. Le elevate resistenze arteriolari del circolo polmonare causano sovraccarico pressorio del ventricolo destro con dilatazione, ipertrofia, disfunzione contrattile e segni di scompenso destro e bassa gittata. Nell’insufficienza mitralica, invece, la pressione atriale sinistra, molto più bassa di quella aortica, fa sì che il sangue refluisca in atrio già durante la contrazione isometrica ventricolare. Nell’insufficienza mitralica cronica l’atrio sinistro si adatta dilatandosi, per cui la pressione a monte non aumenta significativamente; nell’insufficienza acuta, invece, l’atrio non ha tempo di adattarsi e subisce un brusco aumento pressorio con ripercussioni sulla pressione venosa polmonare. Il ventricolo sinistro, sottoposto a sovraccarico di volume, si dilata: inizialmente la frazione di eiezione rimane conservata, poi si riduce progressivamente perché il rigurgito in atrio riduce il volume sistolico effettivo. Una frazione di eiezione <60% è indicativa di compromissione ventricolare sinistra. Nel nostro paziente, per segni, sintomi e reperti auscultatori, è probabile un coinvolgimento valvolare mitralico, in particolare stenosi o steno-insufficienza. L’intervento di scelta, nella stenosi mitralica clinicamente significativa (area ?1,5 cm²) o sintomatica, e nei pazienti con controindicazioni alla chirurgia, è la valvuloplastica percutanea con palloncino: una “dilatazione controllata” eseguita con un palloncino ad alta resistenza gonfiato in prossimità della valvola, introdotto tramite catetere da vena femorale destra. È una tecnica mini-invasiva che riduce morbilità e mortalità perioperatorie, con buona efficacia a lungo termine (sopravvivenza libera da eventi nel 30-70% dei casi), sebbene non siano rare le restenosi. Non può essere eseguita in presenza di calcificazioni valvolari, per cui è indicata la sostituzione valvolare.


7 di 21 Domande

Un ragazzo di 20 anni presenta il seguente ECG. Cosa si nota all'ECG?

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La risposta esatta è la A.

Le derivazioni da V1 a V6, chiamate derivazioni precordiali, esprimono l’attività elettrica del cuore sul piano orizzontale: V1-V2 esplorano il setto interventricolare, V3-V4 la parete anteriore del ventricolo sinistro, V5-V6 la parete laterale del ventricolo sinistro. L’onda P indica la depolarizzazione atriale, il complesso QRS e l’onda T indicano rispettivamente la depolarizzazione e la ripolarizzazione ventricolare, mentre la ripolarizzazione atriale non è visibile poiché avviene durante la depolarizzazione ventricolare. In età giovanile, dopo la pubertà, il vettore di ripolarizzazione ventricolare rende le T positive in tutte le derivazioni precordiali, tranne V1 e raramente V2; in casi eccezionali, la negatività può coinvolgere anche V3 e V4 (onda T giovanile). Dopo la pubertà, la presenza di onde T invertite ?2 mm in due o più derivazioni contigue del ventricolo destro può indicare cardiopatia congenita con sovraccarico di pressione o volume (cardiomiopatia aritmogena del ventricolo destro) oppure, più raramente, patologie ereditarie dei canali del sodio o potassio. L’ECG descritto mostra ritmo sinusale, alterazioni diffuse della ripolarizzazione con T negativa da V1 a V5, R alta in V1 e asse spostato a destra: reperti suggestivi di ipertrofia ventricolare destra a carattere aritmogeno. La cardiomiopatia aritmogena del ventricolo destro è spesso familiare, più frequentemente a trasmissione autosomica dominante, e coinvolge prevalentemente ma non esclusivamente il ventricolo destro. Nel 10-20% dei casi è presente una mutazione nei geni che codificano proteine del desmosoma. Istologicamente si osserva progressiva sostituzione del miocardio con tessuto fibro-adiposo, che genera aree di discinesia e dilatazione soprattutto nel tratto di afflusso, efflusso e apice del ventricolo destro (triangolo della displasia), ma può estendersi all’intera parete ventricolare destra o anche al ventricolo sinistro. Questa condizione, per le alterazioni morfologiche e funzionali, è causa frequente di aritmie ventricolari e morte improvvisa, soprattutto in età giovanile durante o subito dopo l’attività fisica. In presenza di un ECG di questo tipo è quindi indicato eseguire un ecocardiogramma per rilevare eventuali alterazioni strutturali cardiache.


8 di 21 Domande

La signora Rettori, una donna di 45 anni, si reca dal proprio medico curante, il Dott. Pressi, per malessere. Anamnesi patologica prossima: comparsa di febbre, disuria e dolore alla schiena. Il Dott. Pressi consiglia alla paziente di recarsi in ospedale per ulteriori accertamenti; qui la donna verrà successivamente ricoverata con una sospetta diagnosi di pielonefrite. La paziente viene sottoposta a terapia con antibiotici ad ampio spettro, che determinano un significativo miglioramento della sintomatologia. Tuttavia, durante il quarto giorno di ricovero, la donna presenta nuovamente febbre, con leucocitosi e profusa diarrea acquosa. Esami strumentali: viene effettuata una colonscopia, visibile nell’ immagine sottostante.

Quale è la terapia per il trattamento di questo disturbo?

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La risposta corretta è la D.

La paziente presenta una colite pseudomembranosa causata da Clostridium difficile, un batterio appartenente alla famiglia Clostridiaceae, patogeno per l’uomo, Gram+ anaerobio. Il C. difficile è virulento in quanto possiede due tossine: la tossina A, un’enterotossina che si lega alle cellule della mucosa e causa un’ipersecrezione di liquido determinando diarrea acquosa; la tossina B, una citotossina che provoca gravi danni alla mucosa determinandone l’aspetto pseudomembranoso. Il Clostridium difficile causa colite associata ad antibiotici, tipicamente in ambiente ospedaliero. Fa parte normalmente del microbiota umano; tuttavia, quando si utilizzano antibiotici per lungo tempo, questi possono distruggere anche i batteri che tengono “sotto controllo” il Clostridium. Quando il C. difficile diviene dominante, si possono avere crampi addominali, colite pseudomembranosa, diarrea (talora ematica), raramente sepsi e addome acuto. I sintomi insorgono alcuni giorni dopo l’inizio della terapia antibiotica e includono diarrea acquosa o scariche di feci non formate, crampi addominali, raramente nausea e vomito. Per la diagnosi è importante l’identificazione della tossina nelle feci. Il trattamento consiste nell’interrompere la terapia antibiotica; se la sintomatologia è grave è possibile utilizzare vancomicina o metronidazolo (nel nostro caso, non essendo la vancomicina tra le opzioni, la risposta corretta è la D).


9 di 21 Domande

Una paziente di 58 anni si presenta presso il reparto di nutrizione clinica. La donna presenta BMI 20,9, circonferenza vita 88 cm, analisi ematochimiche (in allegato) in cui si presenta colesterolo LDL fuori range e glicemia a digiuno elevata.

In seguito ai valori di glicemia a digiuno riscontrati, si richiede curva da carico orale di glucosio (OGTT). In base ai risultati sopra riportati, la paziente presenta:

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La risposta corretta è la B.

Il diabete è un gruppo di alterazioni caratterizzate da elevati livelli di glicemia, legati a un’alterata secrezione insulinica o a una ridotta sensibilità all’insulina. Questa alterata secrezione può variare da forme severe, in cui la produzione di insulina è nulla o quasi (diabete di tipo I, pancreasectomia), a forme intermedie modulate dall’insulino-resistenza.

L’insulino-resistenza da sola non è in grado di slatentizzare un diabete mellito: è necessario un danno della secrezione. Le alterazioni del metabolismo del glucosio si associano inoltre a modifiche del metabolismo lipidico e proteico, predisponendo a complicanze vascolari: microvascolari (rene, arti inferiori, retina) e macrovascolari (cuore, cervello, arterie degli arti inferiori).

Il diabete si classifica in due tipologie principali:

– diabete mellito di tipo I (insulino-dipendente), che può avere cause immuno-mediate o idiopatiche;

– diabete mellito di tipo II (non insulino-dipendente), malattia metabolica caratterizzata da iperglicemia in un contesto di insulino-resistenza e deficienza insulinica relativa, nella maggior parte dei casi senza necessità di insulina.

Esiste poi il diabete gestazionale, che compare in gravidanza e regredisce dopo il parto.

Tra le sindromi secondarie ricordiamo:

– pancreasectomia (oggi non più praticata nelle pancreatiti, ma solo nei tumori),

– patologie del pancreas esocrino (es. pancreatite),

– patologie endocrine (acromegalia, sindrome di Cushing, feocromocitoma, poiché l’insulina è l’unico ormone ipoglicemizzante),

– tossicità da farmaci o sostanze chimiche (glucocorticoidi, tiazidici, ecc.).

Il diabete può rimanere a lungo silente. Si stima che, a fronte di una prevalenza diagnosticata del 4%, un ulteriore 4% resti non diagnosticato.

Per la diagnosi, le misurazioni della glicemia prevedono:

– glicemia a digiuno (da almeno 12 ore): due rilevazioni ?126 mg/dl;

– glicemia random >200 mg/dl, ma solo in paziente sintomatico (polidipsia, poliuria, nicturia, ecc.);

– curva da carico con 75 g di glucosio in 200-250 ml d’acqua: il test si esegue solo se la glicemia basale è <126 mg/dl, e la diagnosi si pone se a 2 ore la glicemia è >200 mg/dl.


10 di 21 Domande

La signora Bellini è una giovane donna ricoverata nel reparto di ginecologia ed ostetricia dopo un parto complicato da una rottura prematura delle membrane amnio-coriali ed un prolungato travaglio. Anamnesi patologica prossima: In seconda giornata sviluppa febbre con brivido associata ad ipotensione e intenso dolore addominale che fanno sospettare un’ endometrite purperale. Il Dott. Lanfranchi decide di sottoporre la paziente ad una radiografia del torace e decide di avviare la terapia antibiotica e reidratante con 4.000 ml di soluzione salina nelle successive 24 ore ma l’ ipertermia persiste e si ottiene un lieve incremento della pressione arteriosa. Improvvisamente la sig.ra Bellini presenta dispnea. Esame obiettivo: viene rilevata una SpO2 dell’ 82% che non aumenta anche con ossigenoterapia con FiO2 del 100%. Il Dott. Lanfranchi decide quindi di intubare la paziente e si eroga una FiO2 del 100%. Non si rileva turgore giugulare, all’ auscultazione polmonare si apprezzano crepitii diffusi bilateralmente. Esami di laboratorio-strumentali: viene rapidamente inviato in laboratorio un campione di sangue arterioso che evidenzia PaO2 di 62 mmHg e PaCO2 di 33 mmHg. L’ ECG mostra tachicardia sinusale. Viene effettuato un nuovo RX del torace che mostra un quadro polmonare modificato rispetto a quanto si era visto nel precedente. Sulla base dei dati forniti quale tra le seguenti è la diagnosi più probabile?

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La risposta corretta è la B.

Questo paziente molto probabilmente ha una ARDS e il rapporto PaO2/FiO2 è <200: la paziente ha un rapporto di 60 (FiO2 = 1 ovvero 100% e PaO2 di 60 mmHg: necessita di ossigeno al 100% per mantenere una pressione di PaO2 accettabile). La RX torace mostra infiltrati polmonari diffusi non riconducibili a eziologia cardiogena. L’EO evidenzia dispnea ingravescente a insorgenza improvvisa, con crepitii diffusi bilateralmente. La paziente presentata nel caso è verosimilmente affetta da ARDS in seguito a sepsi da endometrite postpartum.

La sindrome da distress respiratorio acuto (ARDS) è una grave malattia acuta polmonare. I fattori scatenanti sono numerosi: polmonite, shock, gravi traumi, sepsi, aspirazione di alimenti (ab ingestis), pancreatite. È caratterizzata da danno diffuso della membrana alveolo-capillare, con edema polmonare non cardiogenico (ricco di proteine) e insufficienza respiratoria acuta (ARF). Si osserva reclutamento di neutrofili nei capillari alveolari e formazione di membrane ialine. I neutrofili rilasciano chemochine (che richiamano istiociti), producono ROS, proteasi, leucotrieni, fattore di attivazione piastrinica, prostaglandine e altre molecole che danneggiano le barriere tra capillari e spazi aerei. Gli alveoli e l’interstizio si riempiono di proteine, detriti cellulari e liquido, con distruzione del surfattante, collasso alveolare e mismatch ventilazione/perfusione.

L’ARDS determina grave ipossiemia refrattaria all’ossigenoterapia. I criteri diagnostici comprendono:

– Opacità bilaterali alla RX non spiegabili da versamento, atelettasia o noduli.

– PaO2/FiO2 ?200 mmHg.

– Assenza di evidenza clinica di aumentata pressione atriale sinistra o insufficienza cardiaca (PCWP <18 mmHg). Una pressione di incuneamento capillare polmonare >18 mmHg orienta invece verso edema polmonare cardiogeno.

Secondo la “Definizione di Berlino 2012” l’ARDS si classifica in:

– Lieve: PaO2/FiO2 ?200 mmHg.

– Moderata: PaO2/FiO2 ?100 mmHg.

– Grave: PaO2/FiO2 ?100 mmHg.


11 di 21 Domande

Una paziente di 58 anni si presenta presso il reparto di nutrizione clinica. La donna presenta BMI 20,9, circonferenza vita 88 cm, analisi ematochimiche (in allegato) in cui si presenta colesterolo LDL fuori range e glicemia a digiuno elevata.

Per il paziente diabetico è essenziale assumere cibi a basso indice glicemico. Qual è tra i seguenti alimenti quello che presenta il più basso indice glicemico?

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La risposta corretta è la A.

Il diabete è un gruppo di alterazioni caratterizzate da elevati livelli di glicemia, legati a un’alterata secrezione insulinica o a una ridotta sensibilità all’insulina. Questa alterata secrezione può variare da forme severe, in cui la produzione di insulina è nulla o quasi (diabete di tipo I, pancreasectomia), a forme intermedie modulate dall’insulino-resistenza. L’insulino-resistenza da sola non è in grado di slatentizzare un diabete mellito: serve un danno della secrezione. Le alterazioni del metabolismo del glucosio si accompagnano anche ad alterazioni del metabolismo lipidico e proteico, predisponendo a complicanze vascolari: microvascolari (rene, retina, arti inferiori) e macrovascolari (cuore, cervello, arterie periferiche). Il diabete si classifica in due tipologie principali: diabete mellito di tipo I (insulino-dipendente), con cause immuno-mediate o idiopatiche; diabete mellito di tipo II (non insulino-dipendente), malattia metabolica caratterizzata da iperglicemia in un contesto di insulino-resistenza e relativa deficienza insulinica, che nella maggior parte dei casi non richiede terapia insulinica. Esiste anche il diabete gestazionale, che si manifesta in gravidanza e regredisce dopo il parto. Tra le forme secondarie: pancreasectomia (oggi non più praticata nelle pancreatiti, ma solo nei tumori), patologie del pancreas esocrino (es. pancreatite), patologie endocrine (acromegalia, sindrome di Cushing, feocromocitoma, poiché l’insulina è l’unico ormone ipoglicemizzante), tossicità da farmaci o sostanze (glucocorticoidi, tiazidici, ecc.). Il diabete può progredire a lungo senza sintomi. Si calcola che, a fronte di una prevalenza diagnosticata del 4%, un ulteriore 4% rimane non diagnosticato. Per la diagnosi: glicemia a digiuno ?126 mg/dl in due misurazioni, glicemia random >200 mg/dl in presenza di sintomi (poliuria, polidipsia, nicturia), curva da carico con 75 g di glucosio (diagnosi se glicemia >200 mg/dl a 2 ore). Prima del test, la glicemia basale deve essere <126 mg/dl. Il test va eseguito in pazienti non ricoverati, in buone condizioni cliniche, dopo dieta abituale (non ridotta in carboidrati), a digiuno dalla mezzanotte, senza febbre, stress o fumo. Indicazioni alla curva da carico: glicemia alterata a digiuno (100–125 mg/dl), familiarità per diabete dai 30-40 anni, obesità, complicanze cardiovascolari (TIA, angina, claudicatio), soprattutto se obesi e fumatori, infezioni urinarie o cutanee ricorrenti con glicemia alterata. Il 90% dei casi è di tipo II, storicamente detto diabete dell’adulto (esordio >40 anni), ma oggi è sempre più precoce (anche a 18 anni), correlato all’obesità, in particolare infantile (Italia con alta prevalenza, soprattutto nel centro-sud). Nei gemelli monozigoti la concordanza è ~100% nel tipo II, mentre nel tipo I, pur avendo componente genetica, è solo del 50% per il ruolo di fattori ambientali. Anche nei monozigoti separati alla nascita la concordanza del tipo II rimane elevata, a dimostrazione della forte componente genetica, ancora non del tutto chiarita.


12 di 21 Domande

Scenario HE34Y: Un paziente noto per TVP recidivanti lamenta improvvisa difficoltà respiratoria. Quale indagine è dirimente per la diagnosi di embolia polmonare?














La risposta corretta è la A.
Il gold standard per la diagnosi di embolia polmonare è rappresentato dall’ angioTC con mdc che consente di evidenziare direttamente gli emboli nell’ albero polmonare e i segni di sovraccarico del ventricolo destro.
I vasi in cui sono presenti gli emboli sono evidenziati come delle aree di minor enhancement rispetto ai vasi circostanti dello stesso calibro; si potrebbe evidenziare un’ occlusione completa del vaso con dilatazione e assenza di flusso a valle, un’ occlusione parziale o angoli di raccordo tra emboli e parete vasale. L’ unica limitazione all’ utilizzo di questa metodica è l’ impossibilità di utilizzare il mdc a causa di insufficienza renale o allergia al mdc stesso.
 
AnchorLa risposta B non è corretta.
La RMN viene utilizzata per i pazienti che non possono usufruire dell’ angioTC per allergia al mdc o IR, prevalentemente ha un’ applicazione di ricerca quasi esclusivamente in ambito accademico. Si tratta di un esame che per la sua durata non è agevole da usare in acuto e, altresì , non consente un’ adeguata visualizzazione dei vasi polmonari.
La risposta C non è corretta.
L’ RX torace nella maggior parte dei pazienti mostra delle anomalie aspecifiche, tra cui l’ elevazione dell’ emidiaframma, perdita di volume o atelettasie, e alterazioni specifiche tra cui gobba di Hampton alla periferia del polmone, segno di Westermark (ipertrasparenza dovuta all’ occlusione da parte dell’ embolo) e asimmetria delle arterie polmonari; nonostante ciò ormai non viene più utilizzata in prima battuta vista la superiorità diagnostica dell’ angioTC.
La risposta D non è corretta.
L’ ecocardiografia trova il suo utilizzo nella stratificazione del rischio e nella valutazione della prognosi del paziente tramite l’ osservazione dei segni della disfunzione ventricolare destra, ma non permette di avere alcuna certezza circa la causa di quella disfunzione ventricolare e, quindi, sulla diagnosi di embolia polmonare.
La risposta E non è corretta.
Il dosaggio del D-dimero è un test ad elevata sensibilità ma a bassa specificità , potendosi elevare anche in altre condizioni diverse dall’ embolia polmonare come infezioni, traumi, interventi chirurgici o gravidanza; per tale ragione se il paziente è emodinamicamente stabile con un basso sospetto di trombosi venosa profonda viene eseguito subito poiché se negativo consente di escludere la diagnosi di embolia polmonare.

13 di 21 Domande

Scenario FC40Z: Una donna di 32 anni si presenta con tosse e dispnea da due settimane. L'RX del torace rivela linfoadenopatie ilari e plurimi noduli bilaterali confluenti. Esegue approfondimenti di imaging, broncolavaggio e biopsia. All'esame citologico si dimostrano CD4/CD8>2 e all'esame istologico la presenza di granulomi epitelioidi senza necrosi caseosa. Si decide di dosare l'ACE nel siero, che risulta elevato. Qual è l'ipotesi diagnostica?














La risposta corretta è la B.
La sarcoidosi è un disordine granulomatoso sistemico con eziologia sconosciuta caratterizzata dalla presenza di granulomi non caseosi negli organi coinvolti. In genere colpisce i giovani adulti e inizialmente presenta una o più delle seguenti anomalie tra adenopatia ilare bilaterale, opacità reticolari polmonari e lesioni cutanee, articolari o oculari.
In circa la metà dei casi la malattia viene individuata incidentalmente durante esami radiografici eseguiti per altri motivi. La sarcoidosi coinvolge più frequentemente il polmone, ma fino al 30% dei pazienti presenta manifestazioni extratoraciche. Classicamente la sarcoidosi polmonare determina malattia polmonare interstiziale diffusa ma può anche portare ad altri quadri meno comuni che includono pneumotorace, ispessimento pleurico, chilotorace e ipertensione polmonare. Nella sua forma più classica, comunque, i sintomi respiratori comunemente presenti includono tosse, dispnea, dolore al petto, affaticamento, malessere, febbre e perdita di peso. L'infiammazione sistemica può contribuire alla debolezza muscolare e all'intolleranza all'esercizio fisico e nei pazienti con sospetto di sarcoidosi andrebbero indagati anche la presenza di nuove lesioni cutanee, in particolare intorno a tatuaggi o cicatrici, cambiamenti visivi, secchezza degli occhi o della bocca, gonfiore della parotide, palpitazioni, sincope, dolore o gonfiore alle articolazioni o debolezza muscolare.
Una valutazione iniziale completa dovrebbe essere eseguita in tutti i pazienti con sospetto sarcoidosi in modo da ottenere ulteriori dati a supporto della diagnosi, eliminando al contempo diagnosi alternative, stratificare la gravità della compromissione polmonare e identificare il coinvolgimento di organi extrapolmonari che potrebbero essere sottoposti a biopsia o richiedere una terapia immediata.
A seguito di un’ attenta anamnesi ed esame obiettivo si procede con l’ esecuzione dei più comuni test di laboratorio che di solito comprendono un esame emocromocitometrico completo, test di funzionalità epatica, azoto ureico nel sangue, creatinina, glucosio, elettroliti, calcio sierico ed analisi delle urine. Diverse sono le anomalie che potrebbero risultare da questi primi esami nei pazienti con sarcoidosi, tra cui leucopenia, lieve aumento di VES e PCR, ipercalciuria, moderata elevazione della concentrazione di fosfatasi alcalina sierica e ipergammaglobulinemia. Sono stati esaminati anche diversi marcatori sierologici le cui modificazioni potessero ben correlarsi con la malattia e tra questi è risultato come il livello di ACE sierico sia elevato nel 75% dei pazienti con sarcoidosi.
Tutti i pazienti sottoposti a valutazione per la possibile sarcoidosi devono avere una radiografia del torace: l'adenopatia ilare bilaterale è classica nella sarcoidosi.
La diagnosi di certezza, tuttavia, si ottiene solo con la conferma istopatologica dei noduli polmonari, cioè granulomi non caseificanti, e con l’ esame istologico che mostra un rapporto tra linfociti CD4 e CD8 maggiore di 2. 

14 di 21 Domande

Scenario VV17Q: Un ragazzo si reca in Pronto Soccorso per dolore toracico sinistro e discreta dispnea a insorgenza improvvisa. A un RX del torace si dimostra la presenza di un pneumotorace completo sinistro. Qual è il provvedimento da adottare in prima istanza?














La risposta corretta è la A.
Per pneumotorace si intende una condizione patologica che si caratterizza per la presenza di gas all'interno del cavo pleurico, sussistendo, quindi, un anomalo accumulo di aria all'interno dello spazio che separa il polmone dalla parete toracica.
Quando parliamo di pneumotorace spontaneo primario intendiamo uno pneumotorace che si verifica senza un evento precipitante in una persona che non ha una malattia polmonare nota anche se, in realtà, la maggior parte delle persone con questa patologia presenta una malattia polmonare misconosciuta sottostante.
Si ritiene, tuttavia, che la causa principale di pneumotorace spontaneo primario sia la rottura improvvisa di ‘’blebs subpleuriche’’, associate soprattutto all’abitudine tabagica, osservazioni confermate dal fatto che lo pneumotorace spontaneo ha una maggiore incidenza in soggetti di giovane età, 20- 30 anni, di sesso maschile e fumatori.
Dal punto di vista sintomatologico, solitamente si presenta con sintomi tipici quali dispnea improvvisa e dolore toracico di tipo pleurico, improvviso e trafittivo, in assenza di emottisi o espettorato purulento.
Per la diagnosi di penumotorace si considerano l’anamnesi del paziente, i fattori di rischio, l’esame obiettivo caratteristico per silenzio respiratorio nell’emitorace interessato, e soprattutto radiografia del torace che permette di osservare la presenza d’aria nel cavo pleurico e il conseguente collasso polmonare.
La TAC torace, invece, può essere utilizzata come seconda scelta, nel caso in cui l’RX non sia chiaro, se ponga il sospetto di patologie cardiache, o per individuare patologie sottostanti e misconosciute che potrebbero causare lo pneumotorace. Tuttavia, non dobbiamo dimenticare anche l'ecografia, usata in urgenza con il protocollo eco FAST, che può risultare più sensibile rispetto alla radiografia del torace nell'identificazione e nella descrizione della dimensione dello pneumotorace.
La gestione iniziale è atta a rimuovere l'aria dallo spazio pleurico e successivamente bisogna porre attenzione nella prevenzione delle recidive; in particolare le opzioni di trattamento iniziale comprendono osservazione, ossigeno supplementare, aspirazione dell’aria intrapleurica attraverso l’inserimento di un tubo toracico o mediante toracoscopia.
La scelta della procedura dipende dalle caratteristiche del paziente e dalle circostanze cliniche:
I pazienti clinicamente stabili, con un primo episodio di pneumotorace e se questo è di piccole dimensioni (?2 a 3 cm tra il polmone e la parete toracica su una radiografia del torace) possono essere sottoposti a sola osservazione clinica e trattati con ossigeno supplementare; se i pazienti che sono clinicamente stabili hanno uno pneumotorace di grandi dimensioni (> 3 cm di spazio tra il polmone e la cavità pleurica sulla radiografia del torace), o se sono sintomatici con dolore toracico o dispnea, vanno trattati mediante l’aspirazione dell’aria tramite un apposito drenaggio toracico.
I pazienti clinicamente stabili con pneumotorace ricorrente o con un emotorace concomitante devono essere sottoposti a toracoscopia dopo l'inserimento del tubo toracico che verrà utilizzato anche nel caso di pazienti clinicamente instabili.

15 di 21 Domande

Nel trattamento dell'asma bronchiale riacutizzata vengono utilizzate tutte le seguenti terapie TRANNE una; quale?














La risposta corretta è la A.
L'asma bronchiale è una malattia infiammatoria cronica delle vie aeree caratterizzata da un’ ostruzione bronchiale reversibile, completamente o in parte, spontaneamente o dopo la somministrazione di farmaci ad attività broncodilatatoria ed antinfiammatoria.
Presenta sicuramente una genesi multifattoriale in cui riconosciamo dei fattori in grado di favorire e scatenare un attacco di asma, e dei fattori predisponenti, alla base dei fenomeni fisiopatologici dell’ asma, tra cui fattori genetici come l’ atopia, e fattori ambientali come inquinamento atmosferico, fumo di sigaretta attivo e passivo, esposizione ad allergeni o a sostanze presenti nei luoghi di lavoro (es/legno, metalli, prodotti chimici). 
La predisposizione individuale insieme ai fattori ambientali concorrono nella fisiopatogenesi dell’ asma che si caratterizza per iperreattività bronchiale, cioè l’ ostruzione delle vie aeree che si scatena in alcuni soggetti a seguito di stimoli di varia natura che nei soggetti normali non causano alcuna risposta, e infiammazione cronica: in questi pazienti infatti la mucosa è particolarmente edematosa e le vie aeree sono tappezzate da tappi di muco; l’ infiammazione è mediata dall’ interazione continua tra cellule infiammatorie e mediatori dell’ infiammazione.
Dal punto di vista clinico, l’ asma bronchiale si caratterizza per dispnea, sensazione di costrizione toracica e tosse stizzosa, cui si aggiungono, nella fase accessionale, fischi e sibili, rilevabili all’ obiettività toracica.
La diagnosi definitiva di asma richiede un’ accurata anamnesi, una clinica coerente con il disturbo stesso e la dimostrazione di un’ ostruzione del flusso aereo espiratorio. Gli strumenti utilizzati nella diagnosi di asma includono quindi anamnesi, esame obiettivo, test di funzionalità polmonare ma, innanzitutto, sarà necessario eseguire una Rx torace ed un’ emogasanalisi arteriosa. L’ RX torace solitamente è normale nei pazienti con asma e, in acuto, viene effettuata più che altro per escludere diagnosi alternative che possono simulare l'asma; l’ emogasanalisi, invece, consente di determinare il grado dell’ ostruzione bronchiale sulla base dei valori di pH, pO2 e pCO2
La terapia di un attacco di asma acuto prevede l’ utilizzo di ossigeno, per la correzione dell’ ipossiemia, broncodilatatori β2 agonisti per la risoluzione del broncospasmo, corticosteroidi ev per ottimizzare l’ azione dei β2, contribuendo a migliorare la funzionalità respiratoria, e magnesio solfato, soprattutto nelle forme gravi, anch’ esso utile per il miglioramento la funzionalità respiratoria.
Tra i β2 agonisti di prima scelta è il salbutamolo somministrato per via inalatoria, ev usato nelle forme non responsive alla via inalatoria, associato ad anticolinergici come l’ ipatropio bromuro, nelle forme gravi, e a corticosteroidi per via inalatoria come il beclometasone dipropionato. Inoltre, nei pazienti con asma severo non responsivo alla dose massima possibile di b2 e steroidi sistemici, si potrebbe utilizzare la Teofillina.

16 di 21 Domande

Quale, tra le seguenti sindromi paraneoplastiche, NON è tipica di un microcitoma polmonare?














La risposta corretta è la D.
Il cancro del polmone è ritenuto la causa più comune di morte per neoplasia negli uomini, anche se, negli ultimi anni, è cresciuto il tasso di mortalità anche nelle donne, a causa della diffusione dell’ abitudine tabagica.
Per una corretta stadiazione, trattamento e prognosi, la maggior parte dei tumori polmonari vengono distinti in carcinoma polmonare a piccole cellule (microcitoma, SCLC), carcinoma polmonare non a piccole cellule (NSCLC), tumori a grandi cellule e altri tipi minori di tumori polmonari.
Dal punto di vista sintomatologico si tratta di una patologia che può restare asintomatica nelle fasi iniziali e venire scoperta accidentalmente nel corso di esami effettuati per altre ragioni; anche quando sono presenti dei sintomi, tuttavia, si tratta di disturbi aspecifici come tosse continua, raucedine, dispnea, astenia, anoressia o recidivanti infezioni polmonari. Negli stadi più avanzati, invece, i sintomi possono essere a carico degli organi in cui il tumore si è diffuso: per contiguità possono essere coinvolti il polmone controlaterale, la pleura, la parete toracica e il diaframma; per via linfatica il tumore po' diffondere ai linfonodi di drenaggio di quest’ organo e attraverso il flusso sanguigno può invadere organi diversi come ad esempio fegato, cervello, surreni, ossa, reni, pancreas, dando origine a sintomi più specifici come dolore alle ossa, ittero, mal di testa, vertigini e noduli visibili a livello cutaneo.
Nel paziente affetto da tumore del polmone possono anche manifestarsi una serie di sindromi paraneoplastiche; le più frequenti sono legate alla produzione ectopica di sostanze ad attività endocrina da parte delle cellule neoplastiche e sono responsabili di sindromi metaboliche. I carcinomi a piccole cellule possono secernere ectopicamente ACTH, causando la sindrome di Cushing. Raramente si osservano le manifestazioni dell’ ipercorticosurrenalismo, mentre le alterazioni più comuni sono ipokaliemia, ridotta tolleranza al glucosio, ipertensione arteriosa, edemi e atrofia della muscolatura degli arti.
Il microcitoma si associa anche a secrezione ectopica di ADH, determinando ridotta osmolarità plasmatica, iponatriemia e manifestazioni neurologiche (come astenia, letargia, sopore).
Molto più rare sono le sindromi paraneoplastiche da secrezione di ormone paratiroideo (sindrome ipercalcemica), eritropoietina e prolattina (ginecomastia, galattorrea).
Possono manifestarsi anche disordini ematologici e cutanei (acanthosis nigricans).
In un paziente con sospetto carcinoma polmonare bisognerebbe innanzitutto confermare che si tratti di una lesione maligna e successivamente tipizzare e stadiare il carcinoma, in modo da poter impostare una adeguata terapia oncologica.
Il trattamento del carcinoma polmonare si avvale di diversi strumenti tra cui la chirurgia, la radioterapia e la chemioterapia utilizzati secondo specifici protocolli che variano in base allo stadio e al tipo di tumore da trattare.

17 di 21 Domande

Si definisce bronchitico cronico un paziente che:














La risposta corretta è la C.
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Con il termine di broncopneumopatia cronica ostruttiva si intende un quadro patologico in cui il flusso aereo viene compromesso e comprende la bronchite cronica ostruttiva e l’ enfisema. E’ spesso correlata all’ esposizione professionale e al fumo di sigaretta; può insorgere in soggetti con carenza di α1-antitripsina. Lo sviluppo della BPCO avviene nel corso del tempo e, quando conclamata, i soggetti affetti presentano respiro sibilante, prolungamento della fase espiratoria ed attenuazione del murmure vescicolare. L’ ostruzione bronchiale ha in genere un andamento progressivo ed è accompagnata da un’ abnorme risposta infiammatoria broncopolmonare a inquinanti ambientali in particolare il fumo. La BPCO deriva da un'ostruzione del flusso d'aria polmonare, che porta ad un intrappolamento dell’ aria nei polmoni con conseguente aumento del volume residuo (VR), della capacità funzionale residua (FRC) e della capacità polmonare totale (TLC). L’ ostruzione bronchiale viene definita in base al rapporto VEMS/CVF inferiore a 0,7 (detto anche coefficiente di Tiffeneau, rapporto che valuta il grado di ostruzione bronchiale nelle malattie respiratorie come la BPCO e l'asma, dove il VEMS è il volume espiratorio massimo al primo secondo e corrisponde al FEV1, mentre la CVF è la capacità vitale forzata). Questo sta a significare che, di tutta l’ aria mobilizzabile in una manovra espiratoria completa, meno del 70% viene mobilizzata nel primo secondo. Caratteristica, peculiare nella BPCO è che questa ostruzione, a differenza di quella presente nei pazienti con asma bronchiale, non è completamente reversibile dopo somministrazione di un broncodilatatore. L'esame obiettivo è positivo per dispnea, tachipnea, distress respiratorio ed uso dei muscoli respiratori accessori per la respirazione. La BPCO è una patologia che si manifesta con uno spettro, un continuum tra due estremi che coesistono con una presenza variabile. L’ enfisema ostruttivo (il paziente ha un torace a botte) in questo caso prevale l’ ostruzione bronchiale e la distruzione del parenchima. Il paziente enfisematoso, classico enfisema A, (pink puffer “ sbuffatore rosa” , fenotipo panlobulare), si presenta con un habitus cachettico e masse muscolari ridotte, problemi nutrizionali e quindi problematiche anche ai muscoli respiratori, soprattutto il diaframma; nella sua storia naturale è costretto a compensare per evitare un’ insufficienza respiratoria conclamata principalmente iperventilando per evitare un’ ipossia grave. Dal punto di vista clinico pertanto si presenta più magro, più anziano, esordisce con dispnea ingravescente, tosse scarsa e prevale la componente ostruttiva; ha una scarsa ipercapnia, poliglobulia e lieve ipossia. Al contrario, il bronchitico cronico (blue bloater, enfisema B, acinare prossimale o centrolobulare), siccome ha ancora gran parte degli alveoli e quindi gran parte dei capillari, può compensare dal punto di vista ematico con il trasporto dei gas. Non è detto che debba per forza iperventilare, perché oltre al compenso respiratorio possono intervenire compensi di tipo emodinamico(poliglobulia, aumento di gittata cardiaca) quindi anche se l’ emogasanalisi è compromessa con bassa pO2 e alta CO2 il trasporto sistemico dei gas è salvaguardato. Dal punto di vista clinico il paziente si presenta più pletorico, più giovane, ha una lunga storia di tosse produttiva senza dispnea (presenta una tosse produttiva per almeno 3 mesi/anno per 2 anni consecutivi), con severa ipossia e ipercapnia, con conseguente poliglobulia.
Le risposte A, B, D ed E non sono corrette.
​​​​​​​Tutte le opzioni indicate sono errate e non definiscono un paziente bronchitico cronico.

18 di 21 Domande

Quale delle seguenti alterazioni genetiche incrementa notevolmente il rischio di sviluppare BPCO (tipicamente con lo sviluppo di enfisema panacinare)?














La risposta corretta è la A.
La broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO) è una condizione respiratoria comune caratterizzata da una limitazione del flusso aereo. Colpisce più del 5% della popolazione ed è associato ad alta morbilità e mortalità .
Si caratterizza per la presenza di sintomi respiratori persistenti e limitazione del flusso aereo dovuta ad alterazioni delle vie aeree o alveolari. La limitazione cronica del flusso aereo che caratterizza la BPCO è causata da piccole malattie delle vie aeree (ad es. bronchiolite ostruttiva) e distruzione parenchimale (enfisema), i cui contributi relativi variano da persona a persona. L'infiammazione cronica provoca cambiamenti strutturali, restringimento delle piccole vie aeree, disfunzione mucociliare e distruzione del parenchima polmonare.
La bronchite cronica è definita tale quando è presente una tosse produttiva cronica per tre mesi in due anni successivi in ​​un paziente in cui sono state escluse altre cause di tosse cronica.
L' enfisema, invece, è una condizione patologica che descrive alcuni cambiamenti strutturali a volte associati alla BPCO che includono l'allargamento anormale e permanente degli spazi aerei distali ai bronchioli terminali, accompagnato dalla distruzione delle pareti dello spazio aereo, senza fibrosi ovvia.
L'enfisema colpisce le strutture distali del bronchiolo terminale, costituite da bronchiolo respiratorio, dotti alveolari, sacche alveolari e alveoli, noti collettivamente come acino. Queste strutture in combinazione con i loro capillari associati e l'interstizio formano il parenchima polmonare. La parte dell'acino che è influenzata dalla dilatazione o distruzione permanente determina il sottotipo di enfisema.
L' enfisema acinoso prossimale (noto anche come centroloobulare) si riferisce alla dilatazione anormale o alla distruzione del bronchiolo respiratorio, la porzione centrale dell'acino. È comunemente associato al fumo di sigaretta, ma può essere visto anche nella pneumoconiosi dei lavoratori del carbone.
L'enfisema panacinare si riferisce all'allargamento o alla distruzione di tutte le parti dell'acino; il sottotipo diffuso è più comunemente associato al deficit di antitripsina alfa-1, sebbene possa essere visto in combinazione con l'enfisema prossimale nei fumatori.
Nell’ enfisema distale acinoso (noto anche come parasettale), sono prevalentemente interessati i dotti alveolari. Può verificarsi da solo o in associazione con l'enfisema prossimale acinare e panacinare.
La risposta B non è corretta.
La mutazione della fibrillina-1 è alla base della sindrome di Marfan; si tratta di una patologia a trasmissione autosomica dominante in cui l’ alterazione della fibrillina, che costituisce il supporto per la struttura delle miofibrille, determina lo sviluppo anomalo del tessuto connettivo. I soggetti si presenteranno tipicamente particolarmente longilinei, magri con alterazioni delle valvole cardiache, del cristallino, della parete toracica e della schiena.
La risposta C non è corretta.
Il deficit di glucosio 6-fosfato deidrogenasi determina lo sviluppo del cosiddetto favismo, una forma di anemia emolitica in cui la crisi emolitica si sviluppa in risposta a diverse cause che causano stress ossidativo nelle cellule tra cui infezioni, farmaci od esposizione a svariate sostanze chimiche o alimentari come ad esempio le fave.
La risposta D non è corretta.
La mutazione del canale del cloro CFTR è associata alla fibrosi cistica, patologia autosomica recessiva in cui vi è un’ alterata secrezione di ioni cloro da parte delle cellule epiteliali con conseguente maggior riassorbimento di acqua e sodio, che rendono il muco più denso e viscoso che ha difficoltà a scorrere.
Questo provoca numerosi sintomi tra cui i più comuni sono pancreatiti, polmoniti ricorrenti, cirrosi epatica, infertilità maschile, steatorrea ed ostruzione intestinale.

19 di 21 Domande

Scenario RA5D: Si presenta un paziente di 65 anni, maschio, forte fumatore, iperteso, con tosse produttiva e dispnea ingravescente. Quale delle seguenti indagini NON e' indicato eseguire in urgenza nel paziente con dispnea acuta?














La risposta corretta è la A.
Le prove di funzionalità respiratoria sono dei test che permettono di valutare l'adeguatezza della ventilazione e degli scambi gassosi. Per la valutazione dell’ adeguatezza della ventilazione avremo le misure dei volumi polmonari e dei flussi respiratori oppure i test di funzionalità dei muscoli respiratori. Il test più frequentemente utilizzato per la misura dei volumi statici e dinamici è la spirometria che, con l'applicazione del principio di Venturi, misura la quantità di aria inspirata ed espirata. I volumi polmonari vengono espressi in litri, a pressione ambientale satura di vapore acqueo a 37 °C. Distinguiamo i volumi polmonari statici (Vt o volume corrente; VRI o volume di riserva inspiratoria; VRE o volume di riserva espiratoria; VR o volume residuo) e dinamici (VEMS o volume espiratorio massimo al secondo o FEV1; CVF o capacità vitale forzata; MVV o massima ventilazione volontaria). Le capacità polmonari includono invece: CV o capacità vitale, CI o capacità inspiratoria, CFR o capacità funzionale residua e CPT o capacità polmonare totale. Sulla base dei risultati ottenuti dall’ esame spirometrico è possibile classificare il funzionamento dell’ apparato respiratorio come normale oppure rilevare eventuali anomalie, che caratterizzano le patologie polmonari in patologie di tipo ostruttivo (asma bronchiale, BPCO) o restrittivo (patologie della gabbia toracica, patologie neuromuscolari, fibrosi polmonare, lesioni occupanti spazio o compressioni ab estrinseco). Questo esame non permette di formulare una diagnosi esatta in condizioni di urgenza ma viene considerato come esame integrativo da impiegare nel corso di un percorso diagnostico clinico e strumentale più ampio.
La risposta B non è corretta.
La radiografia del torace è un esame rapido e di facile esecuzione che può essere impiegato in urgenza nella valutazione di quadri clinici con coinvolgimento respiratorio.
La risposta C non è corretta.
L’ emogasanalisi, in particolare quella arteriosa (prelievo estemporaneo arterioso effettuato da arteria radiale), consente di valutare in maniera estremamente rapida e poco invasiva i valori di pH ematico, delle pressioni parziali di ossigeno e anidride carbonica e dei principali ioni, fornendo importanti informazioni sull’ assetto respiratorio e renale.
La risposta D non è corretta.
L’ elettrocardiogramma è un esame non invasivo e di facile esecuzione che deve essere eseguito in tutti pazienti che presentano segni e sintomi di coinvolgimento respiratorio e/o cardiologico.
La risposta E non è corretta.
Le prove di funzionalità respiratoria, sia statiche che dinamiche, per il tempo richiesto per la loro esecuzione, non vengono eseguite in condizioni di urgenza.

20 di 21 Domande

Scenario 5: Si presenta un paziente di 65 anni, maschio, forte fumatore, iperteso, con tosse produttiva e dispnea ingravescente. In un paziente con dispnea e ipossia, quale delle seguenti condizioni NON e' tipicamente associata a un meccanismo di alterazione ventilazione/perfusione di tipo "shunt"?














La risposta corretta è la C.
I polmoni sono gli organi deputati all’ ossigenazione del sangue. L’ efficacia di questo meccanismo dipende dalla ventilazione alveolare, cioè dalla quantità di aria che raggiunge gli alveoli in un minuto (pari a circa 4l/min), e dalla perfusione polmonare, cioè il flusso ematico che arriva al circolo polmonare in un minuto e che corrisponde alla portata cardiaca (circa 5 l/min). Il rapporto tra questi due elementi, ventilazione e perfusione, è il principale determinante dell’ ossigenazione del sangue. Il valore medio di V/Q è circa 0,8. Si parla di valore medio poichè la ventilazione e la perfusione non sono uniformi in tutto il polmone ma sono condizionate da fattori anatomici e dalla gravità . In stazione eretta infatti, sia la ventilazione che la perfusione risultano essere maggiori alle basi rispetto agli apici poiché sia gli alveoli che i capillari risultano essere più distesi, tuttavia la perfusione risulta aumentare di più rispetto alla ventilazione, motivo per cui il rapporto V/Q sarà maggiore all’ apice e minore alla base. All’ apice infatti, gli alveoli saranno più ventilati che perfusi quindi il rapporto V/Q sarà alto (>3), mentre alla base, sebbene aumentino sia la ventilazione che la perfusione, la seconda sarà maggiore della prima, quindi questo rapporto si ridurrà (V/Q di circa 0,6). Quando si verifica una ostruzione alla ventilazione di un distretto alveolare, il sangue venoso di questo distretto (perfuso ma non ventilato) non può essere arricchito in ossigeno, per cui resterà tale e le pressioni parziali alveolari si equilibreranno con quelle del sangue venoso. Questo meccanismo prende il nome di shunt. Se lo shunt, quindi la quantità di sangue venoso che bypassa l’ ossigenazione e viene immesso neovamente nel distretto arterioso, aumenta, la pressione parziale di ossigeno rispetto alla frazione di ossigeno inalata (rapporto P/F) si riduce.
La risposta A non è corretta.
L’ edema polmonare acuto cardiogeno è la principale manifestazione dell’ insufficienza cardiaca acuta ed è caratterizzata dalla trasudazione di fluidi dai capillari polmonari verso gli spazi interstiziali e verso le cavità alveolari, per aumento della pressione capillare polmonare. L’ accumulo massivo di liquido a livello interstizio-alveolare non consente l’ adeguata ventilazione alveolare, sebbene la perfusione sia mantenuta, per cui si creerà una alterazione del rapporto ventilazione/perfusione con meccanismo di tipo shunt.
La risposta B non è corretta.
Per motivi anatomici e legati alla gravità , oppure per motivi patologici, il rapporto ventilazione/perfusione inferiore ad 1 indica una condizione in cui la ventilazione alveolare è inferiore rispetto alla perfusione, con riduzione della pressione parziale di ossigeno nel sangue arterioso, per un meccanismo di tipo shunt.
La risposta D non è corretta.
L’ ARDS è una condizione patologica potenzialmente mortale caratterizzata da un danno acuto del polmone che si manifesta con ipossiemia, dispnea, essudati polmonari diffusi e riduzione della compliance. Il polmone diventa incapace, a causa della presenza di essudati alveolari o del collabimento degli stessi, di ossigenare il sangue in maniera adeguata. La ventilazione non proporzionata alla perfusione polmonare crea una alterazione del rapporto ventilazione/perfusione di tipo shunt, con ipossiemia arteriosa.
La risposta E non è corretta.
L’ aumento del rapporto PaO2 /FiO2 al crescere della frazione di shunt non è associato ad un meccanismo di alterazione ventilazione/perfusione di tipo "shunt” ; accade piuttosto il contrario, cioè al crescere dello shunt si riduce il rapporto tra pressione parziale arteriosa di ossigeno e frazione inalata di ossigeno.
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Scenario IM9I: Un uomo di 69 anni, che ha lavorato come saldatore per oltre 45 anni, ha ricevuto diagnosi di asbestosi. Questo paziente e' maggiormente esposto allo sviluppo di una specifica neoplasia. Quale?














La risposta corretta è la D.
L’ asbestosi è una patologia polmonare, una fibrosi polmonare interstiziale, dovuta all’ inalazione delle fibre di asbesto, un minerale presente soprattutto nei materiali impiegati nell’ edilizia e nell’ industria. Il rischio di sviluppare questa patologia è legato alla durata e all’ intensità dell’ esposizione. La sintomatologia si manifesta generalmente dopo parecchi anni dall’ esposizione; i sintomi d’ esordio sono rappresentati da una progressiva difficoltà respiratoria, tosse cronica, dolore toracico, astenia e senso di costrizione toracica. Oltre alla progressiva deposizione delle fibre di asbesto nelle piccole vie aeree, con conseguente reazione infiammatoria di tipo reattivo, la patologia progredisce con la formazione di ispessimenti pleurici che portano ad insufficienza respiratoria e complicanze cardiache. Le placche pleuriche, lesioni precancerose, tendono ad evolvere nell’ aggressivo mesotelioma pleurico. Il mesotelioma è un tumore che origina dalle cellule mesoteliali, localizzate nella superficie delle membrane sierose come la pleura, il pericardio, il peritoneo. E’ un tumore abbastanza raro, rappresenta circa l’ 1% delle patologie oncologiche, tuttavia ha una prognosi estremamente infausta. Il mesotelioma pleurico nello specifico è ,fra tutte, la forma più frequente e il principale fattore di rischio per il suo sviluppo è costituito dall’ inalazione delle polveri di amianto. L’ anamnesi è dunque fondamentale per il sospetto di tale patologia.
La risposta A non è corretta.
Il carcinoma renale a cellule chiare rappresenta una delle più frequenti forme di carcinoma renale, insieme al tumore papillare e al tumore cromofobo. Il principale fattore di rischio è il fumo di sigaretta sebbene vi sia il forte sospetto che anche l’ amianto e altri metalli e sostanze tossiche siano correlati al suo sviluppo. L’ asbestosi tuttavia, patologia polmonare, non è fra i suoi diretti fattori di rischio.
La risposta B non è corretta.
Il linfoma di Hodgkin è una neoplasia ematologica, con origine dai linfociti B, che coinvolge principalmente le stazioni linfonodali superficiali. Alcuni fattori di rischio sono rappresentati da fattori ambientali come l’ esposizione a radiazioni, agenti chimici o pesticidi, immunodepressione, fattori geografici, patologie ad eziologia virale (EBV), alcune fasce d’ età . Il suo sviluppo non è direttamente correlato all’ asbestosi.
La risposta C non è corretta.
Il melanoma cutaneo è una forma neoplastica estremamente aggressiva. L’ esposizione della cute ai raggi ultravioletti è il principale fattore di rischio; giocano un ruolo importante anche fattori genetici, familiari e l’ immunodepressione. L’ asbestosi non è correlata allo sviluppo del melanoma cutaneo.
La risposta E non è corretta.
Il linfoma di Hodgkin e il melanoma cutaneo non sono direttamente correlabili all’ asbestosi.


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