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1 di 24 Domande

Quale complicanza clinica NON si riscontra nell'IRC terminale?














La risposta corretta è la B

Nell’IRC terminale non si riscontra come complicanza l’artrite. La malattia renale cronica è classificata in 5 stadi: Stadio 1: velocità di filtrazione glomerulare normale (?90 mL/min/1,73 m²) con albuminuria persistente o malattia renale strutturale o ereditaria; Stadio 2: 60-89 mL/min/1,73 m²; Stadio 3a: 45-59 mL/min/1,73 m²; Stadio 3b: 30-44 mL/min/1,73 m²; Stadio 4: 15-29 mL/min/1,73 m²; Stadio 5: <15 mL/min/1,73 m². La velocità di filtrazione glomerulare può essere stimata tramite l’equazione CKD-EPI: 141 × (creatinina sierica)^-1,209 × 0,993^età, moltiplicata per 1,018 se donna e 1,159 se afroamericano (1,1799 per donne afroamericane). Questo calcolo è poco accurato negli anziani sedentari, obesi o molto magri. In alternativa, si può usare l’equazione di Cockcroft-Gault per stimare la clearance della creatinina, che tende a sovrastimare del 10-40%. Le complicanze comprendono quelle neurologiche (neuropatia periferica), ematologiche (anemia da ridotta produzione di eritropoietina), scheletriche (osteodistrofia, risposte C-D-E errate) e pericardite nel 20% dei pazienti con insufficienza renale (risposta A errata).


2 di 24 Domande

Nella brucellosi acuta qual e' il titolo minimo per la diagnosi:














La risposta corretta è la C.

La brucellosi (nota anche come "febbre ondulante", "febbre mediterranea" o "febbre maltese") è un’infezione zoonotica trasmessa all’uomo da animali infetti (bovini, ovini, caprini, cammelli, suini o altri) attraverso l’ingestione di prodotti alimentari non pastorizzati, in particolare lattiero-caseari, oppure per contatto diretto con tessuti o fluidi contaminati. Va sospettata in pazienti con febbre, malessere, sudorazione notturna e artralgie in presenza di esposizione epidemiologica significativa, come consumo di prodotti caseari non pastorizzati, contatto con animali in aree endemiche o esposizione professionale. Una diagnosi presuntiva può essere formulata sulla base di:

  • titolo anticorpale totale anti-Brucella ?1:160 mediante test di agglutinazione in provetta standard su siero prelevato dopo l’insorgenza dei sintomi;
  • rilevazione del DNA di Brucella in un campione clinico tramite reazione a catena della polimerasi (PCR).

3 di 24 Domande

In figura è rappresentato uno schema della sequenza genica che costituisce l’operone Lac (sequenza genica che regola la produzione delle lattasi) dei procarioti. Si tratta di una sequenza regolatrice che determina la produzione di lattasi, quando?

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La risposta corretta è la B

La domanda chiede quando l’operone lac, sequenza regolatrice della produzione di lattasi, induce l’espressione: la risposta corretta è “Quando è presente lattosio nel mezzo di coltura”. Nel sistema lac dei procarioti, in assenza di lattosio il repressore LacI si lega all’operatore e impedisce all’RNA polimerasi di trascrivere i geni lacZYA; quando è presente lattosio, una parte viene isomerizzata in allolattosio che funge da induttore legandosi a LacI, causandone il distacco dall’operatore e consentendo l’avvio della trascrizione, inclusa la sintesi di ?-galattosidasi (lattasi). L’espressione è massima se il glucosio è basso perché il complesso cAMP-CAP facilita il reclutamento dell’RNA polimerasi, ma la condizione chiave che rimuove la repressione è la presenza di lattosio. In sintesi, il lattosio segnala alla cellula di esprimere gli enzimi necessari al suo metabolismo attivando l’operone lac.


4 di 24 Domande

Un bambino di 2 anni di origine africana si presenta con tumefazioni dolorose della mani e piedi. Dati di laboratorio mettono in evidenza una emoglobina di 9g/dl, una conta dei globuli bianchi di 11500/mm3 ed una conta delle piastrine di 250000/mm3. Quale dei seguenti esami di laboratorio dara' supporto alla tua diagnosi?














La risposta corretta è la B

Il quadro clinico descritto è compatibile con anemia falciforme o drepanocitosi, un’emoglobinopatia caratterizzata dalla produzione di catene globiniche quantitativamente normali ma qualitativamente alterate. La causa della deformazione dei globuli rossi è una sostituzione amminoacidica (Glu ? Val) che favorisce l’aggregazione delle molecole di Hb con formazione di polimeri simili a pali nel citoplasma eritrocitario. La polimerizzazione, che avviene soprattutto nello stato deossigenato, determina deformazione e la caratteristica forma a falce dei globuli rossi. Questa condizione provoca squilibri che riducono elasticità e vitalità cellulare. I globuli rossi danneggiati rappresentano il principale trigger delle crisi vaso-occlusive, responsabili di fenomeni infartuali a livello del microcircolo, che spesso si manifestano con tumefazioni dolorose di mani e piedi. La prima manifestazione clinica è l’emolisi cronica con pallore, subittero o ittero, astenia, litiasi della colecisti e segni della deplezione di ossido nitrico. A livello arterioso si osserva diatesi trombotica per disfunzione endoteliale. L’emolisi cronica rappresenta uno stato di equilibrio, interrotto più o meno frequentemente da crisi vaso-occlusive. Tra le manifestazioni vaso-occlusive, tipica è l’ostruzione dei vasi retinici, che porta a cecità parziale o totale e determina cicatrici corio-retiniche, una delle manifestazioni retiniche più comuni e patognomoniche dell’anemia falciforme. Dal punto di vista laboratoristico, si osserva riduzione dell’Hb; la diagnosi è confermata da striscio periferico, test di solubilità ed elettroforesi dell’emoglobina, che evidenzia le anomalie strutturali.


5 di 24 Domande

Il Sig. Versici, un uomo di circa 70 anni, si reca presso l’ ambulatorio del proprio medico curante, Il Dott. Mancini, per un fastidio al polso destro. Anamnesi patologica prossima: lamenta dolore al polso destro da circa due giorni.

Anamnesi patologica prossima: positiva per due interventi di chirurgia sostitutiva dell'anca, due precedenti episodi di gotta in entrambe le prime articolazioni metatarso-falangee ed ipertensione. Esame obiettivo: il Dott. Mancini visitandolo riscontra la presenza di rossore e gonfiore sul versante dorsale del polso. La sintomatologia dolorosa viene esacerbata da movimenti di flesso-estensione completi. Gli vengono prescritti 80 mg di aspirina al giorno. Due giorni dopo il gonfiore però è aumentato sul versante dorsale del polso ed a livello della mano. La flessione del polso risulta limitata dell' 80% con dolore severo, pertanto il Sig. Versici si reca nuovamente presso l’ ambulatorio del Dott. Mancini, che rivisitandolo nota che evoca un dolore sordo alla palpazione dello scafoide e pertanto nel sospetto di frattura gli prescrive un esame radiografico del polso/mano. Esami strumentali-laboratoristici: evidenza di alterazioni riconducibili ad un quadro di artrite gottosa. Quale tipo di citochine sono coinvolte in questo processo?

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La risposta corretta è la C.

La flogosi è un meccanismo di difesa di tipo aspecifico: risponde all’agente lesivo di tipo fisico-meccanico, radiazioni, batteri o sostanze chimiche. È quindi la risposta al danno tissutale ed è un processo reattivo (diverso dalla necrosi che è regressiva), aspecifico (contro tutto ciò che causa danno), stereotipato (stessi meccanismi principali a prescindere dalla causa, con vie diverse secondo lo stimolo), e procede indipendentemente dalla causa (una volta innescato, continua anche se lo stimolo è rimosso). Nella fase acuta si ha aumento del flusso ematico e della permeabilità vascolare, con accumulo di fluidi, leucociti e mediatori come le citochine. Vari fattori solubili favoriscono il reclutamento dei leucociti aumentando l’espressione di molecole di adesione e di fattori chemiotattici. Le citochine chiave sono IL-1, TNF-?, IL-6, IL-8 e altre chemochine; IL-1 e TNF-? sono particolarmente potenti, inducono febbre promuovendo la sintesi di PGE2 nell’endotelio ipotalamico. L’IL-1 è prodotta da macrofagi, neutrofili, cellule endoteliali ed epiteliali: a basse concentrazioni induce adesione leucocitaria, ad alte induce febbre e proteine di fase acuta. Diversamente dal TNF-?, non causa da sola shock settico. Inoltre stimola i mastociti al rilascio di istamina, con vasodilatazione precoce e aumento della permeabilità.

Durante l’infiammazione avvengono: (1) modificazioni di flusso e calibro vascolare con aumento del flusso sanguigno, (2) modificazioni del microcircolo e formazione dell’essudato, (3) richiamo chemiotattico dei leucociti, (4) fagocitosi. Dopo lo stimolo lesivo si ha vasocostrizione transitoria seguita da vasodilatazione intensa (iperemia attiva, responsabile di rubor e calor). Successivamente si verifica rallentamento della circolazione (iperemia passiva o stasi), dovuto ad aumentata permeabilità capillare con essudazione proteica e aumento della viscosità ematica. Il modello tipico dell’infiammazione acuta comprende: alterazioni di flusso e calibro, iperemia attiva e passiva, permeabilizzazione endoteliale con essudato, migrazione leucocitaria e chemiotassi, fagocitosi.

La chemiotassi è movimento orientato lungo un gradiente chimico; gli stimoli possono essere esogeni (prodotti batterici) o endogeni (complemento, leucotrieni, citochine). Durante la stasi i neutrofili si dispongono lungo l’endotelio (marginazione). Segue l’adesione: i leucociti rotolano con legami labili, poi aderiscono stabilmente formando la “pavimentazione”. Successivamente attraversano l’endotelio (diapedesi) e migrano verso lo stimolo. L’endotelio normalmente è continuo e liscio, ma nell’infiammazione aumenta la permeabilità ed esprime molecole di adesione preformate (es. P-selectina dai corpi di Weibel-Palade).

Le principali molecole di adesione sono: selectine (E sull’endotelio, P sull’endotelio in infiammazione, L sui leucociti, legano zuccheri); immunoglobuline (ICAM-1 e VCAM-1, interagiscono con integrine leucocitarie, le ICAM-1 si legano alle integrine ?2); VCAM-2 proprie dell’endotelio; integrine (già presenti sui leucociti, ma con bassa affinità: aumentano l’avidità a seguito di stimoli chemiokinici e dell’induzione di ICAM/VCAM-1). Le citochine IL-1 e TNF inducono fortemente la sintesi di ICAM-1 e VCAM-2, molecole implicate nei legami forti, la cui espressione richiede più tempo.


6 di 24 Domande

Il Sig. Mariani, un uomo di 78 anni si reca presso il PS del Policlinico Torvergata di Roma, a causa di un episodio di dispnea acuta. Anamnesi patologica prossima: lamenta comparsa di episodi di tosse produttiva, gonfiore degli arti inferiori e dei piedi, astenia, che perdurano da 3 settimane. Inoltre, da due mesi a questa parte, si sono presentate crisi di dispnea da sforzo ingravescente. Anamnesi patologica remota: una decina di anni prima è stato sottoposto ad un intervento di chirurgia sostitutiva per impianto di protesi valvolare di suino, a causa di un rigurgito della valvola mitrale di grado severo. Il paziente è affetto da coronaropatia, diabete mellito di tipo 2 ed ipertensione. Anamnesi fisiologica: ha fumato per 55 anni un pacchetto di sigarette al giorno e abitualmente beve una birra al giorno. Anamnesi farmacologica Attualmente prende diversi farmaci tra cui cardioaspirina, simvastatina, ramipril, metoprololo, metformina e idroclorotiazide. Esame obiettivo: si presenta dall’ aspetto pallido. L’ uomo è alto 181 cm e pesa 128 kg, con una BMI di circa 41 kg/m2. Ha una temperatura corporea di 37.3 °C , frequenza respiratoria di 23 atti/min, frequenza cardiaca di 97 bpm, e pressione arteriosa di 148/95 mm Hg. All’ auscultazione del torace si riscontra la presenza di rantoli alle basi polmonari bilateralmente. L’ esame obiettivo del cuore rivela la presenza di un battito apicale dislocato lateralmente e la presenza, a livello dell’ apice, di un soffio diastolico 3/6 di intensità decrescente. Inoltre si osserva la presenza di edemi improntabili bilateralmente a livello dei piedi e delle caviglie. Il resto dell’ esame obiettivo non mostra altre anomalie. Quale tra le seguenti è la causa più probabile dei sintomi di questo paziente?

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La risposta D è corretta.

Il paziente circa 10 anni fa si era sottoposto a un intervento di sostituzione protesica con impianto di protesi valvolare suina per severo rigurgito mitralico. Il trattamento di una valvulopatia, a meno che non sia di grado medio-elevato e clinicamente significativa, richiede solo un controllo periodico, mentre l’intervento chirurgico è indicato in presenza di una lesione moderata o grave responsabile di sintomi e/o disfunzione cardiaca. Le opzioni vanno dalla valvuloplastica alla riparazione fino alla sostituzione, che può essere effettuata con protesi meccaniche (preferite nei pazienti <65 anni o con lunga aspettativa di vita, ma richiedono anticoagulazione cronica con warfarin per prevenire tromboembolismo) o biologiche (suine o bovine, più soggette a deterioramento sclero-fibrotico, con durata media 10-15 anni). Una complicanza possibile delle protesi biologiche è l’ostruzione/stenosi o il rigurgito, entrambi responsabili di scompenso cardiaco.

L’endocardite infettiva insorge in presenza di una predisposizione endocardica (patologie congenite, reumatiche, valvole bicuspidi calcifiche, prolasso mitralico, cardiomiopatia ipertrofica, precedente endocardite). Fattori predisponenti sono protesi valvolari, tossicodipendenza, diabete, uso cronico di anticoagulanti o steroidi, età avanzata. Agenti più comuni sono streptococchi e stafilococchi (80-90%), seguiti da enterococchi e microrganismi HACEK. Clinicamente si manifesta con febbre, nuovo soffio o modifica di un soffio preesistente, può causare scompenso cardiaco e, all’ecocardiogramma, vegetazioni. Segni caratteristici: petecchie congiuntivali, macchie di Roth, lesioni di Janeway, nodi di Osler, emorragie subungueali a scheggia. La diagnosi si basa sui criteri di Duke (diagnosi rigettata, possibile o certa). In assenza di emocolture disponibili, e senza rischio per MRSA, la terapia empirica si effettua con un ?-lattamico + amminoglicoside. Sebbene questo paziente presenti soffio e segni di scompenso, non ha febbre né criteri di Duke: l’endocardite è improbabile (risposta A errata).

La BPCO è una malattia polmonare cronica non reversibile, con ostruzione bronchiale persistente (VEMS/CVF <0,7), spesso correlata a fumo e caratterizzata da progressione, riacutizzazioni infettive, dispnea, tosse produttiva cronica, tachipnea, cianosi e ipertensione polmonare nelle fasi avanzate. All’auscultazione: respiro sibilante e fase espiratoria prolungata. Nonostante il paziente sia fumatore con tosse, i sintomi durano solo da 3 settimane e non vi sono segni obiettivi di ostruzione: la diagnosi di BPCO è errata (risposta B errata).

La polmonite è un’infiammazione acuta polmonare (batterica, virale, fungina, parassitaria) diagnosticata con RX torace e reperti clinici. Può essere comunitaria (più spesso da Streptococcus pneumoniae, Mycoplasma pneumoniae) o nosocomiale. Clinicamente: febbre, tosse, dispnea, astenia, ipossia; nella forma tipica: esordio acuto con febbre, tosse produttiva, crepitii e rumori bronchiali; nella forma atipica: esordio graduale con tosse secca, dispnea e pochi segni obiettivi. È indicato esame colturale di sangue/escreato. Questo paziente presenta tosse produttiva ma non febbre, e all’auscultazione rantoli basali bilaterali: più compatibili con scompenso cardiaco che con polmonite (risposta C errata).

L’embolia polmonare è occlusione di arterie polmonari da trombi (arti inferiori/pelvi). Presentazione acuta con sintomi aspecifici: dolore toracico pleuritico, tosse, sincope, dispnea, arresto cardiorespiratorio nei casi gravi; segni: tachipnea, tachicardia, ipotensione. Fattori di rischio: immobilizzazione, trombofilie, gravidanza, chirurgia recente. In questo paziente tosse e dispnea possono mimarla, ma anamnesi negativa per immobilizzazione e presenza di stenosi mitralica con edemi declivi bilaterali fanno propendere per scompenso cardiaco congestizio piuttosto che embolia polmonare (risposta E errata).


7 di 24 Domande

Il Sig. Verci, un uomo di circa 60 anni si reca, presso l’ ambulatorio del proprio medico curante, il Dott. Briga, per dispnea. Anamnesi patologica prossima: lamenta una dispnea ingravescente da circa un mese. Inizialmente era in grado di salire 3 rampe di scale fino al suo appartamento, ma ora necessita di effettuare numerose pause per recuperare il fiato. Non lamenta dolore al petto. Anamnesi patologica remota: l'uomo è affetto da cardiopatia reumatica e diabete mellito di tipo 2. Anamnesi fisiologica: è emigrato dall'India circa 20 anni prima. Anamnesi farmacologica: assume carvedilolo, torasemide e insulina. Esame obiettivo: il Dott. Briga visita il Sig. Verci riscontrando una temperatura corporea di 37.2 °C, una frequenza cardiaca di 74 bpm, una frequenza respiratoria di 19 atti/min ed una pressione arteriosa di 135/80 mm Hg. La pulsossimetria mostra una saturazione d'ossigeno del 96% in aria ambiente. L'auscultazione del torace rivela la presenza di crepitii alle basi polmonari bilateralmente. All’ auscultazione cardiaca si riscontra la presenza di un soffio d'apertura seguito da un soffio diastolico di bassa tonalità , a livello del quanto spazio intercostale di sinistra in corrispondenza della linea medio-claveare. Esami strumentali-laboratoristici: il Dott. Briga decide di far eseguire una radiografia del torace al Sig. Verci, che mostra una dilatazione dell'atrio di sinistra, con stiramento del margine cardiaco di sinistra, ed un’ aumentata trama vascolare. Quale tra i seguenti rappresenta l'intervento di prima scelta per migliorare la sintomatologia del paziente?

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La risposta corretta è la D.

La malattia reumatica è la causa più frequente di stenosi mitralica non complicata. È caratterizzata da fibrosi, calcificazione dei lembi valvolari e parziale fusione delle commissure, con conseguente riduzione dell’ostio valvolare (normalmente 4-6 cm²) fino a valori <1 cm². A causa di questo restringimento, l’unico modo per garantire il passaggio di sangue dall’atrio sinistro al ventricolo sinistro durante la diastole è aumentare le pressioni atriali. Questo incremento si trasmette a monte, con aumento della pressione nelle vene e nei capillari polmonari: ecco la causa della dispnea. Se le pressioni aumentano ulteriormente, soprattutto acutamente, può verificarsi la trasudazione di liquido negli alveoli con conseguente edema polmonare. Il nostro paziente all’auscultazione presenta anche crepitii basali bilaterali. Il gradiente diastolico transvalvolare è proporzionale al grado di stenosi ed è sensibile ad aumenti di portata e frequenza cardiaca: maggiore la portata/frequenza, maggiore il gradiente. Per questo un soggetto asintomatico a riposo può diventare sintomatico anche per sforzi lievi. L’evoluzione della stenosi mitralica è rappresentata dallo sviluppo di ipertensione polmonare arteriosa, secondaria a quella venosa, che provoca vasocostrizione arteriolare inizialmente funzionale e reversibile, successivamente irreversibile per ipertrofia della tonaca media e fibrosi dell’intima. Le elevate resistenze arteriolari del circolo polmonare causano sovraccarico pressorio del ventricolo destro con dilatazione, ipertrofia, disfunzione contrattile e segni di scompenso destro e bassa gittata. Nell’insufficienza mitralica, invece, la pressione atriale sinistra, molto più bassa di quella aortica, fa sì che il sangue refluisca in atrio già durante la contrazione isometrica ventricolare. Nell’insufficienza mitralica cronica l’atrio sinistro si adatta dilatandosi, per cui la pressione a monte non aumenta significativamente; nell’insufficienza acuta, invece, l’atrio non ha tempo di adattarsi e subisce un brusco aumento pressorio con ripercussioni sulla pressione venosa polmonare. Il ventricolo sinistro, sottoposto a sovraccarico di volume, si dilata: inizialmente la frazione di eiezione rimane conservata, poi si riduce progressivamente perché il rigurgito in atrio riduce il volume sistolico effettivo. Una frazione di eiezione <60% è indicativa di compromissione ventricolare sinistra. Nel nostro paziente, per segni, sintomi e reperti auscultatori, è probabile un coinvolgimento valvolare mitralico, in particolare stenosi o steno-insufficienza. L’intervento di scelta, nella stenosi mitralica clinicamente significativa (area ?1,5 cm²) o sintomatica, e nei pazienti con controindicazioni alla chirurgia, è la valvuloplastica percutanea con palloncino: una “dilatazione controllata” eseguita con un palloncino ad alta resistenza gonfiato in prossimità della valvola, introdotto tramite catetere da vena femorale destra. È una tecnica mini-invasiva che riduce morbilità e mortalità perioperatorie, con buona efficacia a lungo termine (sopravvivenza libera da eventi nel 30-70% dei casi), sebbene non siano rare le restenosi. Non può essere eseguita in presenza di calcificazioni valvolari, per cui è indicata la sostituzione valvolare.


8 di 24 Domande

Un ragazzo di 20 anni presenta il seguente ECG. Cosa si nota all'ECG?

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La risposta esatta è la A.

Le derivazioni da V1 a V6, chiamate derivazioni precordiali, esprimono l’attività elettrica del cuore sul piano orizzontale: V1-V2 esplorano il setto interventricolare, V3-V4 la parete anteriore del ventricolo sinistro, V5-V6 la parete laterale del ventricolo sinistro. L’onda P indica la depolarizzazione atriale, il complesso QRS e l’onda T indicano rispettivamente la depolarizzazione e la ripolarizzazione ventricolare, mentre la ripolarizzazione atriale non è visibile poiché avviene durante la depolarizzazione ventricolare. In età giovanile, dopo la pubertà, il vettore di ripolarizzazione ventricolare rende le T positive in tutte le derivazioni precordiali, tranne V1 e raramente V2; in casi eccezionali, la negatività può coinvolgere anche V3 e V4 (onda T giovanile). Dopo la pubertà, la presenza di onde T invertite ?2 mm in due o più derivazioni contigue del ventricolo destro può indicare cardiopatia congenita con sovraccarico di pressione o volume (cardiomiopatia aritmogena del ventricolo destro) oppure, più raramente, patologie ereditarie dei canali del sodio o potassio. L’ECG descritto mostra ritmo sinusale, alterazioni diffuse della ripolarizzazione con T negativa da V1 a V5, R alta in V1 e asse spostato a destra: reperti suggestivi di ipertrofia ventricolare destra a carattere aritmogeno. La cardiomiopatia aritmogena del ventricolo destro è spesso familiare, più frequentemente a trasmissione autosomica dominante, e coinvolge prevalentemente ma non esclusivamente il ventricolo destro. Nel 10-20% dei casi è presente una mutazione nei geni che codificano proteine del desmosoma. Istologicamente si osserva progressiva sostituzione del miocardio con tessuto fibro-adiposo, che genera aree di discinesia e dilatazione soprattutto nel tratto di afflusso, efflusso e apice del ventricolo destro (triangolo della displasia), ma può estendersi all’intera parete ventricolare destra o anche al ventricolo sinistro. Questa condizione, per le alterazioni morfologiche e funzionali, è causa frequente di aritmie ventricolari e morte improvvisa, soprattutto in età giovanile durante o subito dopo l’attività fisica. In presenza di un ECG di questo tipo è quindi indicato eseguire un ecocardiogramma per rilevare eventuali alterazioni strutturali cardiache.


9 di 24 Domande

La signora Rettori, una donna di 45 anni, si reca dal proprio medico curante, il Dott. Pressi, per malessere. Anamnesi patologica prossima: comparsa di febbre, disuria e dolore alla schiena. Il Dott. Pressi consiglia alla paziente di recarsi in ospedale per ulteriori accertamenti; qui la donna verrà successivamente ricoverata con una sospetta diagnosi di pielonefrite. La paziente viene sottoposta a terapia con antibiotici ad ampio spettro, che determinano un significativo miglioramento della sintomatologia. Tuttavia, durante il quarto giorno di ricovero, la donna presenta nuovamente febbre, con leucocitosi e profusa diarrea acquosa. Esami strumentali: viene effettuata una colonscopia, visibile nell’ immagine sottostante.

Quale è la terapia per il trattamento di questo disturbo?

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La risposta corretta è la D.

La paziente presenta una colite pseudomembranosa causata da Clostridium difficile, un batterio appartenente alla famiglia Clostridiaceae, patogeno per l’uomo, Gram+ anaerobio. Il C. difficile è virulento in quanto possiede due tossine: la tossina A, un’enterotossina che si lega alle cellule della mucosa e causa un’ipersecrezione di liquido determinando diarrea acquosa; la tossina B, una citotossina che provoca gravi danni alla mucosa determinandone l’aspetto pseudomembranoso. Il Clostridium difficile causa colite associata ad antibiotici, tipicamente in ambiente ospedaliero. Fa parte normalmente del microbiota umano; tuttavia, quando si utilizzano antibiotici per lungo tempo, questi possono distruggere anche i batteri che tengono “sotto controllo” il Clostridium. Quando il C. difficile diviene dominante, si possono avere crampi addominali, colite pseudomembranosa, diarrea (talora ematica), raramente sepsi e addome acuto. I sintomi insorgono alcuni giorni dopo l’inizio della terapia antibiotica e includono diarrea acquosa o scariche di feci non formate, crampi addominali, raramente nausea e vomito. Per la diagnosi è importante l’identificazione della tossina nelle feci. Il trattamento consiste nell’interrompere la terapia antibiotica; se la sintomatologia è grave è possibile utilizzare vancomicina o metronidazolo (nel nostro caso, non essendo la vancomicina tra le opzioni, la risposta corretta è la D).


10 di 24 Domande

Una paziente di 58 anni si presenta presso il reparto di nutrizione clinica. La donna presenta BMI 20,9, circonferenza vita 88 cm, analisi ematochimiche (in allegato) in cui si presenta colesterolo LDL fuori range e glicemia a digiuno elevata.

In seguito ai valori di glicemia a digiuno riscontrati, si richiede curva da carico orale di glucosio (OGTT). In base ai risultati sopra riportati, la paziente presenta:

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La risposta corretta è la B.

Il diabete è un gruppo di alterazioni caratterizzate da elevati livelli di glicemia, legati a un’alterata secrezione insulinica o a una ridotta sensibilità all’insulina. Questa alterata secrezione può variare da forme severe, in cui la produzione di insulina è nulla o quasi (diabete di tipo I, pancreasectomia), a forme intermedie modulate dall’insulino-resistenza.

L’insulino-resistenza da sola non è in grado di slatentizzare un diabete mellito: è necessario un danno della secrezione. Le alterazioni del metabolismo del glucosio si associano inoltre a modifiche del metabolismo lipidico e proteico, predisponendo a complicanze vascolari: microvascolari (rene, arti inferiori, retina) e macrovascolari (cuore, cervello, arterie degli arti inferiori).

Il diabete si classifica in due tipologie principali:

– diabete mellito di tipo I (insulino-dipendente), che può avere cause immuno-mediate o idiopatiche;

– diabete mellito di tipo II (non insulino-dipendente), malattia metabolica caratterizzata da iperglicemia in un contesto di insulino-resistenza e deficienza insulinica relativa, nella maggior parte dei casi senza necessità di insulina.

Esiste poi il diabete gestazionale, che compare in gravidanza e regredisce dopo il parto.

Tra le sindromi secondarie ricordiamo:

– pancreasectomia (oggi non più praticata nelle pancreatiti, ma solo nei tumori),

– patologie del pancreas esocrino (es. pancreatite),

– patologie endocrine (acromegalia, sindrome di Cushing, feocromocitoma, poiché l’insulina è l’unico ormone ipoglicemizzante),

– tossicità da farmaci o sostanze chimiche (glucocorticoidi, tiazidici, ecc.).

Il diabete può rimanere a lungo silente. Si stima che, a fronte di una prevalenza diagnosticata del 4%, un ulteriore 4% resti non diagnosticato.

Per la diagnosi, le misurazioni della glicemia prevedono:

– glicemia a digiuno (da almeno 12 ore): due rilevazioni ?126 mg/dl;

– glicemia random >200 mg/dl, ma solo in paziente sintomatico (polidipsia, poliuria, nicturia, ecc.);

– curva da carico con 75 g di glucosio in 200-250 ml d’acqua: il test si esegue solo se la glicemia basale è <126 mg/dl, e la diagnosi si pone se a 2 ore la glicemia è >200 mg/dl.


11 di 24 Domande

La signora Bellini è una giovane donna ricoverata nel reparto di ginecologia ed ostetricia dopo un parto complicato da una rottura prematura delle membrane amnio-coriali ed un prolungato travaglio. Anamnesi patologica prossima: In seconda giornata sviluppa febbre con brivido associata ad ipotensione e intenso dolore addominale che fanno sospettare un’ endometrite purperale. Il Dott. Lanfranchi decide di sottoporre la paziente ad una radiografia del torace e decide di avviare la terapia antibiotica e reidratante con 4.000 ml di soluzione salina nelle successive 24 ore ma l’ ipertermia persiste e si ottiene un lieve incremento della pressione arteriosa. Improvvisamente la sig.ra Bellini presenta dispnea. Esame obiettivo: viene rilevata una SpO2 dell’ 82% che non aumenta anche con ossigenoterapia con FiO2 del 100%. Il Dott. Lanfranchi decide quindi di intubare la paziente e si eroga una FiO2 del 100%. Non si rileva turgore giugulare, all’ auscultazione polmonare si apprezzano crepitii diffusi bilateralmente. Esami di laboratorio-strumentali: viene rapidamente inviato in laboratorio un campione di sangue arterioso che evidenzia PaO2 di 62 mmHg e PaCO2 di 33 mmHg. L’ ECG mostra tachicardia sinusale. Viene effettuato un nuovo RX del torace che mostra un quadro polmonare modificato rispetto a quanto si era visto nel precedente. Sulla base dei dati forniti quale tra le seguenti è la diagnosi più probabile?

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La risposta corretta è la B.

Questo paziente molto probabilmente ha una ARDS e il rapporto PaO2/FiO2 è <200: la paziente ha un rapporto di 60 (FiO2 = 1 ovvero 100% e PaO2 di 60 mmHg: necessita di ossigeno al 100% per mantenere una pressione di PaO2 accettabile). La RX torace mostra infiltrati polmonari diffusi non riconducibili a eziologia cardiogena. L’EO evidenzia dispnea ingravescente a insorgenza improvvisa, con crepitii diffusi bilateralmente. La paziente presentata nel caso è verosimilmente affetta da ARDS in seguito a sepsi da endometrite postpartum.

La sindrome da distress respiratorio acuto (ARDS) è una grave malattia acuta polmonare. I fattori scatenanti sono numerosi: polmonite, shock, gravi traumi, sepsi, aspirazione di alimenti (ab ingestis), pancreatite. È caratterizzata da danno diffuso della membrana alveolo-capillare, con edema polmonare non cardiogenico (ricco di proteine) e insufficienza respiratoria acuta (ARF). Si osserva reclutamento di neutrofili nei capillari alveolari e formazione di membrane ialine. I neutrofili rilasciano chemochine (che richiamano istiociti), producono ROS, proteasi, leucotrieni, fattore di attivazione piastrinica, prostaglandine e altre molecole che danneggiano le barriere tra capillari e spazi aerei. Gli alveoli e l’interstizio si riempiono di proteine, detriti cellulari e liquido, con distruzione del surfattante, collasso alveolare e mismatch ventilazione/perfusione.

L’ARDS determina grave ipossiemia refrattaria all’ossigenoterapia. I criteri diagnostici comprendono:

– Opacità bilaterali alla RX non spiegabili da versamento, atelettasia o noduli.

– PaO2/FiO2 ?200 mmHg.

– Assenza di evidenza clinica di aumentata pressione atriale sinistra o insufficienza cardiaca (PCWP <18 mmHg). Una pressione di incuneamento capillare polmonare >18 mmHg orienta invece verso edema polmonare cardiogeno.

Secondo la “Definizione di Berlino 2012” l’ARDS si classifica in:

– Lieve: PaO2/FiO2 ?200 mmHg.

– Moderata: PaO2/FiO2 ?100 mmHg.

– Grave: PaO2/FiO2 ?100 mmHg.


12 di 24 Domande

Una paziente di 58 anni si presenta presso il reparto di nutrizione clinica. La donna presenta BMI 20,9, circonferenza vita 88 cm, analisi ematochimiche (in allegato) in cui si presenta colesterolo LDL fuori range e glicemia a digiuno elevata.

Per il paziente diabetico è essenziale assumere cibi a basso indice glicemico. Qual è tra i seguenti alimenti quello che presenta il più basso indice glicemico?

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La risposta corretta è la A.

Il diabete è un gruppo di alterazioni caratterizzate da elevati livelli di glicemia, legati a un’alterata secrezione insulinica o a una ridotta sensibilità all’insulina. Questa alterata secrezione può variare da forme severe, in cui la produzione di insulina è nulla o quasi (diabete di tipo I, pancreasectomia), a forme intermedie modulate dall’insulino-resistenza. L’insulino-resistenza da sola non è in grado di slatentizzare un diabete mellito: serve un danno della secrezione. Le alterazioni del metabolismo del glucosio si accompagnano anche ad alterazioni del metabolismo lipidico e proteico, predisponendo a complicanze vascolari: microvascolari (rene, retina, arti inferiori) e macrovascolari (cuore, cervello, arterie periferiche). Il diabete si classifica in due tipologie principali: diabete mellito di tipo I (insulino-dipendente), con cause immuno-mediate o idiopatiche; diabete mellito di tipo II (non insulino-dipendente), malattia metabolica caratterizzata da iperglicemia in un contesto di insulino-resistenza e relativa deficienza insulinica, che nella maggior parte dei casi non richiede terapia insulinica. Esiste anche il diabete gestazionale, che si manifesta in gravidanza e regredisce dopo il parto. Tra le forme secondarie: pancreasectomia (oggi non più praticata nelle pancreatiti, ma solo nei tumori), patologie del pancreas esocrino (es. pancreatite), patologie endocrine (acromegalia, sindrome di Cushing, feocromocitoma, poiché l’insulina è l’unico ormone ipoglicemizzante), tossicità da farmaci o sostanze (glucocorticoidi, tiazidici, ecc.). Il diabete può progredire a lungo senza sintomi. Si calcola che, a fronte di una prevalenza diagnosticata del 4%, un ulteriore 4% rimane non diagnosticato. Per la diagnosi: glicemia a digiuno ?126 mg/dl in due misurazioni, glicemia random >200 mg/dl in presenza di sintomi (poliuria, polidipsia, nicturia), curva da carico con 75 g di glucosio (diagnosi se glicemia >200 mg/dl a 2 ore). Prima del test, la glicemia basale deve essere <126 mg/dl. Il test va eseguito in pazienti non ricoverati, in buone condizioni cliniche, dopo dieta abituale (non ridotta in carboidrati), a digiuno dalla mezzanotte, senza febbre, stress o fumo. Indicazioni alla curva da carico: glicemia alterata a digiuno (100–125 mg/dl), familiarità per diabete dai 30-40 anni, obesità, complicanze cardiovascolari (TIA, angina, claudicatio), soprattutto se obesi e fumatori, infezioni urinarie o cutanee ricorrenti con glicemia alterata. Il 90% dei casi è di tipo II, storicamente detto diabete dell’adulto (esordio >40 anni), ma oggi è sempre più precoce (anche a 18 anni), correlato all’obesità, in particolare infantile (Italia con alta prevalenza, soprattutto nel centro-sud). Nei gemelli monozigoti la concordanza è ~100% nel tipo II, mentre nel tipo I, pur avendo componente genetica, è solo del 50% per il ruolo di fattori ambientali. Anche nei monozigoti separati alla nascita la concordanza del tipo II rimane elevata, a dimostrazione della forte componente genetica, ancora non del tutto chiarita.


13 di 24 Domande

Scenario OI5Y: Una ragazza di 15 anni si presenta in Pronto Soccorso perché da un'ora ha difficoltà respiratoria, frequenza respiratoria 35 atti/min e all'auscultazione apprezzate fischi e sibili. Raccogliendo l'anamnesi quale informazione clinica più probabilmente emergerà ?














La risposta corretta è la B.
L'asma bronchiale è una malattia infiammatoria cronica delle vie aeree caratterizzata da un’ ostruzione bronchiale reversibile, completamente o in parte, spontaneamente o dopo la somministrazione di farmaci ad attività broncodilatatoria ed antinfiammatoria.
Presenta sicuramente una genesi multifattoriale in cui riconosciamo dei fattori in grado di favorire e scatenare un attacco di asma, e dei fattori predisponenti, alla base dei fenomeni fisiopatologici dell’ asma, tra cui fattori genetici come l’ atopia, e fattori ambientali come inquinamento atmosferico, fumo di sigaretta attivo e passivo, esposizione ad allergeni o a sostanze presenti nei luoghi di lavoro (es/legno, metalli, prodotti chimici). 
La predisposizione individuale insieme ai fattori ambientali concorrono nella fisiopatogenesi dell’ asma che si caratterizza per iperreattività bronchiale, cioè l’ ostruzione delle vie aeree che si scatena in alcuni soggetti a seguito di stimoli di varia natura che nei soggetti normali non causano alcuna risposta, e infiammazione cronica: in questi pazienti infatti la mucosa è particolarmente edematosa e le vie aeree sono tappezzate da tappi di muco; l’ infiammazione è mediata dall’ interazione continua tra cellule infiammatorie e mediatori dell’ infiammazione.
Dal punto di vista clinico, l’ asma bronchiale si caratterizza per dispnea, sensazione di costrizione toracica e tosse stizzosa, cui si aggiungono, nella fase accessionale, fischi e sibili, rilevabili all’ obiettività toracica.
La clinica, insieme alle prove di funzionalità respiratoria, spirometria e test di reversibilità , sono fondamentali per la corretta diagnosi dell’ asma bronchiale.

14 di 24 Domande

Scenario QS20R: Un uomo di 80 anni, affetto da diabete mellito tipo II e insufficienza renale cronica, giunge in Pronto Soccorso per febbre, tosse produttiva e dispnea. Un radiogramma del torace evidenzia un addensamento con carattere flogistico in campo inferiore destro. Gli esami ematochimici sono coerenti con un processo infettivo in atto. Si decide di ricoverare il paziente. Il paziente non ha eseguito ricoveri nei precedenti 3 mesi. Nel sospetto di polmonite ad acquisizione comunitaria, quale agente patogeno - tra quelli elencati - abitualmente NON è coinvolto?














La risposta corretta è la A.
La polmonite acquisita in comunità (CAP) è una delle principali cause di morbilità e mortalità in tutto il mondo il cui rischio aumenta con l'età ; si può presentare con sintomi molto variabili che vanno da una forma lieve, con febbre e tosse produttiva, a forma grave, con difficoltà respiratoria fino alla sepsi. 
I microrganismi che più comunemente possono essere causa di polmonite comunitaria sono distinti in:
1.       Batteri tipici: S. pneumoniae (causa batterica più comune), Haemophilus influenzae, Moraxella catarrhalis, Staphylococcus aureus, Batteri gram-negativi aerobici
2.       Batteri atipici: Legionella spp, Mycoplasma pneumoniae, Chlamydia pneumoniae, Chlamydia psittaci, Coxiella burnetii,
3.        Virus respiratori: Virus dell'influenza A e B, Rhinoviruses, Virus parainfluenzali, Adenoviruses, Virus respiratorio sinciziale
Pseudomonas aeruginosa è un batterio ubiquitario, considerato un patogeno opportunista per l’ uomo, in grado di causare infezioni in qualsiasi distretto corporeo, ma in pazienti defedati, con dispositivi di ventilazione meccanica o con particolari comorbilità (ad esempio fibrosi cistica, traumatizzati, ustionati, dializzati, diabetici o tossicodipendenti). A livello polmonare può determinare da quadri lievi assimilabili a tracheobronchiti benigne fino a polmoniti bilaterali con microascessi e necrosi del tessuto polmonare. 

15 di 24 Domande

Viene riscontrato il seguente quadro radiologico in una donna di 30 anni, che è stata sottoposta ad una TC total body in seguito ad un incidente stradale. Cosa mostra la TC?

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La risposta corretta è la B

Nell'immagine (a) la TC ha evidenziato enfisema sottocutaneo delle palpebre destre (freccia). Nell'immagine (b) è stato osservato enfisema nell’orbita destra (cerchio). È stato inoltre riscontrato enfisema sottocutaneo nell’area della guancia (freccia). Non vi era presenza evidente di aria nello spazio intracranico né fratture della parete o del pavimento orbitario.


16 di 24 Domande

La signora Boggi, una donna di 70 anni, si reca dal medico curante, il Dott. Candi, lamentando dolore al braccio, insorto dopo essere scivolata sul ghiaccio, cadendo in avanti sulle sue mani. Quale è la diagnosi radiologica?

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La risposta corretta è la D.

Dalla radiografia mostrata si può apprezzare una frattura a tutto spessore carico della porzione meta-epifisaria distale del radio, evidenziabile come una stria di radiotrasparenza che interrompe la corticale ossea, probabilmente provocata da un arto iper-esteso verso l’ esterno che cerca di parare una caduta: si tratta di una frattura completa, spostata e angolata dorsalmente a livello del radio distale. Quando tale tipo di frattura si associa alla frattura anche dello stiloide ulnare si parla di frattura di Colles. Le altre strutture ossee in esame indicate nelle opzioni non appaiono interessate da eventi fratturativi-traumatici (le risposte A, B, C ed E non sono corrette)


17 di 24 Domande

Quale tra i seguenti parametri NON è importante per il giudizio di gravità ai fini del ricovero ospedaliero di un paziente con polmonite acquisita in comunità ?














La risposta corretta è la B.
Tra i parametri sopra elencati quello che non è importante per il giudizio di gravità ai fini del ricovero ospedaliero di un paziente con polmonite acquisita in comunità è la tosse stizzosa. Vengono usate delle scale per prevedere o meno l’ ospedalizzazione di un paziente che vengono, però , sempre integrate con i valori clinici. La scala che viene utilizzata più spesso è il CURB-65, uno score che stratifica la mortalità dei pazienti con polmoniti di comunità e aiuta a decidere sulla eventuale dimissione del paziente. Lo score prevede 5 criteri:
- C: confusione di nuova insorgenza;
- U: urea > 7 mmol/l o B.U.N. > 19 mg/dl;
- R: frequenza respiratoria > 30 atti/minuto;
- B: pressione arteriosa sistolica < 90 mmHg o pressione arteriosa diastolica < 60 mmHg;
- 65: età > 65 anni;
Ad ogni criterio viene assegnato un punto: è possibile avere uno score da 0 a 5
Tale punteggio permette una stratificazione del rischio:
PUNTEGGIO MORTALITÀ
- 0 PUNTI -> 0.7%;
- 1 PUNTO -> 3.2%;
- 2 PUNTI -> 13%;
- 3 PUNTI -> 17%;
- 4 PUNTI -> 41%;
- 5 PUNTI -> 51%;
Per quanto riguarda la gestione del paziente:
- il CURB-65 = 0 può essere dimesso con terapia e fatto tornare ambulatorialmente per un controllo;
- il CURB-65 = 1 può essere gestito come osservazione breve;
- il CURB-65 > 1 deve essere trattato in regime di ricovero ospedaliero.

18 di 24 Domande

In quale delle seguenti patologie è tipico il reperto auscultatorio dei rantoli crepitanti “ a velcro” ?














La risposta corretta e' la B
La fibrosi polmonare, meglio definibile come pneumopatia infiltrativa diffusa (PID), rappresenta un gruppo eterogeneo di malattie polmonari. La maggioranza delle PID è idiopatica, ma alcune sono secondarie all’ esposizione ad agenti nocivi sia professionali che infettivi, o a patologie sistemiche nelle quali il coinvolgimento è solo parte di un quadro clinico più complesso. Cause di fibrosi polmonare sono: pneumoconiosi, sarcoidosi, tubercolosi, sclerodermia e altre malattie reumatologiche, assunzione di farmaci come l’ amiodarone, l’ esposizione a radiazioni ionizzanti, polmoniti da ipersensibilità , l’ esposizione a berillio, asbesto o cobalto, istiocitosi a cellule di Langherans.
Si tratta generalmente di una pneumopatia caratterizzata dalla proliferazione incontrollata dei fibroblasti e dall’ accumulo di matrice extracellulare che determina un sovvertimento irreversibile dell’ architettura polmonare.
La maggior parte dei pazienti riferisce tosse non produttiva e dispnea ingravescente presenti da diversi mesi. All’ auscultazione sono apprezzabili fini crepitii “ a velcro” teleinspiratori, bilaterali, più evidenti alle basi.
L’ RX del torace rivela riduzione dei volumi polmonari e la presenza di opacità reticolari bilaterali e periferiche prevalenti ai campi polmonari inferiori. Le prove di funzionalità respiratoria mostrano un quadro disventilatorio di tipo restrittivo. Il lavaggio broncoalveolare non evidenzia agenti infettivi. La biopsia transbronchiale dimostra microscopicamente estesa fibrosi interstiziale e residui spazi aerei rivestiti da epitelio bronchiale.

19 di 24 Domande

Un paziente adulto con tosse persistente si presenta all'osservazione clinica. Viene richiesta una TC del torace che mostra la presenza di bronchiectasie. Viene esclusa la presenza di fibrosi cistica. Quale delle seguenti considerazioni circa le strategie terapeutiche per le bronchiectasie e' ERRATA?














La risposta corretta e' la C
Il termine bronchiectasie indica una dilatazione abnorme e persistente dei bronchi in rapporto a un danno delle strutture della parete. Da un punto di vista clinico le bronchiectasie si manifestano con espettorazione purulenta, tosse produttiva, emoftoe e infezioni recidivanti delle basse vie respiratorie.
Per quanto riguarda il loro trattamento, va detto che generalmente non è disponibile una terapia mirata, ma piuttosto una terapia palliativa indirizzata al circolo vizioso infezione-infiammazione polmonare, allo scopo di limitare l’ evoluzione della pneumopatia.
La fisioterapia-riabilitazione respiratoria è un aspetto centrale del trattamento soprattutto per la prevenzione delle complicanze delle bronchiectasie (risposta E errata), mentre la terapia chirurgica con exeresi lobare trova indicazione nel trattamento delle bronchiectasie localizzate, monolaterali, secondarie a malformazioni congenite, a bronco-ostruzione da corpi estranei e in quelle post-infettive (risposta D errata).
Per quanto riguarda le riacutizzazioni, il trattamento con desossiribonucleasi I umana ricombinante (dornase alfa) è controindicato poiché riducendo la viscosità del muco potrebbe determinarne l’ accumulo a livello delle vie inferiori (risposta B errata), mentre invece è indicata la terapia antibiotica (risposta A errata).
Tuttavia, qualora venga isolato un batterio al broncolavaggio o all'esame dell'espettorato, esso non deve essere sempre trattato ed eliminato a meno che non si associ a sintomatologia o si tratti di un batterio implicato in infezioni recidivanti.

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20 di 24 Domande

Un uomo di 56 anni, fumatore e diabetico, viene ricoverato dopo una settimana di febbre e tosse non produttiva. La radiografia del torace mostra una polmonite lobare destra; la ricerca dell'antigene urinario della legionella è positiva. Quale dei seguenti antibiotici NON è opportuno prescrivere?














La risposta corretta e' la C
La legionellosi è una polmonite con caratteri clinici intermedi tra le forme batteriche e le forme virali o micoplasmatiche causata da un germe Gram-, la Legionella pneumophila.
La trasmissione della legionellosi avviene per via indiretta, attraverso l’ inalazione di minute goccioline derivate da acqua contaminata dal microrganismo.
La diagnosi di legionellosi può essere sospettata su base clinica, quando si osserva una polmonite nel corso di piccole epidemie limitate allo stesso ambiente, il malato presenta cause predisponenti, coesiste diarrea e l’ iponatriemia è particolarmente spiccata. Esistono, tuttavia, tecniche diagnostiche di laboratorio decisive per la corretta diagnosi.
La coltura dell’ espettorato è raramente praticata poiché tecnicamente difficile; più semplice è la colorazione dello sputo con immunofluorescenza diretta: tuttavia, spesso l’ espettorato manca perché la tosse può non essere produttiva. È molto utile, quindi, la ricerca dell’ antigene urinario della Legionella.
Per quanto riguarda la terapia, fortunatamente molti antibiotici sono efficaci: prima di tutto i macrolidi (eritromicina, claritromicina -risposta A errata-, azitromicina -risposta B errata-, roxitromicina), ma anche i chinolonici (levofloxacina -risposta D errata-, ciprofloxacina, ofloxacina), le tetracicline (tetraciclina, doxiciclina -risposta E errata-, minociclina), il cotrimossazolo e la rifampicina.
Quindi, non è opportuno prescrivere il ceftriaxone.

21 di 24 Domande

Scenario XD1S: Una ragazza di 24 anni viene ricoverata per pneumotorace spontaneo recidivo. Quale tra le seguenti e' una possibile causa di pneumotorace spontaneo recidivo in giovani donne in eta' fertile?














La risposta corretta è la B.
Lo pneumotorace è definito come la presenza di aria nel cavo pleurico.
L’ aria può entrare nel cavo pleurico attraverso una lesione della pleura viscerale o tramite una soluzione di continuo della parete toracica: in ogni caso la pressione negativa endopleurica favorisce l’ ingresso d’ aria, fino all’ equilibrio con la pressione atmosferica. Conseguentemente il polmone omolaterale collassa, poiché il ritorno elastico non è più controbilanciato dalla pressione negativa del cavo pleurico.
Più spesso lo pneumotorace insorge spontaneamente, soprattutto in soggetti giovani, alti, magri e longilinei che hanno avuto una rapida crescita in fase adolescenziale. La causa più frequente è rappresentata dalla rottura di piccole bolle di enfisema parasettale, dovuta a bruschi aumenti pressori a livello alveolare (come in seguito ad un colpo di tosse) o a brusche variazioni della pressione atmosferica.
Tuttavia, in giovani donne in età fertile con episodi ricorrenti di pneumotorace una causa probabile è l’ endometriosi toracica e in tal caso si parla di pneumotorace catameniale. I sintomi tipici dello pneumotorace, quindi, insorgono di solito entro 72 ore dall’ inizio della mestruazione; i sintomi possono non comparire a cadenza mensile, ma possono essere intermittenti. Solitamente si ha interessamento del lato destro con uno pneumotorace di piccola entità .
Lo pneumotorace catameniale viene solitamente trattato con drenaggio toracico e con pleurodesi e terapia ormonale per prevenire le recidive.

22 di 24 Domande

Scenario DE3C: Un paziente forte fumatore di 65 anni lamenta ripetuti episodi di emottisi discreta nelle ultime 3 settimane. Raccolta l'anamnesi, il medico deve:














La risposta corretta è la D.
Si sospetta un cancro del polmone, data l’ età e il sesso del paziente, l’ esposizione al fumo (che costituisce il principale fattore di rischio) e la presenza di emottisi, uno dei segni più indicativi di tumore polmonare, anche se spesso tardivo e conseguente all’ erosione di piccoli vasi da parte della neoplasia.
L’ iter diagnostico del tumore del polmone prevede in primo luogo l’ accertamento dell’ effettiva presenza del tumore mediante RX torace e TC torace con mdc, che permettono la visualizzazione della lesione e la sua localizzazione.
Le anomalie radiologiche che possono essere riscontrate comprendono lesioni in massa, infiltrati polmonari recidivanti, infiltrati polmonari persistenti, atelettasia, versamento pleurico. L’ RX del torace può permettere la visualizzazione di piccole lesioni anche di piccole dimensioni in più del 70% dei casi. L’ indagine radiologica non è tuttavia in grado di distinguere le lesioni benigne da quelle maligne per cui si rendono necessarie indagini più accurate.
Il secondo livello diagnostico consiste nella caratterizzazione istologica per accertare la natura e l’ istotipo della neoplasia: se il tumore cresce all’ interno del bronco, si potranno eseguire prelievi della mucosa bronchiale tramite fibrobroncoscopia, se invece la lesione è periferica si può ricorrere ad agoaspirato e/o a una biopsia TC-guidata.
Il terzo livello diagnostico prevede l’ esecuzione di una TC total body e di una PET per valutare la presenza di localizzazioni a distanza.

23 di 24 Domande

Scenario QQ5O: A un uomo di 73 anni in buone condizioni viene diagnosticato un carcinoma squamocellulare del polmone stadio II A (T2b, N0, M0). Che tipo di trattamento e' indicato?














La risposta corretta è la A.
Lo stadio IIA (T2b, N0, M0) del carcinoma squamocellulare del polmone indica un tumore di diametro superiore a 5cm ma inferiore a 7cm, in assenza di interessamento linfonodale e metastasi a distanza.
In questo caso il trattamento è esclusivamente chirurgico radicale (quindi con asportazione di tutta la malattia visibile e margini di resezione negativi) associato a dissezione dei linfonodi mediastinici (devono essere analizzati dall’ anatomopatologo un minimo di 3 stazioni ilari e di 3 stazioni mediastiniche).

La risposta B non è corretta.
L’ associazione di chemioterapia e radioterapia concomitante o sequenziale a intento radicale è considerata la principale scelta terapeutica nei pazienti con tumore allo stadio IIIB.
La risposa C non è corretta.
Il solo trattamento chemioterapico è riservato a pazienti con cancro polmonare in stadio avanzato ovvero IIIB e IV: questi pazienti vengono considerati non candidabili all’ intervento chirurgico per storia naturale di malattia.
La scelta della terapia è basata sulle comorbidità del paziente, sulle tossicità teoriche e attese, sulla compliance dello stesso, sull’ istologia e sulla presenza o meno di alterazioni molecolari in geni target.
La risposta D non è corretta.
Il solo trattamento radioterapico è previsto in pazienti che per età , condizioni generali, ridotte funzionalità respiratoria e cardiaca non possono essere sottoposti a intervento chirurgico radicale.

24 di 24 Domande

La fibrosi polmonare:














La risposta corretta è la A.
La fibrosi polmonare idiopatica (IPF), polmonite interstiziale usuale (UIP), precedentemente nota come alveolite fibrosante crittogena (CFA), è il tipo più comune di polmonite interstiziale idiopatica (IIP).
Dal punto di vista clinico, la fibrosi polmonare idiopatica si presenta circa nella sesta e settima decade di vita e la maggior parte dei pazienti ha una storia di fumo di sigaretta. I pazienti segnalano comunemente un inizio graduale della dispnea durante lo sforzo e tosse non produttiva per diversi mesi. Affaticamento, febbre, mialgia e artralgia sono riportati raramente.
Il segno istologico, e il principale criterio diagnostico, è un aspetto eterogeneo con aree alternate di polmone normale, infiammazione interstiziale, focolai di fibroblasti e alterazioni a nido d'ape soprattutto a livello del parenchima subpleurico periferico, il più gravemente colpito.
Le zone fibrotiche sono composte principalmente da denso collagene, sebbene i focolai sparpagliati della proliferazione dei fibroblasti siano un reperto coerente. Un'analisi morfometrica ha mostrato che in alcuni casi i foci dei fibroblasti appaiono altamente interconnessi, formando un reticolo complesso sul bordo di avanzamento della fibrosi.
L'infiammazione interstiziale è solitamente disomogenea e consiste in un infiltrato settale alveolare di linfociti, plasmacellule e istiociti associati a iperplasia degli pneumociti di tipo 2.
Le aree definite a nido d’ ape sono costituite da spazi fibrotici cistici, frequentemente rivestiti da epitelio bronchiolare e riempiti di mucina.

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